Soppressione del posto di lavoro, redistribuzione delle mansioni e violazione dell'obbligo di repechage in caso di nuova assunzione nelle medesime mansioni

Luisa Rocchi
05 Novembre 2018

In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo per ridistribuzione delle mansioni, l'assunzione di un lavoratore nelle medesime mansioni dopo tre mesi dalla cessazione del rapporto costituisce violazione dell'obbligo di repechage.
Massima

In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo per ridistribuzione delle mansioni, l'assunzione di un lavoratore nelle medesime mansioni dopo tre mesi dalla cessazione del rapporto costituisce violazione dell'obbligo di repechage.

Il caso

Con la sentenza in esame il Tribunale di Bari, con una complessa ed articolata sentenza, si è pronunciato in ordine al licenziamento intimato per ragioni di riorganizzazione aziendale, con conseguente ridistribuzioni delle mansioni.

Il lavoratore, assunto inizialmente con contratto di lavoro a progetto e poi assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con qualifica di magazziniere, viene licenziato per ragioni di economia aziendale, con la precisazione che le mansioni da lui espletate saranno ripartite tra gli altri lavoratori ed i medesimi soci.

Nel ricorso, si fa valere l'illegittimità del licenziamento, perché nullo per carenza formale ovvero perché discriminatorio, o comunque inefficace in quanto intimato durante il periodo di malattia, o comunque carente del giustificato motivo oggettivo, in quanto soltanto dopo tre mesi dalla data di cessazione del rapporto, il datore di lavoro aveva proceduto ad una nuova assunzione nelle medesime mansioni da lui espletate.

Il Tribunale di Bari, ricondotto il licenziamento nella causale del giustificato motivo oggettivo, lo ritiene illegittimo non tanto per l'insussistenza della ragione sottesa, poiché ritenuta del tutto provata dall'istruttoria espletata, ma per violazione dell'obbligo di repechage.

Invero, il giudice pur ritenendo valide e provate nel corso del giudizio le ragioni addotte dal datore di lavoro, ha ritenuto che il termine di soli tre mesi per effettuare una nuova assunzione sia troppo esiguo, ed inoltre che la violazione della predetta integri gli estremi della violazione dell'obbligo di repechage.

La questione

La sentenza in esame offre lo spunto per approfondire la questione del licenziamento per giustificato motivo oggettivo per ripartizione delle mansioni e sulla violazione dell'obbligo di repechage in caso di una nuova assunzione nelle medesime mansioni.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Bari, al fine di decidere in ordine alla legittimità del licenziamento, ha il pregio di ripercorrere l'evoluzione giurisprudenziale che ha investito il concetto di giustificato motivo oggettivo.

Come noto, la giurisprudenza negli ultimi anni ha ampliato la nozione delle ragioni tecniche, organizzative e produttive di cui all'art. 3, l. n. 604 del 1966, facendovi rientrare anche ragioni che attengono ad una ristrutturazione aziendale, alla riduzione dei costi o all'incremento dei meri profitti.

Inizialmente, infatti, per poter procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo occorreva necessariamente che la causale economica fosse comunque presente. Il licenziamento doveva essere giustificato dalla necessità di fare fronte "a sfavorevoli situazioni" (di recente Cass. 16 marzo 2015, n. 5173; Cass. 24 giugno 2015, n. 13116). La ragione organizzativa, per vero, non poteva in alcun modo sussistere ex se, ma necessitava comunque della sussistenza di ragioni economiche.

A partire dalla nota sentenza della Suprema Corte del 7 dicembre 2016, n. 25201 (in Foro it., 2017, 1, 1, 123) si è iniziato a dare piena autonomia alle ragioni organizzative.

La scelta imprenditoriale di ridurre la dimensione occupazionale può essere motivata, infatti, anche da finalità che prescindano da situazioni sfavorevoli e che perseguano una migliore efficienza gestionale nelle modificazioni tecnico-produttive ovvero nelle iniziative di riorganizzazione inerenti alla gestione d'impresa orientate al contenimento dei costi.

Non è però sufficiente per configurare il giustificato motivo oggettivo evocare nella lettera di licenziamento la soppressione del posto di lavoro, ma occorre indicare la decisione organizzativa che a monte determina tale soppressione.

La ragione organizzativa, tuttavia, deve determinare un effettivo mutamento dell'assetto organizzativo attraverso la soppressione di una individuata posizione lavorativa (Cass. 21 agosto 2018, n. 20876).

Invero, nel caso di specie il datore di lavoro ha giustificato il licenziamento del ricorrente, con la soppressione del posto nell'ottica del contenimento del contenimento dei costi di gestione, ritenuta sussistente dal giudice a seguito dell'istruttoria espletata.

La decisione si allinea con quella giurisprudenza che, senza concretamente indagare sulla preesistenza di una situazione sfavorevole, riconduce ad un giustificato motivo oggettivo di licenziamento la soppressione del posto seguita ad esempio, da una cd. esternalizzazione dell'attività a terzi (Cass. 1 agosto 2013, n. 18416) ovvero, come avvenuto nel caso di specie, alla ripartizione delle mansioni tra il personale già in forza nell'azienda (Cass. 21 novembre 2011, n. 24502; Cass. 23 settembre 2015, n. 18780; Cass. 13 luglio 2016, n. 14306; Cass. 28 settembre 2016, n. 19185; per il caso di soppressione parziale delle mansioni Cass. 6 luglio 2012, n. 11402).

Ed infatti, si ritiene che anche soltanto una diversa ripartizione delle mansioni può costituire giustificato motivo oggettivo di licenziamento, (Cass. 28 settembre 2016, n. 19185) attuata ai fini di unapiù economica ed efficiente gestione aziendale. Le mansioni, invece di essere assegnate ad un solo dipendente, possono essere suddivise fra più lavoratori, ognuno dei quali se le vedrà aggiungere a quelle già espletate, in modo tale da far emergere come in esubero la posizione lavorativa di quel dipendente che vi era addetto in modo esclusivo o prevalente. (Cass. 6 dicembre 2017, n. 29238).

Ai fini della legittimità del licenziamento non è sufficiente che i compiti un tempo espletati dal lavoratore licenziato risultino essere stati distribuiti ad altri, ma è necessario che tale riassetto sia all'origine del licenziamento, verificando in concreto il nesso causale.

È bene precisare, tuttavia, che tale operazione può rientrare nella nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento, purché sia riconducibile ad un effettivo riassetto organizzativo, stabile e non meramente contingente (Cass. 1giugno 2012 n. 8846; Cass. 21 novembre 2011 n. 24502; Cass. 24 maggio 2011 n. 11356; Cass. 2 ottobre 2006 n. 21282, Cass. 13 luglio 2016, n. 14306).

Nel caso di specie, il giudice di merito ritiene sufficiente dall'istruttoria testimoniale la ridistribuzione delle mansioni, e la sussistenza della ragione organizzativa produttiva. Vi era in effetti stata una ridistribuzione delle mansioni tra gli altri lavoratori e tra gli stessi soci per riduzione dei costi di gestione.

Il giudice tuttavia, pur ritenendo provata la ragione organizzativa posta a base del licenziamento, ha ritenuto violato l'obbligo di repechage a causa della nuova assunzione nelle medesime mansioni effettivamente espletate dal lavoratore licenziato.

Tale affermazione solleva qualche perplessità.

Invero, la nuova assunzione per le medesime mansioni espletate dal lavoratore licenziato, viene considerata alla stregua della giurisprudenza maggioritaria, quale elemento idoneo a dimostrare la insussistenza delle ragioni addotte a fondamento del giustificato motivo oggettivo, non integrando la violazione dell'obbligo di repechage.

La questione, tuttavia, nel caso di specie, non comporta conseguenze rilevanti sul piano sanzionatorio, poiché trattasi di una impresa non soggetta l'applicabilità dell'art. 18, St. lav., come modificato dalla l. n. 92 del 2012. Al contrario, nel caso di impresa con più di 15 dipendenti la questioni in ordine alla insussistenza del giustificato motivo oggettivo costituisce una delle residuali ipotesi in cui residua la tutela reintegratoria (recentemente parte della giurisprudenza ritiene applicabile la predetta tutela anche in caso di violazione dell'obbligo di repechage, da ultimo Cass. 22 ottobre 2018, n.26675).

Osservazioni

La sentenza in esame consente di svolgere alcune considerazioni in ordine al concetto di soppressione del posto di lavoro.

Innanzitutto, occorre sgomberare il campo da un possibile equivoco: la soppressione del posto non può in alcun modo identificarsi nella ragione oggettiva.

Invero, preme rilevare il necessario collegamento causale che deve sussistere tra la ragione e la soppressione del posto, in quanto quest'ultimo si identifica in una mera conseguenza logica (Cass. 28 settembre 2016, n. 19185; Cass. 21 novembre 2011, n. 24502).

Ed infatti, ad avviso della Suprema Corte l'andamento economico negativo non costituisce un presupposto che deve essere necessariamente provato, ma ciò che rileva è la sussistenza della ragione produttivo-organizzativa che deve comunque concretizzarsi in un effettivo mutamento dell'assetto organizzativo attraverso la soppressione del posto (Cass. 7 novembre 2016, n. 25201).

Inoltre, la soppressione del posto, non significa necessariamente il venir meno delle mansioni, ma anche che la stessa venga ripartita tra più lavoratori come è avvenuto nel caso di specie.

Tuttavia, al fine di ritenere sussistente la ragione organizzativa alla base del licenziamento è necessario che la stessa non sia meramente occasionale e momentanea. Sicché un licenziamento intimato per far fronte ad una ragione organizzativa sussistente, ma temporalmente circoscritta, non sarebbe giustificato (Cass. 13 luglio 2016, n. 14306).

Una affermazione di tal fatta implica necessariamente l'individuazione di parametri che consentano di individuare se la ragione organizzativa sia effettivamente non contingente.

Ed un valido indice potrebbe essere costituito dalla verifica di nuove assunzioni intercorse dopo il licenziamento ed effettuate per le medesime mansioni espletate dal lavoratore licenziato.

È evidente allora che, come verificatosi nel caso di specie, l'assunzione di un lavoratore nelle medesime mansioni espletate dal lavoratore licenziato elide la sussistenza della ragione organizzativa e non consista, come ritenuto nella sentenza in commento, nella violazione dell'obbligo di repechage (Cass. 17 marzo 2001, n. 3899).

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