Il giudizio di divisione endoesecutiva: inquadramento e modalità di instaurazione

19 Novembre 2018

La pronuncia esamina le seguenti questioni: 1) quali sono le modalità di introduzione del giudizio di divisione endoesecutiva? Più precisamente, ai fini della valida instaurazione di detta parentesi cognitiva è necessaria la notificazione di un distinto atto di citazione oppure è sufficiente che sia portata a conoscenza degli interessati l'ordinanza con la quale il g.e. dispone la divisione? 2) A chi va notificato l'atto introduttivo del giudizio divisorio? Alla parte personalmente o al suo procuratore costituito nel processo esecutivo?
Massima

La divisione endoesecutiva, in quanto esito normale del processo di espropriazione di beni indivisi, è ritualmente introdotta con la pronuncia – se sono presenti tutti gli interessati – o con la notifica – in caso non siano presenti tutti gli interessati all'udienza di cui all'art. 600 c.p.c. – dell'ordinanza del giudice dell'esecuzione che la dispone, siccome elemento conclusivo della fattispecie a formazione progressiva in cui quell'introduzione si risolve. Di conseguenza, ai fini della valida introduzione del giudizio di divisione endoesecutiva non è necessaria la separata notifica ed iscrizione a ruolo contenzioso civile di un distinto atto di citazione; e tuttavia l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che, ciononostante, oneri una parte della previa notifica ed iscrizione a ruolo di separato atto di citazione, se non opposta con la dimostrazione di una conseguente lesione del proprio diritto di difesa, non determina nullità e ad essa va prestata ottemperanza, sebbene non possano discendere conseguenze di definizione in rito deteriori per la parte onerata rispetto a quelle derivanti dall'inosservanza delle minori forme sufficienti.

Il caso

Nel corso di una procedura espropriativa immobiliare promossa da un istituto di credito su un bene in comproprietà di due suoi debitori, sopravveniva il fallimento di uno degli esecutati e la quota a lui spettante sull'immobile staggito veniva venduta in sede fallimentare ad una società. La procedura esecutiva proseguiva quindi nei soli confronti dell'altro esecutato, ma il g.e., reputando antieconomica la vendita della quota indivisa, disponeva la divisione ai sensi dell'art. 600 c.p.c., assegnando termine per l'iscrizione a ruolo di un atto di citazione da previamente notificare a tutti i litisconsorti ai fini della valida introduzione del giudizio divisorio, e fissando contestualmente l'udienza per la comparizione delle parti di tale giudizio e per la prosecuzione del processo esecutivo.

Il creditore procedente notificava l'atto di citazione alla società acquirente della quota presso lo studio del difensore di quest'ultima, procuratore costituito nel processo esecutivo.

All'udienza fissata davanti al g.e. compariva anche detto avvocato, il quale chiedeva rinvio ai sensi dell'art. 180 c.p.c., opponendosi alla divisione. Il difensore del creditore procedente, dal canto suo, si limitava a depositare in detta udienza la prova della notifica dell'avviso ex art. 599 c.p.c., senza tuttavia dar prova dell'avvenuta notifica dell'atto di citazione; cosicché il g.e., ritenendo non provata l'ottemperanza al primo ordine da parte del creditore, impartiva un secondo ordine, assegnando altro termine per la notifica dell'atto introduttivo del giudizio di divisione e fissando una nuova prima udienza.

Il creditore, tuttavia, non dava corso alla seconda notifica.

L'udienza seguita alla prima iscrizione a ruolo veniva nel frattempo rinviata due volte, senza comunicazione alle parti che avrebbero dovuto figurarvi come costituite. Il giudizio divisorio si concludeva quindi con una sentenza non definitiva di scioglimento della comunione, emessa nella dichiarata contumacia della società acquirente della quota dell'immobile staggito.

Quest'ultima proponeva appello avverso la sentenza, deducendo, da un lato, la violazione del proprio diritto di difesa in conseguenza della duplicazione dell'ordinanza di divisione e dell'illegittimità dello sviluppo del giudizio seguito alla prima delle due ordinanze; e, dall'altro, l'invalidità della notifica dell'atto introduttivo ad essa litisconsorte necessaria presso lo studio del suo avvocato, anziché presso la sua sede.

La Corte d'appello rigettava il gravame, e avverso tale seconda sentenza la società soccombente proponeva ricorso per cassazione.

La questione

La pronuncia esamina le seguenti questioni: 1) quali sono le modalità di introduzione del giudizio di divisione endoesecutiva? Più precisamente, ai fini della valida instaurazione di detta parentesi cognitiva è necessaria la notificazione di un distinto atto di citazione oppure è sufficiente che sia portata a conoscenza degli interessati l'ordinanza con la quale il g.e. dispone la divisione? 2) A chi va notificato l'atto introduttivo del giudizio divisorio? Alla parte personalmente o al suo procuratore costituito nel processo esecutivo?

Le soluzioni giuridiche

La fase introduttiva del giudizio di divisione è regolata dall'art. 181, disp. att., c.p.c., che è stato radicalmente modificato dalla legge n. 80/2005 con l'intento di semplificare e accelerare lo svolgimento di tale giudizio, valorizzandone al contempo la «strumentalità... rispetto alla preminente esigenza di liquidare in executivis la quota indivisa» (Arieta, De Santis, L'esecuzione forzata, in Trattato di diritto processuale civile,diretto da Montesano e Arieta, III, 2, Padova, 2007, 1286).

Prima della novella del 2005, la disposizione citata prevedeva che il g.e. potesse direttamente procedere all'istruzione della causa, alla duplice condizione che gli interessati fossero tutti presenti e che il suo ufficio giudiziario fosse competente per la divisione. In caso contrario, egli avrebbe dovuto fissare il termine perentorio per la proposizione, a cura della parte più diligente (creditore o contitolare non esecutato), della domanda di divisione nelle forme ordinarie; con la conseguenza che, ove il giudizio divisorio non fosse stato introdotto nel termine indicato, il processo esecutivo si sarebbe estinto per inattività delle parti, ai sensi e per gli effetti dell'art. 630 c.p.c. (Cass. civ., 8 gennaio 1968, n. 44, in Foro it., 1968, I, 1597).

Radicalmente innovando rispetto alla precedente disciplina, il legislatore del 2005 ha invece previsto che il giudizio di divisione si svolga sempre dinanzi al g.e. (la cui competenza è funzionale), il quale provvede all'istruzione della causa se gli interessati sono tutti presenti, dovendo, in mancanza, con l'ordinanza di cui all'art. 600, comma 2, c.p.c. fissare l'udienza davanti a sé per la comparizione delle parti e concedere termine alla parte più diligente fino a sessanta giorni prima per l'integrazione del contraddittorio mediante la notifica dell'ordinanza.

Opinioni discordi si registrano in dottrina e in giurisprudenza quanto alle modalità di introduzione del giudizio di divisione.

L'orientamento attualmente prevalente è quello che, valorizzando la vigente formulazione dell'art. 181, disp. att., c.p.c., individua l'atto introduttivo del giudizio nell'ordinanza con la quale il giudice dispone procedersi alla divisione (Trib. Milano, 17 luglio 2006, Trib. Verona, 20 febbraio 2008 e Trib. Firenze, 18 aprile 2008, tutte in Riv. esec. forzata, 2008, 622 ss., con nota di Meini, Trascrizione dell'ordinanza ex art. 600 c.p.c. e potere conformativo del giudice dell'esecuzione; in dottrina v. Montanaro, Commento agli artt. 600 c.p.c. e 181, disp. att., c.p.c., in AA.VV., Commentario alle riforme del processo civile, a cura di Briguglio e Capponi, II, Padova, 2007, 517). Tale ordinanza è dunque l'atto che occorre trascrivere — in quanto equipollente della domanda giudiziale — nei registri immobiliari: onde la necessità che essa non soltanto consenta la compiuta identificazione del bene pignorato, ma rechi altresì gli elementi essenziali di un atto di citazione, ivi compresi l'invito a costituirsi nelle forme e nei termini di cui all'art. 166 c.p.c. e l'avvertimento in ordine alle decadenze previste dall'art. 167 c.p.c..

Secondo altro indirizzo, invece, anche nel nuovo contesto normativo l'instaurazione del giudizio divisorio deve avvenire mediante atto di citazione, che andrà notificato a tutti i litisconsorti a cura della parte più diligente e successivamente trascritto (è questa la soluzione adottata, tra gli altri, dal tribunale di Roma, come ricorda Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, Milano, 2017, 1585 s., secondo la quale tale conclusione è «quella preferibile poiché, sebbene le disposizioni che regolano l'istituto nulla dispongano al riguardo, la divisione giudiziale costituisce un giudizio di cognizione incidentale al processo esecutivo»).

Su una linea intermedia si collocano poi quegli uffici giudiziari che, pur riconducendo l'introduzione del giudizio all'ordinanza ex art. 600, comma 2, c.p.c., affermano la necessità che, unitamente a tale provvedimento, sia notificato agli interessati un atto di citazione completo di tutti gli elementi di cui all'art. 163 c.p.c., che varrà a costituire il contraddittorio tra le parti (si rinvia a Lombardi, Giudizio di scioglimento delle comunioni ed esecuzione forzata, in Riv. dir. proc., 2018, 409, note 13 e 14, che richiama le prassi dei Tribunali di Verona e di Santa Maria Capua Vetere).

Infine, non è mancato chi ha ritenuto che la domanda di divisione sia implicitamente contenuta nell'atto di pignoramento della quota, unico atto di impulso della procedura che appaia idoneo a soddisfare l'esigenza pubblicitaria prevista dagli artt. 2646, comma 2, e 2685 c.c.. Tale domanda verrebbe «portata a conoscenza del giudice dell'esecuzione con il deposito dell'atto di pignoramento (art. 557, comma 1, c.p.c.), a conoscenza del comproprietario esecutato con la notificazione dell'atto di pignoramento e a conoscenza degli altri comproprietari — e degli altri interessati — con la notificazione dell'invito a comparire e la partecipazione all'udienza di comparizione». Ove, poi, taluno degli interessati omettesse di comparire all'udienza, la notificazione della domanda giudiziale nei suoi confronti «verrà a perfezionarsi con l'integrazione del contraddittorio, prevista dall'art. 181, comma 2, disp. att. c.p.c.» (così Cardino, L'espropriazione dei beni indivisi, in AA.VV., Il nuovo processo di esecuzione, a cura di Fontana e Romeo, Padova, 2015, 367).

La sentenza in commento fa proprio il primo degli indirizzi sopra richiamati, affermando che, ai fini dell'introduzione del giudizio divisorio, è sufficiente notificare agli interessati non comparsi in udienza l'ordinanza con la quale il giudice dispone la divisione: ordinanza che dovrà pertanto contenere tutti gli elementi necessari per la valida proposizione della domanda giudiziale e per la sua trascrizione. Viene tuttavia precisato che, ove il giudice abbia col proprio provvedimento onerato la parte più diligente della separata notifica ed iscrizione a ruolo di un distinto atto di citazione, tale ordine – pur sprovvisto di base normativa – non è in linea di principio idoneo a ledere il diritto di difesa di alcuno, sicché, ove non tempestivamente opposto ex art. 617 c.p.c. da chi dimostri di avere interesse a dolersene, andrà rispettato alla stregua di qualsiasi provvedimento giurisdizionale non ritualmente impugnato.

Quanto, poi, alla seconda delle questioni prospettate, la Suprema Corte chiarisce che, stante la funzionalizzazione del giudizio di divisione al processo esecutivo e, dunque, la stretta correlazione esistente tra l'uno e l'altro, la notifica dell'atto introduttivo ben può essere effettuata al procuratore del litisconsorte necessario dell'instaurando giudizio di divisione, il quale sia già costituito nel processo esecutivo: dovendo, in mancanza di limitazione dei relativi poteri, presumersi che la procura conferita per il processo di espropriazione di beni indivisi si estenda anche al giudizio di cognizione divisionale che del primo costituisce il normale epilogo.

Osservazioni

La decisione si lascia apprezzare in quanto offre alle questioni poste all'esame della Suprema Corte una soluzione conforme al tenore testuale dell'art. 181, disp. att., c.p.c. (che si limita a prevedere la notifica nei confronti dei litisconsorti non comparsi dell'ordinanza del g.e. e non anche di un distinto atto di citazione), ma, al tempo stesso, rispettosa delle caratteristiche del giudizio di divisione, che, pur funzionalmente collegato al processo esecutivo, è da quest'ultimo strutturalmente autonomo.

Nondimeno, sembra preferibile ritenere che, anche dopo la riforma del 2005, l'introduzione del giudizio di divisione endoesecutivo debba avvenire mediante notificazione a tutti i litisconsorti necessari di un atto di citazione, al quale andrà allegata l'ordinanza del g.e. come espressamente richiesto dall'art. 181, disp. att., c.p.c..

Come esattamente rilevato in dottrina (Lombardi, Giudizio di scioglimento, cit., 413 ss.), a tale conclusione inducono molteplici argomenti, tra i quali: a) l'operatività del principio della domanda, che preclude al giudice l'instaurazione ex officio del giudizio divisorio (Grasso, L'espropriazione della quota, Milano, 1957, 303; La China, L'attuazione dell'art. 2825 c.c. nel processo di espropriazione forzata, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1965, 1579, nota 19); b) la circostanza che per le altre due modalità di liquidazione della quota (divisione parziale e vendita della quota indivisa) la legge preveda una specifica istanza di parte, «onde non pare possibile escludere l'istanza di parte proprio per dar corso alla modalità di liquidazione della quota indivisa che si risolve in un processo di cognizione» (Lombardi, Giudizio di scioglimento, cit., 413); c) l'autonomia del giudizio divisorio rispetto al processo esecutivo (di recente ribadita da Cass. civ., 18 aprile 2012, n. 6072), che comporta la necessità di un'apposita domanda di parte per l'instaurazione di ciascuno di essi.

Aderendo a tale seconda impostazione, sarà inevitabile concludere che la prima udienza del giudizio di divisione sia quella successiva all'emanazione dell'ordinanza con la quale il giudice dispone la divisione; che tale udienza sia regolata dall'art. 183 c.p.c.; che il termine a comparire, contrariamente a quanto previsto dall'art. 163-bis c.p.c., sia di sessanta e non di novanta giorni; che lo svolgimento del giudizio sia interamente soggetto alla disciplina di cui al libro secondo del codice di rito.

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