Contenuto dell'atto di riassunzione
31 Ottobre 2018
Comparsa in riassunzione e altri atti di riassunzione
Il contenuto dell'atto di riassunzione è dettato dall'art.125disp.att.c.p.c., che — occorre anzitutto dire — si apre con una clausola di salvezza dei casi per i quali la legge disponga altrimenti. L'atto di riassunzione così come disciplinato dalla norma appena ricordata, cioè, non trova impiego in tutte le ipotesi di riassunzione della causa previste dal codice di rito, ma solo in quelle che non siano state diversamente disciplinate. Così, l'art.303c.p.c., concernente la riassunzione del processo interrotto, prevede la forma del ricorso, che, in caso di morte della parte, deve contenere gli estremi della domanda e, entro un anno dalla morte, può essere notificato collettivamente e impersonalmente agli eredi della parte defunta presso l'ultimo domicilio di questa; pure con ricorso si effettua la riassunzione del processo esecutivo ai sensi dell'art.627c.p.c.; viceversa, l'art.392c.p.c., posto a regolare la riassunzione della causa a seguito di cassazione con rinvio, stabilisce che la riassunzione si fa con citazione che va notificata personalmente alle controparti, e non dunque al loro eventuale difensore, ai sensi degli artt.137ss.c.p.c.. Trova quindi applicazione l'art.125disp.att.c.p.c. in caso di riassunzione a seguito di dichiarazione di continenza, ai sensi dell'art.39c.p.c.; di riassunzione per il caso di connessione ai sensi dell'art.40c.p.c.; di riassunzione a seguito di dichiarazione di incompetenza, ex art.50c.p.c.; di riassunzione a seguito dell'istanza che decide sulla ricusazione in applicazione dell'art.54c.p.c.; di riassunzione nelle ipotesi contemplate a pena di estinzione dall'art.307c.p.c.; di riassunzione a seguito di rimessione al primo giudice da parte del giudice d'appello secondo gli artt.353 e 354c.p.c.; di riassunzione a seguito della proposizione di querela in via incidentale dinanzi al giudice d'appello, ex art.355c.p.c.; di riassunzione a seguito di sospensione disposta per effetto della proposizione del regolamento di giurisdizione, ai sensi dell'art.367c.p.c.; e comunque, in tutti i casi di riassunzione per la quale non è dettata una diversa disposizione. Contenuto della comparsa in riassunzione in generale
Secondo l'art. 125 disp. att. c.p.c. la riassunzione della causa è fatta con comparsa, che deve contenere: 1) l'indicazione del giudice davanti al quale si deve comparire; 2) il nome delle parti e dei loro difensori con procura; 3) il richiamo dell'atto introduttivo del giudizio; 4) l'indicazione dell'udienza in cui le parti debbono comparire, osservati i termini stabiliti dall'art. 163-bisc.p.c.; 5) l'invito a costituirsi nei termini stabiliti dall'art. 166 c.p.c.; 6) l'indicazione del provvedimento del giudice in base al quale è fatta la riassunzione, e, nel caso dell'art. 307,comma 1, c.p.c., l'indicazione della data della notificazione della citazione non seguita dalla costituzione delle parti, ovvero del provvedimento che ha ordinato la cancellazione della causa dal ruolo. Risulta dunque evidente, alla luce del tenore letterale della norma, che l'atto di riassunzione non deve rispondere ai requisiti previsti in via generale dall'art. 125 c.p.c., che regola contenuto e sottoscrizione degli atti di parte, stabilendo che la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricorso ed il precetto debbono tra l'altro contenere l'indicazione dell'oggetto, delle ragioni della domanda e delle conclusioni: ed infatti, la comparsa in riassunzione, pur contenendo la vocatio in ius, non richiede la trattazione in fatto e in diritto della causa. Ciò si spiega per il fatto che l'atto di riassunzione del processo non dà inizio ad un nuovo giudizio, ma ha esclusivamente la funzione di consentire la prosecuzione di un processo già pendente. Il punto è fermo nella giurisprudenza della Suprema Corte, la quale ripete che l'atto di riassunzione del processo non introduce un nuovo procedimento, ma espleta esclusivamente la funzione di consentire la prosecuzione di quello già pendente, con la conseguenza che per la sua validità il giudice di merito deve apprezzarne l'intero contenuto, onde verificarne la concreta idoneità a consentire la ripresa del processo. Sicché lo scrutinio di validità-invalidità dell'atto di riassunzione non deve essere ancorato alla semplice verifica meccanica della presenza o meno di uno o più dei requisiti di cui all'art. 125 disp. att. c.p.c., bensì all'idoneità del medesimo al raggiungimento dello scopo a causa della carenza di elementi essenziali quali: il riferimento esplicito alla precedente fase processuale; l'indicazione delle parti e di altri elementi idonei a consentire l'identificazione della causa riassunta; le ragioni della cessazione della pendenza della causa stessa; il provvedimento del giudice che legittima la riassunzione; la manifesta volontà di riattivare il giudizio attraverso il ricongiungimento delle due fasi in un unico processo (Cass. civ., 9 maggio 2018, n. 11193; Cass. civ., 21 luglio 2004, n. 13597; Cass. civ., 14 marzo 2001, n. 3695).
Il richiamo all'atto introduttivo
Più in specifico, alla stregua della previsione normativa, è necessario e sufficiente che la comparsa in riassunzione contenga «il richiamo dell'atto introduttivo del giudizio», sicché non occorre che in esso siano riprodotte tutte le domande della parte in modo specifico, ma soltanto che sia «richiamato» — senza necessità, cioè, di integrale e testuale riproduzione — l'atto introduttivo in base al quale è determinabile per relationem il contenuto della comparsa di riassunzione, nonché il provvedimento in forza del quale è fatta la riassunzione medesima (Cass. civ., 21 maggio 2010, n.12524; Cass. civ., 9 settembre 2004, n. 18170, entrambe concernenti translatio iudicii per effetto di dichiarazione di incompetenza ai sensi dell'art. 50 c.p.c.). Non assume rilievo, perciò, la mancata riproduzione nell'atto di riassunzione delle conclusioni precedentemente prese. Ed anzi, poiché l'atto di riassunzione del processo, come si è detto, non introduce un nuovo procedimento, ma esplica esclusivamente la funzione di consentire la prosecuzione di quello già pendente, si deve presumere, in difetto di elementi contrari, che le conclusioni già formulate siano state mantenute ferme ancorché non trascritte (Cass. civ., 27 ottobre 2011, n. 22436). In caso di riassunzione susseguente alla cancellazione della causa dal ruolo, poi, oltre al richiamo alla citazione introduttiva, occorre quello allo provvedimento di cancellazione (Cass. civ., 27 dicembre 1996, n. 11503). La translatio iudicii da un plesso giurisdizionale ad un altro
La regola di cui si è appena dato conto, in forza della quale nell'atto di riassunzione è sufficiente richiamare l'atto introduttivo del giudizio, non trova applicazione nell'ipotesi di dichiarazione di difetto di giurisdizione e conseguente translatio iudicii dinanzi al giudice dotato di giurisdizione. Ciò in forza dell'art. 59, comma 2, della legge 18 giugno 2009, n. 69, secondo cui «la domanda si ripropone con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti al giudice adito in relazione al rito applicabile». Occorre anzitutto sottolineare che la norma nulla sembra disporre per la translatio iudicii dalle Sezioni Unite al giudice che queste hanno stabilito essere dotato di giurisdizione, ma pare disciplinare la sola translatio iudicii cd. orizzontale: i riferimenti che la norma contiene alle pronuncia sulla giurisdizione delle Sezioni Unite non coinvolgono infatti il funzionamento del congegno di translatio. Sicché, seguendo le indicazioni fornite dalla stessa giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. Un., 22 febbraio 2007, n. 4109), per la riassunzione davanti al giudice di merito a seguito della decisione delle Sezioni Unite troveranno applicazione rispettivamente gli artt. 367, comma 2, e 392 c.p.c. secondo si tratti di pronunce resa su regolamento di giurisdizione o in sede di impugnazione. Dal secondo periodo del comma 2 del citato art. 59 emerge, dunque, che la riproposizione della domanda dinanzi al giudice dotato di giurisdizione va effettuata non con l'atto di riassunzione previsto dall'art. 125 disp. att. c.p.c., ma mediante un nuovo atto introduttivo redatto in conformità alla disciplina dettata per il giudizio dinanzi al giudice ad quem. La ragione di questa scelta risiede nella intuibile esigenza di adeguamento dell'atto alle caratteristiche del processo che si va a reintrodurre: adeguamento che, in ragione del diverso assetto del processo dinanzi al giudice dotato di giurisdizione, può, in astratto, rendersi necessario sia sul piano dell'allegazione e della prova, sia su quello della formulazione delle conclusioni. L'atto di riassunzione/reintroduzione del giudizio dovrà nondimeno contenere anche gli elementi richiesti dall'art. 125 disp. att. c.p.c. (in particolare l'indicazione del provvedimento mediante il quale la riassunzione/reintroduzione viene operata), non richiederà di regola una nuova procura, salvo che la translatio non debba essere effettuata dinanzi ad un giudice di grado superiore al quale l'originaria procura non possa essere riferita, ed andrà notificato al procuratore costituito.
Impiego della citazione in luogo della comparsa di riassunzione
Poiché l'atto di riassunzione deve essere idoneo a riattivare il processo, con conseguente irrilevanza dell'inosservanza, quando innocua, della previsione legale, non determina in linea di principio alcuna nullità la circostanza che la riassunzione sia stata effettuata non già con la comparsa prevista dall'art. 125disp. att. c.p.c., bensì con citazione a comparire all'udienza fissa, ossia con il tipico atto introduttivo del giudizio ordinario di cognizione. Ciò, beninteso, a condizione che la citazione contenga il riferimento al pregresso giudizio, così da possedere i requisiti dell'atto di riassunzione. In tal senso, ancora una volta nel caso di cancellazione della causa dal ruolo, è stato affermato che il processo è validamente riassunto, oltre che con comparsa o ricorso al giudice per la fissazione di un'udienza di prosecuzione, anche con citazione ad udienza fissa, purché tale atto sia dotato di tutti i requisiti formali necessari per riattivare il rapporto processuale quiescente: ed infatti, secondo quanto si è già visto, la nullità dell'atto di riassunzione non deriva dalla mancanza di uno degli elementi indicati dall'art. 125 disp. att., bensì dall'impossibilità di raggiungimento dello scopo derivante dalla mancanza di elementi essenziali: ove questi ultimi, al contrario, ricorrano, il cancelliere ha l'obbligo di riattivare il processo quiescente davanti all'originario giudice istruttore senza procedere ad una nuova iscrizione a ruolo (Cass. civ., 1° ottobre 2009, n. 21071; Cass. civ., 27 ottobre 2011, n. 22436). È stato dunque anche di recente confermato il principio per cui la parte può provvedere alla riassunzione, anziché con comparsa o ricorso al giudice per la fissazione dell'udienza di prosecuzione, con citazione ad udienza fissa, purché la stessa possieda tutti i requisiti formali previsti dall'art. 125 disp. att. c.p.c., indispensabili per il raggiungimento dello scopo (Cass. civ., 17 febbraio 2017, n. 4247). Effetti sostanziali della comparsa di riassunzione
L'atto di riassunzione del processo, attesa la sua natura di atto di impulso processuale destinato a riattivare il corso del processo, non ha l'autonoma e distinta efficacia interruttiva della prescrizione attribuita agli atti indicati nei primi due commi dell'art. 2943 c.c.; i suoi effetti, pertanto, restano assorbiti e travolti dalla successiva estinzione del processo che con esso sia tardivamente riassunto, a meno che non possano allo stesso riconnettersi effetti di natura diversa e, cioè, possa essere considerato, ricorrendone gli estremi, e dunque in funzione del suo contenuto, come atto di costituzione in mora (Cass. civ., 16 maggio 1987, n. 4523), a tal fine necessitando, però, la notificazione dell'atto stesso alla parte personalmente (od al suo rappresentante sostanziale) e non già al suo procuratore ad litem, il cui potere di rappresentanza è circoscritto all'esplicazione delle attività rientranti nella tutela del processuale del diritto controverso (Cass. civ., 13 dicembre 2010, n. 25126). Perciò l'atto di riassunzione del processo, dichiarato poi estinto perché tardivamente riassunto, non può valere — ove ne abbia i requisiti — come atto di costituzione in mora idoneo ad interrompere il nuovo periodo di prescrizione iniziato a decorrere dalla citazione, a norma dell'art. 2945, ultimo comma, c.c., qualora la prescrizione si sia già maturata anteriormente all'atto di riassunzione predetto (Cass. civ., 1° agosto 1997, n. 7130). Riassunzione nei confronti della parte contumace
In generale, il codice di rito enumera gli atti di che devono essere notificati al contumace all'art. 292 c.p.c., il quale non menziona la comparsa in riassunzione. Afferma pertanto la Suprema Corte, che in tema di notificazione dell'atto di riassunzione alla parte contumace, in base al combinato disposto degli artt. 292 c.p.c. e 125 disp. att. c.p.c., le ipotesi di riassunzione senza mutamenti sostanziali degli elementi costitutivi del processo, tra le quali rientra senz'altro quella conseguente alla cancellazione della causa dal ruolo, non richiedono la notificazione dell'atto di riassunzione alla parte contumace, mentre, al contrario, ove l'atto riassuntivo comporti un radicale mutamento della preesistente situazione processuale, il contumace deve esserne posto a conoscenza mediante la relativa notificazione, perché la duplice circostanza che egli abbia accettato la precedente situazione processuale e deciso di non partecipare al giudizio non consente minimamente di presumere che intenda mantenere la stessa condotta nella nuova situazione (Cass. civ., 24 giugno 2011, n. 13981; Cass. civ., 24 maggio 2018, n. 13015). Inosservanza del termine a comparire
L'inosservanza dell'obbligo del rispetto dei termini di comparizione, di cui all'art. 125, n. 4, disp. att., comporta la nullità della vocatio in ius, sicché, ove tale nullità non resti sanata dalla costituzione della parte convenuta, risultano altresì nulli tutti gli atti successivi, comprese le sentenze di primo e secondo grado (Cass. civ., 22 maggio 2007, n. 11869). Ammissibilità di domande nuove
L'atto di riassunzione, come si è già visto, non introduce un nuovo processo, ma assolve esclusivamente alla funzione di dar luogo alla prosecuzione di quello già pendente: sulla base di tale premessa si perviene agevolmente a concludere, almeno in linea di principio, che con l'atto di riassunzione non sia consentito proporre domande nuove, diverse da quelle formulate in precedenza. In tale prospettiva è stato ad esempio affermato che i mutamenti nel corso del processo di situazioni di fatto sulle quali non siano basate le domande proposte dalle parti, legittimano gli interessati solo a far valere in separato giudizio, salvo preclusioni, le loro ragioni, non ad introdurre nuove pretese nello stesso processo. Ne deriva che al di fuori dei casi di translatio iudicii non è consentito alle parti, dopo la sospensione dei processo (nella specie ex art. 295 c.p.c., per pregiudiziale penale) introdurre nuove domande in aggiunta a quelle originarie, essendo rivolto l'atto di riassunzione alla prosecuzione dell'identico rapporto processuale, senza necessità di una nuova iscrizione a ruolo della causa (Cass. civ., 2 agosto 1995, n. 8478). In tale massima, tuttavia, si fa eccezione per l'ipotesi di translatio iudicii a seguito di dichiarazione di incompetenza. Ed in effetti, la Suprema Corte ha affermato che l'atto di riassunzione del giudizio a seguito di una pronuncia di incompetenza, ex art. 50 c.p.c., può contenere una domanda nuova in aggiunta a quella originaria, poiché la particolare funzione dell'istituto della riassunzione (conservazione degli effetti sostanziali della litispendenza) non è di ostacolo a che esso cumuli in sé quella introduttiva di un nuovo giudizio, purché sia rispettato il contraddittorio, tanto più che, ove la nuova domanda fosse ritenuta inammissibile, la necessità di introdurre, per quest'ultima, un nuovo giudizio, da riunire al precedente, si tradurrebbe in un inutile dispendio di attività processuale, in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo (Cass. civ., 10 luglio 2014, n. 15753; Cass. civ., 8 gennaio 2016, n.132; e già Cass. civ., 3 ottobre 1997, n. 9671). Ben si comprende, allora, che, nel caso considerato, non si tratta tanto di introduzione di una domanda nuova mediante l'atto di riassunzione, quanto di cumulo nell'ambito di uno stesso atto dei caratteri dell'atto di riassunzione e dell'atto di citazione. Deposito cartaceo o telematico?
Occorre accennare, per la sua rilevanza, ad un'ultima questione, quantunque non direttamente pertinente al contenuto dell'atto di riassunzione. Come tutti i lettori sanno, ai sensi dell'art. 16-bis, comma 1, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge, con modifiche, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, a partire dal 30 giugno 2014, «nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche». In forza di tale previsione occorre stabilire se l'atto di riassunzione, per i fini dell'applicazione della disposizione menzionata, debba essere considerato alla stregua di un atto introduttivo oppure quale atto endoprocessuale. Orbene, una volta chiarito che l'atto di riassunzione dà luogo alla prosecuzione di un procedimento già pendente, diviene ineluttabile ritenere che detto atto debba essere necessariamente depositato in via telematica (Trib. Potenza, 18 maggio 2017; Trib. Vasto, 28 ottobre 2016; Trib. Lodi, 4 marzo 2016; Trib. Torino, 26 marzo 2015) e non cartacea, quale atto endoprocessuale. Non sembra che fondati dubbi possano essere prospettati neanche nell'ipotesi di riassunzione a seguito di dichiarazione di incompetenza, giacché anche in tal caso la Suprema Corte ha affermato che la riassunzione del processo non comporta la costituzione di un nuovo rapporto processuale, bensì la prosecuzione di quello inizialmente instaurato, sicché sotto ogni aspetto, sia sostanziale che processuale, la posizione delle parti nel processo, a seguito della riassunzione, è e deve essere esattamente quella assunta nell'originario giudizio (Cass. civ., 19 marzo 2008, n. 7392). Riferimenti
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