Opposizione a decreto ingiuntivo e chiamata in causa
29 Novembre 2018
In sede di opposizione a decreto ingiuntivo promosso per pagamento di un credito derivante da contratto di appalto, esperita dall'opponente l'eccezione di inadempimento della ditta opposta nonché domanda riconvenzionale per risarcimento danno per eliminazione vizi e difetti, con chiamata in causa del progettista e direttore dei lavori a titolo di responsabile solidale con la ditta appaltatrice, vi è la necessità di proporre autonoma domanda nei confronti del terzo chiamato o vi è estensione automatica della domanda avanzata dall'opposta?
Per poter esaurientemente rispondere alla domanda è bene premettere un breve cenno sulla struttura processuale della chiamata in causa del soggetto terzo, sia in generale che, in particolare, a titolo di responsabile e garante, nell'ambito del procedimento monitorio. Nell'opposizione a decreto ingiuntivo, la chiamata in causa viene effettuata dall'opponente che, se formalmente introduce l'opposizione per mezzo di un atto di citazione, si trova sostanzialmente nella posizione processuale di convenuto; infatti, anche se il procedimento di merito che si instaura è nuovo rispetto alla fase monitoria sommaria, il carattere dell'intero processo è unitario: «Nel procedimento per ingiunzione la fase monitoria e quella di opposizione fanno parte di un unico processo, nel quale l'onere delle spese è regolato in base all'esito finale del giudizio di opposizione ed alla complessiva valutazione del suo svolgimento; infatti, il giudizio introdotto con la proposizione di un'opposizione a decreto ingiuntivo, concluso con il rigetto della medesima e con il conseguente accoglimento della domanda di condanna proposta con ricorso nella fase monitoria, costituisce una struttura procedimentale essenzialmente unitaria, con la conseguenza che l'organo giurisdizionale, chiamato a definire con sentenza il giudizio, deve pronunciarsi sul diritto al rimborso delle spese sopportate lungo tutto l'arco del procedimento con esclusiva considerazione dell'esito finale della lite, pur restando in sua facoltà di escludere dal rimborso stesso quelle sostenute dalla parte vittoriosa che abbia proposto la domanda di ingiunzione in mancanza delle necessarie condizioni di ammissibilità della medesima» (Cass. civ., sez. II, 6 maggio 2013, n. 10503). Pertanto, «in tema di procedimento per ingiunzione, per effetto dell'opposizione non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore e l'opponente quella di convenuto con riguardo sia alla ripartizione dell'onere della prova che ai poteri ed alle preclusioni processuali rispettivamente previsti per ciascuna delle parti. Ne consegue che qualora l'opponente intenda chiamare un terzo non può provvedere direttamente alla sua citazione, ma, ai sensi dell'art. 269 c.p.c., deve chiedere al giudice, con l'atto di opposizione, di essere autorizzato alla chiamata del terzo al quale ritenga comune la causa sulla base dell'esposizione dei fatti e delle considerazioni giuridiche contenute nel ricorso per decreto» (Cass. civ., sez. I, 19 ottobre 2015, n. 21101).
La chiamata in causa del terzo è prevista, in via generale, dall'art. 106 c.p.c. e regolata dall'art. 269 c.p.c., come richiamato anche dall'art. 167, ultimo comma, c.p.c.. Senza poter qui affrontare tutte le problematiche, sia sostanziali che procedurali, attinenti all'istituto della chiamata in causa, con riferimento alla domanda posta, si evidenzia come, proprio a mente dell'art. 269, comma 4, c.p.c., colui che richiede di essere autorizzato alla chiamata del terzo in causa deve depositare la citazione notificata nel termine di cui all'art. 165 c.p.c. (dieci giorni dall'avvenuta notificazione al terzo chiamato). Sempre a mente dell'art. 269, comma 2, c.p.c., la chiamata in causa del terzo deve essere autorizzata dal giudice a seguito di espressa domanda del convenuto sostanziale contenuta nel proprio atto di costituzione nel processo (nel nostro caso l'attore-opponente nell'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo). Orbene, sia la richiesta di poter chiamare un terzo in causa, sia la successiva chiamata effettuata con citazione del terzo, devono contenere tutti gli elementi dell'atto introduttivo del giudizio e, quindi, anche la domanda, in questo caso di garanzia, che si vuole indirizzare al terzo chiamato. In altre parole, è la stessa chiamata del terzo che impone di formulare la domanda, in questo caso di essere garantito, nei confronti del terzo. Pertanto la stessa autorizzazione del giudice alla chiamata del terzo presuppone l'espressione della domanda nei suoi confronti, domanda che sarà contenuta sia nella richiesta rivolta al giudice di autorizzare la chiamata, sia nella citazione che si indirizzerà e notificherà al soggetto terzo: «Quando il convenuto ha esercitato il potere di chiamare un terzo in causa senza l'osservanza del precetto di cui al secondo comma dell'art. 269 c.p.c., cioè tanto con la proposizione nella comparsa di risposta tempestivamente depositate della domanda verso il terzo, quanto della istanza di spostamento della prima udienza, la decadenza così verificatasi dev'essere eccepita dalla parte attrice e rilevata d'ufficio dal giudice in detta udienza. Qualora, invece, il giudice, in difetto di eccezione della parte attrice, conceda in tale udienza al convenuto un termine per la chiamata per un'altra udienza successiva, deve ritenersi che – ferma restando la possibilità della proposizione di un'eccezione dell'attore nella prima difesa successiva alla concessione di tale termine circa l'irritualità dell'esercizio di tale potere da parte del giudice e, quindi, circa la nuova nullità verificatasi, nonché ferma restando la possibilità di una revoca del provvedimento da parte del giudice ai sensi del primo comma dell'art. 177 c.p.c. – il terzo che venga chiamato in causa in forza del provvedimento del giudice non può eccepire la irritualità dell'esercizio di tale potere, atteso che egli è carente di interesse a farla valere, dovendo il suo interesse a far valere questioni relative al rapporto processuale originario correlarsi alla correttezza della decisione in merito o in rito su di esso e non alla stessa ritualità della chiamata» (Cass. civ., sez. VI, 7 maggio 2013, n. 10579). Questa domanda sarà formulata, quindi, dall'attore-opponente nei confronti del terzo e avrà ad oggetto il riconoscimento di una responsabilità nei confronti dell'opponente che, a sua volta, richiede, in via riconvenzionale, il risarcimento del danno per vantati vizi dell'opera. Quanto alla domanda posta dal ricorrente-opposto, questa costituirà, evidentemente, l'oggetto del contendere e si riferirà, quindi, anche al terzo chiamato per il solo fatto di essere, per così dire, entrato nel processo (a tal proposito si sottolinea che, in realtà il ricorrente-opposto non chiederà nulla al terzo chiamato in quanto la sua richiesta è nei confronti, unicamente, dell'attore-opponente al quale si richiede il pagamento). L'attore-opponente, pertanto, non avrà l'onere di riproporre la domanda avanzata dal ricorrente-opposto già versata nel processo (domanda che verrà necessariamente ribadita nel proprio atto di costituzione nel giudizio di merito); dovrà, tuttavia, formulare la propria domanda nei confronti del terzo che, in questo caso, avrà ad oggetto il riconoscimento di una posizione di responsabilità e garanzia in ragione del danno richiesto in via riconvenzionale. Tutto ciò porterà ad un ampliamento della domanda, posta al giudice, che avrà ad oggetto sia la pretesa del ricorrente-opposto di essere pagato per le opere effettuate, sia la pretesa dell'attore-opponente di essere garantito dal terzo quale debitore in solido nel caso di riconosciuta responsabilità dell'opposta per il danno eccepitogli.
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