Il Codice concorsuale in dirittura d’arrivo con le ultime modifiche ministeriali al testo della Commissione Rordorf (II)

Filippo Lamanna
17 Ottobre 2018

Prosegue, in questa seconda parte, l'analisi dello schema di decreto legislativo recante il codice della crisi di impresa e dell'insolvenza.
Le modifiche riguardanti il regime delle incompatibilità

Meritano di essere segnalate alcune modifiche riguardanti il sopravvenuto regime di incompatibilità degli organi concorsuali di gestione e controllo.

Così l'art. 92, secondo comma, prevede ex novo, per il commissario giudiziale, a seguito dell'emanazione - dopo la consegna del testo licenziato dalla Commissione Rordorf - del D.Lgs. 18 maggio 2018, n. 54 [“Disposizioni per disciplinare il regime delle incompatibilità degli amministratori giudiziari, dei loro coadiutori, dei curatori fallimentari e degli altri organi delle procedure concorsuali”; per il commento a tale normativa mi permetto di fare rinvio a F. Lamanna, Nuove ipotesi “extra-large” di incompatibilità per amministratori giudiziari, curatori, commissari, liquidatori e coadiutori (e perché non di altri?), in questo portale, 30 Maggio 2018)], l'applicabilità delle disposizioni di cui agli articoli 35, comma 4-bis, 35.1 e 35.2 del Codice antimafia (decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159), ossia le disposizioni che vietano di assumere l'ufficio di amministratore giudiziario e di suo coadiutore a coloro i quali siano legati da rapporto di coniugio, unione civile o convivenza di fatto, parentela entro il terzo grado o affinità entro il secondo grado con magistrati addetti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il magistrato che conferisce l'incarico, o hanno con tali magistrati un rapporto di assidua frequentazione (l' art. 35.1 contempla la dichiarazione di incompatibilità, l'art. 35.2. la vigilanza del Presidente della Corte d'Appello).

Nella stessa linea, l'art. 114, secondo comma, estende analoga previsione al liquidatore giudiziale, l'art. 125 al curatore, nonché agli esperti nominati ai sensi dell'articolo 49, comma 3, lettera b), ed al coadiutore nominato a norma dell'articolo 129, comma 2; l'art. 270 al liquidatore nominato nella liquidazione controllata.

Le modifiche riguardanti la liquidazione giudiziale

1. Una prima serie di modifiche è finalizzata a promuovere comportamenti economicamente virtuosi.

Così nell'art. 127, primo comma, lett. f), laddove si prevede che il giudice delegato autorizza il curatore a stare in giudizio come attore o convenuto, si rinviene ora l'aggiunta: “quando è utile per il miglior soddisfacimento dei creditori”.

Infatti “tale autorizzazione presuppone – precisa la Relazione - un controllo sull'opportunità dell'iniziativa sia sotto il profilo della fondatezza della pretesa sia sotto quello della presumibile utilità e ciò al fine di evitare che iniziative, pur fondate sotto il profilo giuridico, non apportino reale beneficio ai creditori. Esemplificando, il giudice dovrà negare l'autorizzazione quando la situazione patrimoniale del convenuto è tale da rendere verosimilmente infruttuosa la futura esecuzione della sentenza o quando il beneficio economico conseguente all'esperimento, pur vittorioso, dell'azione, appaia insignificante in rapporto all'entità del passivo, sì da non giustificare l'attesa della sentenza ed i costi della difesa tecnica”.

Si tratta per la verità di un criterio comportamentale che è ormai divenuto patrimonio comune dei giudici addetti alle procedure concorsuali, e che trae origine da una prassi divulgata dal Tribunale fallimentare di Milano già nel 2010. Essa risulta ora addirittura normativizzata.

Sulla stessa scia, ossia sempre al fine di suggerire comportamenti economicamente virtuosi, si pone anche l'art. 128, che, con riferimento alla possibilità per il curatore di assumere la veste di difensore nei giudizi tributari in cui è parte il debitore, pone ora una condizione cautelativa: quando ciò sia funzionale ad un risparmio per la massa.

Secondo la Relazione “La scelta di non avvalersi di un difensore terzo ha comunque come presupposto che essa contribuisca a ridurre i costi della procedura e cioè che essa sia funzionale ad un risparmio per la massa”.

Viene dunque semplicemente esplicitato un motivo giustificativo che, in realtà, poteva considerarsi già implicito.

2. Una serie di altre modifiche attiene ai tempi procedimentali.

Una si rinviene in materia di reclamo, ove per finalità acceleratorie l'art. 124, comma 10, prevede ora che “I termini di cui ai commi 7 e 8 possono essere abbreviati dal presidente, con decreto motivato, se ricorrono ragioni di urgenza”.

Inoltre nell'art. 201, attuando il principio generale di delega di cui all'articolo 2, comma 1, lettera m), della legge n. 155 del 2017 (superamento dei contrasti interpretativi), è stata prevista la sospensione feriale dei termini per il procedimento introdotto con la domanda di ammissione al passivo e analoga sospensione si applica ai procedimenti di impugnazione del passivo in forza dell'attuale art. 207 ult. co.

3. Altre modifiche riguardano specificamente il procedimento di verifica del passivo.

In quest'ambito l'art. 151 ha ora cura di precisare che la regola di necessarietà della verifica dei crediti si applica anche ai creditori esonerati dal divieto di agire esecutivamente sul patrimonio del debitore, i quali, dunque, al fine di poter trattenere quanto ricavato debbono essere ammessi al passivo.

A sua volta l'art. 201 prevede adesso che il ricorso di insinuazione deve contenere, tra l'altro, anche il numero di codice fiscale e le coordinate bancarie dell'instante ovvero, in mancanza, la dichiarazione di voler essere pagato con modalità diversa dall'accredito in conto corrente bancario stabilita dal giudice delegato ai sensi dell'articolo 230, comma 1), duplice facoltà che, dovendo essere esercitata sin dall'inizio, dovrebbe notevolmente semplificare i riparti.

Il testo ministeriale ripristina anche una proposta (dello scrivente) formulata nel corso dei lavori, prevedendo con l'art. 207 che nei giudizi di impugnazione il curatore, anche se non costituito, partecipa comunque all'udienza di comparizione per informare le altre parti ed il giudice in ordine allo stato della procedura e alle concrete prospettive di soddisfacimento dei creditori concorsuali; prassi virtuosa anch'essa proficuamente inaugurata nel Tribunale ambrosiano sin dal 2010.

Con finalità semplificatorie ed acceleratorie l'art. 208 statuisce ora, in tema di tardive, che quando la domanda risulta manifestamente inammissibile perché l'istante non ha indicato le circostanze da cui è dipeso il ritardo o non ne ha offerto prova documentale o non ha indicato i mezzi di prova di cui intende valersi per dimostrarne la non imputabilità, il giudice delegato dichiara subito con decreto l'inammissibilità della domanda, senza fissare un'udienza ad hoc. In tal modo la norma – come afferma la Relazione - dirime “una serie di dubbi interpretativi, inerenti i limiti di tempo entro i quali è possibile la proposizione di domande tardive e la possibilità di dichiarare l'inammissibilità manifesta della domanda senza previa instaurazione del contraddittorio, che hanno originato contrasti giurisprudenziali”.

Da ultimo, all'art. 210 è stato “aggiunto, rispetto alla formulazione del vigente articolo 103 l.fall., un ulteriore comma (comma 3), che stabilisce la pubblicità legale del decreto che accoglie la domanda di rivendica nelle stesse forme cui il trasferimento è soggetto” (così la Relazione). La disposizione ha una sua speciale utilità ora che i provvedimenti di accoglimento in materia di rivendica, a differenza di quelli relativi alla semplice ammissione di crediti al passivo, potranno spiegare effetti di giudicato sostanziale esterno, ossia anche al di fuori del fallimento (i.e. liquidazione giudiziale).

4. Non mancano modifiche in materia di liquidazione dei beni.

L'art. 213 in ordine alla “” contemplata nel programma di liquidazione, statuisce ora che, quando vi siano stati sei esperimenti di vendita infruttuosi, il curatore deve rinunciare alla liquidazione, salvo che il giudice delegato, per giustificati motivi, autorizzi altri tentativi di vendita.

Secondo la relazione: “è infatti evidente che, nella generalità dei casi, il prolungato disinteresse del mercato rispetto al bene è sintomatico del suo scarso valore, sicché la prosecuzione dell'attività liquidatoria aggrava inutilmente il passivo ed incide negativamente sulla durata della procedura”.

Anche in tal caso la norma rispecchia semplicemente un esito che già la prassi registra nei casi ordinari.

Si prevede altresì che nel programma di liquidazione sia specificato non solo il termine di presumibile completamento della liquidazione dell'attivo, ma anche la relativa data di inizio (secondo la relazione, sempre “allo scopo di accelerare lo svolgimento della procedura”).

Sulla stessa scia si pone la nuova disposizione a mente della quale entro dodici mesi dall'apertura della procedura deve avere luogo il primo esperimento di vendita dei beni e devono iniziare le attività di recupero dei crediti, salvo che il giudice delegato, con decreto motivato, non ne autorizzi il differimento.

Fa da completamento l'art. 216 laddove si prevede adesso che per i beni immobili il curatore pone in essere almeno tre esperimenti di vendita all'anno. Dopo il terzo esperimento andato deserto il prezzo può essere ribassato fino al limite della metà rispetto a quello dell'ultimo esperimento.

Quanto alle altre modalità di vendita, si è precisato, nell'art. 214, che “Il curatore può procedere altresì alla cessione delle attività e delle passività dell'azienda o dei suoi rami, nonché di beni o rapporti giuridici individuali in blocco, esclusa comunque la responsabilità dell'alienante prevista dall'articolo 2560 del codice civile”; nell'art. 216, che tutti i beni acquisiti alla procedura, fatta eccezione per quelli di modesto valore, devono essere sottoposti a stima da esperti nominati dal curatore (e quindi non più dal giudice delegato); e infine, nel settimo comma di tale norma, che l'offerta d'acquisto non è efficace se perviene oltre il termine stabilito nell'ordinanza di vendita o se l'offerente non presta cauzione nella misura indicata, mentre è efficace, purchè presentata tramite il portale delle vendite pubbliche, anche se inferiore di non oltre un quarto al prezzo stabilito nell'ordinanza di vendita.

Tuttavia, a mente dell'attuale art. 217, se il prezzo offerto è inferiore in misura non superiore ad un quarto rispetto a quello stabilito, il giudice delegato può impedire il perfezionamento della vendita in presenza di concreti elementi idonei a dimostrare che un nuovo esperimento di vendita può consentire, con elevato grado di probabilità, il conseguimento di un prezzo perlomeno pari a quello stabilito.

Si tratta, in tutte queste ipotesi, di regole in realtà già applicate nella prassi corrente.

5. Modifiche di taglio diverso sono contenute infine:

  • nell'art. 211, laddove – come precisa la Relazione - è stata “enunciata la regola generale secondo la quale l'apertura della liquidazione giudiziale non determina la cessazione dell'attività di impresa, fermo restando, al fine di tutelare i creditori, che la prosecuzione dell'esercizio dell'attività imprenditoriale da parte del curatore deve essere autorizzata espressamente: dal tribunale, con la sentenza che dichiara aperta la liquidazione giudiziale, quando dall'interruzione può derivare un danno grave o, successivamente, dal giudice delegato, con il parere favorevole del comitato dei creditori, cui è attribuito un ruolo decisivo, essendo tale organo chiamato, con cadenza trimestrale, a pronunciarsi sull'opportunità della prosecuzione”;
  • nell'art. 138, il qualenon prevede più che “se la procedura appare poco complessa in relazione al presumibile ammontare dell'attivo e alla qualità del medesimo, nonché al numero dei creditori, può essere omessa la nomina del comitato dei creditori e, nei casi in cui è previsto l'interpello del comitato, i creditori sono invitati a esprimersi singolarmente, anche in via telematica. In tal caso, la mancata espressione del parere equivale a parere favorevole”. L'anteriore previsione, in effetti, benchè apparentemente attuativa di un principio di delega, sembrava aggravare, anziché semplificare, le modalità di acquisizione del parere del comitato dei creditori nelle procedure meno complesse;
  • nell'art. 194, secondo il quale i titoli e gli altri documenti devono essere custoditi personalmente dal curatore – non più in cancelleria - o, con autorizzazione del giudice delegato, affidati in custodia a terzi.
Le modifiche riguardanti la liquidazione controllata del sovraindebitato

Qualche limatura è stata apportata anche nell'ambito del procedimento di liquidazione controllata del sovraindebitato.

In particolare, l'art. 274 introduce ex novo disposizioni finalizzate a disciplinare le azioni del liquidatore. Egli, previa autorizzazione del giudice delegato, che deve essere concessa, come è stabilito ora anche per il curatore, solo quando sia utile per il miglior soddisfacimento dei creditori, esercita o, se pendente, prosegue, come già previsto dall'art. 14-decises della legge n. 3/2012, ogni azione prevista dalla legge finalizzata a conseguire la disponibilità dei beni compresi nel patrimonio del debitore e ogni azione diretta al recupero dei crediti, nonché – in tal caso colmandosi una lacuna evidenziata dalla dottrina e dalla giurisprudenza in relazione alla disciplina dettata dalla predetta legge - le azioni dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile.

L'art. 272 elimina la disposizione, prima formulata, secondo cui la durata della procedura non avrebbe potuto in ogni caso superare i due anni, salvo proroga fino ad un anno per gravi e giustificati motivi (e nella liquidazione del compenso il giudice avrebbe dovuto tener conto del tempo trascorso, della natura delle operazioni effettuate, dei risultati ottenuti e della diligenza impiegata dal liquidatore).

Evidentemente ci si è resi conto che una durata massima di due anni sarebbe stata certo auspicabile, ma non propriamente o necessariamente “ragionevole”.

L'art. 276 completa la disciplina in materia di chiusura del procedimento statuendo che, con il decreto di chiusura, il giudice, su istanza del liquidatore, autorizza il pagamento del compenso, lo svincolo delle somme eventualmente accantonate e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento e delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo.

Le modifiche riguardanti i gruppi di imprese

In materia di gruppi l'art. 284 esige che la domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo o di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti proposta con un unico ricorso deve fornire – tra l'altro - informazioni analitiche sulla struttura del gruppo e sui vincoli partecipativi o contrattuali esistenti tra le imprese e indicare il registro delle imprese o i registri delle imprese in cui è stata effettuata la pubblicità ai sensi dell'articolo 2497-bis del codice civile. Il bilancio consolidato di gruppo, ove redatto, deve essere allegato al ricorso unitamente alla documentazione prevista, rispettivamente, per l'accesso al concordato preventivo o agli accordi di ristrutturazione. Mi sembrano richieste più che congrue, trattandosi di dati informativi essenziali al fine di comprendere le cointeressenze di gruppo e le ragioni dell'unitarietà della domanda e del piano.

Quanto alle regole in tema di competenza, l'art. 287 puntualizza che se le diverse imprese del gruppo hanno il proprio centro degli interessi principali in circoscrizioni giudiziarie diverse, il tribunale competente è quello dinanzi al quale è stata depositata la prima domanda di liquidazione giudiziale., non più – come previsto prima - quello dinanzi al quale è iniziata la prima procedura di liquidazione giudiziale; criterio che, in effetti – come osserva la Relazione – è di facile ed univoca determinazione.

Le modifiche riguardanti la liquidazione coatta amministrativa

In quest'ambito si segnala una sola modifica di rilievo, laddove, nell'art. 312 in materia di liquidazione dell'attivo, si stabilisce che per la vendita degli immobili e per la vendita dei mobili in blocco occorrono l'autorizzazione dell'autorità che vigila sulla liquidazione e il parere del comitato di sorveglianza, non più solo se di valore superiore a euro 100.000, ma “in ogni caso”.

Le modifiche riguardanti le misure cautelari penali

Come si sa, l'art.13, comma 1, della legge delega n.155/2017 ha invitato il Governo ad adottare disposizioni di coordinamento con il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, stabilendo condizioni e criteri di prevalenza, rispetto alla gestione concorsuale, delle misure cautelari adottate in sede penale, anteriormente o successivamente alla dichiarazione di insolvenza.

Pertanto, di fatto espunti i precedenti artt. 318-338, il testo ministerialepreso atto anche delle disposizioni innovative, introdotte successivamente all'entrata in vigore della legge delega, dalla legge n.161 del 2017 e dal decreto legislativo n. 21 del 2018 - provvede in tal senso, e, al fine di disciplinare in maniera uniforme ogni sequestro penale destinato a sfociare in un provvedimento di confisca (ai sensi dell'articolo 321, comma 2, del codice di procedura penale), con l'art. 317 fa rinvio al titolo IV del Codice antimafia e all'art.104-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale per tutto ciò che attiene alla tutela dei terzi e dei rapporti del sequestro con la procedura di liquidazione giudiziaria - norme che, stante la finalità ultimativa della confisca delle cose sequestrate, sanciscono invariabilmente la prevalenza dei sequestri sulla liquidazione concorsuale -, facendo peraltro salvo quanto previsto dagli articoli 318, 319 e 320, che attenuano tale regime di prevalenza delle misure cautelari reali penali con riferimento a quei sequestri che, diversamente dagli altri, non siano destinati a sfociare in una confisca.

Così l'art. 318, quasi interamente riscritto, regola in modo derogatorio il rapporto tra liquidazione giudiziale e sequestro preventivo, quanto alla specifica tipologia del c.d. sequestro impeditivo (avente cioè la funzione primaria di impedire che il reato sia portato a conseguenze ulteriori).

Perciò, quando tale sequestro non sia finalizzato alla confisca (non essendone oggetto cose intrinsecamente illecite, e salva l'ipotesi che tali cose illecite possano circolare a seguito di regolarizzazione ammnistrativa), esso non potrà essere disposto sui beni concorsuali.

Osserva la Relazione al riguardo che, in tal caso, “non emergono specifiche ragioni per ritenere la prevalenza del procedimento penale. Una volta interrotto ogni rapporto con l'utilizzatore del bene, indagato o imputato che sia, a seguito dell'intervenuta apertura della procedura di liquidazione, non vi sono evidenti ragioni per escludere che il bene possa essere utilmente destinato alla soddisfazione dei creditori. Analogamente, ove sui beni in sequestro sopraggiunga la dichiarazione di liquidazione, successivamente all'adozione del provvedimento penale, il curatore può chiederne la revoca e quindi la restituzione”.

Analogamente l'art. 319 statuisce che in pendenza della procedura di liquidazione giudiziale non può essere disposto sui beni concorsuali sequestro conservativo ai sensi dell'articolo 316 del codice di procedura penale e che quando, disposto il sequestro conservativo, venga poi dichiarata l'apertura di liquidazione giudiziale sulle medesime cose, il giudice, a richiesta del curatore, revoca il sequestro conservativo e dispone la restituzione delle cose in suo favore.

L'art. 320, infine, chiudendo il cerchio, si preoccupa di puntualizzare che, contro il decreto di sequestro e le ordinanze in materia di sequestro, il curatore può proporre richiesta di riesame e appello nei casi, nei termini e con le modalità previsti dal codice di procedura penale.

Le modifiche riguardanti i reati commessi nelle procedure di composizione delle crisi (comprese quelle di composizione delle crisi da sovraindebitamento)

L'intero capo IV del titolo IX riguardante le norme penali è stato riscritto, introducendosi, al fine di “regolare in maniera unitaria all'interno del codice della crisi – come puntualizza la Relazione - istituti già presenti nel sistema e regolati dalla legge 27 gennaio 2012, n. 3, che già stabiliva identiche sanzioni all'articolo 16 della legge citata”, una nuova speciale disciplina dei reati commessi nelle procedure di composizione delle crisi, comprese quelle relative al sovraindebitamento.

Così l'art. 344 contempla varie fattispecie di reato ascrivibili, da un lato, aldebitore, punendo le condotte di falso da lui commesse al fine di ottenere l'accesso alle procedure compositive o alla procedura di esdebitazione e, dall'altro, ai componenti dell'organismo di composizione della crisi, per i falsi riguardanti la consistenza del patrimonio del debitore. Per questi organi è stata introdotta dall'art. 345 anche una nuova fattispecie criminosa di “falso nelle attestazioni” per i dati aziendali del debitore che intenda presentare domanda di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti o di apertura del concordato preventivo.

La Relazione spiega al riguardo che “la circostanza che, nella prospettiva di riforma recata dal codice, al concordato preventivo si possa addivenire anche all'esito del procedimento di composizione assistita della crisi, nell'ambito della quale fanno capo ai componenti dell'organismo obblighi di verità nell'esposizione della situazione patrimoniale del richiedente, ha indotto ragionevolmente a sanzionare l'esposizione di dati falsi, non diversamente dall'ipotesi in cui analoghi obblighi sono imposti al professionista indipendente nell'ambito della procedura concorsuale. Le norme in esame non hanno quindi contenuto di novità in relazione alle condotte punite, proprio perché derivano da disposizioni analoghe già vigenti, e individuano incontrario i soggetti responsabili in conformità alle nuove competenze delineate dal codice”.

Le modifiche riguardanti le norme di coordinamento

Varie disposizioni sono deputate ex novo a coordinare il Codice della crisi con altre norme.

L'art. 372 è stato inserito per coordinarlo con le norme di attuazione del codice di procedura penale, in particolare con riferimento all'articolo 104-bis. Qui giova il richiamo all'estensione della disciplina del titolo IV del d.lgs. 159/2011 ai sequestri funzionali alla confisca, per assicurare la tendenziale prevalenza del sequestro penale.

Siccome l'articolo 104-bis ha esteso le norme in materia di amministrazione dettate dal Codice antimafia ai sequestri penali di aziende, società e beni bisognosi di gestione e con la legge n. 161 del 2017 si è estesa l'intera disciplina dell'amministrazione (titolo III del d.lgs. n.159/2011) a questa categoria di sequestri, si è posto il problema di chiarire come potesse tale richiamo integrale riguardare anche le attribuzioni dell'Agenzia dei beni confiscati, estranee a tali sequestri. La norma è stata pertanto integrata con l'espresso riferimento alla disciplina in materia di nomina e revoca dell'amministratore, di compiti a lui attribuito e di poteri di gestione.

Le modifiche riguardanti le norme del codice civile

Con personale soddisfazione accolgo la modifica assai rilevante apportata dall'Ufficio legislativo con riguardo all'articolo 2486 c.c. (“Poteri degli amministratori”).

La legge delega richiedeva di formulare un criterio di liquidazione dei danni conseguenti all'inosservanza da parte degli amministratori sociali dell'obbligo di gestire la società, dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, al solo fine di preservare integrità e valore del patrimonio, per dirimere, anche in funzione deflattiva, il contrasto giurisprudenziale esistente in materia e l'obiettiva difficoltà di quantificare il danno in tutti i casi, nella pratica molto frequenti, in cui mancano le scritture contabili o le stesse sono state tenute in modo irregolare.

Il testo della Commissione era stato alquanto tiepido in proposito, e si era limitato a consentire l'applicazione del criterio dei cd. netti patrimoniali solo in caso di scritture contabili mancanti o comunque inattendibili, con salvezza della prova contraria e del potere di liquidazione equitativa del danno da parte del giudice.

Il testo emendato, invece, come diversamente si era proposto nel corso dei lavori, collega la possibilità di collegare l'applicazione del criterio dei netti patrimoniali, preferito dalla giurisprudenza di merito e dalla dottrina maggioritaria, direttamente all'accertata responsabilità per violazione dell'obbligo di cui all'articolo 2486 del codice civile, e salva la prova di un diverso ammontare.

In tal caso, dunque, opererà una presunzione: il danno risarcibile si presumertà pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data dell'apertura della procedura di liquidazione giudiziale e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all'articolo 2484, ma con la necessaria accortezza di detrarre i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione.

Quando poi dovessero mancare le scritture contabili o se a causa dell'irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non potessero essere determinati, il danno potrà essere liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella liquidazione giudiziale, applicandosi in tal modo, e limitatamente a tale evenienza, quel risalente criterio salomonico che la prassi aveva inizialmente fatto assurgere a criterio semplificatorio unitario.

Le modifiche riguardanti le garanzie in favore degli acquirenti di immobili da costruire

Al fine di dare attuazione ai principi di delega contenuti nell'art. 12 della legge 19 ottobre 2017, n. 155 in materia di garanzie in favore degli acquirenti di immobili da costruire, l'Ufficio legislativo del Ministero ha elaborato ex novo gli articoli da 384 a 387, che hanno integrato la disciplina di tali garanzie contenute nel decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122 (“Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004, n. 210”).

La Relazione con chiarezza sintetizza le innovazioni evidenziando che con gli artt. 384-387 si è apprestata una tutela sostanziale all'acquirente per il caso di inadempimento del costruttore all'obbligo legale di rilascio della polizza assicurativa indennitaria decennale, prevedendosi che la fideiussione garantisca la restituzione delle somme versate anche in caso di recesso dal contratto preliminare dell'acquirente che abbia ottenuto da parte del notaio l'attestazione di non aver ricevuto per la data dell'atto la polizza assicurativa; si statuisce altresì che la fideiussione perde efficacia solo nel momento in cui il fideiussore riceva dal costruttore copia dell'atto di trasferimento che contenga menzione degli estremi della polizza decennale e della sua conformità; si affida ad un decreto ministeriale la determinazione del modello standard della fideiussione; viene previsto che all'inadempimento dell'obbligo assicurativo consegua la nullità (relativa) del contratto, che può essere fatta valere solo dall'acquirente; si demanda ad un decreto ministeriale la determinazione del contenuto e delle caratteristiche della polizza decennale, nonché dell'eventuale modello standard; si collega al recesso dell'acquirente in caso di mancato rilascio della polizza assicurativa il diritto di escutere la fideiussione; si prevede l'obbligo di menzionare nel contratto di trasferimento gli estremi della polizza decennale conforme al decreto ministeriale; si ricollega l'applicazione della normativa modificata alla presentazione del titolo abilitativo o alla sua richiesta successivamente all'entrata in vigore delle modifiche; si prevede che i contratti preliminari e quelli comunque diretti al trasferimento non immediato di un immobile da costruire devono essere stipulati per atto pubblico o scrittura privata autenticata, come espressamente richiesto dalla delega; si prevede che il contratto contenga l'attestazione di conformità della fideiussione al modello ministeriale.

L'entrata in vigore e la disciplina transitoria

Le norme sull'entrata in vigore del decreto e sulla disciplina transitoria sono contenute, rispettivamente, negli artt. 388 e 389.

Il nuovo testo pone ex novo le regole in tali ambiti distinguendosi anche in tal caso dal testo licenziato dalla Commissione Rordorf, che nulla al riguardo aveva indicato (e del resto poteva considerarsi prematuro, provvedendosi di solito al riguardo nelle fasi finali dell'iter di attuazione della delega).

Quanto all'entrata in vigore, salta subito agli occhi la notevole durata della vacatio legis relativamente a quasi tutte le norme: 18 mesi decorrenti dalla pubblicazione del decreto (finale) nella Gazzetta Ufficiale.

Evidentemente si è ritenuto opportuno non soltanto consentire ad interpreti ed operatori di impratichirsi con le nuove norme durante un adeguato periodo di apprendimento, ma anche lasciare a disposizione del legislatore un altrettanto congruo intervallo temporale per introdurre eventuali disposizioni correttive/integrative prima della concreta applicazione a regime del Codice. E che ciò sia opportuno, discende già dalla unanime constatazione dei brevissimi tempi che la Commissione ha avuto a disposizione per redigere la bozza di nuovo Codice, come del resto non molto ampio è stato anche il tempo che ha potuto dedicarvi poi a correggerlo ed integrarlo l'Ufficio legislativo. Era dunque opportuno lasciare un tempo aggiuntivo adeguato per rimeditare sulle varie norme anche per accogliere eventuali proposte correttive/migliorative che possono emergere dal prossimo dibattito tra operatori e dottrina.

Fanno peraltro eccezione alcune disposizioni a cui si è ritenuto di conferire un rilievo particolare, inserendole in una corsia preferenziale (art. 388, commi 2 e 3).

Per queste, infatti, è prevista l'entrata in vigore già il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto.

Si tratta degli articoli:

  • 27, comma 1, e 350, che attribuiscono al tribunale sede delle sezioni specializzate in materia di imprese la competenza per i procedimenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza e per le controversie che ne derivano relativi alle imprese in amministrazione straordinaria e ai gruppi di imprese di rilevante dimensione; la deroga si spiega alla luce della considerazione che la nuova regola in materia di competenza è limitata ad imprese sottoposte a procedure – quelle di amministrazione straordinaria - non regolate dal nuovo Codice;
  • 363 e 364, che prevedono l'obbligo per l'Istituto nazionale per la Previdenza sociale e per l'Istituto Nazionale per gli infortuni sul lavoro, da un lato, e per gli uffici dell'Amministrazione finanziaria e degli enti preposti all'accertamento dei tributi di loro competenza, dall'altro, di comunicare, su richiesta del debitore o del tribunale, i crediti dagli stessi vantati nei confronti del debitore a titolo di contributi e premi assicurativi o, rispettivamente, di rilasciare un certificato unico sull'esistenza di debiti risultanti dai rispettivi atti, dalle contestazioni in corso e da quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti; tuttavia in concreto la vacatio di trenta giorni si prolungherà ulteriormente, atteso che le suddette norme, ai rispettivi comma 2, statuiscono, quanto ai crediti per contributi e premi assicurativi, che con decreto non avente natura regolamentare, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore dell'articolo, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e, per i profili di competenza, con il Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentiti INPS e INAIL, dovrà definire i contenuti della comunicazione ed i tempi per il rilascio della stessa sotto forma di certificato unico; parimenti l'Agenzia delle entrate dovrà adottare, entro il medesimo termine, con proprio provvedimento, modelli per la certificazione dei carichi pendenti, risultanti al sistema informativo dell'anagrafe tributaria e dell'esistenza di contestazioni, nonché per le istruzioni agli uffici locali dell'Agenzia delle entrate competenti al rilascio e dovrà definire un fac-simile di richiesta delle certificazioni medesime da parte dei soggetti interessati, curando la tempestività di rilascio;
  • 366, che modifica l'art. 147 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (TU spese di giustizia), prevedendo, in aggiunta ai casi in cui, revocato il fallimento, le spese della procedura fallimentare e il compenso al curatore sono a carico del creditore istante, se condannato ai danni per aver chiesto la dichiarazione di fallimento con colpa ovvero del fallito persona fisica, se con il suo comportamento ha dato causa alla dichiarazione di fallimento, anche quello in cui la dichiarazione di fallimento non è imputabile né al creditore istante né al debitore, ipotesi in cui le spese restano a carico dell'Erario (che provvede al pagamento sulla base del decreto di liquidazione emesso dal tribunale fallimentare); da notare che la norma è stata modificata senza eliminare i vecchi riferimenti al fallimento (che ora dovrebbero essere sostituiti con i riferimenti alla liquidazione giudiziale);
  • 373, che abroga gli artt. 221, 235 e 241 della ante-vigente legge fallimentare, ossia le norme che – rispettivamente – (la prima) puniva con la riduzione di un terzo i reati fallimentari in caso di fallimento sommario, (la seconda) contemplava il reato di omessa trasmissione dell'elenco dei protesti cambiari o delle dichiarazioni di rifiuto di pagamento e (la terza) disciplinava l'istituto (ormai superato) della riabilitazione civile del fallito quale causa di estinzione del reato di bancarotta semplice;
  • 374, che modifica la rubrica dell'articolo 2086 del codice civile (da “Direzione e gerarchia nella impresa” a “Gestione dell'impresa”), inserendo inoltre un secondo comma che impone all'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale; in tal caso si è ritenuta evidentemente di valore strategico l'immediata adozione dei nuovi assetti organizzativi per la rilevazione tempestiva della crisi e l'insorgenza dell'obbligo di attivarsi per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti finalizzati al superamento della crisi e al recupero della continuità aziendale;
  • 377, che pone due importanti novità in materia di azioni di responsabilità verso gli amministratori sociali, da un lato inserendo un sesto comma all'articolo 2476 del codice civile, che prevede la responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale, statuendo che l'azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti, che la rinunzia all'azione da parte della società non impedisce l'esercizio dell'azione da parte dei creditori sociali e che la transazione della società può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l'azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi; e, dall'altro, inserendo un terzo comma all'articolo 2486 C.C. che, salva la prova di un diverso ammontare del danno, codifica, come già sopra segnalato, il criterio della differenza dei cd. netti patrimoniali ai fini della commisurazione del danno risarcibile causato dagli amministratori che violino l'obbligo di gestione conservativa al sopravvenire di una causa di scioglimento ex art. 2486 C.C.); ed è forese il caso di evidenziare non solo il grande rilievo attribuito ora, attraverso la previsione della breve vacatio, alla materia della azioni di responsabilità verso gli organi amministrativi (in certa misura collimante con il rilievo parimenti e contestualmente dato all'obbligo di predisporre adeguati assetti societari per la rilevazione tempestiva della crisi), ma anche di ribadire l'importanza della facilitazione dei criteri di commisurazione del danno che la Commissione aveva invece confinato in un'area alquanto angusta, ponendo paletti e regole di impervia applicabilità;
  • 378 che, da un lato, modifica il terzo e il quarto comma dell'art. 2477 C.C. imponendo la nomina obbligatoria dell'organo di controllo o del revisore non solo se la società a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato e b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; ma anche se c) ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti: 1) totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro; 3) dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 10 unità (mentre prima tali limiti erano rispettivamente per l'attivo dello stato patrimoniale: 4.400.000 euro; per i ricavi delle vendite e delle prestazioni: 8.800.000 euro e per i dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 50 unità) e prevedendo che l'obbligo di nomina dell'organo di controllo o del revisore cessa quando, per tre esercizi consecutivi (mentre prima erano due) non è superato alcuno dei predetti limiti; e, dall'altro, modifica il sesto comma dell'art. 2477 C.C. prevedendo che se l'assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti indicati al terzo comma non provvede entro trenta giorni alla nomina dell'organo di controllo o del revisore, vi provvede il tribunale non solo su richiesta di qualsiasi soggetto interessato ma anche su segnalazione del conservatore del registro delle imprese; infine, stabilisce ex novo che si applicano le disposizioni dell'articolo 2409 C.C. in materia di denunzia di irregolarità al Tribunale anche se la società è priva di organo di controllo e che le società a responsabilità limitata e le società cooperative già costituite alla data di entrata in vigore dell'articolo devono provvedere ad uniformare l'atto costitutivo e lo statuto alle disposizioni di cui al comma 1 entro centottanta giorni dalla predetta data; ipotesi che dimostrano a loro volta il rilievo attribuito alle disposizioni che implementano la presenza societaria degli organi di controllo.

Inoltre l'art. 131 ha previsto, quanto alla disciplina di deposito delle somme riscosse, al comma 4, che il mandato è sottoscritto dal giudice delegato e dal cancelliere con firma digitale ed è trasmesso telematicamente al depositario nel rispetto delle disposizioni, anche regolamentari, concernenti la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La trasmissione telematica è oggetto di disciplina con apposito decreto del Ministro della Giustizia, che ne stabilisce modalità, condizioni e limiti. La disposizione acquista efficacia a decorrere dal novantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento del responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, da adottarsi entro un anno dall'entrata in vigore del decreto, attestante la piena funzionalità dei sistemi di trasmissione telematica.

Quanto alla disciplina transitoria, a norma dell'art. 389, tutti i ricorsi e le domande di accesso alle procedure concorsuali e di composizione della crisi da sovraindebitamento disciplinate dal Codice depositati prima dell'entrata in vigore del decreto, e le procedure pendenti alla data di entrata in vigore del decreto o aperte a seguito della definizione dei predetti ricorsi e domande, sono definiti secondo la legge anteriore.

La soluzione appare semplice e semplificatoria.

Peraltro altre norme disseminate qua e là apprestano una disciplina transitoria ad hoc per particolari aspetti.

Mi limito a citarne solo tre.

L'art. 360, il quale statuisce, in materia di obbligatorietà del deposito con modalità telematiche degli atti, che, per il ricorso per cassazione, la disposizione acquista efficacia a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento del responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, da adottarsi entro un anno dall'entrata in vigore del codice, attestante la piena funzionalità dei servizi di comunicazione.

L'art. 367, il quale statuisce, quanto alle modalità di accesso alle informazioni sui debiti risultanti da banche dati pubbliche, che le sue disposizioni acquistano efficacia a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento del responsabile dei sistemi informativiautomatizzati del Ministero della giustizia, da adottarsi entro un anno dall'entrata in vigore del decreto, attestante la piena funzionalità del collegamento telematico.

E infine l'art. 357, il quale prevede che, fino alla istituzione dell'Albo dei soggetti destinati a svolgere funzioni di gestione o di controllo nell'ambito delle procedure concorsuali, il presidente della sezione specializzata, il presidente della camera di commercio e le associazioni rappresentative delle categorie imprenditoriali (e per esse il referente, secondo il meccanismo già descritto) designino i componenti del collegio tra quelli iscritti all'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili nonché all'albo degli avvocati che siano in possesso di una specifica esperienza in materia di crisi di impresa, per avere svolto funzioni di commissario giudiziale, attestatore o professionista presentatore della proposta in almeno tre procedure di concordato preventivo che abbiano superato la fase dell'apertura, o tre accordi di ristrutturazione dei debiti che siano stati omologati.

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