Scritture da conservare per 10 anni se c'è volontà di eludere
30 Ottobre 2018
Se il fine è quello – evidente – di eludere il Fisco, per l'imprenditore l'obbligo di conservazione delle scritture contabili non è di 4 ma di 10 anni. Così si sono espressi i giudici della Corte di Cassazione con la sentenza della Terza Sezione Penale del 23 ottobre 2018 n. 48269. Con tale pronuncia, i giudici del Palazzaccio hanno reso definitiva la condanna nei confronti di un imprenditore, per il quale erano stati comminati otto mesi di reclusione.
«Ai fini dell'individuazione dei documenti – spiegano i giudici di piazza Cavour – deve guardarsi al d.P.R. n. 600/1973, recante “disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi” e, in particolare, all'art. 22, ove si specifica, al comma secondo, che le scritture contabili obbligatorie […] devono essere conservate fino a quando non siano definiti gli accertamenti corrispondenti al corrispondente periodo di imposta, anche oltre il termine stabilito dall'art. 2220 del c.c. o da altre leggi tributarie, salvo il disposto dell'art. 2457 del detto codice, dovendosi al riguardo evidenziare che il predetto art. 2220 c.c. fissa in 10 anni il termine di conservazione delle scritture contabili, prevedendosi che per lo stesso periodo devono conservarsi le fatture, le lettere e i telegrammi ricevuti e le copie di tali documenti spediti». Tra le scritture contabili obbligatorie figurano il libro giornale e il libro degli inventari, oltre che le altre scritture che siano richieste dalla natura e dalla dimensione dell'impresa.
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