Premio nascita: natura discriminatoria dei requisiti individuati dall’INPS

La Redazione
13 Novembre 2018

Sul diritto del premio di natalità, il Tribunale di Rovereto richiama espressamente la sentenza della Corte d'appello di Milano secondo la quale l'individuazione da parte dell'INPS, con circ. n. 39 del 2017, dei requisiti necessari ai fini dell'erogazione del premio di natalità di cui all'art. 1, comma 353, l. n. 232 del 2016, oltre che illegittima - in quanto introduce in sede amministrativa requisiti non previsti dal legislatore - va qualificata come discriminatoria, in quanto esclude dal beneficio per ragioni di nazionalità e senza alcuna ragionevole motivazione una parte delle donne residenti in Italia...

Il caso. Con ricorso ex artt. 28, d.lgs. n. 150 del 2011, 44, (d.lgs. n. 286 del 1998 (t.u. Immigrazione) e 702-bis, c.p.c., una madre titolare di permesso di soggiorno per motivi familiari denunciava di avere invano presentato domanda on line all'INPS di prestazione del premio nascita e chiedeva la condanna dell'ente per comportamento discriminatorio.

La giurisprudenza della Corte d'appello di Milano. Il Tribunale di Rovereto decidendo nel merito condivide quanto già affermato dai Giudici di appello di Milano lo scorso 5 maggio 2018. Per quest'ultima, l'individuazione da parte dell'INPS, con circolare n. 39 del 2017, dei requisiti necessari ai fini dell'erogazione del premio di natalità di cui al comma 353 dell'art. 1, l. n. 232 del 2016, oltre che illegittima - in quanto introduce in sede amministrativa requisiti non previsti dal legislatore - va qualificata come discriminatoria, in quanto esclude dal beneficio per ragioni di nazionalità e senza alcuna ragionevole motivazione una parte delle donne residenti in Italia.

Secondo la Corte d'appello di Milano, espressamente richiamata dal giudice di Rovereto, è evidente che l'INPS ha introdotto in sede amministrativa requisiti non previsti dal legislatore ma previsti invece per altra prestazione ovvero l'assegno di natalità di cui al comma 125 dell'art. 1, legge di Stabilità n. 190 del 2014.

Così facendo l'INPS si è arrogata il potere di imporre in sede amministrativa condizioni o requisiti che la legge non ha né previsto né disciplinato, di introdurre modifiche a una norma di fonte primaria e di restringere, di conseguenza, la platea delle destinatarie del beneficio; per i Giudici di appello di Mialno, è pertanto illegittima la condotta dell'Istituto ravvisabile nell'aver emesso circolari aventi natura regolamentare che attribuiscono alla legge un contenuto diverso da quello espresso dal legislatore.

Così facendo l'INPS – conclude la Corte meneghina - non solo con una propria circolare ha derogato alla norma di legge disponendo diversamente da quanto prescritto da quest'ultima ma lo ha fatto introducendo disposizioni evidentemente discriminatorie per nazionalità in quanto, ancorando la possibilità di ottenere il beneficio a una condizione quale il possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, ha introdotto una differenza di trattamento non giustificata da alcuna ragionevole e oggettiva finalità.

Il Tribunale di Rovereto condanna pertanto l'INPS a rimuovere la condotta discriminatoria e pagare un importo pari al bonus non erogato.

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