Pignoramento presso terzi: la competenza territoriale

Paolo Fraulini
29 Ottobre 2018

L'art. 19, comma 1, lett. b), del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, conv. con modif., dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, ha introdotto nel codice di rito civile l'art. 26-bis, per l'effetto del quale il giudice dell'esecuzione e il giudice della relativa opposizione debbono interrogarsi sulla corretta individuazione del foro competente a conoscere la controversia esecutiva.
Inquadramento

L'art. 19, comma 1, lett. b), del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, conv. con modif., dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, ha introdotto nel codice di rito civile l'art. 26-bis a mente del quale «Quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'art. 413, comma 5, per l'espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

Fuori dei casi di cui al primo comma, per l'espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede».

Per l'effetto il giudice dell'esecuzione e il giudice della relativa opposizione debbono interrogarsi sulla corretta individuazione del foro competente a conoscere la controversia esecutiva.

La pronuncia sulla competenza

Due sono le ipotesi.

La prima, più classica, è quella in cui il giudice dell'esecuzione abbia ritenuto la propria competenza e, conseguentemente – tanto nell'ipotesi di opposizione agli atti esecutivi che di opposizione all'esecuzione – abbia pronunciato nel merito. In tali ipotesi, invero, il regime di impugnazione del provvedimento è del tutto identico a quello previsto per tutte le procedure esecutive ordinarie: dunque l'appello avverso la sentenza che pronuncia sull'opposizione all'esecuzione (art. 616 c.p.c. come novellato ad opera dell'art. 49 della legge 18 giugno 2009, n. 69, per i procedimenti introdotti dopo il 4 luglio 2009, ricorso per cassazione per quelli precedenti) e ricorso per cassazione avverso quella che pronuncia sull'opposizione agli atti esecutivi o sull'opposizione a precetto (art. 618 c.p.c.)

La seconda ipotesi pone una questione nuova ed è quella in cui il giudice dell'esecuzione, investito di un'espropriazione di crediti presso terzi, chiuda il processo esecutivo rilevando l'erronea individuazione del foro dell'esecuzione ai sensi dell'art. 26-bis c.p.c.. In tale eventualità è certo che si possa procedere a proporre opposizione innanzi al giudice competente; meno evidente è il regime di impugnazione della sentenza che pronunci su detta opposizione. Infatti, tale provvedimento, nell'ipotesi in cui rigetti l'opposizione, è qualificabile come pronuncia di merito, giacché essa, nel rigettare l'opposizione, conferma la bontà dell'operato del giudice dell'opposizione e ha quindi immediati effetti sul procedimento esecutivo intentato.

Forma dell'opposizione

Ai fini dell'individuazione del mezzo di impugnazione della sentenza sull'opposizione, occorre tuttavia interrogarsi sulla sua effettiva natura poiché, se come detto è certo che tale provvedimento abbia pronunciato implicitamente nel merito, ovvero sulla correttezza (o meno) della procedura esecutiva (id est: corretta individuazione del foro dell'esecuzione ai sensi dell'art. 26-bis), è altrettanto certo che oggetto della cognizione del giudice dell'esecuzione è stata la sola pronuncia sulla competenza emanata dal giudice dell'esecuzione. Dunque, occorre chiedersi se prevalga la sostanza della pronuncia (ipotesi nella quale il provvedimento sarebbe impugnabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost.) ovvero prevalga la forma (ipotesi nella quale il provvedimento sarebbe impugnabile con il solo regolamento necessario di competenza ai sensi dell'art. 42 c.p.c.). Per rispondere al quesito occorre rilevare che l'art. 187 disp. att., tuttora vigente, nel ribadire la non impugnabilità della sentenza che decide l'opposizione agli atti esecutivi, fa salva l'esperibilità del regolamento di competenza a norma dell'art. 42 c.p.c.. La successiva entrata in vigore della Costituzione, con la conseguente introduzione del ricorso straordinario in cassazione ai sensi dell'art. 111 per violazione di legge e per vizio di motivazione, ha determinato un ipotetico conflitto di rimedi. La questione è stata affrontata dalla Suprema Corte prima dell'entrata in vigore dell'art. 26-bis ma con esclusivo riguardo all'impugnazione del provvedimento del giudice dell'esecuzione e non già di quello emanato sulla relativa opposizione. In quella fattispecie la Corte (Cass. civ., 23 luglio 2010, n. 17462) aveva affermato che il provvedimento col quale il giudice dell'esecuzione neghi la propria competenza per territorio non è proponibile il regolamento di competenza, ma solo l'opposizione agli atti esecutivi, salva la facoltà della parte di chiedere la revoca al giudice che l'ha pronunciato. Ove, tuttavia, il regolamento di competenza sia stato comunque proposto si determina la sospensione del decorso del termine per proporre opposizione agli atti esecutivi, fino alla data di comunicazione del deposito dell'ordinanza di decisione del regolamento di competenza.

Tale orientamento è stato completato di recente (Cass. civ., 4 aprile 2018 n. 8172) laddove si è ribadito che anche nel vigore dell'art. 26-bisc.p.c. «la competenza sull'esecuzione si inserisce nel sistema della competenza in generale e, dunque, esige la garanzia della possibilità del controllo immediato tramite il regolamento di competenza. Tale controllo, sulla base delle argomentazioni esposte dalla citata pronuncia del 2010, ed in particolare da quelle desumibili dall'art. 187 disp. att. c.p.c. si estrinseca in prima battuta non già direttamente sul provvedimento del giudice dell'esecuzione negativo della propria competenza o affermativo di essa, bensì, essendo impugnabile tale provvedimento con l'opposizione ex art. 617 c.p.c., attraverso l'impugnazione con il regolamento di competenza necessario della pronuncia del giudice dell'opposizione agli atti esecutivi di accoglimento o di rigetto dell'opposizione agli atti e, quindi, rispettivamente, di dissenso dalla valutazione del giudice dell'esecuzione negativa o affermativa della propria competenza sull'esecuzione forzata oppure di condivisione di quella valutazione, dovendosi tanto la sentenza di accoglimento che di rigetto intendersi impugnabili ai sensi dell'art. 187 disp. att.c.p.c., in quanto sentenze che decidono riguardo alla competenza sull'esecuzione forzata».

A tali conclusioni la Corte è giunta rilevando come la tesi contraria eluderebbe gli stringenti termini per la proposizione del regolamento (art. 47, comma 1, c.p.c.) in favore di quelli assai più dilatati previsti dagli artt. 325 e 327 c.p.c..

Inoltre, tale tesi precluderebbe all'opponente la possibilità di riassumere il processo esecutivo, posto che tale facoltà è esercitabile solo se alla pronuncia del giudice dell'opposizione si riconosce natura di sentenza sulla competenza (art. 44 c.p.c.).

Sommario