Licenziamento discriminatorio e onere della prova

03 Dicembre 2018

La nullità del licenziamento discriminatorio discende direttamente dalla violazione di specifiche norme di diritto interno, quali l'art. 4, l. n. 604 del 1966, l'art. 15, St. lav., e l'art. 3, l. n. 108 del 1990, nonché di diritto europeo, quali quelle contenute nella direttiva n. 76/207/CEE sulle discriminazioni di genere, sicché, diversamente dall'ipotesi di licenziamento ritorsivo, non è necessaria la sussistenza di un motivo illecito determinante ex art. 1345, c.c., né la natura discriminatoria può essere esclusa dalla concorrenza di un'altra finalità, pur legittima.

La nullità del licenziamento discriminatorio discende direttamente dalla violazione di specifiche norme di diritto interno, quali l'art. 4, l. n. 604 del 1966, l'art. 15, St. lav., e l'art. 3, l. n. 108 del 1990, nonché di diritto europeo, quali quelle contenute nella direttiva n. 76/207/CEE sulle discriminazioni di genere, sicché, diversamente dall'ipotesi di licenziamento ritorsivo, non è necessaria la sussistenza di un motivo illecito determinante ex art. 1345, c.c., né la natura discriminatoria può essere esclusa dalla concorrenza di un'altra finalità, pur legittima.

Il lavoratore che esercita l'azione a tutela della discriminazione può limitarsi a fornire elementi di fatto – desunti anche da dati di carattere statistico (relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all'assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti) – idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti o comportamenti discriminatori, spettando in tal caso al convenuto l'onere della prova sulla insussistenza della discriminazione.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.