La responsabilità della PA che omette o ritarda l'attuazione di un provvedimento dell'autorità giudiziaria
18 Ottobre 2018
Massima
La PA non ha poteri discrezionali in ordine all'esecuzione di un provvedimento giurisdizionale, specialmente quando questo abbia ad oggetto la tutela di un diritto riconosciuto dalla Cost. o dalla CEDU, come quello di proprietà. É pertanto colposa la condotta dell'amministrazione dell'interno che ometta di attuare il provvedimento di sequestro, con contestuale ordine di sgombero, impartito dalla Procura della Repubblica.
Il caso
In seguito all'occupazione abusiva di numerosi appartamenti da parte di terzi soggetti, i proprietari hanno sporto denuncia alla Procura della Repubblica di Firenze che – in tempi brevi – ha ordinato lo sgombero dei suddetti immobili. Tale provvedimento non è stato eseguito dalle forze dell'ordine: ed infatti l'assessore alla casa del Comune di Firenze, il Prefetto ed il Questore si astennero per asserite ed imprecisate ragioni di “ordine pubblico”. A distanza di sei anni dall'ordine di sgombero, i proprietari hanno finalmente recuperato il possesso degli immobili occupati e, quindi, chiesto il risarcimento del danno per l'inerzia della PA nel dare esecuzione all'ordine di sgombero impartito dalla Procura. A differenza del tribunale di Firenze che, con sentenza del 20 agosto 2013, n. 2637, ha accolto la domanda proposta nei confronti del Ministero dell'Interno, la Corte d'appello di Firenze, con sentenza del 24 ottobre 2016, ha escluso la sussistenza di una condotta colposa della PA che avrebbe correttamente scelto di non intervenire per evitare disordini. Avverso la decisione della Corte d'appello, i proprietari degli immobili, abusivamente occupati, hanno proposto ricorso in Cassazione, fondato su due motivi. La questione
Per il primo motivo la sentenza è viziata perché viola gli artt. 41 Cost., 17 della Carta di Nizza e 1 Prot. Addizionale CEDU, norme tutte volte a presidiare il diritto di proprietà. A ben guardare se davvero ragioni di interesse pubblico imponevano la violazione o la compressione di tale diritto fondamentale, ai proprietari ricorrenti avrebbe indiscutibilmente dovuto riconoscersi un indennizzo o un ristoro monetario. Per il secondo motivo la sentenza della Corte d'appello è viziata per omesso esame di un fatto decisivo: per altri immobili, egualmente occupati da terzi, ma appartenenti a diversi proprietari, l'ordine di sgombero veniva rapidamente eseguito (in soli 17 giorni); di contro solo per gli appartamenti di proprietà dei ricorrenti sussistevano ragioni di ordine pubblico tali da impedire alla forza pubblica di effettuare lo sgombero. Le soluzioni giuridiche
A ben guardare, i motivi di ricorso sono tra loro connessi e vengono qualificati dalla Corte come prospettanti una censura di violazione di legge. Ed infatti i ricorrenti deducono che la sentenza impugnata viola gli artt. 41 ss. Cost., 6 CEDU ed 1 Prot. Add. CEDU perché accerta in facto che la PA non eseguì gli ordini di sgombero, e – in iure – la legittimità del comportamento della PA e, conseguentemente, il diritto dei ricorrenti al risarcimento che, nel caso di specie, è stato, invece, negato. Il Supremo Collegio ha ritenuto fondate tali censure. La decisione ci sembra corretta e i gangli dell'ampia motivazione possono riassumersi nei seguenti termini:
Che la PA debba dare attuazione ai provvedimenti giudiziari è questione tanto ovvia, quanto fondamentale per qualsiasi Stato di diritto. Né il diritto dei cittadini al “bene-casa” può realizzarsi in danno del diritto di proprietà di terzi. Sicché, afferma correttamente la Corte, «se l'amministrazione intenda dare alloggio a chi non l'abbia, la via legale è l'edificazione di alloggi o l'espropriazione di private dimore, secondo la legge e pagando il giusto indennizzo, e non certo garantire – ché di fatto di questo si trattò – a dei riottosi il godimento dei beni altrui». Né l'illiceità della condotta della PA viene meno solo perché l'occupazione abusiva era stata perpetrata per presunte necessità abitative; per vero le motivazioni sottese alla condotta della PA sono del tutto irrilevanti e non attenuano l'affermazione della responsabilità della suddetta conseguente alla mancata esecuzione dell'ordine giudiziale di sgombero. In altre e più semplici parole: ha errato la Corte d'appello nel ritenere che la PA, chiamata ad attuare un ordine del giudice, possa scegliere se e quando porre in essere l'esecuzione del comando. Di contro, l'unica attività richiesta alla PA chiamata ad eseguire un provvedimento giudiziario è «verificare se quel provvedimento esista davvero». Osservazioni
Si può dunque concludere che la mancata attuazione dei provvedimenti giudiziari costituisce un fatto illecito in sede civile e può integrare una fattispecie criminosa in sede penale. Va segnalato, infine, che l'obbligo della PA di dare incondizionata attuazione ai provvedimenti giudiziari è già stato in passato affermato da numerose sentenze della Cassazione, della Corte costituzionale e dal Giudice di Strasburgo. È evidente che un'interpretazione volta a riconoscere in capo alla PA la scelta se eseguire o meno i provvedimenti giurisdizionali sarebbe in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento domestico e con quello comunitario.
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