Profili di imposizione diretta per la società in concordato

Alberto Molgora
22 Ottobre 2018

A quali particolari disposizioni normative di fiscalità diretta soggiace una società ammessa al beneficio del concordato preventivo? Quali sono, in particolare, gli effetti ai fini IRES ed IRAP dello stralcio dei debiti sociali tipicamente proprio di qualsivoglia procedura concordataria?

A quali particolari disposizioni normative di fiscalità diretta soggiace una società ammessa al beneficio del concordato preventivo? Quali sono, in particolare, gli effetti ai fini IRES ed IRAP dello stralcio dei debiti sociali tipicamente proprio di qualsivoglia procedura concordataria? Quali altresì gli impatti di fiscalità diretta rivenienti dalla liquidazione dei beni operata in sede di esecuzione del procedura, eventualmente anche nell'ambito dei concordati cd. in continuità?

La normativa di riferimento – Come noto, l'art. 167 l. fall. dispone che durante la procedura di concordato preventivo il debitore conserva l'amministrazione dei propri beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza dell'organo commissariale.

La società in concordato preventivocontinua quindi a configurarsi quale autonomo soggetto d'imposta titolare del rapporto tributario, su cui permangono gli ordinari obblighi previsti dalla vigente normativa fiscale, ivi compresi quelli relativi agli adempimenti dichiarativi.

Fermo restando il tassativo divieto di eseguire pagamenti di debiti anteriori sino alla sentenza di omologa – ivi compresi quelli di natura fiscale – la società ammessa alla procedura concorsuale minore è pertanto tenuta all'ordinario pagamento di IRES ed IRAP di competenza, nonché alla tempestiva presentazione delle relative dichiarazioni, senza che siano date sussistere, al riguardo, peculiari deroghe alcune.

Diversamente, con riferimento alle modalità di determinazione delle suddette imposte, sono previste particolari disposizioni normative, intese, nella sostanza, ad agevolare l'impresa versante in stato di crisi ammessa alla procedura concordataria.

Più precisamente, l'art. 88, comma 4-ter, del T.U.I.R., stabilisce che non si considerano sopravvenienze attive ai fini IRES le riduzioni dei debiti dell'impresa in sede di concordato preventivo liquidatorio. In caso di concordato di risanamento (rectius: in continuità), la riduzione dei debiti dell'impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite fiscali pregresse e di periodo ex art. 84 T.U.I.R., senza considerare il limite dell'80%, nonché gli interessi passivi di cui all'art. 96, comma 4, del T.U.I.R..

L'irrilevanza fiscale de qua agitur trova parimenti conferma anche ai fini IRAP, atteso che la sopravvenienza generatasi per effetto della ristrutturazione del debito concordatario, secondo l'insegnamento del Documento OIC n. 19, rappresenta un provento di natura finanziaria, come tale escluso da imposizione ai fini del tributo regionale.

Inoltre, quale ulteriore disposizione agevolativa prevista per le imprese ammesse alla procedura concordataria, l'art. 86, comma 5, del T.U.I.R. prevede che la cessione dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo non costituisce realizzo delle plusvalenze e minusvalenze dei beni, comprese quelle relative alle rimanenze ad all'avviamento.

Detassazione della sopravvenienza da esdebitamento – Secondo quanto supra osservato, il Legislatore tributario, nell'auspicio di agevolare il risanamento dell'impresa in concordato preventivo, ha disposto l'esclusione da imposizione diretta della sopravvenienza attiva derivante dalla riduzione dei debiti sociali che consegue all'omologa della procedura concordataria.

Tuttavia, giuste le previsioni del richiamato art. 88, comma 4-ter, del T.U.I.R., se la detassabilità della sopravvenienza attiva in parola opera tout court in ipotesi di concordati con cessioni di beni (cd. liquidatori), appare meritevole di qualche riflessione in più il caso dei “concordati di risanamento”, cui sono riconducibili quelli in cd. continuità aziendale ex art. 186-bis l. fall.

In relazione a tali fattispecie, la normativa in commento prevede infatti l'esclusione da imposizione unicamente per la quota parte di sopravvenienza concordataria che eccede le perdite fiscali pregresse e di periodo - da utilizzarsi a beneficio del contribuente senza il limite normativo dell'80% - le eccedenze di interessi passivi deducibili ex art. 96, comma 4, e le deduzioni ACE di cui all'art. 1 del D.L. n. 201/11.

Una simile disposizione di legge – la cui applicazione pratica risulta peraltro fonte di non poche incertezze interpretative – muove dalla finalità di scongiurare il rischio che, in ipotesi di piani concordatari che prevedono la continuità dell'impresa, il debitore veda cumularsi il vantaggio derivante dalla detassazione della sopravvenienza da esdebitamento con quello correlato all'utilizzo delle perdite fiscali (nonché delle ulteriori deduzioni richiamate dalla norma in commento) in compensazione con i futuri redditi generati dalla prosecuzione dell'attività.

Volendo sintetizzare all'estremo, la sostanziale irrilevanza fiscale della sopravvenienza concordataria da esdebitamento è comunque sempre ottenibile, sebbene, in ipotesi di concordati in continuità, si sia a tale fine obbligati ad utilizzare le eventuali perdite e/o deduzioni fiscali pregresse richiamate dal citato art. 88.

Muovendo dalla ratio sopra descritta, deve allora cogliersi con estremo favore l'ufficiale conferma di recente rilasciata dal MEF secondo cui il meccanismo limitativo di cui supra riguarderebbe i soli concordati in continuità cd. diretta – ove il debitore prosegue in prima persona la propria attività – e non anche quelli in continuità cd. indiretta, i quali, in sede di esecuzione del piano, prevedono la cessione in blocco dell'azienda – la cui attività è quindi proseguita da un terzo – e la successiva cessazione dell'impresa da parte del debitore; in tali circostanze trova quindi applicazione l'integrale detassazione “a priori” della sopravvenienza da esdebitamento propria dei concordati liquidatori.

Irrilevanza delle plusvalenze da liquidazione – nell'intento di estendere le agevolazioni tributarie anche alla fase esecutiva della procedura concordataria, il dispositivo di cui all'art. 86, comma 5, del T.U.I.R. – così come richiamato in sede di premessa – prevede l'irrilevanza ai fini IRES delle plusvalenze rivenienti dalle cessioni di beni ai creditori eseguite in ambito concordatario.

Al riguardo, preme sottolineare come, in linea con l'orientamento della Suprema Corte (Cassazione nn. 22168/2006 e 5112/1996), confermato dalla stessa Amministrazione Finanziaria (Risoluzione A.E. n. 23/04), la neutralità fiscale delle plusvalenze de quibus riguardi non già unicamente le cessioni poste in essere nei confronti dei creditori, bensì la totalità delle vendite eseguite in sede concordataria da parte del Liquidatore Giudiziale in esecuzione delle previsioni del piano.

Parimenti prive di rilevanza fiscale dovrebbero a buon senso ritenersi anche le plusvalenze realizzate a seguito delle cessioni di beni “non funzionali all'esercizio dell'impresa” ex art. 186-bis l. fall. eseguite nell'ambito dei concordati in continuità, ai quali non appare ulteriormente e diversamente applicabile la commentata agevolazione di cui all'art. 86 del T.U.I.R..

Ai fini IRAP – ferma restando, ai sensi di legge, l'esclusione da imposizione delle plusvalenze derivanti dalle cessioni di aziende – l'Amministrazione Finanziaria ha al tempo avuto modo di confermare la generale irrilevanza delle plusvalenze rivenenti dalle liquidazioni concordatarie, giacché qualificabili alla stregua di componenti straordinarie del reddito d'impresa, come tali escluse da assoggettamento al tributo regionale (Risoluzione A.E. n. 23/04).

Motivazioni di ordine logico sistematico dovrebbero indurre a ritenere in toto confermata una simile esclusione da imposizione, per quanto, come noto, sia stata soppressa l'area “straordinaria” dagli schemi del conto economico dei bilanci d'esercizio. Le ufficiali conferme del caso risulterebbero quindi quanto mai auspicabili.

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