Diritto di indire l'assemblea sindacale e rappresentatività della singola componente della r.s.u.

Luisa Rocchi
10 Dicembre 2018

In tema di rappresentatività sindacale, dalla lettura coordinata degli artt. 19 e 20, l. 20 maggio 1970, n. 300, si desume che il combinato disposto degli artt. 4 e 5 dell'Accordo Interconfederale del 20 dicembre 1993, istitutivo delle r.s.u., deve essere interpretato nel senso che il diritto di indire assemblee rientra tra le prerogative attribuite non solo alla r.s.u. considerata collegialmente, ma anche a ciascun componente della r.s.u. stessa, purché questi sia stato eletto nelle liste di un sindacato che, nell'azienda di riferimento, sia di fatto dotato di rappresentatività ai sensi del citato art. 19, l. n. 300 del 1970, quale risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 231 del 2013.
Massima

In tema di rappresentatività sindacale, dalla lettura coordinata degli artt. 19 e 20, l. 20 maggio 1970, n. 300, si desume che il combinato disposto degli artt. 4 e 5 dell'Accordo Interconfederale del 20 dicembre 1993, istitutivo delle r.s.u., deve essere interpretato nel senso che il diritto di indire assemblee rientra tra le prerogative attribuite non solo alla r.s.u. considerata collegialmente, ma anche a ciascun componente della r.s.u. stessa, purché questi sia stato eletto nelle liste di un sindacato che, nell'azienda di riferimento, sia di fatto dotato di rappresentatività ai sensi del citato art. 19, l. n. 300 del 1970, quale risultante a seguito della sentenza della Corte cost. n. 231 del 2013.

Il caso

Con la sentenza in esame la Corte di appello di Perugia si pronuncia sull'annosa questione inerente la titolarità del diritto di indire l'assemblea sindacale ex art. 20, st. lav.

Nel caso di specie, la società proponeva ricorso in appello avverso la sentenza con la quale il giudice di primo grado, accogliendo l'opposizione, aveva dichiarato antisindacale il comportamento tenuto dalla medesima società, consistito nel rifiuto di consentire lo svolgimento dell'assemblea dei lavoratori indetta dal componente della r.s.u., e nel diniego alla consegna delle chiavi della bacheca, necessario ai fini dell'esercizio del diritto di affissione.

In particolare, il Tribunale aveva affermato che il diritto di convocare l'assemblea e il diritto di affissione riconosciuti alle r.s.a. e ai loro dirigenti debbano essere ritenuti estesi ai singoli componenti della r.s.u. in virtù della previsione di cui all'art. 4 primo comma dell'Accordo interconfederale del 1993. Inoltre, tali diritti devono essere riconosciuti anche ai componenti della r.s.u. affiliati ai sindacati significativamente rappresentativi in virtù del largo suffragio ottenuto nelle consultazioni della r.s.u., che nel caso di specie era pari al 30,2%.

La Corte di appello di Perugia ha ritenuto, al contrario, legittimo il rifiuto opposto dalla società, aderendo all'interpretazione fornita dalle Sezioni Unite intervenute nelle more del procedimento, secondo cui l'indizione dell'assemblea può avvenire “singolarmente o congiuntamente” da parte delle r.s.a. di cui all'art. 19, st. lav. Tuttavia, tale diritto non spetta a tutte le componenti della r.s.u. ma soltanto a quelle che sono affiliate ad organizzazioni sindacali firmatarie del Ccnl applicato nell'unità produttiva o che abbiano partecipato alla trattativa pur senza firmarlo, elemento mancante nel caso di specie.

La questione

Il caso in esame affronta la questione inerente la titolarità del diritto di indire l'assemblea sindacale spettante alla singola componente della r.s.u.

Le soluzioni giuridiche

La questione della titolarità del diritto di indire l'assemblea sindacale è stata oggetto, come noto, di un lungo dibattito dottrinale e giurisprudenziale sfociato nella sentenza delle Sezioni Unite 6 giugno 2017, n. 13978 (in Giur. it., 2018, 1, 145, nota di P.Ferrari; in Giur. it., 2017, 11, 2431, con nota di Tosi e Puccetti) le quali hanno affermato che tale facoltà spetta ad ogni componente della r.s.u.

Tuttavia, la risposta fornita dalla giurisprudenza, in un primo momento è stata nel senso di ritenere l'esclusione del diritto di indire l'assemblea sindacale da parte dei singoli componenti della r.s.u. (Cass. 26 febbraio 2002, n. 2855; Cass. 16 febbraio 2005, n. 3072) in quanto organismo di natura collegiale.

Tale interpretazione fa leva sugli artt. 4 e 5 dell'Accordo interconfederale del 1993 secondo cui, in base ad una lettura congiunta con l'art. 20, st. lav., il diritto di indire l'assemblea sindacale spetta alla r.s.a. e non ai dirigenti, sicché, attesa la natura inderogabile della norma, tale prerogativa non può essere riconosciuta ai singoli componenti della r.s.u., in quanto le parti sociali l'hanno ideata come un organismo unitario, benché a composizione pluralistica (Cass. 26 febbraio 2002, n. 2855; Cass. 5 maggio 2003, n. 6821).

Al contrario, la linea interpretativa fatta propria dalle Sezioni Unite aderisce ad una diversa ricostruzione (tra le prime si segnala Cass. 1 febbraio 2005, n. 1892; Cass. 24 gennaio 2006, n. 1307 e più di recente Cass 7 luglio 2014, n. 15437; Cass. 31 luglio 2014, n. 17458; Cass. 26 ottobre 2017, n. 25478; Cass. 18 ottobre 2018, n. 26210).

In primo luogo, dal dato letterale dell'art. 20, st. lav. - secondo cui l'indizione dell'assemblea può avvenire “singolarmente o congiuntamente” da parte delle r.s.a. - emergerebbe la legittimazione a indire l'assemblea anche in capo alla singola rappresentanza.

In particolare, a sostegno della legittimazione della singola componente si pone l'art. 4 comma cinque dell'Accordo Interconfederale del 1993, il quale fa salvo in favore delle organizzazioni aderenti alle associazioni sindacali stipulanti il Ccnl applicato all'unità produttiva il diritto di indire singolarmente o congiuntamente l'assemblea sindacale.

Trattasi, ad avviso della Suprema Corte, di un regime di eccezioni rispetto al comma 1 del medesimo articolo 4, il quale prevede il subentro dei componenti delle r.s.u. ai dirigenti delle r.s.a. nella titolarità di diritti, permessi e libertà sindacali.

L'espressa previsione di tale prerogativa confermerebbe la tesi che l'organizzazione sindacale, anche se confluita all'interno della r.s.u., mantiene alcune specifiche prerogative e tra queste il diritto di indire l'assemblea.

Il requisito richiesto per l'operatività di tale prerogativa è l'aver stipulato il contratto collettivo applicato all'unità produttiva, alla luce dell'art. 19, st.lav., antecedente al referendum del 1995, ma che oggi deve essere necessariamente adeguato alla luce dei principi affermati nella sentenza della Corte cost. n. 231 del 2013.

Invero, secondo la Suprema Corte, tale interpretazione sarebbe la sola conforme al dettato costituzionale in quanto riconoscere il diritto di indire l'assemblea soltanto alla r.s.u. nella sua dimensione collegiale, comporterebbe inevitabilmente una lesione del principio di libertà sindacale ex art. 39, Cost., precludendo l'esercizio del diritto nei confronti delle organizzazioni sindacali di minoranza.

La Corte di appello di Perugia, fa proprie tali argomentazioni, precisando che trattasi di una “limitata eccezione” che non snatura la natura collegiale della r.s.u. né il principio maggioritario, potendo ben sussistere attribuzioni specifiche in capo alle singole componenti della stessa.

Affermato tale principio, la Corte di Appello, tuttavia, alla luce della sentenza della Corte cost. n. 231 del 2013 non riconosce la titolarità del predetto diritto al componente della r.s.u.

Infatti, in tal caso il dato letterale contenuto nell'Accordo interconfederale deve necessariamente essere adeguato al principio affermato dalla Corte costituzionale, la quale non ha individuato gli indici di rappresentatività, come erroneamente sostenuto dall'organizzazione sindacale.

Al contrario, la Corte costituzionale ha affermato che è sufficiente per l'organizzazione sindacale aver partecipato alle trattative pur senza sottoscrivere il contratto, demandando al legislatore un intervento sul punto.

Osservazioni

La sentenza in esame si allinea a quanto affermato dalle Sezioni Unite di fatto superando l'interpretazione per cui le prerogative sindacali delle singole r.s.a. confluiscono nella r.s.u.

Il principio maggioritario viene pertanto riconosciuto soltanto implicitamente ed operante nella fase decisionale, rimanendo estraneo nel momento di esercizio del diritto.

Tale sentenza, inoltre, si allinea con quella interpretazione secondo cui tale prerogativa viene riconosciuta alle sole componenti dotate di rappresentatività ex art. 19, st. lav., così come interpretata alla luce della Corte cost. n. 231 del 2013, e non quale riconoscimento incondizionato del diritto di indire l'assemblea a ciascuna componente della r.s.u.

Il principio espresso dalle Sezioni Unite e fatto proprio dalla sentenza oggetto di commento ha lasciato non poche perplessità poiché aderisce ad una concezione atomistica della r.s.u.

Invero, come osservato da parte della dottrina, è proprio dall'art. 4 comma cinque dell'Accordo interconfederale che si desume la natura collegiale e il principio democratico (R. De Luca Tamajo, La Cassazione dimentica la collegialità della Rsu, ww.ilsole24ore.it, 10 giugno 2017).

Invero, tale comma contiene una evidente “eccezione”, un privilegio, rispetto all'attribuzione alla r.s.u. di esercitare i diritti sindacali disciplinati dallo Statuto (R. De Luca Tamajo, La Cassazione dimentica la collegialità della Rsu, www.ilsole24ore.it, 10 giugno 2017).

A ben vedere, la critica principale che è stata sollevata a tale interpretazione è quella di non tenere in considerazione la natura delle r.s.u. nonché il significato della loro istituzione da parte delle parti sociali, volte ad evitare essenzialmente il carattere pluralistico e frazionato che la regola della collegialità e della maggioranza avrebbero dovuto superare (P. Ferrari, Assemblea sindacale - rsu e diritto di indire l'assemblea al vaglio delle Sezioni Unite, in Giur. it., 2018, 1, 145).

Inoltre, la norma posta alla base della decisione dalla Suprema Corte si riferisce in realtà ad un soggetto sindacale diverso dalle r.s.u. e dalle loro componenti, e cioè ai sindacati esterni all'azienda e non a quelli confluiti nella r.s.u., sindacati che normalmente sono rappresentati da componenti eletti o designati nelle r.s.u. (F. Santini, Le Sezioni Unite negano il diritto di assemblea ai sindacati territoriali, in Arg. dir. lav., 2017, 4-5, 1129; P. Tosi-E.Puccetti, Diritto sindacale - la titolarità del diritto di indire assemblee spetta infine alle sole rsu, in Giur. it., 2017, 11, 2431).

Il monte ore, sulla scorta della clausola interconfederale, secondo consolidato orientamento, andrebbe ripartito fra organizzazioni sindacali territoriali ed r.s.u., mentre tale pronuncia lo suddivide tra componenti della r.s.u. espressione dei sindacati rappresentativi e le altre componenti della r.s.u. (Cass. 10 febbraio 2015, n. 2548; Cass. 22 luglio 2010, n. 17217).

Il carattere collegiale e unitario della r.s.u. è confermato per vero dalla clausola 7 del t.u. 2014 secondo cui “Le decisioni relative a materie di competenza delle r.s.u. sono assunte dalle stesse, a maggioranza, in base a quanto previsto nella parte terza del presente accordo che recepisce i contenuti dell'accordo interconfederale 28 giugno 2011”.

Tale clausola comporta una innovazione rispetto all'Accordo del 1993 che espressamente sancisce il carattere collegiale e maggioritario di ogni decisione della r.s.u. (così Trib. Torino 10 marzo 2015; App. Torino 4 agosto 2016).

In tal senso si è altresì espressa la Suprema Corte con riferimento alle r.s.u. del pubblico impiego ove il principio di maggioranza è stato affermato dalle parti sociali con l'Accordo quadro del 1998.

Proprio alla stregua di tale principio, i giudici di legittimità hanno riconosciuto il diritto di indire assemblee alla r.s.u., quale organismo unitario e collegiale, ritenendo che “risulta così evidente la veste di soggetto unitario di natura elettiva che rappresenta i lavoratori, restando escluso qualunque riferimento ai singoli componenti della stessa o alle organizzazioni sindacali nelle cui liste sono stati eletti. Se la RSU assume le proprie decisioni a maggioranza, la posizione del singolo componente rileva solo all'interno della stessa, ma non all'esterno ove la r.s.u. opera, appunto, come soggetto unitario” (Cass. 8 febbraio 2018, n. 3095).