Indennità per i testimoni

Fiammetta Lo Bianco
27 Novembre 2018

La testimonianza costituisce un dovere cui il soggetto non può sottrarsi. Il testimone, infatti, una volta citato ha l'obbligo di presentarsi innanzi all'autorità giudiziaria, di attenersi alle prescrizioni date dal giudice in relazione alle esigenze processuali e di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte. In presenza delle condizioni previste agli artt. 45-48 del Testo Unico spese di giustizia, i testimoni hanno diritto ad ottenere un'indennità.
Inquadramento

La testimonianza costituisce un dovere cui il soggetto non può sottrarsi.

Il testimone, infatti, una volta citato – sia nel giudizio civile sia in quello penale – ha l'obbligo di presentarsi innanzi all'autorità giudiziaria, di attenersi alle prescrizioni date dal giudice in relazione alle esigenze processuali e di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte.

In presenza delle condizioni previste agli artt. 45-48 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, da ora in poi, per brevità TUSG), i testimoni hanno diritto ad ottenere un'indennità, ovvero una somma denaro, quantificata secondo le indicazioni contenute nel TUSG, che valga a coprire, seppure in parte, i costi e le perdite di guadagno che il teste sopporta nel tempo impiegato a rendere la testimonianza.

Natura

In generale, la disciplina della indennità ai testimoni è contenuta nel Testo unico spese di giustizia perché costituisce una “spesa di giustizia”.

In particolare, nella ripartizione che si suole fare dei costi della giustizia, l'indennità ai testimoni viene collocata tra i cd. costi per la realizzazione della giurisdizione al pari delle spese e onorari agli ausiliari del magistrato, indennità ai custodi, spese per la pubblicazione di provvedimenti e spese per la demolizione di opere abusive e riduzione in pristino dei luoghi.

Nel processo civile, tuttavia, a differenza di quanto avviene nel processo penale, le spese e dunque anche i costi per la realizzazione della giurisdizione, in ragione del principio della domanda, vengono sopportate dalla parte per gli atti che chiede e vengono dalla stessa anticipate per gli atti necessari al processo.

Soltanto con la pronuncia definitoria del giudizio le spese sostenute saranno definitivamente regolamentate dal giudice secondo il principio della soccombenza.

I presupposti

Ai sensi degli artt. 4548 TUSG, i testimoni hanno diritto ad ottenere un'indennità diversamente quantificata a seconda della distanza tra la loro residenza e l'ufficio giudiziario presso il quale devono rendere la testimonianza.

A tal proposito è utile distinguere tra testimoni residenti nel Comune in cui si trova l'Ufficio giudiziario (art. 45) e testimoni non residenti (art. 46), precisando sin d'ora che solo ai testimoni non residenti spetta, nei limiti di legge, anche il rimborso delle spese di viaggio.

In particolare, ai testimoni residenti nel Comune in cui si trova l'Ufficio giudiziario presso cui sono stati citati e a quelli residenti in un Comune che dista non oltre due chilometri e mezzo da quello presso il quale ha sede l'ufficio giudiziario, spetta l'indennità di euro 0,36 al giorno; mentre ai testimoni non residenti spetta il rimborso delle spese di viaggio, per andata e ritorno, pari al prezzo del biglietto di seconda classe sui servizi di linea o al prezzo del biglietto aereo della classe economica, se autorizzato dall'autorità giudiziaria.

Spetta loro, inoltre, l'indennità di euro 0,72 per ogni giornata impiegata per il viaggio, e l'indennità di euro 1,29 per ogni giornata di soggiorno nel luogo dell'esame (una circolare ministeriale del 1965 riferisce l'indennità a ciascun giorno solare impiegato per il viaggio e per il soggiorno).

Quest'ultima è dovuta solo se i testimoni sono obbligati a rimanere fuori dalla propria residenza almeno un giorno intero, oltre a quello di partenza e di ritorno.

Nessuna indennità spetta ai testimoni minori di anni quattordici, mentre spetta ai loro accompagnatori (art. 47).

Il legislatore ha anche preso in considerazione l'ipotesi in cui chiamato a testimoniare sia un soggetto gravemente invalido, ai sensi dell'art. 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. In tal caso, come per i minori di anni 14, l'indennità spetta all'accompagnatore sempre che esso stesso non sia testimone (art. 47). L'indennità, in tali ipotesi, è commisurata ai sensi degli artt. 45 e 46 TUSG, e dunque secondo i criteri distintivi tra testimoni residenti e non residenti.

Infine, l'art. 48 disciplina l'indennità ai dipendenti pubblici, chiamati come testimoni per fatti inerenti al servizio: a costoro spetta il rimborso spese e le indennità di cui agli articoli 45 e 46, salva l'integrazione, sino a concorrenza dell'ordinario trattamento di missione, corrisposta dall'amministrazione di appartenenza.

Disciplina invece l'indennità dovuta ai testimoni provenienti dall'estero, l'art. 9 della Convenzione internazionale di Strasburgo dal 20/4/1959 ratificata con l. 215/61 e Nota del Ministero Giustizia AACC dell'1/8/1986, secondo cui agli stessi spettano le medesime indennità e tutte le altre spese richieste di viaggio e di soggiorno dal luogo di residenza.

Le indennità e i rimborsi per le spese di viaggio spettanti ai testimoni e ai loro accompagnatori, sono corrisposte a domanda.

Gli interessati devono presentare la domanda all'autorità presso cui sono stati chiamati a testimoniare. La domanda deve essere presentata, a pena di decadenza, non oltre cento giorni dalla data della testimonianza.

In evidenza

Quanto al rimborso delle spese di viaggio per andata e ritorno di cui all'art. 46, nella misura del prezzo di mezzi di linea di II classe, esso è corrisposto solo previa esibizione del biglietto o di copia conforme dello stesso. Sul punto con le Circolari del Min. Giustizia del 16/2/10 e 20/7/11 si è prevista, in via del tutto eccezionale, la possibilità di ottenere il pagamento allorquando il teste dichiari di aver usato mezzi diversi da quelli di linea con dichiarazione sostitutiva atto notorietà ex art. 47 d.P.R. n. 445/00.

Anche il caso di uso del mezzo proprio previamente autorizzato, è da ritenersi eccezionale, ove consente il pagamento a prescindere dall'esibizione del biglietto.

Soggetti gravati dal costo

Competente a liquidare l'indennità ai testimoni è il Funzionario addetto all'Ufficio (anche del luogo di residenza del testimone) ex art. 165 TUSG e ai sensi dell'art. 199 TUSG per i testi citati a richiesta di parte nel processo penale.

Abbiamo già anticipato che, con riguardo al processo civile, le spese, tra cui i costi della giurisdizione, a differenza di quanto avviene nel processo penale, sono anticipate dalla parte che abbia richiesto l'atto da compiersi.

Solo nel caso in cui la citazione sia stata richiesta da una parte processuale ammessa al Patrocinio a spese dello Stato, la spesa sarà anticipata dall'Erario e, dunque, solo in tale ipotesi sarà il Funzionario a liquidare l'indennità e il rimborso spese.

In questo caso, analogamente a quanto avviene per il processo penale, le somme verranno rimborsate dall'Ufficio Unico Spese di Giustizia del Tribunale, mediante anticipazione a carico dell'Erario con ordinativo di pagamento emesso dall'Ufficio Unico Spese di Giustizia.

Ove, invece, non ci sia ammissione al gratuito patrocinio della parte che abbia richiesto la citazione del testimone, il costo dell'indennità e del rimborso spese ai testimoni è a carico della stessa parte che ne abbia chiesto l'ammissione e abbia provveduto alla sua citazione.

Ne consegue che, nel processo civile, l'onere di quantificazione dell'indennità ai testimoni non grava sul funzionario dell'Ufficio Giudiziario.

Avalla l'assunto il rilievo del tutto pacifico e incontestato, oltre che contenuto nella Circolare del Ministero della Giustizia del 3 giugno 2008, secondo cui la mancanza di una disposizione analoga a quella prevista per il penale, che attribuisce nel processo civile al giudice o all'Ufficio Giudiziario l'onere della quantificazione della spesa in argomento, porta a ritenere che la regolazione della medesima deve avvenire, sempre secondo i parametri normativi di cui agli artt. 45-48 del d.P.R. n. 115/2002, ma nell'ambito dei rapporti tra privati, intendendo così ricondurre nel regime privatistico il rapporto tra la parte e il testimone da essa citato nel processo civile.

Discende da quanto esposto che in ambito civile le norme di cui al TUSG con particolare riferimento alla quantificazione dell'indennità dei testimoni, opereranno ove tra la parte che abbia chiesto l'ammissione del teste e il teste stesso non sia intercorso un diverso accordo sulla quantificazione.

In sostanza, premesso che l'indennità costituisce un diritto che la legge riconosce al teste, quest'ultimo, una volta resa la testimonianza, dovrà rivolgere la propria pretesa creditoria – come in qualunque altro rapporto regolato dal regime privatistico – alla parte processuale che lo abbia citato (previa ammissione del relativo mezzo istruttorio da parte del Giudice) e, in caso di mancanza di accordo circa la quantificazione dell'importo dovuto, potrà richiedergli le somme come quantificate secondo i criteri di cui agli artt. 45-48 TUSG. E così, ove la parte rifiuti il pagamento, il teste potrà adire l'autorità giudiziaria, ad esempio, mediante ricorso per decreto ingiuntivo ai sensi degli artt. 633 e ss. c.p.c.. La causa petendi della domanda va in tal caso individuata nelle norme di cui agli artt. 45-48 TUSG. e la prova scritta del credito nella notificazione della citazione a testimoniare, nel verbale di udienza ove ha reso la deposizione testimoniale, nonché nel certificato di residenza (storico, giacché riferito all'epoca della testimonianza) e nella ulteriore documentazione probatoria richiesta ai sensi degli artt. 45 e ss. TUSG (quali ad esempio, titoli di viaggio, documentazione attestante la minore età o la grave invalidità del teste, etc).

Rapporti con l'assunzione della prova fuori dal circondario del tribunale e con la testimonianza scritta

Ai sensi dell'art. 203, comma 1, c.p.c., se i mezzi di prova debbono assumersi fuori della circoscrizione del tribunale, il giudice istruttore delega a procedervi il giudice istruttore del luogo, salvo che le parti richiedano concordemente e il presidente del tribunale consenta che vi si trasferisca il giudice stesso.

É pacifico che in caso di prova testimoniale il giudice al quale delegare l'espletamento del mezzo istruttorio è colui nel cui circondario abbia la residenza o dimora il teste.

La predetta norma contempla, quale presupposto per la possibilità di delegare l'assunzione del mezzo istruttorio – nel caso qui affrontato la testimonianza – un presupposto coincidente a quello di cui all'art. 46 TUSG, per il caso in cui il Comune di residenza del teste sia posto al di fuori della Circoscrizione del Tribunale (rammentando comunque che anche il Comune diverso da quello in cui ha sede il Tribunale può essere compreso nella Circoscrizione).

Vi è da chiedersi, in tali casi in cui il teste da escutersi risieda al di fuori della Circoscrizione del Tribunale se il giudice, anche tenuto conto delle norme in materia di indennità e rimborso spese (art. 46 TUSG), possa e in che misura negare la delega dell'assunzione della prova e far gravare sulla parte che abbia richiesto la prova testimoniale il costo delle indennità.

É pacifico sul punto l'orientamento secondo il quale l'art. 203 c.p.c. riserva alla valutazione discrezionale del giudice (fondata su considerazioni relative al miglior reperimento della prova o a ragioni di economia e speditezza) la decisione in ordine all'assunzione diretta o per delega della prova, e perciò il giudice, anche in caso di espressa richiesta di parte, ha la facoltà e non l'obbligo di disporre l'assunzione per delega di alcuni mezzi di prova; inoltre, il provvedimento declaratorio della necessità di assunzione diretta della prova può ritenersi implicitamente contenuto in quello di fissazione dell'udienza dinanzi a sé per l'assunzione della prova (così, Cass. civ., sez. II, sent., n. 11394/2005).

Non è fuori luogo evidenziare come il tenore letterale della norma in esame, esprimendosi con la locuzione “delega”, non faccia esplicito riferimento ad un potere discrezionale del giudice. Per tale motivo, in passato, la facoltà del giudice di procedere direttamente all'escussione del teste non residente (negando la delega ex art. 203 c.p.c) è stata fondata sul rilievo secondo il quale l'art. 203 c.p.c. si riferisce ai “mezzi di prova”, cioè all'intero organico mezzo di prova, e non all'assunzione di un singolo teste altrove residente, per il quale, di contro, la facoltà del giudice di escuterlo direttamente risulterebbe confermata dal secondo comma dell'art. 255 c.p.c. (in questo senso, Cass. civ., sez. I, sent., n. 92/1969).

Oggi, alla luce del principio di ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost., non può dubitarsi della sussistenza del potere discrezionale del giudice di disporre o meno la delega, avuto riguardo alla preminente esigenza di concentrare i tempi del processo (necessariamente diluiti ove la prova venga assunta dal giudice delegato).

In tal senso, quindi, la norma di cui all'art. 203 c.p.c. deve interpretarsi alla luce del precetto costituzionale citato, con la conseguenza che l'interesse della parte processuale a limitare i costi (id est a non sostenere le indennità e le spese sopportate dal teste), così come quello del teste a non sopportare la trasferta per rendere la deposizione, devono ritenersi recessivi, in quanto meramente individuali e a contenuto patrimoniale, a fronte dell'interesse pubblico alla ragionevole durata del processo.

Altro criterio che deve ispirare la determinazione di disporre o meno l'assunzione della prova a mezzo delega è la necessità o meno che il teste venga escusso direttamente dal giudice della causa.

Non è superfluo, a tal proposito, rammentare che la prova testimoniale è connotata da connaturati limiti intrinseci: la narrazione (del teste) è fisiologicamente (come ogni altra forma di comunicazione) preceduta dalla elaborazione mentale dei fatti ai quali il soggetto ha assistito. Sicché, ciò che il testimone offre al giudice è una “sua” ricostruzione/rielaborazione degli accadimenti di cui è a conoscenza.

L'escussione diretta del teste da parte del giudice della causa, offre, da questo punto di vista, maggiori possibilità di pervenire ad una quanto più genuina e completa ricostruzione dei fatti. Ed infatti, è il giudice della causa che conosce gli atti del processo sin dalla sua fase iniziale (mentre il giudice delegato conosce le sole memorie istruttorie contenenti le domande su cui il teste è chiamato a rispondere) e tale conoscenza gli consente senz'altro un più approfondito ed efficace intervento in sede di escussione, mediante, ad esempio, richieste di chiarimenti e specificazioni, ai sensi dell'art. 253 c.p.c. a mente del quale il giudice può rivolgere al teste, d'ufficio o su istanza di parte, tutte le domande che ritiene utili a chiarire i fatti medesimi.

Altro istituto la cui operatività limiti i costi del processo, è la testimonianza scritta di cui all'art. 257-bis c.p.c..

Attraverso tale modalità di assunzione della prova, la parte, infatti, evita il costo dell'indennità del teste.

Tuttavia, stante l'irrinunciabilità della previsione di adeguate cautele onde garantire la genuinità e completezza della testimonianza, l'ammissibilità della testimonianza scritta risulta limitata ai casi in cui vi sia l'accordo delle parti e il Giudice ritenga tale modalità di assunzione compatibile con la natura della causa e ogni altra circostanza.

Per la prova testimoniale scritta può dunque affermarsi che, pur a fronte dell'esigenza di predisporre strumenti e meccanismi processuali idonei a limitare la durata del processo ex art. 111 Cost. mediante l'assunzione della prova orale fuori dal processo, prevale comunque la necessità di garantire l'affidabilità e l'attendibilità della prova orale. Di qui la limitazione normativa alla testimonianza scritta per i soli casi in cui vi sia l'accordo delle parti e il giudice la ritenga compatibile “con la natura della causa e ogni altra circostanza”.

In conclusione, possiamo affermare che gli istituti da ultimo esaminati, se certamente sono idonei a contenere i costi della giurisdizione, pongono tuttavia al giudicante la necessità di verificarne, caso per caso, la compatibilità con il principio di ragionevole durata del processo e di esaustività della prova con riguardo alla prova delegata, e con la necessità di assicurare adeguate cautele alle prove assunte fuori dal processo con riferimento alla prova testimoniale scritta.

Ove, secondo il prudente apprezzamento del giudice attraverso il quale si veicolano i principio enunciati, tale compatibilità non sussista, la prova testimoniale del teste non residente o residente al di fuori della Circoscrizione del tribunaleverrà assunta innanzi al giudice del processo, con le conseguenti indennità e rimborsi posti a carico della parte processuale interessata.

Riferimenti

Commentario breve al codice di procedura civile, Padova, ed. 2018.

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