Informativa di reato: escluso il risarcimento del danno da lesione della reputazione, è adempimento di un dovere
15 Ottobre 2018
IL CASO Due marescialli dei carabinieri, in un'informativa di reato, affermano che un uomo aveva «già portato a compimento analoghe estorsioni» rispetto a ciò per cui stavano indagando. La Corte d'appello, reputando false le accuse, nonostante riconoscesse la loro buona fede, li condanna al pagamento di € 1.000,00 a titolo di risarcimento del danno da diffamazione ex art. 595 c.p. sia per l'elemento oggettivo, che per quello soggettivo. Rigetta invece gli altri due motivi di appello, ossia l'inidoneità dell'informativa di reato a provare la verità di quanto in essa contenuto, e l'esclusione della configurabilità del reato di falso ideologico. I due marescialli ricorrono in Cassazione, affidandosi a tre motivi.
INFORMATIVA DI REATO La Suprema Corte accoglie il ricorso ed afferma che l'informativa di reato, così come resa da due carabinieri, non può integrare il reato di diffamazione, essendo un atto indirizzato solo al Pubblico Ministero, sottolineando l'assenza dell'elemento della comunicazione diretta a più persone in assenza dell'offeso. E, continua la Corte, nemmeno la circostanza che tale informativa potesse essere stata letta dal personale di cancelleria e dall'Ufficio del PM è idonea a contrastare tale argomentazione.
ADEMPIMENTO DI UN DOVERE La Corte riconosce la totale buona fede dei due carabinieri, nella sussistenza della scriminante dell'adempimento del dovere ex art. 51 c.p., almeno di tipo putativo; essi avevano riferito infatti al PM, quali organi di polizia giudiziaria, fatti di possibile portata penale, posto che la veridicità di tali fatti era per loro indubbia, sì da godere della scriminante ex art. 59 c.p. che esclude l'antigiuridicità della loro condotta. La Cassazione dichiara dunque che non sussistono altri profili di colpa rilevanti ex art. 2043 c.c. , ricordando che l'onere probatorio resta comunque a carico della parte danneggiata. |