Il riparto di competenze tra magistrato professionale e laico in tema di riscossione di contributi condominiali
05 Novembre 2018
Il quadro normativo
Accanto all'azione nelle forme ordinarie, l'art. 63, comma 1, disp. att. c.c. - non toccato, sul punto, dalla Riforma del 2013 - prevede che, per la riscossione dei contributi condominiali, l'amministratore possa ottenere decreto ingiuntivo, immediatamente esecutivo nonostante opposizione, in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea (pleonasticamente aggiungendo che, in tale incombente, il suddetto amministratore non abbisogna di alcuna autorizzazione da parte del supremo organo gestorio). Nulla esclude, però, che l'azione giudiziaria possa essere instaurata dal condomino che, pervenuta la richiesta da parte dell'amministratore di provvedere al pagamento delle quote di che trattasi, o anche venuto semplicemente a conoscenza dell'addebito a suo carico delle quote stesse, promuova un giudizio in cui, al contrario, si accerti di non essere obbligato ad adempiere. Per quanto riguarda l'individuazione del giudice competente, in relazione all'azione proposta nelle forme ordinarie o in quelle del procedimento monitorio, si rileva che la controversia in ordine alla riscossione delle quote condominiali di cui sopra esula dalla sfera di cognizione ratione materiae del Giudice di Pace, restando la competenza sulla stessa regolata secondo gli ordinari criteri ratione valorise, quindi, la possibilità di concorso verticale di competenza risulta soltanto tra il predetto giudice onorario ed il Tribunale. La preclusione della cognizione in materia immobiliare
Nè può escludersi la competenza del Giudice di Pace in relazione alla limitazione della sua competenza alle cause relative ai beni mobili affermando che i contributi in oggetto afferiscono all'edificio condominiale. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità aveva precisato che il Conciliatore, nei limiti della sua competenza per valore, poteva giudicare sulle azioni personali concernenti beni immobili e, in particolare, sulle cause che avevano per oggetto somme di danaro relative a quei beni, le quali non involgevano questioni sul rapporto giuridico, di fatto e di diritto, con i medesimi. In altri termini, non appare corretto inquadrare le controversie inerenti la declaratoria di debenza o meno dei contributi condominiali sulla base della stretta inerenza di dette cause all'immobile onerato dal contributo - quasi una sorta di actio negatoria - e, quindi, la loro insistenza nell'àmbito delle c.d. controversie immobiliari, come tali escluse a contrario dalla competenza (negativa per materia) del Giudice di Pace delineata dall'art. 7, comma 1, c.p.c.; è vero che si tende a configurare la natura propter rem del predetto contributo, il che importa un'oggettiva connessione tra titolarità del diritto ed obbligazione contributiva, e l'automatico trasferimento del “peso”a carico dei terzi acquirenti dell'unità immobiliare onerata, tuttavia sembra eccessivo escludere la competenza (per valore) del predetto magistrato onorario con riferimento alla controversia relativa a beni (contributi condominiali) avente natura mobile (somme di denaro) solo perché diretta all'attuazione di un obbligo pecuniario che sia sinallagmaticamente collegato con l'immobile (edificio condominiale). Il giudizio ordinario
Per quanto concerne i giudizi ordinari, occorre distinguere le due ipotesi prospettate, ed esaminare separatamente i casi in cui ad iniziare l'azione è l'amministratore, da quelli in cui l'iniziativa è assunta dal condomino, presunto debitore. Nella prima ipotesi, l'amministratore, nell'individuare il giudice competente, non può derogare alle norme generali e, per la relativa determinazione, deve fare riferimento all'ammontare della somma oggetto della domanda: così la competenza è ripartita soltanto tra il Giudice di Pace (fino a € 5.000,00 ex art. 7, comma 1, c.p.c.) ed il Tribunale (importo superiore a tale limite ex art. 9 c.p.c.). Nella seconda ipotesi, in cui la domanda è proposta dal condomino che ritiene di non essere obbligato alla corresponsione di quanto richiestogli - per fatti diversi dalle ipotesi di insussistenza o di già avvenuta estinzione della relativa obbligazione - bisogna accertare se, alla base del rifiuto di pagamento, sussista o meno la volontà (anche implicita) di impugnare (o porre comunque in discussione) la deliberazione con la quale l'assemblea ha provveduto alla ripartizione della spesa tra i condomini. In questo caso, trattandosi della quota di un'obbligazione che fa carico a più soggetti, nell'individuare il giudice competente deve farsi riferimento all'art. 11 c.p.c., ed il valore della causa si deve determinare - non con riferimento alla somma indicata nella domanda, bensì - all'intera somma di cui alla delibera con la quale si è proceduto alla ripartizione, poiché la spesa interessa tutti i condomini che ne rispondono ciascuno per la propria quota; del resto, tale conclusione è giustificata dall'eventualità che domanda analoga possa essere separatamente proposta contro altri condomini, o da altri condomini e, quindi, allo scopo di evitare eventuali decisioni contrastanti (v., ex multis, Cass. civ., sez. II, 13 giugno 1994, n. 5726).
Il procedimento monitorio
Analoghe considerazioni possono farsi relativamente alla proposizione della domanda nelle forme del procedimento monitorio. Va ricordato che, in forza del disposto dell'art. 637, comma 1, c.p.c., per la predetta ingiunzione risulta competente il Giudice di Pace o, in composizione monocratica, il Tribunale che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria, con riferimento esclusivo alla somma di cui l'amministratore chiede il pagamento (in pratica, rispettivamente, fino a € 5.000,00, o oltre), mentre l'art. 645, comma 1, c.p.c. prescrive che l'opposizione al decreto ingiuntivo, proposto dal condomino che ritiene di non essere obbligato al relativo pagamento, deve inderogabilmente presentarsi davanti all'ufficio giudiziario al quale appartenga il giudice che ha emesso lo stesso decreto. Né tale competenza a conoscere dell'opposizione, che riveste carattere funzionale, può essere esclusa in base al rilievo dell'incompetenza del giudice che ha emesso il decreto, anche se, in tal caso, detta competenza è destinata ad esaurirsi in una sentenza che definisce il giudizio di opposizione dichiarando la nullità del decreto medesimo (Cass. civ., sez. II, 7 giugno 1984, n. 3443). Neppure la proposizione, da parte del condomino opponente, di una domanda riconvenzionale che ecceda i limiti di valore della competenza del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo, può importare uno spostamento della causa di opposizione, dovendo il giudice di quest'ultima limitarsi a separare i giudizi, e rimettere al giudice superiore la causa relativa alla domanda riconvenzionale, salva la sospensione del giudizio sull'opposizione ex art. 295 c.p.c. ove ne ricorrano i presupposti (Cass.civ., sez. II, 24 gennaio 2007, n. 1496; Cass. civ., sez. II, 28 maggio 1984, n. 3255). Tali osservazioni offrono lo spunto per esaminare, dal punto di vista processuale, le frequenti ipotesi in cui la controversia originata dalla richiesta al condomino moroso di pagamento delle quote condominiali - nelle forme ordinarie o monitorie - si intreccia con il giudizio promosso dallo stesso condomino diretto all'impugnazione della delibera di approvazione dello stato di ripartizione su cui si basa sostanzialmente la richiesta di cui sopra. Non sempre, infatti, i due giudizi penderanno davanti allo stesso magistrato, in quanto risultano diversi i criteri di determinazione della competenza per valore, che fanno riferimento, rispettivamente, all'importo richiesto al singolo condomino moroso nella causa di riscossione dei contributi condominiali, ed all'intera entità delle spese relativamente alla causa di impugnazione della delibera (si pensi, ad esempio, ad una richiesta di pagamento al condomino di € 2.000,00, di competenza del Giudice di Pace, e ad un'impugnativa di delibera assembleare che ha approvato uno stato di riparto ammontante complessivamente a € 75.000,00, di cognizione, invece, del Tribunale). In tali ipotesi, essendo impossibile la riunione dei giudizi, i rapporti tra le due cause dovrebbero eventualmente essere regolati dall'istituto della sospensione, atteso che la decisione dell'impugnazione della delibera assume carattere pregiudiziale rispetto alla definizione della controversia diretta ad una pronuncia di condanna del condomino al pagamento dei contributi condominiali; tale soluzione sembrerebbe, poi, obbligata in relazione alla causa di opposizione al decreto ingiuntivo nei confronti del condomino moroso, atteso che la competenza del giudice dell'opposizione al predetto decreto ha carattere funzionale e non può subire deroghe per ragioni di connessione (v., altresì, Cass. civ., sez. un., 8 ottobre 1992, n. 10984; in ordine al concetto di questione pregiudiziale, v. Cass.civ., sez. II, 29 aprile 1993, n. 5086). Risulta, invece, orientata diversamente la giurisprudenza di legittimità maggioritaria - v., tra le altre, Cass. civ., sez. II, 7 ottobre 2005, n. 19519; Cass.civ., sez. II, 17 maggio 2002, n. 7261; Cass. civ., sez. II, 13 ottobre 1999, n. 11515; Cass.civ., sez. II, 7 luglio 1999, n. 7073; Cass.civ., sez. II, 18 novembre 1997, n. 11457; Cass. civ., sez. II, 29 agosto 1994, n. 7569 - secondo cui non sussiste né la continenza ex art. 39, comma 2, c.p.c., né la pregiudizialità necessaria di cui all'art. 295 c.p.c., tra la causa di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., e quella preventivamente instaurata dinanzi ad altro giudice impugnando la relativa deliberazione, perchè presupposto del provvedimento monitorio è l'efficacia esecutiva della predetta statuizione condominiale, ed oggetto della causa davanti al giudice dell'opposizione è il pagamento delle spese dovute da ciascun condomino sulla base della ripartizione approvata con la medesima, obbligatoria ed esecutiva finchè non sospesa dal giudice dell'impugnazione ai sensi dell'art. 1137, comma 3, c.c., mentre oggetto del giudizio di impugnazione è la validità della suddetta deliberazione. Il contrasto giurisprudenziale insorto è stato composto dal massimo organo della magistratura di vertice (Cass. civ., sez. II, 27 febbraio 2007, n. 4421), il quale ha autorevolmente statuito che al giudice dell'opposizione al decreto ingiuntivo emesso per il pagamento degli oneri condominiali in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, ai sensi dell'art. 63, comma 1, disp. att. c.c., non è consentito sospendere il giudizio in attesa della definizione del diverso giudizio di impugnazione, ex art. 1137 c.c., della delibera dell'assemblea posta a base del provvedimento monitorio opposto (v., altresì, Cass. civ., sez. II, 18 dicembre 2009, n. 26629, aggiungendo che il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative deliberazioni, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questa riservata al giudice davanti al quale dette deliberazioni siano state impugnate). Ne consegue che, costituendo la delibera assembleare titolo di credito del condominio e, di per sé, prova dell'esistenza di tale credito, il condomino opponente può far valere solo questioni attinenti alla sua efficacia e non alla sua validità; la denuncia di un motivo di annullabilità della delibera va, invece, fatto valere con l'impugnazione nel termine di cui all'art. 1137 c.c. e non può essere accertato neppure incidenter tantum dal giudice adìto con opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di contributi deliberati dall'assemblea (Cass.civ., sez. II, 23 novembre 2009, n. 24658). La “questione” - e, quindi, non un'apposita domanda in tal senso - in ordine alla legittimità di una delibera assembleare può anche porsi nel corso del giudizio volto al pagamento del dovuto e proposto dall'amministratore nei confronti del condomino moroso. La contestazione, da parte del condomino convenuto, della legittimità dell'operato dell'assemblea, implica un accertamento che, attenendo al fondamento della pretesa del condominio attore, va compiuto non in via incidentale ma principale (Cass. civ., sez. II, 26 gennaio 1982, n. 510); in altri termini, l'accertamento dell'invalidità delle delibere, da cui trae origine la richiesta di pagamento delle spese condominiali, non può essere compiuto incidenter tantum dal giudice adìto, perché ha carattere pregiudiziale e necessario rispetto alle questioni di validità del titolo posto a base della richiesta di pagamento di contributi; poiché è destinato a produrre conseguenze giuridiche oltre il rapporto controverso rispetto ad altri rapporti e ad altri soggetti, il predetto accertamento appare idoneo a convertirsi da “questione” in “causa” pregiudiziale, tanto da dover essere decisa con efficacia di giudicato (Cass. civ., sez. II, 29 aprile 1993, n. 5086). Ne consegue che, se la domanda di pagamento del debito è stata proposta nelle forme ordinarie - seguendo l'esempio di cui sopra - poniamo davanti al Giudice di Pace, e questo giudice sia incompetente, per ragioni di valore, a conoscere della questione di legittimità della deliberazione, tutta la causa andrà rimessa dinanzi al Tribunale, ai sensi dell'art. 34 c.p.c. Se, invece, la medesima domanda è stata introdotta in via monitoria, e l'opposizione al decreto ingiuntivo sia di competenza del Giudice di Pace mentre l'accertamento della legittimità della deliberazione esuli dalla sua cognizione per valore, tale giudice dovrà rimettere al Tribunale solo la decisione della seconda questione, in quanto - come abbiamo visto - la competenza per l'opposizione a decreto ingiuntivo ha carattere funzionale ed inderogabile e come tale non può subire eccezioni per ragioni di connessione, neppure quando la pronuncia sull'opposizione sia strettamente collegata con una questione pregiudiziale di competenza di altro giudice, salva sempre la facoltà del predetto magistrato onorario di sospendere il giudizio di opposizione in attesa che sia definita dal tribunale la questione relativa alla legittimità della deliberazione (v., tra le altre, Cass. civ., sez. II, 6 giugno 1983, n. 3860; contra, nella giurisprudenza di merito, Giud. Pace Foggia 18 febbraio 1999), con le immaginabili conseguenze circa la durata del processo in attesa che passi in giudicato la sentenza che definisca la causa pregiudiziale (anche se Corte Cost. 26 giugno 1991, n. 308, ha rigettato la relativa questione di illegittimità costituzionale degli artt. 40 e 645 c.p.c.). Nulla quaestio, invece, qualora il condomino opponente non ponga in discussione la delibera assembleare con la quale si è provveduto alla ripartizione della spesa totale, ad esempio, quando eccepisca soltanto di aver pagato la quota richiestagli, o nell'ipotesi in cui si limiti a dedurre di non essere il proprietario dell'unità immobiliare cui la quota medesima si riferisce. Il recente arresto della Cassazione
A ben vedere, la questione concernente l'àmbito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo in materia di riscossione di oneri condominiali, specie riguardo alle possibili interferenze con il giudizio di impugnazione della stessa delibera di approvazione della spesa - il cui riparto è, a sua volta, presupposto per l'emissione del decreto ingiuntivo de quo - pone delicati profili processuali, atteso che sono frequenti le ipotesi in cui la controversia originata dalla richiesta al condomino moroso di pagamento delle quote condominiali - nelle forme ordinarie o monitorie - si intreccia con il giudizio promosso (prima, contestualmente o dopo) dallo stesso condomino diretto all'impugnazione della delibera di approvazione dello stato di ripartizione su cui si basa sostanzialmente la richiesta di riscossione. Nella prassi, le due cause potrebbero trovarsi nella seguente situazione: 1) il condomino impugna entro i rituali 30 giorni la delibera sul piano di riparto, instaurando una prima causa di impugnativa, e l'amministratore ottiene, separatamente, un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, provocando l'opposizione del condomino, che instaura una seconda causa; 2) l'amministratore ottiene il decreto ingiuntivo, e il condomino propone opposizione allo stesso, e, in via riconvenzionale, instaura un'impugnativa della relativa delibera (di solito, per nullità, perché quella per annullamento dovrebbe essere tardiva per decorrenza del termine di 30 giorni); 3) il condomino propone l'impugnazione ex art. 1137 c.c. o invoca la declaratoria di nullità, ed il condominio si costituisce chiedendo il rigetto dell'impugnazione, e, in corso di causa, propone l'istanza di ingiunzione di cui all'art. 186-ter c.p.c. fondata proprio sulla delibera impugnata. A ciò si aggiunga che, in presenza dell'efficacia immediatamente esecutiva della delibera in pendenza di impugnazione e dell'efficacia esecutiva ex lege del decreto ingiuntivo nonostante l'opposizione, possono intersecarsi altre due questioni, che si influenzano a vicenda: da una parte, l'istanza di sospensione dell'esecuzione della delibera (art. 1137, comma 3, c.c.), e, dall'altra, la richiesta di sospensione “per gravi motivi” dell'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo (art. 649 c.p.c.), il tutto in base ad una valutazione sommaria che potrebbe rispondere a logiche differenti e fondarsi su presupposti diversi. Stando all'orientamento prevalente - v. supra - nell'opposizione a decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo ex art. 63 disp. att. c.c., il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla “validità” della delibera, se del caso già impugnata in altro giudizio, ma solo questioni riguardanti la “efficacia” della medesima; in quest'ottica, l'attualità del debito per oneri condominiali approvati dall'assemblea non dipende dalla legittimità della delibera, ma dalla sua efficacia, sicché è ottenibile il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo in base ad essa, benché impugnata, a meno che non ne sia sospesa medio tempore l'efficacia dal giudice dell'impugnazione o quest'ultimo, con sentenza sopravvenuta, abbia annullato la stessa delibera. In pratica, l'amministratore del condominio può promuovere il procedimento monitorio per la riscossione degli oneri condominiali e l'eventuale opposizione da parte del condomino ingiunto potrà riguardare la sussistenza del debito e la documentazione posta a fondamento dell'ingiunzione, ma non può estendersi alla “nullità” o “annullabilità” della delibera avente ad oggetto l'approvazione delle spese condominiali, che dovranno essere fatte valere in un separato giudizio o con l'impugnazione di cui all'art. 1137 c.c. Tali considerazioni sembrano, però, messe in crisi da una recente sentenza del Supremo Collegio (Cass. civ., sez. II, 12 gennaio 2016, n. 305), che ha dovuto esaminare la prospettata ipotesi di “nullità” di una delibera assembleare con cui erano stati approvati dalla maggioranza assembleare alcuni lavori di manutenzione straordinaria concernenti - oltre che le parti comuni, anche - beni di proprietà esclusiva. Nella specie, il giudice a quo aveva sostenuto che, attesa l'inesistenza di un qualsivoglia nesso processuale di continenza e pregiudizialità necessaria tra il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo e quello di impugnazione della delibera posta a base del ricorso monitorio richiesto dal condominio, non si poteva accertare, ancorché ai soli fini dell'accoglimento dell'opposizione, la nullità della delibera di approvazione delle spese. Si è, tuttavia, evidenziato che così si trascura di considerare il fatto che il vizio (incompetenza dell'assemblea), del quale risulterebbe affetta la delibera con la quale sono stati approvati i lavori, il cui corrispettivo pro quota é oggetto della richiesta monitoria, rientra propriamente tra quelli idonei a determinare la ben più radicale conseguenza della “nullità” della medesima delibera - specie alla luce delle indicazioni fornite dalle Cass. civ., sez. un., 28 luglio 2005, n. 4804 - e risulterebbe effettivamente, ove sussistente, suscettibile di provocare la nullità della delibera, di modo che non appare correttamente applicato il principio della rilevabilità, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, dell'invalidità della delibera assembleare. Dunque, i giudici di Piazza Cavour affermano - a chiari note - che il limite in merito al rilievo dell'invalidità in sede di opposizione a decreto ingiuntivo operi solo per le delibere “annullabili”, richiamando anche Cass. civ., sez. II, 27 aprile 2006, n. 9641, secondo cui ben può il giudice rilevare d'ufficio la nullità quando, come nella specie, si controverta in ordine all'applicazione di atti (delibera dell'assemblea di condominio) posta a fondamento della richiesta di decreto ingiuntivo, la cui validità rappresenta elemento costitutivo della domanda (v., altresì, in motivazione, Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 2014, n. 1439; Cass. civ., sez. II, 6 dicembre 2014, n. 23688; contra, v. però la successiva Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 2017, n. 4372, secondo la quale, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo tale sindacato riservato al giudice davanti al quale dette delibere sono state impugnate). In conclusione
Sembrano, quindi, riprendere vigore tutte quelle osservazioni - costituenti un vulnus alla decisione del supremo organo di nomofilachia del 2007 - in ordine al ritenuto rapporto di pregiudizialità, in quanto, negando l'applicazione dell'art. 295 c.p.c., il condomino sarebbe comunque costretto a pagare, quanto meno in via provvisoria, i contributi fissati dalla delibera impugnata, senza considerare che tale giudizio potrebbe concludersi con il passaggio in giudicato di una situazione sfavorevole all'opponente in ordine alla sussistenza del credito vantato nei suoi confronti dal condominio, in contrasto con l'invalidità, all'esito del relativo giudizio, proprio di quella delibera che rappresenta il titolo costitutivo di tale credito; disponendo invece la sospensione, a seguito dell'accoglimento dell'impugnazione della delibera, verrebbe evitato un possibile conflitto di giudicati e, per effetto della caducazione del titolo in base al quale è stato emesso il decreto ingiuntivo, il condomino avrebbe diritto alla restituzione di quanto eventualmente pagato. D'altronde, il fatto che, tra le stesse parti (condomino e condominio), si controverta in una causa della nullità del titolo - id est della delibera assembleare - che, in altra causa, è posto a fondamento della domanda di condanna per l'inadempimento alle obbligazioni dal titolo stesso derivanti, fa desumere che, tra i due giudizi, ricorra quel rapporto di pregiudizialità necessaria, per il quale si impone la sospensione del secondo in attesa del giudicato di accertamento sulla nullità oggetto del primo, diversamente potendosi dar luogo a giudicati contrastanti; e ciò soprattutto allorquando, nel primo, si discuta di nullità del titolo e non di mera annullabilità - come nella specie da ultimo esaminata da Cass.civ., sez.II, 12 gennaio 2016, n. 305/2016 - stante che il giudicato di accertamento impedisce all'atto di produrre ab origine qualunque effetto, sia pure interinale, e non si potrebbe contrapporre un distinto giudicato, di accoglimento della pretesa basata su quel medesimo titolo, contrastante con il primo in quanto presupponente un antecedente logico-giuridico opposto. A questo punto - a conferma di una certa insofferenza al suddetto diktat - dovrebbe superarsi anche quell'obiezione a tenore della quale non vi sarebbero problemi in ipotesi di contrasto di giudicati in caso di rigetto dell'opposizione all'ingiunzione e di accoglimento dell'impugnativa della delibera, potendosi ovviare alle relative conseguenze in sede esecutiva, facendo valere la sopravvenuta inefficacia del provvedimento monitorio, oppure in sede ordinaria mediante azione di ripetizione dell'indebito, atteso che le prospettate esigenze di rapidità e di incisività della riscossione coattiva dei contributi condominiali, perseguite dell'art. 63 disp. att. c.c., non appaiono tali da far pretermettere, in tale misura, le altrettanto impellenti esigenze di economia processuale e di non contraddittorietà delle pronunce, che animano l'intero processo civile. Salciarini, Contestazione della spesa condominiale e individuazione del giudice competente, in Immob. & diritto, 2010, fasc. 3, 24; Battaglia, Opposizione a decreto ingiuntivo e impugnazione di delibera assembleare, in Il Civilista, 2010, fasc. 12, 52; Conte, Sul rapporto di pregiudizialità tra il processo d'impugnazione di delibera assembleare condominiale che approva il piano di riparto delle spese e il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo del condomino contro la pretesa creditoria del condominio, in Giur. it., 2008, 390; Carrato, L'opposizione a decreto ingiuntivo e l'impugnazione della delibera, in Immob. & diritto, 2007, fasc. 6, 29; Izzo, Il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo per il pagamento dei contributi condominiali non può essere sospeso per la pendenza del giudizio di impugnazione della relativa delibera, in Corr. giur., 2007, 482; Guida, La pregiudizialità tra ingiunzione e impugnativa di delibera sulle spese, in Immob. & diritto, 2005, fasc. 5, 55; Cimatti, Sul rapporto tra il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo condominiale ed impugnazione della delibera condominiale, in Rass. loc. e cond., 2005, 187; La Rocca, La competenza per valore del giudice di pace per le cause relative al pagamento delle quote di spese condominiali, in Arch. loc. e cond., 1997, 191. |