Il protocollo sull’ATP ex art. 8 Legge Gelli dell’Osservatorio Valore Prassi del Tribunale di Verona
31 Ottobre 2018
Introduzione
Strumento conciliativo e di istruzione preventiva e, al tempo stesso, condizione di procedibilità delle domande di risarcimento danni derivanti da responsabilità sanitaria: queste sono le funzioni che cumula la consulenza tecnica preventiva con funzione conciliativa, introdotta dall'art. 8 della legge 8 marzo 2017, n. 24 (denominata legge Gelli-Bianco). Tale disciplina, pur richiamando espressamente quella del procedimento ex art. 696-bis c.p.c., contiene alcune significative differenze da essa, che già in questo primo anno e mezzo di applicazione della novella, stanno provocando accesi contrasti interpretativi. Anche il particolare, e del tutto inedito, raccordo tra fase preventiva e giudizio di merito presenta non poche criticità che non sono risolvibili mediante il raffronto con gli altri istituti con i quali il nuovo presenta punti di contatto. Proprio in ragione di tali criticità l'osservatorio sulla giustizia civile del Tribunale di Verona “Valore Prassi“ ha avvertito l'esigenza di istituire un gruppo di lavoro, composto da magistrati, avvocati e docenti universitari, avente il compito di elaborare un protocollo, di carattere interpretativo, delle nuove disposizioni. Il protocollo si compone di due parti: una dedicata all'individuazione dell'ambito di applicazione dell'istituto e alla fase di CTU preventiva e la seconda al rapporto tra ATP e successivo giudizio di merito. Va peraltro ricordato che, come per tutti i protocolli del medesimo tipo, le annotazioni che vi sono contenute, che pure sono il frutto di una interpretazione condivisa dai partecipanti al gruppo di lavoro suddetto, non sono vincolanti ma meramente indicative. Non per tutte le previsioni è stato possibile giungere ad una interpretazione condivisa e per esse si è dato atto di ciò. Con riguardo alla definizione dell'ambito di applicazione dell'istituto si è inteso precisare che esso non costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale nei casi, sicuramente residuali, in cui si intendesse ottenere solo una pronuncia di accertamento o di accertamento negativo della responsabilità del professionista sanitario o nei casi in cui la controversia non richieda valutazioni tecniche (ad es. quantificazione del danno conseguente a morte del paziente quando non sia controverso l'an della responsabilità ad esempio anche per la sola violazione del consenso informato). Tale lettura del resto è conforme al canone interpretativo secondo il quale le disposizioni che stabiliscono limitazioni all'accesso alla giustizia vanno interpretate restrittivamente. Parimenti si è chiarito in termini di piena alternatività il rapporto con la mediazione del quale, come è noto, il legislatore, nello stesso art. 8 della l. 24/2017, ha confermato l'esperibilità nelle controversie di questo tipo. Non è stata quindi seguita l'opinione dottrinale di chi sostiene che sia possibile una commistione tra tale disciplina e quella del d. lgs. n. 28/2010. Con riferimento al procedimento di ATP preventivo il protocollo suggerisce di indicare specificamente nel ricorso introduttivo i fatti costitutivi della domanda risarcitoria, in linea con quella giurisprudenza di merito che, già con riferimento al regime anteriore alla riforma, aveva evidenziato come l'imposizione di un onere assertivo alla parte ricorrente ex art. 696-bis c.p.c. fosse funzionale ad impedire consulenze esplorative (Trib. Treviso 8 marzo 2016). Viene rammentato anche che, in difetto di deroghe all'art. 82 c.p.c., le parti che intendano costituirsi devono avvalersi della assistenza tecnica. Uno dei profili più controversi della nuova disciplina è quello relativo all'individuazione dei soggetti che sono tenuti a partecipare al procedimento di ATP, anche al fine di stabilire chi sia esposto alle conseguenze sanzionatorie di cui al comma 4 dell'art. 8. In particolare è dubbio se tra tali soggetti siano ricomprese le compagnie assicuratrici della struttura sanitaria e del medico (che si assume) responsabile del fatto illecito, tenuto conto che l'operatività dell'art. 12 della l. 24/2017, che prevede l'azione diretta del danneggiato verso di esse, dipende dall'entrata in vigore del decreto ministeriale che, ai sensi dell'art. 10, comma 6 l. 24/2017, deve determinare i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie e per gli esercenti le professioni sanitarie. Sulla questione si registra un contrasto giurisprudenziale. Secondo parte della giurisprudenza di merito (Trib. Venezia 18 gennaio 2018, cit. e Trib. Verona 17 maggio 2018) la compagnia della struttura sanitaria è legittimata passivamente in ragione soprattutto della funzione conciliativa del nuovo istituto. Altro indirizzo (Trib. Venezia 11 settembre 2017) ritiene invece inammissibile il ricorso per ATP verso tale soggetto in mancanza dell'entrata in vigore del succitato decreto. Nel protocollo si è optato per la prima delle due tesi suddette, precisando al contempo che non è stato possibile superare l'ulteriore dubbio se tra le parti necessarie del procedimento rientri il medico dipendente della struttura sanitaria pubblica (per la risposta negativa si veda Trib. Marsala 7 dicembre 2017). Occorre peraltro precisare che la mancata approvazione dei succitati decreti consente allo stato di coinvolgere nell'ATP solo le assicurazioni con le quali la struttura o il sanitario abbiano concluso delle polizze di loro spontanea iniziativa. Ulteriore interrogativo che pone l'art. 8, nel suo ultimo comma, è quello di stabilire se la partecipazione delle parti debba essere o meno personale, attesa l'equivocità dell'espressione utilizzata dal legislatore. Orbene, il protocollo aderisce alla tesi secondo cui la previsione ha inteso escludere l'operatività della contumacia,con una scelta indubbiamente innovativa, finalizzata a favorire la conciliazione, che però si discosta anche da quella compiuta in tema di mediazione (l'art. 8, comma 4 bis del d.lgs. 28/2010 prevede infatti la condanna della sola parte costituita in giudizio che non abbia partecipato al procedimento di mediazione al pagamento di una somma pari al contributo unificato). Da ciò consegue, come chiarito nel testo in commento, che la parte costituita nel procedimento di ATP può farsi rappresentare nel corso di esso dal proprio difensore, anche nel corso del tentativo di conciliazione che esperisca il CTU Al contempo è stata segnalata la probabile incostituzionalità di una simile disciplina nonché della previsione di una sanzione pecuniaria indeterminata, sia nel minimo che nel massimo, per la parte che non partecipi al procedimento. Per renderla più ragionevole nel protocollo si propone che la mancata partecipazione al procedimento possa dar luogo a quelle conseguenze solo se non sorretta da un giustificato motivo, in virtù di una estensione analogica di quanto prevede l'art. 8, comma 4-bis, d. lgs. 28/2010, per la mancata partecipazione al procedimento di mediazione. Allo stesso modo, si richiede una plausibilità dei motivi che possano indurre le compagnie di assicurazione a non formulare una offerta risarcitoria. Con specifico riguardo allo svolgimento della CTU il protocollo segue quell'indirizzo interpretativo secondo il quale l'obbligo della nomina di un collegio peritale, previsto dall'art. 15, l. 24/2017, presuppone la revisione degli albi di cui ai commi 2 e 3 della stessa norma. Sul punto giova tuttavia evidenziare, insieme ad una parte della giurisprudenza di merito (Trib. Verona 17 maggio 2018), che l'inosservanza della previsione sulla composizione collegiale, che potrebbe essere dettata dall'esigenza di raggiungere rapidamente un risultato sul quale svolgere il tentativo di conciliazione, o da ragioni di urgenza, può ovviarsi nel giudizio di merito con il coinvolgimento dello specialista o anche sottoponendo alla sua valutazione i risultati della CTU medico-legale, previo conferimento di apposito incarico e in tal senso si è espressa una decisione di merito. Il protocollo contiene una indicazione anche su quello che, in linea generale, può essere considerato il periodo di tempo più opportuno per la formulazione dell'offerta risarcitoria (ovvero tra udienza di conferimento dell'incarico e termine assegnato per la formulazione delle osservazioni alla relazione del CTU), fermo restando che le peculiarità del caso possono suggerire la scelta di un momento diverso. Non vi si è invece presa posizione sulla spinosissima questione di quali siano le conseguenze della prosecuzione del procedimento di ATP dopo la scadenza del termine semestrale previsto a tal fine ed espressamente qualificato come perentorio dal legislatore. Le indicazioni sul rapporto tra procedimento di ATP e giudizio di merito
Diversamente da quanto ritiene la maggior parte dei commentatori nel protocollo si è chiarito che il giudizio di merito successivo al procedimento stragiudiziale obbligatorio non va necessariamente introdotto con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. ma l'attore, se lo ritiene opportuno, può utilizzare anche il giudizio ordinario di cognizione, a prescindere dal fatto che egli abbia esperito la mediazione o l'atp conciliativo prima del giudizio. Del resto se anche tale scelta fosse considerata errata l'unica conseguenza sarebbe la conversione dal rito ordinario al rito sommario. Si è anche evidenziato come la norma stabilisca, con riguardo alla competenza funzionale, un nesso tra consulenza preventiva e merito ma del resto essa ricalca il meccanismo già previsto dall'art. 703 c.p.c. per il giudizio possessorio, mettendo in luce la struttura bifasica che può assumere il giudizio. Il comma 2 dell'art. 8 della l. 24/2017, al pari del corrispondente comma dell'art. 445-bis c.p.c. e dell'art. 5, comma 1-bis, del d. lgs. 28/2010, terz'ultimo e penultimo comma, in tema di mediazione individua due modalità di sanatoria nel caso in cui nel giudizio di merito, venga rilevata, d'ufficio o su eccezione di parte, la mancata realizzazione originaria della condizione di procedibilità, a seconda che l'accertamento tecnico preventivo non sia stato espletato ovvero sia iniziato, ma non sia ancora decorso il termine di sei mesi previsto per il suo svolgimento: nel primo caso il giudice assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione avanti a sé dell'istanza di ATP (evidentemente con ricorso), nel secondo fissa analogo termine per consentire il completamento della procedura avviata e non conclusa. A differenza di quanto accade in caso di rilievo del mancato esperimento della mediazione, l'art. 8 l. 24/2017 non prevede però che il giudice rinvii la causa ad un'altra udienza successiva alla scadenza del termine massimo per l'espletamento della procedura stragiudiziale e parte della dottrina ha tentato di spiegare tale omissione. Il protocollo ha inteso fornire una indicazione operativa sul punto, che muove dalla considerazione che, una volta che il giudice abbia rilevato il difetto della condizione di procedibilità, il danneggiato, in alternativa all'ATP conciliativo, può esperire la mediazione anche a giudizio pendente, qualunque sia la forma prescelta per l'introduzione di esso, atteso che la norma non opera distinzioni al riguardo. In considerazione di tale particolarità si è allora proposto che il giudice, nell'assegnare il termine per l'avvio o il completamento del procedimento stragiudiziale, non essendo noto, in quel momento, per quale tra le due forme di ADR a disposizione opterà l'attore, fissi comunque una udienza successiva, secondo quanto gli consente l'art. 5, comma 1- bis d.lgs. 28/2010, ad una distanza di tempo che consenta l'esperimento del procedimento di mediazione che è quello che richiede meno tempo (quattro mesi rispetto ai sei del procedimento di ATP). Si è anche voluto chiarire la natura del termine assegnato dal giudice per presentare il ricorso per ATP o l'istanza di completamento, ritenendolo ordinatorio al pari di quello previsto per l'espletamento della mediazione. A ben vedere la questione in giurisprudenza è quanto mai controversa. Infatti a fronte di un indirizzo che si è espresso nei medesimi termini sopra indicati (Trib. Como, 12 gennaio 2015; Trib. Trapani 6 febbraio 2018), altro lo ritiene perentorion (Trib. Milano 27 novembre 2015; Trib. Firenze, 14 settembre 2016), mentre secondo un terzo orientamento si tratterebbe di un termine non processuale, e come tale liberamente gestibile da parte del giudice (Trib. Roma, sez. XIII, 14 luglio 2016; App. Milano, 7 giugno 2017).
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