Non si sana la preclusione con la proposizione di un secondo giudizio riunito al primo

Redazione scientifica
15 Ottobre 2018

Le decadenze processuali verificatesi nel giudizio di primo grado non possono essere aggirate dalla parte che vi sia incorsa mediante l'introduzione di un secondo giudizio che sia volto a superare le stesse decadenze. Perciò, operata la riunione delle due cause, ai sensi degli artt. 273 e 274 c.p.c., il giudice deve trattare soltanto la causa iniziata per prima, decidendo in base alle domande ed eccezioni ivi tempestivamente formulate e al materiale istruttorio in essa raccolto.

Il caso. Il tribunale di Cagliari, definendo il procedimento principale e quello riunito, affermava che la domanda di usucapione introdotta con il secondo giudizio avrebbe dovuto essere proposta già nel primo procedimento, così come l'eccezione di usucapione avrebbe dovuto essere spiegata già nella prima comparsa di risposta, non potendo il procedimento riunito riaprire le preclusioni ormai maturate nel primo giudizio. La Corte d'appello rigettava il gravame.

Contro tale pronuncia è stato proposto ricorso per cassazione, con cui si deduce che il giudice della prima causa avrebbe dovuto sospendere il proprio giudizio in attesa della definizione della causa successivamente intentata, e non riunire i processi.

Le decadenze processuali del primo giudizio. A parere del Collegio, la Corte d'appello ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui «le decadenze processuali verificatesi nel giudizio di primo grado non possono essere aggirate dalla parte che vi sia incorsa mediante l'introduzione di un secondo giudizio che sia volto a superare le stesse decadenze. Perciò, operata la riunione delle due cause, ai sensi degli artt. 273 e 274 c.p.c., il giudice deve trattare soltanto la causa iniziata per prima, decidendo in base alle domande ed eccezioni ivi tempestivamente formulate e al materiale istruttorio in essa raccolto» (cfr., ex multis, Cass. civ., n. 567/2015).

Riunione dei procedimenti. Quanto, poi, all'invocazione della sospensione per pregiudizialità ed alle contestazioni mosse all'operata riunione, i Giudici ritengono che il ricorrente abbia trascurato il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in base al quale, «nel caso in cui tra due procedimenti, pendenti dinanzi al medesimo ufficio o a sezioni diverse del medesimo ufficio, esista un rapporto di identità o di connessione, il giudice del giudizio pregiudicato non può adottare un provvedimento di sospensione ex art. 295 c.p.c., ma deve appunto rimettere gli atti al capo dell'ufficio, secondo le previsioni degli artt. 273 o 274 c.p.c., a meno che il diverso stato in cui si trovano i due procedimenti non ne precluda la riunione» (cfr., ex pluribus, Cass. civ., n. 12436/2017).

Per tali ragioni, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso.

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