Brevi riflessioni sul procedimento ex art. 2409 c.c.

21 Novembre 2018

L'art. 2409 c.c. consente ai soci di minoranza di denunziare al tribunale gravi irregolarità compiute dall'organo gestorio che abbiano arrecato danno alla società o a una o più controllate. L'Autore, dopo essersi soffermato sull'ambito di applicazione della disposizione, analizza gli interessi protetti dalla norma ed il ruolo dell'amministratore giudiziario che, ai sensi del quarto comma del citato art. 2409, può essere nominato nei casi più gravi a seguito della revoca degli amministratori e del collegio sindacale
Considerazioni preliminari

Come noto, l'art. 2409 c.c. consente, con apposito ricorso, di denunziare al Tribunale delle imprese, in presenza di “fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società o a una o più società controllate”, i fatti che abbiano dato luogo alle irregolarità medesime.

Presupposto di tale disposizione è quindi il compimento di gravi irregolarità tali da generare un danno per la società.

L'anzidetta disposizione, dettata in materia di società per azioni, deve ritenersi applicabile, in virtù del rinvio posto dagli artt. 2454 e 2545-quinquiesdecies c.c., sia alle società in accomandita per azioni, che alle società cooperative. Si discute, al contrario, sull'applicabilità della medesima alle società a responsabilità limitata: sull'argomento, v. I. Pagni, Il controllo giudiziario delle società per azioni in una prospettiva di diritto processuale, in Le Società, 2015, 1223 e ss.; I. Capelli, La denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c. da parte del sindaco di S.r.l.: dalle premesse del “legislatore storico” al ruolo dell'autonomia statutaria, in Le Società, 2015, 1413, e la dottrina e giurisprudenza ivi richiamata.

Al riguardo, la dottrina e la giurisprudenza prevalente escludono l'applicabilità dell'art. 2409 c.c. alle s.r.l. (per tutti, in giurisprudenza, Corte Cost. n. 29 dicembre 2005, n. 481; Cass. 13 gennaio 2010, n. 403, in Le Società, 2010, 665, con nota di M.C. Cardarelli, Obbligo di nomina del collegio sindacale nella s.r.l. ed applicabilità dell'art. 2409 cod. civ.; Trib. Venezia 13 marzo 2013, ivi, 2013, 1345; Trib. Piacenza 27 giugno 2012; Trib. Firenze 25 ottobre 2012, in Le Società, 2012, 5. Contra, Trib. Napoli 14 maggio 2008, in Le Società, 2009, 1019; Trib. Milano 8 luglio 2005, in Foro it., 2006, 1240. In dottrina, N. Abriani, Commento sub art. 2477 c.c., in Codice commentato delle s.r.l., a cura di P. Benazzo, S. Patriarca, Torino 2006, 389; G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, Commento sub art. 2462 – 2474 c.c., in Il codice civile, Commentario, fondato da P. Schlesinger, Milano, 2010, 1169); altri, invece, la ritengono applicabile a tale tipo societario se dotato di collegio sindacale obbligatorio, in virtù del rinvio che l'art. 2477, comma 3, c.c., opera alle disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni, tra le quali appunto figura l'anzidetto procedimento (Trib. Milano, 12 aprile 2018, in questo portale e in Le società, 2018, 1007; Trib. Bologna, 4 febbraio 2015, ivi, 2015, 636).

A supporto dell'opinione che esclude l'applicabilità del citato art. 2409 alle s.r.l., giova considerare che l'art. 2476 c.c., con il chiaro intento legislativo di privatizzare il controllo societario in favore dei singoli soci, riconosce al socio di minoranza (non amministratore) di s.r.l. il diritto di informazione e di consultazione e la possibilità di proporre azione di responsabilità nei confronti dell'organo gestorio, indipendentemente dalla partecipazione al capitale sociale posseduta e di ottenere, in via cautelare, la revoca degli amministratori stessi.

In tale ottica, il procedimento previsto dall'art. 2409 c.c. è stato ritenuto superfluo e contraddittorio per le s.r.l. (così, L.F. Paolucci, Ancora dell'applicabilità dell'art. 2409 c.c. alle società a responsabilità limitata, commento a Trib. Milano 12 aprile 2018, cit., 1011), per le quali è espressamente previsto il diritto d'ispezione del socio di minoranza (anche attraverso professionisti di sua fiducia ex art. 2476, comma 2, c.c.) e la eventuale successiva azione di responsabilità contro gli amministratori, oltre la richiesta, in presenza di gravi irregolarità gestorie, di un provvedimento cautelare di revoca degli stessi (art. 2476, comma 3, c.c.).

Il procedimento di cui all'art. 2409 c.c. si svolge secondo il rito camerale ed è espressione di volontaria giurisdizione, con conseguente applicabilità anche degli artt. 737 e ss. c.p.c. Da ciò discende che tra i partecipanti al procedimento non si instaura un contradditorio funzionale alla definizione con efficacia di giudicato di situazioni giuridiche soggettive contrapposte, sicché i medesimi non assumono la qualità di parti in senso sostanziale, bensì in senso meramente processuale .

Il decreto con cui è disposta la revoca degli amministratori e la contestuale nomina di un amministratore giudiziario – che, secondo la giurisprudenza di merito, ha efficacia immediatamente esecutiva (Trib. Torino 4 ottobre 2017, n. 4615, in Le Società, 2018, 626) - è reclamabile alla Corte d'Appello nel termine di venti giorni dalla notifica. Sul punto, giova evidenziare che il reclamo può essere proposto, in presenza di un concreto interesse, dai soggetti che hanno partecipato o avrebbero potuto partecipare al procedimento nel quale il decreto è stato pronunciato, o che avrebbero potuto proporre il ricorso introduttivo del procedimento (in questo senso V. Salafia, Commento sub art. 2409, in Collegio sindacale, Controllo contabile, artt. 2397-2409 septies c.c., a cura di F. Ghezzi, Commentario alla riforma delle società, diretto da P.G. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Milano, 2005, 331).

In ogni caso, la sostituzione degli amministratori ai quali si imputano le irregolarità rilevanti ai sensi del predetto articolo e la messa in liquidazione della società, di per sé, non impediscono l'inizio e la prosecuzione del procedimento, salva l'ipotesi nella quale nel frattempo le anomalie siano cessate ed i loro effetti siano stati rimossi. La ratio del procedimento in esame, infatti, è quella di rimuovere le anomalie derivanti dalla irregolare gestione della compagine societaria, cioè delle violazioni da parte degli amministratori del loro dovere di agire in maniera informata e con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e delle loro specifiche competenze, che hanno generato un pregiudizio per la società stessa ed il suo patrimonio.

I soggetti legittimati alla denuncia

La legittimazione alla denunzia spetta, in primo luogo, ai soci di minoranza, intendendosi con tale accezione coloro che rappresentino almeno il decimo del capitale sociale, anche congiuntamente tra loro (così: G. Giannelli, Commento sub art. 2409 c.c., in Le società per azioni. Codice civile e norme complementari, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, Milano, 2016, 1751), o, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il ventesimo del capitale.

A tal fine, secondo il prevalente orientamento dottrinale la legittimazione non viene meno se durante il procedimento la partecipazione detenuta dalla parte ricorrente si riduce sotto la soglia legale (S. Ambrosini, Il controllo giudiziario, in N. Abriani, S. Ambrosini, O. Cagnasso, P. Montalenti, Le società per azioni, vol. IV, Padova, 2010, 820. Sul tema, cfr. anche L. D'Orazio, Nuova disciplina del procedimento ex art. 2409 c.c.: prime applicazioni, nota a Trib. Tivoli, 24 maggio 2004, in Giur. Merito, 2005, 1574, secondo cui i soci non ricorrenti, ancorché titolari di partecipazioni non qualificate, potrebbero comunque intervenire nel procedimento già instaurato, benché di natura camerale).

Legittimati alla denuncia sono altresì il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza (nel caso di adozione del sistema di governante dualistico) o il comitato per il controllo sulla gestione (nel caso di adozione del sistema monistico), la cui prerogativa può essere esercitata, non da ogni singolo componente, ma collegialmente e, limitatamente alle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il Pubblico Ministero.

A ben vedere, la legittimazione di quest'ultimo relativamente alla società c.d. “aperte” trova la sua giustificazione sia nel fatto che tali società sono, usualmente, caratterizzate dalla frammentazione del capitale sociale, che rende infrequente la titolarità in capo ai soci di partecipazioni tali a legittimarli alla denunzia; sia perché, sovente, nel caso di specie l'obiettivo del singolo azionista non è tanto quello di contribuire alla gestione comune dell'attività d'impresa in forma sociale, ma esclusivamente di investimento, così da rendere opportuna la tutela di un interesse di natura pubblicistica, ossia quello al risparmio.

Il potere di denuncia ai sensi dell'art. 2409 spetta, altresì:

  • alla Consob, in presenza di fondato sospetto di gravi irregolarità nell'adempimento dei doveri di vigilanza del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione (art. 152, comma 2, D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, testo unico dei mercati finanziari);
  • alle federazioni sportive nazionali, ai sensi dell'art. 13 L. 23 marzo 1981, 91;
  • al commissario straordinario dell'impresa in crisi, sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria, contro gli amministratori e i sindaci della società che controlla direttamente o indirettamente la società in amministrazione straordinaria, di quelle direttamente o indirettamente controllate da quest'ultima e di quelle che in base alla composizione dei rispettivi organi amministrativi risultano sottoposte alla stessa direzione della società in amministrazione straordinaria (art. 3, comma 5, D.L. 30 gennaio 1979, n. 26, convertito in L. 3 aprile 1979, n. 95, c.d. legge Prodi);
  • al commissario preposto alla liquidazione coatta amministrativa di società fiduciarie e di revisione e di enti di gestione fiduciaria, contro gli amministratori e i sindaci della società controllante, di quelle controllate o sottoposte alla stessa direzione della società in liquidazione coatta amministrativa, e delle società finanziate in via continuativa o in misura prevalente da quest'ultima (art. 2, punto 6, D.L. 5 giugno 1986, n. 233, convertito in L. 1 agosto 1986, n.430).

Ai sensi dell'art. 2352, comma 6, c.c., infine, la legittimazione spetta, nel caso di pegno e usufrutto, sia al socio, che al creditore pignoratizio ed all'usufruttuario; nel caso di sequestro, al custode, salvo che il titolo costitutivo del pegno o dell'usufrutto o il provvedimento del giudice che ha disposto il sequestro, disponga diversamente.

Si discute sulla legittimazione alla denunzia del creditore sequestratario. Al riguardo, la giurisprudenza la ritiene ammissibile sul presupposto che il ricorso ai sensi dell'art. 2409 c.c. ha, nel caso di specie, natura sostanzialmente economica essendo volto alla protezione del patrimonio sociale e, pertanto, anche di quello dei creditori della società, potendo, conseguentemente, ammettersene la proponibilità in via surrogatoria da parte del creditore anzidetto (App. Milano, 26 ottobre 1979, in Giur. comm., 1980, II, 745. Sul tema, cfr. V. Salafia, Commento sub art. 2409, cit., 312).

Natura degli interessi protetti

Si discute altresì sulla natura degli interessi protetti dall'art. 2409 c.c. Per alcuni, con il procedimento in esame sarebbe tutelato non solo l'interesse della società di cui si sospetta l'irregolare gestione, ma anche quello dei soci e quello generale o pubblico. In particolare, la ricomprensione di interessi superindividuali nella sfera della disposizione sarebbe desumibile dalla persistenza di una circoscritta legittimazione ad agire del P.M. (A. Ferrucci, C. Ferrentino, Società di capitali, società cooperative e mutue assicuratrici, Milano 2012, 817).

Per altri, invece, una simile opinione contrasterebbe con la impostazione prettamente privatistica dell'art. 2409 post riforma del diritto societario, alla luce del quale sono suscettibili di denuncia non tutte le gravi irregolarità gestorie, ma soltanto quelle potenzialmente foriere di danno alla società o ad una o più società da essa controllate. A supporto di tale opinione viene inoltre evidenziato che il procedimento deve essere sospeso se l'assemblea sostituisce gli amministratori con soggetti che siano di adeguata professionalità (F. Galgano, Le nuove società di capitali e cooperative, in F. Galgano, R. Genghini, Il nuovo diritto societario, I, Padova, 2004, 316; A. Ferrucci, C. Ferrentino, Società di capitali, società cooperative e mutue assicuratrici, cit.).

Ove si volesse inquadrare il controllo giudiziario in una dimensione prettamente privatistica, deve tenersi in considerazione che, qualora l'art. 2409 c.c., oltre agli interessi privati della società, tutelasse anche un interesse altrettanto privato dei soci, esso sarebbe comunque inscindibile da quello della società medesima alla conservazione ed all'incremento del suo patrimonio sociale, la cui lesione potrebbe cagionare un danno riflesso al patrimonio dei soci, i quali, pertanto, sarebbero portatori di un interesse personale indiretto, e non potrebbero agire in funzione di un interesse puramente extrasociale, soprattutto se quest'ultimo fosse addirittura in conflitto con gli interessi della società. L'interesse egoistico da cui fosse mosso il socio ricorrente dovrebbe sempre legarsi alla tutela della sua personale posizione in società, e l'esercizio della facoltà d'azione non dovrebbe concretare un abuso del processo.

Qualora si considera che deve sussistere almeno il rischio di un danno per la società che si sospetta essere irregolarmente gestita o per le sue controllate, e quindi – indirettamente – per la stessa controllante, l'interesse tutelato sembrerebbe ravvisabile non tanto (se non incidentalmente od occasionalmente) in quello generale o pubblico alla corretta gestione sociale, e forse neppure in quello privato dei singoli soci, bensì nell'interesse privato della stessa società (che nondimeno è talvolta correlato di riflesso ad interessi altrui), con conseguente irrilevanza di irregolarità puramente formali e non pregiudizievoli per quest'ultima (per un approfondimento, v. G. Barbieri, G. Anzani, Denunzia ex art. 2409 c.c. per gravi irregolarità nella gestione di una società: riflessioni minime a proposito di alcune questioni dibattute, in ilcaso.it).

Ruolo dell'amministratore giudiziario

Il secondo comma dell'art. 2409 c.c. stabilisce che il Tribunale adito deve disporre l'audizione in camera di consiglio degli amministratori e dei componenti del collegio sindacale della società per la quale viene denunciato il sospetto di gravi irregolarità, ossia della controllante.

La ratio di tale disposizione è quella di assicurare agli organi sociali (in carica nel momento in cui la stessa è disposta: App. Bologna 20 dicembre 1991, in Le Società, 1992, 653) la possibilità di spiegare e, se del caso, difendere nel procedimento le proprie ragioni, sia di persona, sia eventualmente tramite la costituzione a mezzo di un difensore tecnico.

In presenza di un conflitto di interessi pur solo potenziale tra la società e gli amministratori sospettati di irregolarità, alla società dovrà essere nominato un curatore speciale in base al disposto dell'art. 78, comma 2, c.p.c., nelle forme disciplinate dagli artt. 79 e 80 c.p.c. (sul tema App. Bologna 28 luglio 2017, in ilcaso.it).

Espletata la predetta audizione o, al contrario, preso atto della mancata presenza di tali soggetti, il tribunale deciderà se disporre l'ispezione a spese dei soci ricorrenti o della società, nel caso in cui il ricorso sia presentato dal pubblico ministero, dal collegio sindacale o dal consiglio di sorveglianza o dal comitato di controllo sulla gestione.

Sul punto, giova considerare che l'ispezione è una fase meramente eventuale, ben potendo il tribunale:

  • sospendere per un tempo determinato il procedimento, ove l'assemblea sostituisca gli amministratori ed i sindaci con i soggetti di adeguata professionalità che si attivino, nel più breve tempo possibile, per accertare se le violazioni sussistono e, in caso affermativo, per eliminarle, riferendo al tribunale sugli accertamenti e le attività compiute (art. 2409, comma 3, c.c.);
  • in alternativa, accertata la sussistenza delle violazioni denunciate, revocare gli amministratori, ed eventualmente il collegio sindacale, e nominare un amministratore giudiziario, determinandone poteri e tempo di durata (art. 2409, comma 4, c.c.).

Con riferimento a quest'ultima disposizione, appare utile evidenziare che le irregolarità rilevanti sono soltanto quelle degli amministratori e che i componenti del collegio sindacale non subiscono il provvedimento di revoca nell'ipotesi in cui non si possa imputare loro alcun addebito.

Ai sensi dell'art. 92 disp. att. c.c., salvo che il tribunale disponga diversamente, l'amministratore giudiziario non può compiere gli atti di straordinaria amministrazione senza la preventiva autorizzazione del tribunale; tribunale che può conferire al medesimo anche i poteri dell'organo assembleare per determinati atti. In questo caso, l'efficacia della relativa deliberazioni è subordinata all'approvazione del tribunale che non dovrà limitarsi al controllo della sua legittimità, dovendo altresì fare una valutazione nel merito.

Sul tema, i giudici di merito hanno sostenuto che costituiscono atti di straordinaria amministrazione soltanto quegli atti che ne modificano la struttura economico-organizzativa (non rilevando invece la natura conservativa o dispositiva dello stesso). In tale ottica, la conclusione di un accordo transattivo avente per oggetto beni di non rilevante valore, la cui proprietà non appare significativa rispetto alla struttura economico-organizzativa dell'impresa nel suo insieme, è stato considerato un atto di ordinaria amministrazione che, se compiuto dall'amministratore giudiziario nominato ex art. 2409 c.c., non richiede una specifica autorizzazione da parte del Tribunale (Trib. Milano 23 gennaio 2017, in giurisprudenzadelle imprese.it).

L'amministratore giudiziario gestisce la società nel rispetto dei compiti allo stesso attribuiti nel decreto di nomina del tribunale. Così, a titolo esemplificativo, se la irregolarità fosse consistita nella redazione del bilancio di esercizio in maniera non conforme ai criteri di cui agli artt. 2423 c.c. e ss., l'amministratore giudiziario dovrà predisporre un nuovo bilancio e sottoporlo all'approvazione dell'organo assembleare.

L'amministratore giudiziario potrà altresì proporre l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e del collegio sindacale, indipendentemente dai compiti conferitigli dal tribunale, dal momento che il relativo potere è attribuito allo stesso direttamente dalla legge (art. 2409, comma 5, c.c.).

Prima della scadenza dell'incarico l'amministratore giudiziario deve rendere il conto della gestione compiuta al tribunale (art. 2409, comma 6, c.c.).

In linea generale, l'incarico affidato all'amministratore giudiziario è prorogabile. Tuttavia, la richiesta di proroga del proprio incarico da parte dell'amministratore giudiziario a cui non abbiano aderito né il socio originario ricorrente, né il collegio sindacale in carica, non può essere accolta, dal momento che il provvedimento di proroga richiesto si risolverebbe nell'adozione di un'ulteriore misura prevista dal medesimo art. 2409, che non risulterebbe richiesta da alcuno dei soggetti legittimati, ma dal solo amministratore giudiziario, soggetto di per sé incaricato della rimozione di irregolarità gestorie e come tale senz'altro abilitato a rappresentare al Tribunale l'opportunità di prosecuzione dell'incarico, ma che, in difetto di adesione del socio ricorrente ovvero del collegio sindacale, non pare legittimato in via autonoma a domandare al Tribunale la pronuncia di ulteriori provvedimenti di cui all'art. 2409 c.c. in vista della scadenza del proprio incarico (Trib. Torino 5 giugno 2017, in giurisprudenzadelleimprese.it ).

Ultimato l'incarico, l'amministratore giudiziario dovrà convocare l'assemblea dei soci per la nomina del nuovo organo amministrativo (e, se revocato, del collegio sindacale). L'organo assembleare potrà essere convocato anche al fine di deliberare sullo scioglimento e conseguente messa in liquidazione della società o sulla richiesta di ammissione ad una procedura concorsuale.

L'amministratore giudiziario ha diritto ad un compenso determinato dal tribunale sulla base delle regole inerenti agli onorari professionali o, comunque, secondo criteri equitativi e tenendo conto della effettiva prestazione svolta (Trib. Milano 4 aprile 1996, in Le Società, 1996, n. 6).

In conclusione

L'art. 2409 c.c. delinea quindi un procedimento volto a realizzare un controllo giudiziario sulla gestione delle società di capitali, con la sola eccezione delle società a responsabilità limitata (salvo per quelle dotate di collegio sindacale obbligatorio), per le quali l'art. 2476 c.c. consente ai soci di minoranza (non amministratori) la possibilità di esercitare l'azione di responsabilità contro gli amministratori, ovvero la possibilità di proporre istanza diretta alla revoca degli amministratori convenuti.

Presupposto del procedimento previsto dal predetto art. 2409 c.c. - che trova la sua ratio nella tutela dell'interesse sociale - è il fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione societaria tali da arrecare un danno alla società stessa o ad una o più società da essa controllate.

Tra i vari rimedi a disposizione del tribunale, quello che indubbiamente ha un impatto “più forte” sulla compagine societaria è la revoca dell'organo gestorio e la conseguente sua sostituzione con un amministratore giudiziario, che costituiscono i punti di forza del controllo giudiziario nelle anzidette società: così, I. Pagni, Il controllo giudiziario delle società per azioni in una prospettiva di diritto processuale, cit., 1218. In tale ottica, autorevole dottrina, pur evidenziando i caratteri di provvisorietà del procedimento di cui sopra, ha parlato di ingerenza assai forte del giudice nell'andamento della vita societaria(R. Rordorf, Brevi note in tema di controllo giudiziario della gestione delle società previsto dall'art. 2409 c.c., in Le Società, 2015, 1212).

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