Alcune note in materia di partecipazioni sociali riscattande e con termine finale di durata

Giancarlo Maniglio
28 Novembre 2018

Il presente approfondimento si propone di illustrare, brevemente, alcuni orientamenti in materia di partecipazioni riscattande, anche alla luce della recente novità normativa in materia di PMI. L'esigenza (spesso) posta dalla prassi societaria e la necessità di inserire in statuti parti di accordi parasociali che regolamentano opzioni di call/put option comporta per gli operatori del diritto societario (avvocati d'affari, notai) la necessità di considerare strumenti volti a soddisfare i diversi accordi intercorsi tra le parti.
Introduzione

Il presente approfondimento si propone di illustrare, brevemente, alcuni orientamenti in materia di partecipazioni riscattande, anche alla luce della recente novità normativa in materia di PMI.

L'esigenza (spesso) posta dalla prassi societaria e la necessità di inserire in statuti parti di accordi parasociali che regolamentano opzioni di call/put option comporta per gli operatori del diritto societario (avvocati d'affari, notai) la necessità di considerare strumenti volti a soddisfare i diversi accordi intercorsi tra le parti.

Le partecipazioni redimibili e a termine: i recenti orientamenti societari

L'art. 2437-sexies c.c.,norma dettata in materia di società per azioni, afferma che: “le disposizioni degli articoli 2437 ter, 2437 quater si applicano, in quanto compatibili, alle azioni o categorie di azioni per le quali lo statuto prevede un potere di riscatto da parte della società o dei soci. Resta salva in tal caso l'applicazione della disciplina degli articoli 2357 e 2357 bis”.

Tali azioni vengono, pertanto, definite come azioni o categorie di azioni per le quali lo statuto prevede un potere di riscatto da parte della società o dei soci (l'introduzione di tali azioni in statuto può avvenire in sede di atto costitutivo, aumento di capitale sociale ovvero mediante conversione (obbligatoria, forzosa o volontaria) di azioni ordinarie già esistenti).

Analizzando l'art. 2437-sexies c.c. emerge che esso si imita ad affermare che:

  • per l'emissione di azioni riscattabili è necessaria una previsione statutaria;
  • il diritto di riscatto può spettare alla società o ai soci;
  • il prezzo di riscatto è determinato facendo riferimento alla normativa in tema di recesso;
  • in caso di riscatto da parte della società trova applicazione la disciplina in tema di acquisto di azioni proprie, senza il limite dell'incompatibilità.

Le azioni riscattabili rappresentano una vera e propria categoria di azioni alle quali risulterà, pertanto, applicabile l'art. 2376 c.c., in materia di assemblee speciali.

La caratteristica della riscattabilità può concretare anche la sola caratteristica idonea alla sussistenza di categoria azionaria: a tale conclusione si può pervenire accedendo alla tesi che interpreta in senso estensivo il concetto di "diritti diversi”, quale fondamento della nozione di categoria di azioni, ossia nel senso più generale di qualsiasi situazione giuridica soggettiva (anche di soggezione, così) spettante al possessore delle azioni, in dipendenza di una norma statutaria avente come destinatarie solo una parte e non tutte le azioni emesse dalla medesima società (in proposito si veda la massima n. 99 della Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano).

Tale articolo fa riferimento al diritto della società o del socio a riscattare le azioni; non prende, pertanto, in considerazione la possibilità che, per statuto, venga attribuita a una categoria di azioni il diritto a vedersi acquistate tutte o parte delle proprie azioni, entro un determinato termine, dalla società o dai soci.

Tale è il tema dell'ammissibilità, nel nostro ordinamento, delle azioni c.d. redimibili o riscattande.

Gli interessi sottesi, nel caso delle azioni redimibili, consistono nel poter creare, infatti, una via di uscita dall'investimento azionario al verificarsi di determinate condizioni o per semplice volere del titolare di tali azioni.

Ante riforma, parte della dottrina si era già espressa in senso favorevole alla loro ammissibilità, ritenendo legittima una previsione diretta a prevedere un obbligo all'acquisto da parte della società o dei soci, azionabile dal socio titolare di azioni: così, Calvosa L., La clausola di riscatto nella società per azioni, Milano, 1995, 242 ss. che ha ritenuto che l'ambito di applicazione della disciplina di protezione delle assemblee speciali fosse circoscritto alle sole azioni redimibili (e non alle azioni riscattabili), in virtù di una lettura restrittiva della nozione dei “diritti diversi” contenuta nell'art. 2348 c.c.; Galletti, Il recesso nelle società di capitali, Milano, 2000, 123 ss, il quale sembra ammettere tale ipotesi quando afferma che “quanto al riscatto statutario nelle materie dell'art. 2437, non sembrano esserci particolari problemi: in fondo l'acquisto delle azioni del socio recedente è sempre stata considerata una valida modalità alternativa al procedimento di riduzione del capitale. Tale clausola dell'atto costitutivo, quindi, può efficacemente sostituire la previsione del recesso che viene ad essere completamente “assorbita”; anzi, a ben vedere, non si tratta tanto di una disciplina alternativa al recesso: il riscatto a richiesta è proprio un recesso sia pure contraddistinto da un'autolimitazione originaria del potere di scelta della società circa il modo di liquidare il socio, con vantaggio per quest'ultimo, che può confidare nell'adozione di un certo comportamento, invece di dover attendere una decisione completamente discrezionale”.

Altra dottrina era dell'avviso che per come l'art. 2437-sexies c.c. è stato formulato, alle azioni riscattabili non fossero riconducibili fattispecie in cui l'allocazione delle posizioni giuridiche soggettive sia diversa da quella che emerge dal dato letterale.

Tuttavia la medesima contraria dottrina riteneva che l'esclusione dai confini della fattispecie non potesse portare ad escludere tout court l'ammissibilità di tale categoria azionaria all'interno dello statuto sociale in base al principio del perseguimento di interessi meritevoli di tutela da parte dell'ordinamento giuridico.

Post riforma risulta essere particolarmente persuasiva la tesi in forza della quale il legislatore ha definito un diritto di riscatto c.d. “tipico” ma nulla vieterebbe, comunque, alle parti del contratto sociale di determinare il contenuto di clausole di riscatto cc.dd. “atipiche”, diverse rispetto a quello stabilite dall'art. 2437-sexies c.c.

Di recente, l'evoluzione delle dinamiche societarie, ha portato anche le commissioni societarie insediate presso i relativi consigli notarili ad enunciare orientamenti favorevoli all'introduzione delle cc.dd. azioni redimibili, quale categorie speciali di azioni.

In particolare occorre considerare:

a) la Massima n. 5 della Commissione Società del Consiglio Notarile di Roma la quale espressamente afferma che è possibile emettere azioni speciali (cc.dd. puttable redeemable shares) aventi ad oggetto il diritto potestativo di ottenere da parte di altri soci l'acquisto delle azioni medesime ad un prezzo garantito, da esercitarsi entro un certo termine. La relativa posizione passiva incombe sui titolari di azioni ordinarie, e non sulla società, al fine di non eludere la normativa in tema di riduzione del capitale (art. 2445 c.c.) ovvero il divieto di distribuzione di utili fittizi (art. 2433 c.c.).

Non è necessario, in questo caso, afferma la massima, che il valore di acquisto da parte degli altri soci segua i criteri di valutazione stabiliti per il recesso ex art. 2437-ter del codice civile, potendo essere stabilito secondo canoni diversi, i quali anche se non determinati devono essere determinabili ex ante, ad esempio, in misura pari al prezzo originario delle azioni, maggiorato di un interesse e decurtato dei dividenti distribuiti, o anche ad un prezzo percentualmente inferiore, al fine di stabilire un floor per l'investitore; e

b) l'Orientamento n. 67/2018 della Commissione Società del Consiglio Notarile di Firenze (in questo portale, con commento di Favilli) ove si afferma che lo statuto di una società per azioni può legittimamente creare categorie di azioni che incorporano il diritto ad ottenere il loro acquisto ad opera di altri soggetti (c.d. azioni riscattande”).

Si ritiene, in questo caso, che, ai fini della validità di tali azioni, non troveranno applicazione i limiti previsti per la diversa categoria tipica delle azioni riscattabili; lo statuto potrà, pertanto, prevedere criteri di determinazione del prezzo di vendita più penalizzanti e termini di pagamento meno favorevoli rispetto a quelli indicati per la liquidazione della quota del socio receduto, ai sensi degli artt. 2437-ter e 2437-quater c.c. Qualora onerati dell'acquisto siano i titolari di altre categorie di azioni, la legittimità della clausola presupporrebbe che la determinazione del prezzo di vendita avesse luogo sulla base di parametri collegati – anche soltanto in parte (purché non irrisoria) – all'effettivo valore della società o, in alternativa, sia inferiore al prezzo di acquisto delle azioni; in caso di prezzo predeterminato a priori in una misura fissa, pari o superiore al prezzo di acquisto, la validità della previsione statutaria presupporrebbe che il diritto al riscatto fosse subordinato al verificarsi di condizioni non meramente potestative.

Ove, invece, onerata sia la società, la sussistenza dei limiti di legge all'acquisto delle azioni proprie, sarebbe condizione sufficiente ad assicurare la legittimità di qualsiasi previsione statutaria circa la determinazione del prezzo di vendita delle azioni riscattande.

Nel caso di specie occorrerà strutturare in modo preciso la clausola statutaria regolamentando i presupposti, i modi e tempi delle comunicazioni che il titolare del diritto potestativo di vendita dovrà effettuare, nonché il procedimento successivo, ovvero il perfezionamento del negozio traslativo.

Collegato al tema delle azioni redimibili si pone anche un'altra considerazione: la possibilità di introdurre nello statuto di una spa (ovvero anche di una s.r.l.) partecipazioni con un termine finale di durata.

A tal fine l'art. 17, comma 3, D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica) stabilisce che nella società a partecipazione mista pubblico-privata affidataria di appalti o concessioni “la durata della partecipazione privata alla società…non può essere superiore alla durata dell'appalto o della concessione”.

Da tale rilievo normativo parte della dottrina notarile societaria ha argomentato circa la possibilità di introdurre in uno statuto di società di capitali partecipazioni con un termine finale di durata.

Tali partecipazioni sarebbero da ricondurre a categorie speciali di azioni, ovvero, se in una società a responsabilità limitata, a diritti particolari ovvero, per effetto della recente normativa in materia di PMI, a categorie di quote (si veda, in proposito il recente orientamento n. 66/2018 della Commissione Società del Consiglio Notarile di Firenze, secondo cui “è legittimo emettere partecipazioni a tempo, soggetto a termine finale di durata, siano essere rappresentate o meno da azioni. Il valore di liquidazione delle partecipazioni è liberamente determinabile, poiché non sussistono nella fattispecie né le ragioni di tutela del socio ricorrenti qualora si verifichino cause legali di recesso, né quelle invocate in caso di espulsione dalla compagine sociale per volontà altrui (azioni riscattabili, esclusione, drag-along)”.

La clausola di riscatto nelle s.r.l. tra diritti particolari e categorie di quote: i nuovi orientamenti in materia di PMI

Con riferimento alla società a responsabilità limitata, invece, non essendo presente una norma simile a quella prevista in materia di società per azioni, il principale argomento normativo per iniziare a discutere del diritto di riscatto e dell'eventuale diritto a vedersi acquistata la propria quota è rappresentato dall'art. 2468, comma 3, c.c., il quale disciplina l'istituto dei diritti particolari del socio.

Tale comma afferma che: “resta salva la possibilità che l'atto costitutivo preveda l'attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili”.

La dottrina ritiene che i diritti enunciati nel comma sopra citato non hanno un carattere tassativo e limitativo: la prima parte della Massima n. 39 della Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano afferma, in proposito, che: “I particolari diritti" che l'atto costitutivo di s.r.l. può attribuire a singoli soci, ai sensi dell'art. 2468, comma 3 c.c., possono avere ad oggetto materie non strettamente "riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili", cui espressa-mente si riferisce la norma, bensì ulteriori "diritti diversi", dovendosi ritenere concessa all'autonomia negoziale, al pari di quanto dispone l'art. 2348 c.c. per la s.p.a., la facoltà di "liberamente determinare il contenuto" delle partecipazioni sociali, "nei limiti imposti dalla legge".

Si è, pertanto, riconosciuta la legittimità di introdurre in uno statuto di s.r.l. svariati diritti particolari quali ad esempio: il diritto alla postergazione delle perdite, il diritto particolare di prelazione, di opzione in caso di aumento di capitale sociale a pagamento, il diritto ad ottenere un bene in natura all'esito del procedimento di liquidazione etc.

Con riferimento al tema in oggetto della presente nota occorre comprendere, in primo luogo: (a) se tale diritto di riscatto possa essere riconosciuto a uno o più soci, quale diritto particolare ai sensi dell'art. 2468 c.c.

Successivamente si potrà considerare: (b) la possibilità di riconoscere, anche in una società a responsabilità limitata, un diritto particolare a vedersi acquistata dagli altri soci la propria quota, similmente a quanto si ritiene configurabile in caso di azioni redimibili o riscattande;

(c) la disciplina del potere di riscatto e del diritto a farsi acquistare le proprie quote alla luce della nuova normativa in materia di PMI.

Con riferimento al primo aspetto, è da segnalare una recente massima della commissione società del Consiglio Notarile di Milano (Massima n. 153) la quale ha affermato che sono legittime le clausole statutarie che attribuiscono ai soci di società a responsabilità limitata o ad alcuni di essi il diritto di riscattare in tutto o in parte le partecipazioni di altri soci, al ricorrere di determinati presupposti o durante determinati periodi di tempo, ferma restando l'applicabilità della regola della equa valorizzazione delle partecipazioni sociali prevista nei casi di recesso legale (art. 2473, comma 3, c.c.).

Con riferimento alle maggioranze richieste per l'introduzione nello statuto sociale di tale clausola di riscatto la massima distingue due ipotesi:

(i) qualora il potere di riscatto sia attribuito a tutti i soci e la riscattabilità sia prevista quale condizione in cui qualsiasi socio possa incorrere al verificarsi di particolari situazioni, l'introduzione dovrà essere deliberata con le maggioranze ordinarie previste per le modificazioni statutarie, fatto salvo il consenso individuale del socio o dei soci che al momento della modificazione statutaria dovessero trovarsi nella situazione prevista dalla clausola;

(ii) qualora invece il potere di riscatto sia attribuito solo ad alcuni i soci o la riscattabilità sia prevista quale soggezione che grava solo su alcuni soci, la clausola di riscatto potrà essere inserita nello statuto sociale solo con deliberazione unanime, trattandosi di introduzione di diritti particolari dei soci ai sensi dell'art. 2468 c.c.

In materia di s.r.l., pertanto, la clausola di riscatto, prevista solo a favore di determinati soci, potrà trovare suo ingresso nello statuto sociale mediante l'istituto dei diritti particolari; diritti particolari che, per soddisfare eventuali interessi parasociali, potranno essere soggetti anche a termine e/o condizione.

Si potrà, ad esempio, prevedere che il diritto di riscatto da parte del socio potrà essere esercitato nel momento in cui tale socio raggiunga una determinata quota di partecipazione al capitale sociale, ovvero che il diritto particolare di riscatto si risolva nel caso in cui la sua partecipazione si riduca al di sotto di una determinata soglia prevista per statuto.

A differenza di quanto previsto in materie di società per azioni il diritto di riscatto potrà essere previsto solo a favore di soci e non della società, in virtù del divieto previsto dall'art. 2474 c.c., ove si afferma che: “in nessun caso la società può acquistare o accettare in garanzia partecipazioni proprie, ovvero accordare prestiti o fornire garanzia per il lor acquisto o la loro sottoscrizione”.

L'istituto del riscatto nelle società a responsabilità limitata risulta, in parte, assimilabile, dal punto di vista degli effetti, a quello dell'esclusione previsto dall'art. 2473-bis c.c., con la differenza che in tale ultimo caso occorre la presenza di una giusta causa volta a disciplinare l'effetto sanzionatorio derivante dall'applicazione della norma (Maniglio, La clausola di esclusione del socio nella S.r.l., in Fallimenti&Società.it); l'esercizio del diritto di riscatto, invece, dà luogo, come sostiene la massima, “ad una vicenda di circolazione delle partecipazioni sociali che può rispondere a vari interessi, ma che non postula necessariamente esigenze sanzionatorie della società nei confronti del socio. Il riscatto, insomma, assume connotazioni funzionali vicine a quelle tipiche, ad esempio, delle clausole di prelazione o ancor di più delle clausole di covendita; di qui, la tendenziale irrilevanza del requisito della giusta causa”. Tuttavia, è da considerare un orientamento il quale, contrariamente a quanto afferma la citata massima, sostiene l'ammissibilità di tale clausola purché il diritto di riscatto sia subordinato a condizioni specifiche, in conformità a quanto previsto dall'art. 2473-bis c.c. In tal senso si vedano: M. Centonze, Riflessioni sulla disciplina del riscatto azionario da parte della società, in Banca, borsa, Tit. credito, 2005, I, 50 e ss. ed ivi 54, ove si osserva che "un significativo contributo alla precisazione della portata della regola che impone la predeterminazione statutaria dei presupposti del riscatto sembra provenire dalla disposizione contenuta nell'art. 2473-bis c.c. (...) Poiché sono senz'altro compatibili con tale norma clausole statutarie che preindividuino i comportamenti concreti idonei a sorreggere una decisione di esclusione/riscatto mediante un'elencazione analitica (o casistica) delle condotte vietate"; L. Salvatore, Diritti particolari del socio: i diritti patrimoniali, in Srl: pratica, casi e crisi, in I Quaderni della fondazione italiana del notariato, 2009, 38 e ss., secondo il quale "è possibile attribuire ad un socio un diritto particolare di riscatto delle partecipazioni dei soci" ma "tale diritto di riscatto non potrà sicuramente esser arbitrario, in quanto il riscatto si traduce in una sorta di esclusione degli altri soci ammessa solo dall'art. 2473-bis c.c. in presenza di una giusta causa”.

Risulta assimilabile “in parte” poiché il diritto riscatto può essere esercitato anche parzialmente, secondo modalità, che risultano ben lontane dal fine unico di estromettere il socio dalla compagine sociale.

Ritenuta ammissibile tale possibilità occorre considerare il secondo quesito; vale a dire se sia possibile prevedere per statuto un diritto particolare a ottenere l'acquisto di parte o di tutte le proprie quote da parte di tutti o di alcuni soci, similmente a quanto si ritiene possibile nelle società per azioni.

La fattispecie consisterebbe nel riconoscere a un socio il diritto particolare a vedersi acquistata la propria partecipazione da parte degli altri soci ovvero da parte di un socio in particolare.

Similmente a quanto previsto per le azioni redimibili, nei due sopra citati orientamenti, non vedrei ostacoli a configurare un diritto particolare di tal fatta, adottando le cautele in ordine di prezzo e alle modalità di acquisto enunciate negli orientamenti in materia di società per azioni.

Stante l'orientamento citato in materia di diritto particolare di riscatto, ben si potrebbe, in base al principio di non tassatività dei diritti particolari e sulla scorta del riconoscimento in materia di spa delle cc.dd. azioni riscattande, riconoscere a uno o più soci di una società a responsabilità limitata, il diritto particolare a vedersi acquistata la propria quota dagli altri soci. Il diritto all'acquisto, in questo caso, non potrebbe essere riconosciuto alla società stante il divieto previsto dall'art. 2474 c.c.

Da ultimo, la nuova disciplina in materia di PMI potrebbe far riflettere sulla possibilità di creare categorie di quote riscattabili e riscattande, similmente a quanto detto per le categorie di azioni.

L'art. 26, comma 2, del d.l. n. 179/2012 come modificato dal d.l.. n. 57/2012 afferma che “l'atto costitutivo della PMI costituita in forma di società a responsabilità limitata può creare categorie di quote fornite di diritti diversi e, nei limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle varie categorie anche in deroga a quanto previsto dall'articolo 2468, commi secondo e terzo, del codice civile”.

La riforma operata con il d.l. n. 50/2017 ha introdotto per le s.r.l. – P.M.I. la possibilità di creare categorie di quote e di offrirle al pubblico ma non ha derogato al divieto di suddividerle in azioni. In base al principio di unicità della partecipazione di una s.r.l. considerato che le singole categorie di quote non sono capaci di confondersi tra loro in un'unica posizione partecipativa e che all'interno delle categorie non ricorre alcuna esigenza di distinzione si ritiene che nelle s.r.l. – PMI è possibile suddividere le quote di partecipazione in categorie ma non suddividere queste in unità predeterminate.

Pertanto qualora un socio sia titolare di quote di diverse categorie, le stesse non costituiranno un'unica partecipazione, ma tante partecipazioni unitarie quante sono le diverse categorie possedute.

La relativa clausola statutaria suggerita dal comitato triveneto dei Notai potrebbe essere del seguente tenore letterale:

Il capitale sociale è di Euro 10.000,00 suddiviso in quote ai sensi di legge.

Le quote di partecipazione nella società sono suddivise nelle seguenti categorie:

- il 40% di esse in quote di partecipazione di categoria “A” aventi i seguenti diritti;

- il 60% di esse in quote di partecipazione di categoria “B” aventi i seguenti diritti.

Al socio Tizio è attribuita una quota di partecipazione nella società pari al 20% di categoria “A”; al socio Caio è attribuita una quota di partecipazione nella società pari al 40% di categoria “B” e una quota di partecipazione nella società pari al 40% di categoria “C”.

Risulta, pertanto, possibile costituire ab initio una s.r.l. dotata di categorie di quote ovvero deliberare un aumento di capitale sociale mediante l'emissione di quote di categoria.

La relativa delibera di aumento di capitale sociale potrebbe essere del seguente tenore:

Delibera:

1 - di aumentare il capitale sociale da Euro [●] ad Euro [●] con esclusione del diritto di sottoscrizione;

2 - di realizzare detto aumento di capitale sociale mediante emissione di n [●] nuove quote del valore di nominali Euro [●] cadauna, con un sovrapprezzo di Euro [●] per ogni quota, pari allo [●]% del capitale sociale, sottoscritta;

3 - di stabilire che le quote di categoria di nuova emissione abbiano le seguenti caratteristiche: [●].

Con riferimento alla possibilità di creare quote c.d. riscattabili ovvero riscattande si ritiene di dover dare una risposta positiva al quesito.

A mente dell'art. 26, comma 2, sopra citato gli unici limiti imposti dalla legge sono rappresentati dall'art. 2265 c.c., in materia di divieto del patto leonino, e dall'art. 2275 c.c., in forza del quale la redazione del progetto di bilancio, la redazione del progetto di fusione e di scissione e la decisione di aumento del capitale delegato: sono attribuzioni gestorie che sono in ogni caso di competenza dell'organo amministrativo.

Il recentissimo Orientamento I.N.2 della Commissione Società del Consiglio Notarile delle Tre Venezie sostiene che “in assenza di specifiche previsioni di legge si deve ritenere che i diritti diversi caratterizzanti le categorie di quote nelle S.r.l.–PMI possano essere liberamente determinati nell'atto costitutivo, rispettando unicamente i limiti previsti dall'art. 2265 c.c., in analogia con quanto previsto dall'art. 2348 c.c. per le categorie di azioni. E' comunque necessario che le quote appartenenti alla medesima categoria conferiscano i medesimi diritti. Inoltre, nelle S.r.l.–PMI in cui siano stati attribuiti particolari diritti a singoli soci ai sensi dell'art. 2468, comma 3, c.c., non appare possibile creare categorie di quote il cui ambito operativo contrasti, anche solo potenzialmente, con quello dei particolari diritti”.

Pertanto seguendo tale ultimo orientamento sarebbe ben possibile creare delle categorie di quote cc.dd. riscattabili, come già previsto in materia di spa all'art. 2437-sexies, c.c., comportanti il diritto della società e dei soci a riscattare, in tutto o in parte, le quote di un determinato socio, nonché, seguendo anche gli orientamenti citati in materia di società per azioni, categorie di quote “riscattande” che prevedono il diritto dei titolari di quella determinata categoria di quota a vedersi acquistate dai soci ovvero anche dalla società le partecipazioni di loro titolarità. L'art. 26, comma 6, della normativa citata consente alle PMI di derogare al divieto di acquisto di proprie partecipazioni ai sensi dell'art. 2474 c.c. qualora l'operazione sia compiuta in attuazione di piani di incentivazione che prevedano l'assegnazione di quote di partecipazione a dipendenti, collaboratori o componenti dell'organo amministrativo, prestatori di opera e servizi anche professionali.

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