Rimessione in termini (PCT)
03 Dicembre 2018
Inquadramento
***DOCUMENTO IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE***
La rimessione in termini, di cui all'art. 153 comma 2 c.p.c., così come introdotto dall'art. 45, comma 19, l. n. 69/2009, costituisce il rimedio naturale e privilegiato per la parte incorsa in decadenza a causa del mancato perfezionamento della procedura di deposito di atti o documenti in via telematica. Presupposto per la rimessione in termini, ex art. 153 c.p.c., come già ex art. 184-bis c.p.c., è che la decadenza dipenda da causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà (Cass. civ., sez. III, 11 novembre 2011, n. 23561), occorrendo peraltro che il rimedio sia azionato senza ritardo, non appena acquisita la consapevolezza di aver violato il termine stabilito (Cass. civ, sez. II, 26 marzo 2012, n. 4841). In particolare, il Giudice è chiamato ad accertare e valutare, sulla base delle regole tecniche del PCT e delle peculiarità del singolo caso, 1) l'effettiva verificazione di una decadenza dal termine perentorio, per essere l'attività processuale omessa o tardiva; 2) la tempestività dell'istanza di rimessione nei termini; 3) l'imputabilità alla parte della causa generatrice della decadenza e/o l'addebitabilità della stessa a caso fortuito o forza maggiore, con adeguata considerazione dell'eventuale affidamento incolpevole.
In tale ottica, è essenziale che la parte interessata alleghi e comprovi adeguatamente, attraverso il deposito di idonea documentazione giustificativa, la procedura seguita ai fini del deposito telematico dell'atto o del documento, così da consentire al Giudice l'apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto.
Il quadro normativo di riferimento
Il deposito telematico di un atto giudiziario genera a beneficio del depositante quattro distinte PEC di ricevuta (art. 14, provv. Ministero della Giustizia 16 aprile 2014 - Specifiche tecniche di cui all'art. 34, d.m. 21 febbraio 2011, n. 44): 1) la prima PEC (Ricevuta di accettazione) attesta l'accettazione dal sistema per l'inoltro all'ufficio destinatario. 2) la seconda PEC (Ricevuta di Avvenuta consegna - RdAC) attesta la consegna nella casella di posta dell'ufficio destinatario. 3) la terza PEC attesta il risultato dei controlli automatici (relativi a indirizzo del mittente, formato e dimensione del messaggio, ecc.), all'esito dei quali possono essere riscontrate e segnalate al depositante anomalie del tipo: a) WARN:anomalia non bloccante; b) ERROR: anomalia bloccante, non preclusiva dell'accettazione manuale da parte della Cancelleria; c) FATAL: anomalia non gestibile per gravi carenze dell'atto che non ne consentono l'elaborazione e l'accettazione manuale. 4) la quarta PEC attesta l'esito del controllo manuale del Cancelliere e dunque l'accettazione o meno del deposito da parte della Cancelleria, previo scrutinio delle anomalie eventualmente rilevate dal sistema. Solo a seguito dell'accettazione, il file viene caricato sul fascicolo telematico, divenendo visibile alle controparti.
In caso di mancato perfezionamento della procedura di deposito telematico, la parte può ottenere l'autorizzazione al deposito dell'atto in formato analogico esclusivamente nell'ipotesi tassativa e residuale di cui all'art. 16-bis, commi 4 e 8, d.l. n. 179/2012 convertito in l. n. 228/2012, ove è previsto che il Presidente del Tribunale - in caso di indifferibile urgenza - o il Giudice possano autorizzare il deposito di atti con modalità non telematiche in caso di mancato funzionamento dei sistemi informatici del dominio giustizia (v. Trib. Milano 12 gennaio 2015). Ampia e generale applicazione può invece trovare, ove ne ricorrano in concreto i presupposti, la disciplina di cui all'art. 153 c.p.c. secondo cui «la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini. Il giudice provvede a norma dell'art. 294 comma 2 e 3 c.p.c.». Perfezionamento del deposito telematico ai fini del rispetto del termine perentorio
Il citato d.l. n. 179/2012, nel testo modificato dal d.l. n. 90/2014, a proposito delle modalità di deposito degli atti telematici, ha chiarito, al comma 7 del citato art. 16-bis, che «il deposito di cui ai commi da 1 a 4 si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia». Appare allo stato superato il problema sorto in forza dell'espresso disposto di cui all'art. 13, comma 3, d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, che statuiva: «Nel caso previsto dal comma 2 la ricevuta di avvenuta consegna attesta, altresì, l'avvenuto deposito dell'atto o del documento presso l'ufficio giudiziario competente. Quando la ricevuta è rilasciata dopo le ore 14, il deposito si considera effettuato il giorno feriale immediatamente successivo». Sul punto accorta giurisprudenza di merito (v. Trib. Milano 5 marzo 2014, n. 3115) aveva immediatamente evidenziato come, dal momento che il deposito telematico di un atto si ha per avvenuto nel momento in cui viene generata la RdAC dal gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia, solo a tale giorno è corretto fare riferimento per valutare la tempestività del deposito, senza che possa rilevare il rilascio della ricevuta dopo le ore 14; ciò in quanto la norma di legge primaria, che nulla prevede al riguardo, non può essere derogata da una norma di rango inferiore qual è l'art. 13, comma 3, d.m. n. 44/2011 cit.. Successivamente, come confermato dalla Circolare del Ministero della Giustizia del 27 giugno 2014, la modifica introdotta dall'art. 51, comma 2, d.l. n. 90/2014 ha rimosso ogni possibile incertezza interpretativa in merito al giorno di perfezionamento dell'invio telematico, chiarendo, nell'art. 16-bis, comma 7, d.l. n. 179/2012 cit., che: «il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza». Ne consegue che, ove nell'ambito della procedura di deposito telematico la RdAC venga correttamente generata entro il giorno di scadenza del termine, la parte depositante non può considerarsi incorsa in alcuna decadenza, anche ove, in ipotesi, si sia perfezionata successivamente l'accettazione dell'atto da parte della Cancelleria.
D'altro canto, occorre rammentare che la controparte prende visione del deposito solo a seguito del completamento della procedura che determina l'inserimento dell'atto nel fascicolo telematico, con possibile pregiudizio del suo diritto di difesa, specie nel caso in cui il ritardo nell'accettazione dell'atto sia apprezzabile ed essa sia a sua volta gravata dal rispetto di un termine perentorio decorrente dalla scadenza del termine precedente (si pensi alle memorie ex art. 183, comma 6, n. 3, c.p.c. ovvero alle memorie di replica ex art. 190 c.p.c.). Spetta al prudente apprezzamento del Giudice valutare la sussistenza di un'eventuale lesione del diritto di difesa, ipotizzabile ove il ritardo, non imputabile alla parte, con cui l'avverso deposito le è divenuto visibile abbia effettivamente pregiudicato la possibilità di apprestare una compiuta difesa; evidentemente, se la parte facultata a replicare viene posta nelle condizioni di accedere all'atto di controparte solo dopo la scadenza del termine per le repliche, non può negarsi l'esistenza dei presupposti di cui all'art. 153 c.p.c. (v. Trib. Trento 30 gennaio 2015, in tema di memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c). Errori scusabili e non scusabili
Più complesso si presenta il caso in cui la procedura di deposito telematico, anziché perfezionarsi con mero ritardo, risulti affetta da vizi e/o anomalie tali da impedire il regolare completamento delle quattro fasi sopra elencate. A tal proposito, il Ministero della Giustizia, nella già citata circolare del 27 giugno 2014, ha chiarito che «le cancellerie, in presenza di anomalie del tipo WARN oERROR , dovranno sempre accettare il deposito, avendo cura, tuttavia, di segnalare al giudicante ogni informazione utile in ordine all'anomalia riscontrata».Sembra, quindi, che si sia inteso qualificare i vizi dell'atto ascrivibili alle prime due categorie alla stregua di errori scusabili, la cui presunta emendabilità impedisce al Cancelliere di rifiutare il deposito, mentre ogni valutazione circa la natura e la tipologia del vizio resta rimessa al Giudice, cui spetta l'adozione di ogni eventuale provvedimento di regolarizzazione e/o rimessione in termini; ove, però, la Cancelleria ometta tale passaggio, rifiutando o non accettando l'atto affetto da errori non bloccanti, resta problematica l'opzione tra rimessione in termini (atteso il mancato perfezionamento della procedura di deposito telematico, non essendo stato l'atto inserito nel fascicolo informatico) e la semplice regolarizzazione del deposito ad opera della cancelleria (in tal senso, Trib. Torino, 13 maggio 2016, nonché Trib. Bari, 8 giugno 2016).
Al contrario, i vizi rientranti nella categoria FATAL (esemplificativamente: non elaborabilità della busta per l'assenza di elementi fondamentali, impossibilità a decifrare la busta, assenza dell'atto giudiziario principale, “IndiceBusta” non presente o non corretto), predeterminati come talmente gravi da inibire la stessa accettazione dell'atto, sarebbero insanabili ed in definitiva equiparabili a quelli di cui agli artt. 72 e 73 disp. att. c.p.c., che legittimano il Cancelliere a rifiutare il deposito, restando preclusa, anche in ragione della loro inescusabilità, ogni possibilità di regolarizzazione o rimessione in termini (v. Trib. Torino 26 agosto 2014 in tema di anomalia non risolvibile ed imputabilità dell'errore), ma si veda in senso contrario Trib. Bologna, 12 dicembre 2016, che ha valutato scusabile l'errore fatale da cui era risultato affetto il deposito di un documento, in quanto “inspiegabile”, trattandosi di documento formato secondo le specifiche tecniche del PCT).
Parte della giurisprudenza ha ritenuto di poter valorizzare il dato testuale secondo il quale il momento perfezionativo del deposito degli atti telematici è quello riportato nella RdAC, da interpretarsi alla luce del consolidato principio, applicabile nell'analoga materia del perfezionamento del procedimento notificatorio, secondo cui la tempestività dell'adempimento va verificata con riguardo al momento in cui il notificante è privato del controllo sulla conclusione del processo di notifica(C. cost., 26 novembre 2002, n. 477); è stata, quindi, concessa la rimessione in termini in ipotesi di tempestiva generazione della RdAC , pur in presenza di un rifiuto dell'atto dovuto ad errori nell'inserimento dei dati, che sono stati ritenuti ascrivibili a caso fortuito, ossia ad un evento assolutamente non prevedibile, «tale essendo un'imperfezione di compilazione che, se contenuta in un atto cartaceo non lo priverebbe certo del raggiungimento degli effetti, con ogni probabilità passando inosservata all'uomo e colta solo dalla macchina» (cfr. Trib. Milano 14 ottobre 2015).Altra parte della giurisprudenza ha invece posto l'accento sul fatto che la struttura del procedimento di deposito telematico è a formazione progressiva, sicché la RdAC consente di ritenere perfezionato il deposito con effetto anticipato, ma pur sempre provvisorio, e subordinatamente al buon fine dell'intero procedimento, che si completa solo con l'accettazione da parte della Cancelleria e l'inserimento nel fascicolo telematico (v. Trib. Milano 8 ottobre 2015).Secondo tale impostazione, la norma di cui al comma 7 dell'art. 16‐bis cit. risponde alla limitata funzione di tenere indenne il depositante dal rischio di tardività del perfezionamento della procedura di deposito determinato da ritardi di lavorazione a lui non imputabili (controlli automatici effettuati dal dominio giustizia e controlli manuali degli operatori di cancelleria), ma non dal rischio, che resta a suo carico, di irregolarità/nullità del deposito per carenza dei relativi indispensabili requisiti: in altri termini, ove il deposito risulti viziato, non vale a far salvo il rispetto del termine la circostanza che la RdAC sia stata generata entro la fine del giorno di scadenza.
Ciò essenzialmente in quanto lo scopo del deposito telematico non può dirsi raggiunto finché non vi è stata l'accettazione dell'atto da parte dell'operatore di cancelleria, che ne determina la conoscibilità a beneficio delle parti del processo e del giudice, e la cui prova è data dal “messaggio di posta elettronica certificata contenente l'esito dell'intervento di accettazione operato dalla cancelleria”, come previsto dall'art. 14, co. 10, Provv. Resp. DGSIA del 16 aprile 2014 (c.d. quarta pec); in caso di mancato completamento dell'iter del deposito telematico, ed in particolare ove sia risultato negativo l'esito di una o di entrambe le ultime fasi della procedura, il deposito telematico, pur perfetto, non potrebbe dirsi efficace (v. Trib. Milano, 23 aprile 2016), ovvero dovrebbe ritenersi nullo ed inidoneo al raggiungimento dello scopo. In tale prospettiva, elemento dirimente ai fini della sussistenza dei presupposti per una rimessione in termini diviene piuttosto l'accertamento della causa che ha determinato il rifiuto del deposito e la sua imputabilità o meno alla parte depositante (v. Trib. Avellino, 31 maggio 2016).
Sul punto si registrano, tuttavia, recenti pronunce di segno diverso, che evidenziano come l'accettazione da parte della Cancelleria, lungi dall'essere elemento integrante della fattispecie di deposito, riguardi piuttosto il mero inserimento dell'atto nel fascicolo informatico, sicchè eventuali anomalie verificatesi nella predetta fase di accettazione non possano retroagire al momento del deposito, che deve ritenersi tempestivamente avvenuto nel momento attestato dalla ricevuta di avvenuta consegna, non sussistendo alcuna decadenza atta a giustificare una rimessione in termini (così Trib. Enna, 15 febbraio 2018, nonché, in senso sostanzialmente analogo, Trib. Ravenna, 8 maggio 2017, Trib. Torino, 10 febbraio 2017). Cause imputabili e non imputabili alla parte onerata
In mancanza di un compendio normativo organico, per la distinzione tra cause imputabili e non imputabili non può che farsi riferimento alla casistica più ricorrente. Sono state, perlopiù, ritenute cause non imputabili alla parte onerata: le problematiche relative alla connessione tra i sistemi gestori di PEC o ai sistemi informatici del Ministero, il blocco e/o malfunzionamento del sistema del dominio giustizia (v. Trib. Trento 30 gennaio 2015 cit.; Trib. Torino 21 gennaio 2015), gli errori nei controlli automatici o nelle operazioni manuali da parte dei Cancellieri (v. Trib. Milano 27 giugno 2013); ma v. pure Trib. Milano, 2 giugno 2017, nell'ipotesi di rifiuto del primo invio telematico da parte del depositante in forza di mera prassi organizzativa del Tribunale quanto alla iscrizione a ruolo degli atti di reclamo e non a negligenza della parte reclamante, che aveva comunque indirizzato tempestivamente l'atto al Tribunale competente).
All'ipotesi di errore del Cancelliere nell'accettazione/rifiuto del deposito è stata equiparata quella di grave ritardo nella comunicazione da parte della Cancelleria delle anomalie di deposito (si pensi al caso in cui il FATAL ERROR venga comunicato al depositante successivamente alla data di scadenza del termine perentorio di deposito dell'atto, v. Trib. Torino, 11 giugno 2015, cit., nonché Trib. Torino 10 febbraio 2017).
Sono stati, invece, stimati imputabili alla parte gli errori derivanti da inadeguatezze tecniche degli strumenti informatici o telematici adoperati ovvero da negligenza nell'utilizzo o nella manutenzione della funzionalità degli stessi, in virtù del principio di “diligenza generale a carico dell'utente esterno” ex art. 20 d.m. n. 44/2011 (ad es., mancata ricezione di una PEC dovuta alla saturazione della casella di posta elettronica privata v. Trib. Milano, 20 aprile 2016, ovvero tardiva lettura del messaggio di esito negativo del deposito, v. Trib. Torino, 22 marzo 2016).
Dubbia l'imputabilità alla parte interessata di occasionali malfunzionamenti del proprio sistema informatico/telematico, dovuti a problemi di connessione, virus informatici, ecc., il cui rischio, secondo la tesi più rigorosa, graverebbe sempre sulla parte privata, salva una sua eventuale rivalsa sul fornitore dei servizi per inadempimento contrattuale; tuttavia, anche aderendo a tale opzione interpretativa, la rimessione in termini potrebbe essere fatta salva dall'apprezzamento in concreto di un'ipotesi di caso fortuito e/o forza maggiore. Tuttora dibattuta è l'ipotesi di errore del depositante idoneo ad inficiare il perfezionamento della procedura di deposito telematico, specie nel caso di errori materiali relativi ai dati identificativi del fascicolo informatico (in particolare, il numero di iscrizione a ruolo, dato indispensabile per la corretta collocazione dell'atto nel fascicolo corrispondente). Parte della giurisprudenza di merito ha adottato un approccio rigoroso, ritenendo detto errore materiale interamente verificatosi “nella sfera del depositante”, e, quindi, a lui esclusivamente imputabile; ciò sempre che l'esito negativo dei controlli automatici o manuali ed il rifiuto dell'atto vengano tempestivamente comunicati all'interessato e che, quindi, la consumazione del termine perentorio in difetto di corretto rinnovo della procedura di deposito non dipenda (anche) da un ritardo/errore del sistema o della Cancelleria. Altra parte della giurisprudenza ha invece stimato concedibile la rimessione in termini, ritenendo la decadenza imputabile non al depositante, ma ad un difetto del sistema informatico, «inidoneo a segnalare all'interessato un semplice errore materiale, come tale non meritevole di essere sanzionato con una decadenza processuale», sul presupposto che «qualsiasi operatore addetto ad uno sportello di Cancelleria (…) sarebbe perfettamente in grado di rilevare immediatamente, semplicemente incrociando i dati relativi ai nominativi delle parti in causa e al numero della causa, l'indicazione erronea del numero del fascicolo da parte del depositante l'atto e di segnalarglielo, sicché identica capacità si può e si deve pretendere da un sistema telematico» (v. Trib. Pescara 2 ottobre 2015). Ulteriore principio talora valorizzato in sede di valutazione dei presupposti per la rimessione in termini è quello dell'affidamento, quale completamento – e forse temperamento - del già rammentato principio di “diligenza generale a carico dell'utente esterno”. Sulla scorta di tale principio, si è accordata la rimessione in termini in situazioni in cui le informazioni ricevute dal depositante circa gli esiti della procedura di deposito sono apparse obiettivamente idonee a trarre in errore scusabile l'interessato (v. Trib. Perugia 17 gennaio 2014 relativa al caso di un avvocato che entro il termine perentorio aveva ricevuto la RdAC e solo dopo la scadenza dello stesso era stato notiziato dalla Cancelleria del rifiuto dell'atto, per carenza di abilitazione del Tribunale alla ricezione telematica dello stesso: nella specie, è stata concessa la rimessione in termini sul presupposto che «la dicitura “accettazione deposito” sulla mail era obiettivamente idonea a trarre in errore scusabile il destinatario»; v. anche Trib. Catania 28 gennaio 2015 relativa ad una fattispecie di erroneo invio dell'atto alla sezione lavoro anziché alla sezione civile del Tribunale, in cui il depositante aveva ricevuto un messaggio contenente, tra l'altro, la dicitura “accettazione deposito”, giudicata idonea ad ingenerare un legittimo affidamento sull'avvenuto deposito, non essendo la parte stata compiutamente informata dell'errata ricezione); nonché Trib. Milano, sez. lav., 10 maggio 2016, che ha stimato sussistenti i presupposti per la rimessione in termini nell'ipotesi in cui l'avvocato depositante era stato destinatario di una terza PEC di esito dei controlli automatici riportante solo la dicitura “sono necessarie verifiche da parte dell'ufficio ricevente”, senza alcuna indicazione circa la natura dell'errore, mentre la comunicazione del rifiuto di accettazione per “errore fatale” gli era pervenuta solo dopo la scadenza dei termini di deposito, così ingenerando un'aspettativa di accettazione dell'atto).Gli oneri di allegazione e prova a carico del richiedente la rimessione in termini
Incombe sempre sulla parte interessata l'onere di presentare senza ritardo, non appena acquisita la consapevolezza della violazione del termine stabilito, l'istanza di rimessione in termini, corredata da adeguata documentazione attestante le cause dell'intervenuta decadenza. Certamente senza ritardo possono ritenersi proposte le istanze di rimessione in termini depositate telematicamente subito dopo la ricezione della terza PEC attestante la presenza di anomalie (v. Trib. Milano 14 ottobre 2015, cit. che ha evidenziato la particolare diligenza della parte nel richiedere la rimessione in termini prima ancora di ricevere prova certa dell'esito negativo del deposito telematico, nella mera incertezza del raggiungimento dell'effetto da parte dell'atto). Discussa appare la possibilità di stimare tempestive le istanze proposte dopo la ricezione della quarta PEC, attestante l'effettivo rifiuto del deposito da parte della Cancelleria, quantomeno in presenza di FATAL ERROR ; infatti, se nel caso di riscontro automatico di anomalie più lievi il depositante può versare in dubbio, e quindi ancora confidare, sul conseguimento dell'effetto del deposito, fino al momento in cui riceve comunicazione dell'esito del controllo manuale da parte della Cancelleria, lo stesso non può dirsi in ipotesi di anomalia grave, in cui già attraverso la lettura della terza PEC egli è posto nelle condizioni di rilevare l'errore fatale e quindi di conseguire la certezza che il deposito ne è stato irrimediabilmente inficiato, ancor prima di ricevere la quarta PEC di comunicazione del rifiuto.Ancor più dubbia è la tempestività di istanze di rimessione in termini proposte direttamente all'udienza fissata per il prosieguo del giudizio, a seguito del compimento dell'attività processuale assoggettata al rispetto del termine perentorio, ove il depositante abbia regolarmente ricevuto le PEC attestanti il mancato perfezionamento della procedura di deposito e l'udienza sia celebrata a distanza apprezzabile di tempo dalla verificazione della decadenza (Trib. Massa, 30 giugno 2016). Al fine di comprovare la tempestività dell'istanza e di fornire al Giudice tutti gli elementi utili per la valutazione del caso concreto, la parte è onerata del deposito telematico di tutte le ricevute previste dal comma 7 dell'art. 13 d.m. n. 44/2011 cit., ed in particolare della RdAC e delle ulteriori due ricevute che il gestore dei servizi telematici restituisce al mittente, nelle quali viene dato conto dell'esito dei controlli effettuati dal dominio giustizia e dagli operatori di cancelleria (v. Trib. Milano 8 ottobre 2015, cit.), non essendo la stampa delle ricevute cartacee sufficiente, in caso di contestazione, a ricostruire il flusso informatico di invio della busta telematica; al contrario, un onere di rideposito dell'atto sembra poter sussistere solo ove sia possibile rimediare all'errore commesso prima della scadenza, come si ricava dall'art. 13, co. 4, d.m. n. 44/2011, secondo cui “il rigetto del deposito da parte dell'ufficio non impedisce il successivo deposito entro i termini assegnati o previsti” (cfr. sul punto Trib. Benevento, 13 maggio 2016).
Parte della giurisprudenza di merito ha comunque ritenuto ammissibile, allorché l'istanza di rimessione in termini, non manifestamente infondata, sia corredata da produzioni documentali incomplete, una successiva integrazione ad opera della parte o un approfondimento demandato direttamente dal Giudice alla Cancelleria (v. Trib. Torino, 13 maggio 2016).
Pur in assenza di una specifica documentazione probatoria, il fatto storico del blocco del sistema informatico in coincidenza con lo spirare del termine perentorio, è stato talora ritenuto “notorio” (v. Trib. Trento 30 gennaio 2015, cit.), talaltra desunto dal deposito nel medesimo intervallo temporale di una pluralità di istanze di autorizzazione al deposito analogico provenienti da diverse parti (v. Trib. Milano 12 gennaio 2015, cit.) ovvero dall'esistenza di un coevo provvedimento del Presidente del Tribunale di carattere generale autorizzativo del deposito con modalità non telematiche ex art. 16-bis, comma 4, d.l. n. 179/2012. Casistica
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