La tipologia di controversie oggetto di arbitrato societario

Paolo Fraulini
17 Ottobre 2018

La specialità dell'arbitrato societario nasce dalla necessità che questo procedimento sia in grado di condurre ad una definizione soddisfacente e non diversa da quella che si può ottenere dai giudici ordinari, delle controversie che, a prescindere da chi ne sia parte, hanno comunque rilievo per tutti i soggetti interessati all'organizzazione e all'attività di una società.
Inquadramento

A norma dell'art. 34 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 sono compromettibili in arbitri le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e le società chiuse che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale e che non prevedano la partecipazione al giudizio del Pubblico Ministero.

L'arbitrato societario non è dunque speciale in relazione alla materia trattata, ma perché, diversamente da quanto accade in tutti gli arbitrati ordinari, esso attiene a un rapporto che, pur avendo origine nel contratto di società, assume, in virtù del suo «carattere organizzativo, un rilievo istituzionale. La specialità dell'arbitrato societario nasce dalla necessità che questo procedimento sia in grado di condurre ad una definizione soddisfacente e non diversa da quella che si può ottenere dai giudici ordinari, delle controversie che, a prescindere da chi ne sia parte, hanno comunque rilievo per tutti i soggetti interessati all'organizzazione e all'attività di una società» (D. Corapi, in Rivista dell'Arbitrato, Atti Convegno Accademia Nazionale dei Lincei, Roma, 2 dicembre 2016).

La necessità di coniugare la natura negoziale del rapporto societario con la sua struttura organizzativa va tenuta presente al fine di interpretare correttamente il concetto di “indisponibilità” del diritto, che la norma dell'art. 34 del d.lgs. n. 5/2003 pone come unico limite alla generale compromettibilità in arbitrato di ogni rapporto societario.

La disciplina previgente

Nel vigore delle norme previgenti era prevalente nella giurisprudenza di legittimità l'opinione che la declinazione del concetto di indisponibilità non potesse essere risolta in astratto, bensì con riferimento all'oggetto specifico della deliberazione impugnata, riconoscendo o negando la compromettibilità della controversia a seconda che coinvolgesse gli interessi individuali dei singoli soci ovvero interessi di carattere più generale, come quelli posti a tutela della società o della collettività dei soci (Cass. civ., 10 ottobre 1962, n. 2910; Cass. civ., 24 maggio 1965, n. 999; Cass. civ., 30 marzo 1998, n. 3322; Cass. civ., 2 ottobre 1998, n. 10530; Cass. civ., 23 gennaio 2004, n. 1148).

Presto però ci si era avveduti che l'area dell'indisponibilità ha un perimetro più circoscritto di quella degli interessi genericamente "collettivi" e che quindi la mera qualificazione dell'interesse dedotto come collettivo ovvero individuale non potesse essere una valida discriminante.

Proprio dalla natura di organo della società deriva la conseguenza che la natura “superindividuale” dell'interesse non implica automaticamente un rilievo pubblicistico o di generale interesse alla soluzione del regolamento, atteso che la società, quale ente organizzato plurisoggettivo, è programmaticamente destinata a realizzare l'interesse comune dei partecipanti.

La giurisprudenza della Corte di legittimità si è allora stabilizzata su un'interpretazione della natura indisponibile dell'interesse legata alla circostanza che esso sia presidiato da norme di legge inderogabili, la cui violazione determina pertanto una reazione dell'ordinamento svincolata da una qualsiasi iniziativa di parte, come, ad esempio, nel caso delle norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio, la cui inosservanza rende la delibera di approvazione illecita e, quindi, nulla (Cass. civ., Sez. Un., 21 febbraio 2000, n. 27; Cass. civ., 2 gennaio 2003, n. 928; Cass. civ., 29 aprile 2004, n. 8204).

La disciplina vigente

L'introduzione dell'arbitrato societario nel 2004 non ha mutato questa linea di pensiero.

E ciò, nonostante la successiva riforma dell'arbitrato nel 2006 che ha cancellato il limite della “intransigibilità” delle relative controversie, con il riconoscimento pieno della natura giurisdizionale dell'arbitrato.

La Corte di cassazione, anche dopo la Riforma del diritto societario, ha ripetutamente escluso la compromettibilità in arbitri delle controversie aventi ad oggetto l'impugnazione delle delibere di approvazione del bilancio di esercizio per violazione delle norme dirette a garantirne la chiarezza e la precisione (Cass. civ., 12 settembre2011, n. 18600). Invero tali norme sono state ritenute afferenti a diritti non disponibili dai soci, atteso che la contabilità sociale ha la finalità di assicurare la chiarezza e la precisione dei bilanci, e pertanto valica l'interesse dei singoli soci ad essere informati dell'andamento della gestione societaria al termine di ogni esercizio, estendendosi anche all'affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere l'effettiva situazione patrimoniale e finanziaria dell'ente (Cass. civ., 10 giugno2014,n. 13031).

Più variegata la giurisprudenza di merito, ove si rinvengono pronunce secondo cui l'area della non compromettibilità in arbitri deve essere limitata alle sole controversie aventi ad oggetto diritti assolutamente indisponibili, da individuarsi con riferimento non già all'inderogabilità delle norme che le disciplinano, ma all'insanabilità della nullità determinata dalla loro violazione, e quindi all'esclusione dell'assoggettamento della relativa azione a termini di decadenza.

La Corte di legittimità continua anche più di recente a rimarcare la distinzione in funzione della natura degli interessi coinvolti, a volte addirittura distinguendo sulla base delle implicazioni dirette o indirette dell'oggetto della lite sulla patrimonializzazione e sul funzionamento della società (Cass. civ.,ord., 13 giugno 2016, n. 12124, ove – in tema di società cooperativa edilizia – il contratto di assegnazione dell'alloggio è stato ritenuto estraneo alla clausola compromissoria).

Compromettibile in arbitro è stata invece ritenuta la controversia tra società ed amministratore avente a oggetto l'attività di quest'ultimo all'interno dell'ente, essendosi esclusa qualsiasi assimilazione alla para-subordinazione e per l'effetto escluso la natura indisponibile dei diritti derivanti dalla nomina nella carica (Cass. civ., 11 febbraio 2016, n. 2759).

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