Diniego di protezione internazionale: l'appello va proposto con ricorso e non con citazione

16 Novembre 2018

Nel regime dell'art. 19 d.lgs. n. 150/2011, risultante dalle modifiche introdotte con il d.lgs. n. 142/2015, l'appello, proposto ex art. 702-quater c.p.c., tanto avverso la decisione del tribunale di rigetto della domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale quanto contro la decisione di accoglimento, doveva essere introdotto con ricorso e non con citazione.

Il caso. Un cittadino maliano appellava l'ordinanza emessa dal tribunale (nel 2015) con la quale era stata respinta la sua domanda di protezione internazionale.

La Corte d'appello, provvedendo sull'appello, riteneva tardiva l'impugnazione in quanto proposta con ricorso depositato nel termine di 30 giorni dalla notifica dell'ordinanza del tribunale ma notificato oltre tale termine all'Avvocatura Generale dello Stato.

Rilevava la Corte d'appello che, anche a seguito delle modifiche introdotte all'art. 19 d.lgs. n. 150/2011, dall'art. 27 d.lgs. n. 142/2015, doveva ritenersi che l'appello avverso il provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale dovesse essere proposto con atto di citazione in appello e che, quindi, nel caso di erronea proposizione dell'impugnazione con ricorso, l'impugnazione si potesse considerare tempestiva solo se anche la sua notifica e non solo il deposito dell'atto con la forma del ricorso fosse avvenuta entro il termine prescritto. Seguiva il ricorso per cassazione.

Le modifiche normative intercorse: impugnazione non più tramite ricorso? Viene contesta la decisione della Corte d'appello per aver ritenuto che, nonostante la modifica dell'art. 19 d.lgs. n. 150/2011, introdotta dall'art. 27 d.lgs. n. 142/2015, la proposizione dell'appello avverso le decisioni di rigetto delle domande di protezione internazionale dovesse ancora proporsi con citazione.

Secondo il ricorrente, sia il tenore testuale della modifica normativa, sia la sua finalità di garantire una più rapida trattazione dei giudizi relativi alle domande di protezione internazionale, inducevano a ritenere, al contrario, che il legislatore del 2015 avesse voluto effettivamente optare per la proposizione dell'appello con ricorso.

Quando una forma errata nella proposizione di una impugnazione può comunque raggiungere lo scopo. Più in generale, in materia di impugnazioni, l'orientamento della Cassazione è nel senso che quando si sbaglia la forma di esercizio dell'atto di impugnazione (in particolare notificando una citazione là dove era prescritto il deposito del ricorso ovvero depositando un ricorso là dove era prescritto che si dovesse notificare una citazione), l'impugnazione possa ritenersi tempestiva e, dunque, ammissibile, solo se, nel primo caso, alla notifica della citazione segua il suo deposito presso l'ufficio entro il termine prescritto per l'impugnazione, e, nel secondo caso, se, al deposito del ricorso segua la notifica dell'atto alla controparte sempre entro quel termine.

Orientamento che viene ribadito dalle Sezioni Unite. Le Sezioni Unite affrontano questo specifico argomento con molta attenzione, dando conto di orientamenti interpretativi difformi, sussistenti soprattutto in dottrina. Ma ciò nonostante l'opzione interpretativa appena ricordata viene confermata.

Infatti, a detta dei Giudici, quando il legislatore regola l'esercizio del diritto di impugnazione prescrivendo che l'atto di esercizio debba realizzare la "presa di contatto" con il giudice e quando lo regola prescrivendo invece che detto atto debba realizzare la "presa di contatto" con la controparte tramite la notificazione, la prescrizione della forma da osservare entro il termine di impugnazione è fatta a pena di inammissibilità, il che implica che l'onere formale è relativo ad un'attività che indefettibilmente doveva compiersi nel termine.

Il carattere cogente e, dunque, decisivo, del collegamento fra l'uso della forma prescritta ed il termine secondo la categoria della inammissibilità impone di apprezzare l'uso della forma errata come attività che, pur non rispondendo alla forma prescritta, può diventare idonea ad osservare la prescrizione legislativa, solo essa si presti ad essere considerata, sebbene con l'apporto di atti aliunde, cioè ulteriori rispetto alla forma erroneamente impiegata, come realizzatrice dello scopo di assicurare pur con una forma complessiva diversa da quella voluta dal legislatore, appunto lo scopo divisato dallo stesso legislatore.

Il principio di diritto enunciato in caso di errata forma dell'impugnazione. Quando l'ordinamento prescrive per l'esercizio del diritto di impugnazione rispettivamente la forma del ricorso da depositare presso l'ufficio che deve ricevere l'impugnazione ovvero la forma della citazione o della notificazione di un atto alla parte destinataria dell'impugnazione, lo scopo dell'attività di esercizio del diritto di impugnazione connaturato alle due diverse forme è nel primo che nel termine di impugnazione si realizzi la "presa di contatto" con il giudice investito dell'impugnazione e nel secondo che entro quel termine si realizzi la "presa di contatto" con la parte destinataria dell'impugnazione.

Ne consegue che l'errore nella scelta dell'atto di proposizione dell'impugnazione sotto il profilo del contenuto-forma che non abbia realizzato la "presa di contatto" prescritta, può essere rimediato esclusivamente tramite eventuali attività integrative successive all'adozione dell'atto idonee a realizzare quella "presa di contatto" entro il termine di impugnazione e non già oltre quel termine.

In materia di protezione internazionale l'appello va proposto con citazione. Le Sezioni Unite affrontano, poi, un altro aspetto assolutamente rilevante in questa materia, precisando quale forma debba essere seguita per una corretta proposizione dell'impugnazione.

Secondo i Supremi Giudici, nel regime dell'art. 19 d.lgs. n. 150/2011, risultante dalle modifiche introdotte con il d.lgs. n. 142/2015, l'appello, proposto ex art. 702-quater c.p.c., tanto avverso la decisione del tribunale di rigetto della domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale quanto contro la decisione di accoglimento doveva essere introdotto con ricorso e non con citazione, atteso che il riferimento al "deposito del ricorso" introdotto nel comma 9 della norma dell'art. 19 dal testo sostituito dall'art. 27, comma 1, lett. f) implicava la volontà del legislatore di innovare la forma dell'appello, così derogando, ai sensi del comma 1 dello stesso art. 19, rispetto a quella individuabile anteriormente nella citazione ai sensi dell'art. 702-quater c.p.c..

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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