Omesso deposito del fascicolo di parte e giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo

Francesco Bartolini
16 Ottobre 2018

La questione formulata con il ricorso ha riguardato le conseguenze del mancato deposito del fascicolo di parte in vista del momento in cui esso deve venire utilizzato dal giudice per la decisione della causa, una volta esaurite le fasi preliminari e istruttorie e precisate le conclusioni.
Massima

Nel caso in cui, nel giudizio d'appello, la parte, dopo essersi costituita, ritiri il fascicolo di parte ed ometta di depositarlo nuovamente dopo la precisazione delle conclusioni, incorre in una mera irregolarità che il giudice di merito può fronteggiare attraverso una prudente valutazione delle veline a sua disposizione o, nel dubbio, attraverso la rimessione della causa sul ruolo.

Il caso

In primo grado il tribunale respinse l'opposizione proposta da una autoscuola avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da una Onlus che le aveva ceduto in comodato una autovettura per disabili e pretendeva la restituzione del veicolo con il risarcimento dei danni ad esso cagionati. Su impugnazione dell'opponente la Corte di appello riformò la pronuncia, così accogliendo l'opposizione, sull'assunto dell'esser mancata la prova dei diritti dell'asserita creditrice, avendo costei omesso di depositare il fascicolo di parte contenente i documenti già prodotti, dopo il ritiro successivo alla precisazione delle conclusioni. Con il ricorso per la cassazione della sentenza la Onlus ha ricordato, in linea di fatto, che i documenti erano consultabili in fotocopia nel fascicolo d'ufficio nonché nei fascicoli predisposti per il giudice relatore e per il giudice a latere. In diritto l'unico motivo dedotto a sostegno dell'impugnazione ha sottoposto al Supremo Collegio due doglianze. Si asserisce essere erronea l'interpretazione delle norme processuali richiamate nella decisione in quanto fondata su un precedente giurisprudenziale relativo a fattispecie del tutto diversa; e si addita nell'omesso deposito del fascicolo una mera irregolarità che, in forza del principio di acquisizione delle prove al processo, non poteva essere sanzionata con l'equiparazione ad una vera e propria inosservanza dell'onere probatorio.

La questione

La questione formulata con il ricorso ha riguardato le conseguenze del mancato deposito del fascicolo di parte in vista del momento in cui esso deve venire utilizzato dal giudice per la decisione della causa, una volta esaurite le fasi preliminari e istruttorie e precisate le conclusioni: il fascicolo conserva in originale i documenti offerti in comunicazione e prodotti a sostegno probatorio della posizione assunta nella causa. L'indisponibilità del fascicolo e dei suoi allegati ha fatto ritenere alla Corte territoriale che la parte era venuta meno al suo onere probatorio (il mancato deposito del fascicolo è qualificata una «carenza di carattere probatorio insormontabile»). La decisione veniva fondata sul precedente costituito da Cass. civ., n. 78/2007, per la quale il giudice d'appello non può tener conto dei documenti prodotti in primo grado se la parte non si costituisce nel secondo giudizio e non deposita il proprio fascicolo. Difensivamente e per contro si sosteneva che la condotta di inerzia posta in essere non poteva essere sanzionata con lo sproporzionato effetto del rigetto della domanda, dato che, comunque, i documenti erano in atti, in forma di fotocopie e di veline.

Il dubbio da risolvere doveva inoltre tener conto della particolarità della causa in oggetto, avente natura di giudizio di opposizione a provvedimento monitorio e nel quale il primo giudice aveva già valutato come sufficienti a delibare la sussistenza del diritto vantato dalla creditrice i documenti che nel giudizio di appello erano stati considerati non presenti negli atti.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione ha preliminarmente osservato che il richiamo alla decisione n. 78/2007 era erroneo, posto che la pronuncia si riferiva ad una fattispecie del tutto diversa da quella oggetto di esame: nel caso richiamato, infatti, il mancato deposito del fascicolo era da addebitare ad una parte che non si era costituita in appello, diversamente da quanto nella causa in oggetto aveva effettuato l'appellata associazione Onlus, ritualmente costituitasi in entrambi i gradi di giudizio. Quanto alla asserita insussistenza nell'ordinamento processuale del principio della non immanenza della prova, il Collegio ha affermato che esso doveva essere temperato dal principio “di non dispersione della prova ormai acquisita”, fondato su motivi di economia processuale e sulla necessità di una durata dei giudizi limitata a tempi ragionevoli. Nel dichiarare accolto il ricorso, la motivazione è servita a contenere in forma didascalica l'enunciazione delle conseguenze di ordine pratico derivanti dalla assunta presa di posizione.

Osservazioni

La Corte di cassazione ha fondato le motivazioni della sua sentenza sulla seguente e risolutiva affermazione. Esigenze di economia processuale e di ragionevolezza impongono di non disperdere le prove entrate ritualmente nel processo pur se la parte cui spetta di riproporle o di richiamarle viene successivamente meno ai propri oneri processuali in proposito. Ne segue che l'indisponibilità, per il giudice, del fascicolo di parte non gli deve impedire di considerare esistenti in atti i documenti occorrenti a formare il suo convincimento se essi erano stati prodotti nelle fasi o nei gradi precedenti del processo. L'omesso deposito del fascicolo che quei documenti conteneva è un comportamento che deve essere valutato dal giudice con apprezzamento prudente, salvo il suo potere di ordinare la regressione della causa al fine di verificare quale significato attribuire a una mancanza che può costituire una mera irregolarità riparabile. Nel palese intento di stabilire punti fermi in questa materia, il Collegio ha dettato una sorta di decalogo comprensivo di taluni aspetti soltanto indirettamente rientranti in quelli proposti al suo esame. Può essere di interesse inserire l'insegnamento della Corte nel contesto di altre pronunce sul tema onde ottenerne un quadro più completo degli orientamenti giurisprudenziali.

Omesso deposito del fascicolo nel giudizio di primo grado.

La questione più delicata è costituita dal caso dell'omesso deposito del fascicolo di parte nel giudizio di primo grado, nel momento dell'assegnazione della causa a decisione. In questa fattispecie il giudice è privato della possibilità di controllare i documenti probatori e di verificarne l'attendibilità e l'autenticità. Il problema che ne sorge è di dare un senso all'omissione, per interpretarla come una mera dimenticanza o, piuttosto, come una sorta di rinuncia ad insistere nella difesa; e di fondare la decisione unicamente sugli elementi probatori materialmente disponibili, sulla base di una rigorosa applicazione delle regole concernenti il principio dispositivo e l'onerosità degli adempimenti spettanti alle parti. La giurisprudenza tende a ravvisare nel secondo comma dell'art. 169 c.p.c. l'imposizione di un termine perentorio alle parti (che, ritirato il fascicolo, devono restituirlo al più tardi al momento del deposito della comparsa conclusionale). E coerentemente si è affermato che, in difetto di risultanze contrarie, il comportamento omissivo deve essere considerato espressione di un atto volontario della parte, che è libera di ritirare il proprio fascicolo e di omettere la restituzione di esso o dei documenti in esso contenuti. Con la conseguenza per cui il giudice è tenuto a disporre la ricerca o la ricostruzione del fascicolo soltanto ove risulti, in contrario, l'involontarietà della mancanza, dovendo, altrimenti, decidere sulla base degli atti (Cass. civ.,sez. VI, n. 10224/2017). Per temperare il rigore degli effetti che derivano da questa presa di posizione Cass. civ.,sez. lav., n. 22972/2013 aveva ritenuto si dovesse applicare il quarto comma dell'art. 183 che impone al giudice di chiedere alle parti i chiarimenti necessari e di indicar loro le questioni rilevabili d'ufficio di cui fare trattazione. Va tuttavia osservato che la pronuncia aveva uno scoperto intento di protezione della parte debole, nella materia del lavoro, in quanto il richiamo alla norma citata era molto forzato. Essa, infatti, è rivolta a regolare la fase preliminare del processo, nella quale deve delimitarsi la materia controversa prima dell'assunzione dei mezzi di prova: situazione ben differente da quella dell'omesso fascicolo occorrente alla formazione della decisione finale. La pronuncia non può, dunque, costituire un precedente attendibile mentre la citata decisione n. 10224/2017 confermava un orientamento risalente che va ritenuto l'indirizzo di cui tener conto nel momento presente (v., ad es., Cass. civ.,n. 21733/2010; Cass. civ.,n. 459/1986; Cass. civ., n. 3466/1982).

Omesso deposito del fascicolo nel giudizio di appello.

In proposito si è affermato che il termine perentorio di cui all'art. 169 c.p.c. non si applica nel giudizio di appello nel quale le possibili questioni riguardano, se mai, l'eventualità che, consentendo la tardiva consegna del fascicolo si introducano, per tal modo, prove documentali dapprima non presenti in atti e dunque da considerare “nuove”. In questo senso si sono pronunciate, da ultimo, Cass. civ.,n. 29309/2017, Cass. civ.,n. 26030/2014 e Cass. civ.,n. 22972/2013. La decisione che si annota aggiunge che l'omesso deposito del fascicolo di parte costituisce una mera irregolarità che il giudice può fronteggiare attraverso una prudente valutazione delle veline a sua disposizione o, nel dubbio, attraverso la rimessione della causa sul ruolo. In ogni caso, il verbale che attesta l'avvenuto ritiro del fascicolo, in quanto documento fidefaciente, attesta l'esistenza fisica del detto fascicolo e il suo precedente deposito, del cui contenuto rimangono disponibili le veline.

Deposito in appello del fascicolo non depositato in primo grado.

Può avvenire che la parte intenda produrre e depositare nel giudizio di appello il fascicolo che aveva ritirato in primo grado senza più depositarlo per la decisione. E' questo, propriamente, il caso nel quale il problema che si pone concerne l'eventualità che per tal modo si facciano entrare nel processo prove da considerarsi nuove in quanto formalmente poste a disposizione del giudicante soltanto nel grado successivo del giudizio. Le pronunce giurisprudenziali hanno escluso la novità della prova ove questa sia comunque stata assunta ritualmente nel primo grado della causa (così, tra le altre, Cass. civ.,n. 8693/2017, Cass. civ.,n. 29309/2017, Cass. civ.,n. 26030/2014, Cass. civ.,n. 28462/2013). La prova esaminata dal giudice di primo grado che ne dà conto nella motivazione (pur se è soggetta ad una nuova valutazione da parte del giudice d'appello) deve ritenersi acquisita agli atti, posto che la sentenza di primo grado è un documento avente valore di atto pubblico.

In particolare: omesso deposito nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

La sentenza che si annota afferma che la documentazione prodotta unitamente al ricorso per decreto ingiuntivo su cui si fonda la pretesa vantata deve ritenersi acquisita al giudizio anche per le successive fasi di cognizione. É, questa, una applicazione diretta del citato principio della non dispersione della prova che, come tale, aveva già costituito oggetto della decisione conforme di Cass. civ.,n. 14475/2015. La regola che se ne ricava vale non soltanto per le fasi successive del giudizio di opposizione ma, altresì, per i gradi successivi del medesimo giudizio. Cass. civ., n. 5681/2005 in proposito ha dichiarato che il mancato deposito del fascicolo nei termini di cui all'art. 169 non preclude la possibilità della produzione documentale in appello, se i documenti erano stati prodotti ritualmente in primo grado, senza che sia configurabile la nullità del procedimento o altra conseguenza pregiudizievole.

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