Danno da immissioni illecite: risarcibile se compromette il diritto alla normale vita familiare

Redazione Scientifica
12 Ottobre 2018

Il riconoscimento del danno non patrimoniale quale conseguenza delle immissioni illecite, pur non ristorando un danno in re ipsa, costituisce il frutto di un apprezzamento dei concreti e rilevanti disagi prodotti in danno dei convenuti, in quanto hanno compromesso le loro abitudini di vita quotidiana, giustificando così la risarcibilità del danno subito ex art. 2059 c.c.

IL CASO Due proprietarie di appartamenti si rivolgono al Tribunale di Agrigento per ottenere la rimozione di una canna fumaria che era stata apposta dalla convenuta sulla facciata condominiale. Il Tribunale, a seguito di CTU, ne dispone la rimozione immediata con collocazione in altro sito, in osservanza delle vigenti norme in materia di distanza tra le costruzioni. Condanna inoltre la convenuta al pagamento, ex art. 844 c.c., di € 5.000,00 a titolo di ristoro del danno non patrimoniale in favore di ciascun richiedente. Le parti ricorrono in appello ed infine in cassazione, lamentando l'una la concessione del risarcimento, l'altra l'eccessiva ristrettezza dello stesso.

DISTINZIONE TRA TUTELA CIVILISTICA E AMMINISTRATIVA La Suprema Corte richiama quanto disposto con la sentenza n. 20198/2016, che aveva chiarito anzitutto come, nonostante l'entrata in vigore dell'art. 6-ter d.l. n. 208/2008, permanesse la distinzione tra tutela civilistica ed amministrativa delle immissioni. Pertanto, il diritto al risarcimento del danno per immissioni non è subordinato all'accertamento in concreto del superamento dei limiti di legge. Il giudice da un lato deve dunque concedere il risarcimento qualora sia stato conclamato il superamento dei limiti di legge, ma è comunque tenuto ad esaminare, decidendo con prudente apprezzamento, anche i casi in cui non sia stata fornita prova del superamento in concreto dei limiti legislativamente prefissati.

DANNO NON PATRIMONIALE ESISTENTE La Cassazione ritiene che la Corte d'appello abbia correttamente applicato i precedenti giurisprudenziali (ex multis, Cass. civ. n. 2611/2017 e Cass. civ., n. 20927/2015), escludendo da un lato la ricorrenza di un pregiudizio alla salute tale da determinare un danno biologico risarcibile, ma ritenendo sussistente un danno non patrimoniale, come evidenziato dal materiale probatorio raccolto. Ed afferma che «il riconoscimento del danno non patrimoniale quale conseguenza delle immissioni illecite prodotte dalla condotta della convenuta, lungi dal ristorare un danno in re ipsa, costituisce il frutto di un apprezzamento dei concreti e rilevanti disagi prodotti in danno dei convenuti, che hanno visto in tal modo gravemente compromesse le abitudini di vita quotidiana, disagi che, come detto, giustificano la risarcibilità del danno subito ex art. 2059 c.c.».

Rigetta il ricorso e da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

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