Convalida di licenza e sfratto (mutamento del rito)

19 Novembre 2018

In tema di controversie in materia di locazione, in base al combinato disposto di cui agli artt. 667 e 426 c.p.c., dopo che il giudice ha disposto il mutamento del rito, alle parti è consentito il deposito di memorie integrative con la richiesta di fissazione dell'udienza di discussione, e l'attivazione ai sensi dell'art. 5 del d.lgs. n. 28/2010, del procedimento di mediazione, trattandosi quest'ultimo di una condizione di procedibilità della domanda giudiziale proposta in materia di locazione che si applica nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, una volta disposto il mutamento del rito. Si esamineranno, quindi, le suddette questioni e le relative problematiche ad esse sottese, esponendo le soluzioni emerse nell'esperienza giurisprudenziale.
Inquadramento

Alla fase sommaria del procedimento di convalida di licenza o sfratto per morosità o finita locazione dopo la riforma dell'art. 667 c.p.c., di cui all'art. 73 dellal. 26 novembre 1990, n. 353, segue sempre e comunque la fase di merito previo mutamento del rito in quello locatizio disciplinato dall'art. 447-bis c.p.c. davanti allo stesso giudice, il quale esaminerà poi ogni questione non definita nella suddetta fase sommaria. Infatti come si desume dagli artt. 660, 665 e 667 c.p.c., il procedimento speciale introdotto dalla citazione per convalida di licenza per finita locazione o convalida di sfratto, una volta che il conduttore sia comparso e si sia opposto alla convalida, prevede che, se il locatore ne fa istanza, accordata o negata l'ordinanza di rilascio ed in tal modo chiusa la fase sommaria, si passi a quella di cognizione ordinaria, nella quale sarà resa la decisione sulla domanda. Pertanto, il giudice adito nella fase sommaria di licenza o sfratto, pronunciati i provvedimenti previsti dagli artt. 665 e 666 c.p.c., e in caso di opposizione del conduttore, il giudizio prosegue nelle forme del rito speciale, previa ordinanza di mutamento di rito ai sensi dell'art. 426 c.p.c.

Il mutamento del rito contemplato dall'art. 667 c.p.c. attiene non ad una causa già introdotta, benché non nelle forme previste, e per la quale si impone l'accesso al rito speciale e la riconduzione nei binari previsti dal codice processuale, come accade per le controversie di lavoro. Nel caso della controversia locatizia il procedimento sommario viene correttamente introdotto nelle forme della convalida di sfratto, il mutamento del rito - da sommario a cognizione piena - imponendosi quindi non per un'errata adozione dello stesso rito, ma perché, essendo la controversia locatizia retta dal rito lavoristico in quanto compatibile, il giudizio prosegue nelle forme speciali ai sensi dell'art. 667 c.p.c.

Il giudice, a seguito del mutamento del rito, fissa con ordinanza l'udienza di cui all'art. 420 c.p.c. ed il termine perentorio entro il quale le parti dovranno provvedere all'eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante il deposito di memorie e documenti in cancelleria. Ciò significa per un verso che la prosecuzione va intesa come chiusura del procedimento a cognizione sommaria ed apertura di un giudizio a cognizione piena, e, per l'altro, che la controversia locatizia, dovendo seguire le forme speciali, emerge nella sua pienezza solo con la cognizione piena affidata alle richiamate forme speciali.

Esaurita la fase sommaria, la controversia si delinea solo con il passaggio al rito speciale, proprio perché una controversia locatizia si dà solo in tali forme. Ecco perché con il mutamento del rito si ha l'instaurazione di un nuovo e autonomo procedimento a cognizione piena, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. III, 20 maggio 2013, n. 12247; Cass. civ., sez.III, 3 maggio 2004, n.8336).

Questione di competenza sollevata all'udienza di comparizione

Come si desume dall'art. 660, comma 5, c.p.c., ogni difesa di rito e di merito funzionale al rigetto della domanda principale può essere ancora svolta nelle memorie che è consentito depositare dopo che sia avvenuta la trasformazione del rito (Cass. civ., sez. III, 30 giugno 2005 n. 13963).

Conseguentemente, la questione di competenza, come ogni altra eccezione volta a contrastare la domanda di merito, può essere sollevata già nell'udienza di comparizione, anche in funzione di contrastare l'accoglimento dell'eventuale istanza intesa ad ottenere l'ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c., ma il suo esame è compiuto nella stessa sede in funzione della sola decisione su tale domanda incidentale, sicché un'espressa decisione sulla questione di competenza non la si può qualificare come sentenza.

La questione di competenza resta dunque da decidere nel giudizio di cognizione sulla domanda di merito, volta all'accertamento del sopravvenuto scioglimento del contratto o alla pronuncia della sua risoluzione (Cass. civ., sez.III, 18 febbraio 2008, n.4016).

Del resto, l'art. 667 c.p.c., non prevede altro esito della fase sommaria se non il mutamento del rito, sicchè al giudice non è dato risolvere in via definitiva con l'ordinanza conclusiva di quella fase, sia essa di accoglimento o di reiezione dell'istanza ai sensi dell'art. 665 c.p.c., alcuna questione e tanto meno quella sulla competenza, solo potendo disporre il mutamento del rito in quello locatizio, sicchè, ove egli invece, risolvendo definitivamente - per quel che gli compete - la relativa questione con l'accoglimento dell'eccezione di incompetenza funzionale sollevata dall'intimato, rimetta impropriamente con la stessa ordinanza conclusiva della fase sommaria del procedimento di convalida le parti ad altro giudice speciale o specializzato, egli adotta una pronuncia sulla competenza in senso tecnico, in quanto tale e per questo aspetto necessariamente impugnabile con il regolamento di competenza (Cass. civ., sez. VI/III, 17 maggio 2017, n.12394).

La memoria integrativa

È consentito al conduttore opponente proporre domanda riconvenzionale anche nella memoria integrativa depositata successivamente alla trasformazione del rito.

Nel procedimento per convalida di sfratto o finita locazione l'intimato, che non ha l'onere di costituirsi in cancelleria potendosi presentare all'udienza fissata per la convalida anche personalmente, con la memoria integrativa depositata all'esito del mutamento del rito e passaggio alla fase di pieno merito, potrà proporre domanda riconvenzionale unitamente all'istanza di fissazione di nuova udienza di discussione ai sensi dell'art. 418 c.p.c., poichè l'art. 660, comma 3, c.p.c., esclude espressamente, per l'intimazione per la convalida, l'invito o l'avvertimento al convenuto previsti nell'art. 163, comma 3, n. 7), c.p.c. (Cass. civ., sez.III, 30 luglio 2015, n.16190), né l'avvertimento sulla comminatoria delle decadenze previste dall'art.167 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 30 giugno 2005, n. 13963).

Tale previsione si collega in modo coerente con il successivo comma 5 dello stesso art. 660 c.p.c., il quale consente che la costituzione del convenuto nel procedimento di convalida avvenga anche nell'udienza stessa.

Si tratta dell'orientamento di legittimità che, a decorrere dalla citata Cass. civ. n. 13963/2005, consente alle parti del procedimento di convalida, nel termine concesso dall'ordinanza di trasformazione del rito da speciale a ordinario - art. 447 bis c.p.c. - a norma degli artt. 667 e 426 c.p.c., di svolgere con le memorie, per l'intimante ai sensi dell'art. 415 c.p.c. e per l'intimato ai sensi dell'art. 416 c.p.c., le attività che, nell'esercizio dei poteri e facoltà del diritto di azione e di difesa, avrebbero potuto svolgere fin dall'atto introduttivo se il processo fosse stato a cognizione piena (Cass. civ., sez. III, 9 marzo 2012, n.3696).

Consegue allora che il convenuto nel giudizio di convalida, nel costituirsi a norma dell'art.660, comma 5, c.p.c., come non deve osservare i termini previsti dall'art.166 c.p.c., così non è soggetto alle prescrizioni ed alle decadenze previste nel successivo art.167 c.p.c.

Ed invero, sotto l'aspetto sistematico, la difesa, nel giudizio di convalida, è strumentale alla fase sommaria per l'emanazione dei provvedimenti previsti dagli artt. 665 e 666 c.p.c., mentre la difesa del convenuto rispetto al giudizio di cognizione piena, conseguente al mutamento del rito previsto dall'art. 667 c.p.c. ha modo di esplicarsi completamente a seguito della ordinanza prevista dall'art. 426 c.p.c., con cui si fissa un termine perentorio proprio per l'integrazione degli atti introduttivi.

Il tenore letterale delle disposizioni normative sopra richiamate e le esposte considerazioni sistematiche convergono nel fare ritenere che la domanda riconvenzionale del convenuto non deve essere necessariamente proposta con la comparsa di risposta prevista dall'art. 660, comma 5, c.p.c., ma può essere formulata anche nella memoria presentata nel termine perentorio fissato con l'ordinanza ex art.426 c.p.c., richiamato dall'art.667 c.p.c.

L'attuale disposto dell'art. 667 c.p.c., nel prevedere che il giudizio di convalida, a seguito dell'opposizione dell'intimato, prosegue nelle forme del rito speciale delle controversie di lavoro, ex art. 447-bisc.p.c. - introdotto dall'art. 70 della l. n. 353/1990 - non ha escluso l'effetto che la giurisprudenza ha tradizionalmente attribuito all'opposizione dell'intimato, che è quello di trasformare il procedimento di convalida in un normale processo di cognizione, nel quale, il locatore, anziché giovarsi delle disposizioni previste dagli artt. 663-666 c.p.c., deve dare la prova del proprio diritto. Questa trasformazione non è esclusa dal fatto che il processo di cognizione, che si innesta sul procedimento speciale di convalida, segue il rito del lavoro, dato che anche questo rito concerne un giudizio di cognizione piena, che è ben diverso dal procedimento speciale di convalida.

Al riguardo, in linea generale, va altresì osservato che le disposizioni del rito del lavoro disciplinano le controversie per cui può instaurarsi il procedimento di convalida soltanto in quanto applicabili (art. 447-bis, comma 1, c.p.c.).

Quindi ognuna delle disposizioni del rito del lavoro elencate nel citato art. 447-bis può applicarsi alle controversie previste da quest'ultima disposizione solo in quanto sia ritenuta compatibile non solo con la natura dei rapporti sostanziali in essa previsti, ma anche con la disciplina processuale che è tipicamente dettata per alcuni di essi negli artt. 657 ss. c.p.c.

Orbene, limitando tale esame di compatibilità alla domanda riconvenzionale del conduttore che sia stato convenuto con la citazione per convalida ogni preclusione precedente al deposito della memoria prevista dal combinato disposto degli artt. 667 e 426 c.p.c. va esclusa per gli argomenti letterali e sistematici desumibili dall'art. 660 c.p.c., onde essa, essendo incompatibile con quest'ultima disciplina, va ritenuta inapplicabile a norma dell'art. 447-bis, comma 1, c.p.c.

In tale ottica, è tempestiva la domanda riconvenzionale ove proposta con la comparsa di costituzione depositata all'udienza di comparizione nella fase sommaria del procedimento di convalida e ribadita con gli atti successivi al mutamento del rito ed al passaggio alla fase ordinaria.

Non può, quindi, ritenersi tardiva la domanda riconvenzionale non proposta con la memoria depositata almeno dieci giorni prima della udienza, in applicazione della previsione dell'art. 416 c.p.c. alla fase sommaria del procedimento di convalida sul presupposto dell'erronea estensione ad esso del rito del lavoro, che si applica - al contrario - solo col passaggio alla fase ordinaria, ex art. 667 c.p.c.

Al riguardo, se è vero che la domanda riconvenzionale può essere proposta con la memoria integrativa successiva all'ordinanza di mutamento del rito e che - in tal caso - risulta tempestiva a condizione che sia stato rispettato il termine di dieci giorni previsto dall'art. 416 c.p.c., va escluso invece che, ove la domanda sia proposta già nella fase sommaria, la comparsa che la contiene debba essere depositata nel rispetto dell'anzidetto termine, che è del tutto estraneo al procedimento per convalida (Cass. civ., sez. VI/III, 5 dicembre 2016, n.24819).

Inoltre, atteso che, nelle controversie locatizie introdotte da intimazione di licenza o sfratto e che proseguono - previo mutamento del rito - a seguito dell'opposizione della parte intimata, la memoria ex art. 426 c.p.c., costituisce l'atto in cui si cristallizzano le posizioni delle parti, deve escludersi che possa ritenersi integrata, prima del deposito dell'anzidetta memoria, una non contestazione del fatto che possa valere ad esonerare la controparte dalla relativa prova (Cass. civ., sez.III, 16 dicembre 2014, n.26356).

In buona sostanza, è vero che l'art. 416 c.p.c., applicabile, ai sensi dell'art. 447-bis c.p.c., anche alle controversie in materia di locazione e di comodato di immobili, consente al convenuto di proporre le proprie domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito non rilevabili di ufficio solo con memoria da depositare almeno dieci giorni prima della data dell'udienza ed è altresì vero che questo principio, nel caso di trasformazione del rito, implica, per il convenuto, l'onere di proporre le eventuali domande riconvenzionali nel termine perentorio assegnato dal giudice con il provvedimento che dispone la trasformazione.

Ma il principio, come è del resto, espressamente chiarito dall'art. 426 c.p.c., si riferisce solo alle eccezioni in senso proprio ed, in altri termini, quindi, alle allegazioni di fatti estintivi o impeditivi dell'azione, non alle eccezioni relative ai presupposti o condizioni dell'azione, che l'attore, a meno che non siano stati inequivocamente ammessi dall'altra parte, ha, comunque, l'onere di provare, nè alle eccezioni che attengono alla qualificazione giuridica del fatti dedotti dall'attore, che il giudice, indipendentemente dalle deduzioni di parte, ha il potere ed il dovere di definire correttamente sotto il profilo giuridico (Cass. civ., sez.III, 24 gennaio 2006, n.1330).

Nelle controversie sulle domande di sfratto per finita locazione l'attore ha, appunto, l'onere di provare il contratto locativo e le clausole che lo caratterizzano quanto alla durata.

In evidenza

Le preclusioni del rito lavoristico scattano non dall'ordinanza di mutamento del rito, ma dal deposito della memoria integrativa ai sensi dell'art. 426 c.p.c. la quale, nella logica della norma di cui all'art. 667 c.p.c., non rimedia all'irregolarità di una controversia di lavoro introdotta nelle forme ordinarie, ma segna il passaggio dal procedimento sommario alla controversia locatizia. Nel caso della causa relativa al rapporto di lavoro la controversia viene introdotta con la domanda proposta nelle forme ordinarie. L'integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria, proprio perché la controversia è ormai insorta, deve correlarsi alle decadenze di cui agli artt. 414 e 416 c.p.c. Di qui l'insorgenza delle preclusioni con l'ordinanza di mutamento del rito. La controversia locatizia sorge invece con l'accesso al rito speciale, sicché la memoria integrativa non soffre delle limitazioni derivanti da una previa introduzione del giudizio. Ciò da cui la controversia locatizia è anticipata è solo un procedimento sommario. Il thema decidendum della controversia, la quale non può che seguire le forme speciali, si forma così in virtù della combinazione degli atti della fase sommaria e delle memorie integrative di cui all'art. 426 c.p.c. (Trib. Bolzano 15 marzo 2018).

ORIENTAMENTI A CONFRONTO: POSSIBILITA' DI NUOVE DOMANDE CON LA MEMORIA INTEGRATIVA

Ammissibilità

Nel procedimento di convalida di licenza o sfratto l'opposizione dell'intimato dà luogo alla trasformazione del processo in ordinario processo di cognizione di primo grado, soggetto per di più allo speciale rito di cui all'art. 447 bis c.p.c., dalla pronuncia dell'ordinanza sull'istanza ex art. 665 c.p.c., con la conseguenza che, non essendo previsti - tanto meno a pena di inammissibilità - gli specifici contenuti degli atti introduttivi della fase di merito anche per quelli della fase sommaria, il thema decidendum risulta cristallizzato soltanto con la combinazione degli atti introduttivi della fase sommaria e delle memorie integrative di cui all'art. 426 c.p.c. (Trib. Bolzano 15 marzo 2018, Cass. civ., sez.III, 20 maggio 2013, n.12247).

Inammissibilità

In tema di controversie in materia di locazione, come disciplinata dalla l. n. 353/1990, in base al combinato disposto di cui agli artt. 667 e 426 c.p.c., dopo che il giudice ha disposto il mutamento del rito, alle parti è consentito solamente il deposito di memorie integrative, che non possono contenere domande nuove, a pena di inammissibilità rilevabile anche d'ufficio dal giudice, non sanata neppure dall'accettazione del contraddittorio sul punto, con il solo limite della formazione del giudicato (Trib. Roma 15 febbraio 2018; Cass. civ., sez.III, 31 maggio 2005, n.11596).

Comunicazione del provvedimento di conversione del rito al convenuto non costituito o non comparso

La giurisprudenza di legittimità ha da tempo affermato che, nel caso di controversie individuali di lavoro promosse dopo l'entrata in vigore della l. 11 agosto 1973, n. 533 ove la causa sia stata introdotta nelle forme ordinarie e si debba conseguentemente disporre il passaggio al rito speciale, la relativa ordinanza deve essere comunicata alla parte contumace, in applicazione di una regola che, sebbene non espressamente sancita per tale caso, costituisce tuttavia un principio generale del nostro ordinamento e perciò anche un criterio legittimo di ermeneutica conformemente al disposto dell'art. 14 disp. gen. (Cass. civ., sez. III, 13 febbraio 1985, n. 1209).

Secondo la stessa giurisprudenza di legittimità, anche nel rito locatizio, qualora il giudice disponga la trasformazione del rito ai sensi dell'art. 426 c.p.c., l'ordinanza di fissazione dell'udienza di discussione e di concessione di un termine perentorio per la integrazione degli atti deve essere comunicata alla parte contumace, in osservanza del suddetto principio generale dell'ordinamento (Cass. civ., sez.III, 30 novembre 2015, n.24341).

Invero la volontarietà della scelta iniziale di non costituirsi in giudizio non esclude che, nel quadro del diritto di difesa e con riferimento ad ipotesi in cui un termine sia stabilito per il compimento di atti la cui omissione importi un pregiudizio per la situazione soggettiva giuridicamente tutelata, l'art. 24 Cost., debba estendersi alla conoscibilità del momento iniziale di decorrenza del termine stesso, al fine di assicurarne all'interessato l'utilizzazione nella sua interezza (Corte Cost. 14 gennaio 1977, n. 14).

La trasformazione del rito comporta un nuovo rapporto processuale

Va considerato che se è pur vero che, nel procedimento per convalida, l'opposizione dell'intimato provoca una radicale trasformazione del rito, determinando la cessazione dell'originario rapporto processuale e l'insorgere di un nuovo e diverso rapporto processuale, alla cui base è l'ordinaria domanda di accertamento e di condanna o di risoluzione e di condanna che il locatore ha l'onere di proporre nel momento in cui si verifica la trasformazione oggettiva del rapporto processuale, altrettanto indubbio è che tale domanda debba intendersi implicitamente proposta se, dopo l'opposizione dell'intimato, il locatore prosegua la sua attività processuale in vista della realizzazione della medesima pretesa sostanziale (Cass. civ., sez. III, 13 febbraio 1992, n. 1734, in cui si precisa che la domanda giudiziale deve essere considerata non solo nella sua formulazione letterale ma, soprattutto, nel suo contenuto sostanziale e con riguardo alla finalità che la parte intende perseguire, tenendo conto dei fatti esposti anche nella parte motiva nonché della volontà che possa essere desunta implicitamente od indirettamente, sicché il giudice del merito che, applicando tali criteri, pervenga alla precisa determinazione dell'oggetto della lite, fa corretto uso del suo potere discrezionale).

In tale situazione si pone pertanto un problema di interpretazione della domanda la quale - per costante orientamento di legittimità - integra una questione di fatto demandata al giudice di merito, il quale, nel ricostruire la volontà processuale della parte, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali essa è contenuta ed espressa, ma deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante (Cass. civ., sez.III, 30 settembre 2015, n.19525).

Mutamento del rito e mediazione

L'art. 5 del d.lgs. n.28/2010 individua espressis verbis il previo procedimento di media-conciliazione quale condizione di procedibilità di domande giudiziali aventi ad oggetto la materia locatizia e prevede che il giudice in prima udienza, o, nei procedimenti di convalida di sfratto o di licenza, nel giudizio di merito successivo al mutamento del rito ex art. 667 c.p.c. deve verificare se sia stato previamente esperito il tentativo di mediazione (Trib. Roma 27 giugno 2011), e, in caso negativo, deve assegnare alle parti un termine per presentare la domanda all'Organismo di conciliazione (Trib. Modena 6 marzo 2012).

In tale fase, quindi, non è ancora maturata l'improcedibilità, e il giudizio entra in una fase di quiescenza (in questi termini Trib. Busto Arsizio, Sez. dist. Gallarate, 22 marzo 2012, inedita), atteso che solo in caso di mancata proposizione della domanda di mediazione nel termine assegnato il giudice dichiara improcedibile la domanda (Trib. Busto Arsizio 15 giugno 2012).

In particolare, è stato condiviso l'orientamento secondo cui è onere della parte avviare il procedimento di mediazione all'esito del mutamento del rito, e, di conseguenza, la verifica di cui al comma 1 del citato art. 5 d.lgs. n.28/2010 andrà effettuata solo all'udienza fissata ex art. 667 c.p.c. (Trib. Palermo 13 aprile 2012).

In tale ottica, è stato osservato che a seguito del mutamento del rito disposto ai sensi dell'art. 667 c.p.c., il convenuto non è tenuto ad eccepire con la memoria integrativa il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, potendo farlo fino all'udienza di discussione (Trib. Modena 10 marzo 2012).

Casistica

CASISTICA

Cristallizzazione della causa petendi e petitum

Lo sbarramento introdotto dall'art. 420, comma 1, c.p.c., circa la possibilità di modificare le domande, ricorrendo gravi motivi e previa autorizzazione giudiziale, è relativo quindi non all'originaria domanda di cui all'intimazione di sfratto per morosità, ma alla domanda così come cristallizzata nella memoria di cui all'art. 426 c.p.c. (Cass. civ.,sez.III, 23 marzo 2017, n.7430).

Mutamento di rito e mediconciliazione

A seguito del mutamento del rito ex artt.426 e 667 c.p.c. è onere di chi abbia interesse a coltivare il procedimento dare impulso alla condizione di procedibilità, per cui, alla prima udienza di comparizione e discussione, verificato il mancato rispetto del termine assegnato alle parti per espletare il procedimento di mediazione, il giudice dichiara improcedibile la domanda (Trib. Massa 19 gennaio 2018).

Memoria ex art.426 c.p.c. e domanda di pagamento dei canoni pregressi non compresi nell'intimazione di sfratto

È consentito al locatore domandare con la memoria di cui all'art. 426 c.p.c., la condanna al pagamento dei canoni maturati successivamente all'intimazione di sfratto per morosità e la ripetizione dell'indennità di avviamento commerciale corrisposta (Cass. civ., sez.III, 23 marzo 2017, n.7423).

Termine deposito memoria integrativa dopo il mutamento del rito

La domanda riconvenzionale può essere proposta con la memoria integrativa successiva all'ordinanza di mutamento del rito e in tale caso è tempestiva se è stato rispettato il termine di dieci giorni previsto dall'art. 416 c.p.c. (Cass. civ., sez.VI/III, 5 dicembre 2016, n.24819).

Termine per la proposizione della domanda riconvenzionale

L'intimato, che non ha l'onere di costituirsi in cancelleria potendosi presentare all'udienza fissata per la convalida anche personalmente, con la memoria integrativa può proporre domanda riconvenzionale unitamente alla domanda di fissazione di una nuova udienza di discussione, ai sensi dell'art. 418 c.p.c. (Cass. civ., sez.III, 9 marzo 2012, n.3696).

Mutamento del rito e sospensione feriale termini processuali

Nel procedimento di convalida di licenza per finita locazione o di sfratto, la sospensione dei termini durante il periodo feriale resta esclusa, in forza della deroga contenuta nell'art. 3 della l. 7 ottobre 1969, n. 742, in relazione all'art. 92 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, solo per la fase sommaria di esso, la quale si conclude, nel caso di opposizione dell'intimato, con la pronuncia o il diniego dell'ordinanza di rilascio, e, che presenta per sua natura, carattere di urgenza, mentre trova applicazione, ai sensi del principio generale stabilito dall'art. 1 della l. n. 742/1969, per la successiva fase a rito ordinario salvo che l'urgenza sia dichiarata con apposito provvedimento (Cass. civ., sez.III, 21 gennaio 2011, n.1423).

Mutamento del rito e formalità processuali del procedimento locatizio

Il provvedimento di trasformazione del rito delle controversie in materia di locazione, come disciplinata dalla l. n. 353/1990, in base al combinato disposto di cui agli artt. 667 e 426 c.p.c., ha effetto imperativo per tutto l'ulteriore corso del procedimento e non è suscettibile di revoca implicita, con la conseguenza che la pronuncia della sentenza senza l'osservanza della formalità della lettura del dispositivo in udienza costituisce motivo di nullità della sentenza stessa e non può essere considerata, di per sè, idonea a configurare una disposta restituzione della trattazione della causa alle forme ordinarie (Cass. civ., sez.III, 16 aprile 2009, n. 9014).

Guida all'approfondimento

Di Marzio, Il procedimento per convalida di licenza e sfratto, Milano, 1998;

Lombardi, Comunicazione del provvedimento di conversione del rito ex artt. 667 e 426 c.p.c. al convenuto non costituito o non comparso,in www.ilprocessocivile.it;

Trapuzzano, Mutamento del rito: gli effetti della domanda decorrono sulla scorta del riferimento al modello astratto di atto introduttivo, in www.ilprocessocivile.it;

Frivoli, Nelle controversie locatizie è legittima la pronuncia di improcedibilità per omesso esperimento della mediazione, in www.condominioelocazione.it;

Izzo, Opposizione alla convalida di sfratto, prosecuzione del giudizio, modifica della domanda, ammissibilità: intervento nomofilattico della Cassazione, in Giust. civ., 2009, I, 389;

Izzo, Convalida di sfratto e mutamento di rito: domanda riconvenzionale e domande nuove, in Giust. civ., 2006, I, 332;

Masoni, Un contrasto giurisprudenziale (solo apparente) sull'ammissibilità di domande nuove da parte dell'intimante, in seguito ad opposizione alla convalida di sfratto, in Giust. civ., 2007, I, 2158.

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