Mutamento dell'oggetto della prestazione lavorativa nel corso del patto di prova

10 Dicembre 2018

In caso di assegnazione in via continuativa al lavoratore assunto con patto di prova di mansioni diverse o ulteriori rispetto a quelle previste in occasione della stipula di tale patto, il recesso del datore di lavoro motivato con riferimento all'esito negativo della prova non può trovare la sua legittimità in tale patto - non invocabile dal datore di lavoro, ad esso inadempiente - qualora, per il rilievo quantitativo o qualitativo delle mansioni diverse o ulteriori, risulti sostanzialmente mutato l'oggetto complessivo della prestazione lavorativa...

In caso di assegnazione in via continuativa al lavoratore assunto con patto di prova di mansioni diverse o ulteriori rispetto a quelle previste in occasione della stipula di tale patto, il recesso del datore di lavoro motivato con riferimento all'esito negativo della prova non può trovare la sua legittimità in tale patto - non invocabile dal datore di lavoro, ad esso inadempiente - qualora, per il rilievo quantitativo o qualitativo delle mansioni diverse o ulteriori, risulti sostanzialmente mutato l'oggetto complessivo della prestazione lavorativa e, altresì, se le mansioni diverse o aggiunte non assurgano a tale rilevanza, qualora risulti la potenziale incidenza delle ulteriori o aggiunte mansioni sul giudizio del datore di lavoro, per la natura delle stesse (per esempio, perché esse richiedano capacità diverse o maggiori).

Appare evidente, come è desumibile dalla necessità di un “mutamento sostanziale dell'oggetto complessivo della prestazione lavorativa” e dell'“incidenza delle mansioni diverse o aggiunte sul giudizio del datore di lavoro”, che l'illegittimità del recesso non è determinata dalla mera mancanza di identità tra le mansioni indicate nel patto di prova e quelle in concreto espletate dal lavoratore nel corso dello svolgimento di detto patto; ciò in quanto, come ha già precisato la Cassazione, la necessaria specificità, che deve possedere il patto di prova in ordine alle mansioni su cui dovrà svolgersi l'esperimento, non preclude al datore l'esercizio dello ius variandi anche nel corso del patto, atteso che “dall'art. 2096, c.c., pur letto alla luce di C. cost. n. 189 del 1980, non è possibile ricavare anche una tale rigidità, ossia un divieto di modificare, nel corso del periodo di prova, le mansioni del lavoratore nel rispetto dell'art. 2103, c.c.”.

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