Incostituzionale subordinare il congedo straordinario alla convivenza tra figlio e genitore disabile

Alice Di Lallo
13 Dicembre 2018

La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151 del 2001, nella parte in cui non include tra i soggetti legittimati a godere del congedo straordinario retribuito il figlio che, al momento della presentazione della richiesta, ancora non conviva col genitore gravemente disabile instaurando solo successivamente tale convivenza, in caso di mancanza di altri congiunti conviventi.

I fatti di causa. Il caso sottoposto al vaglio della Corte costituzionale trae origine dalla rivendicazione di un agente penitenziario del proprio diritto ad ottenere un periodo di congedo straordinario retribuito per l'assistenza al padre disabile pur in assenza di una preesistente convivenza del medesimo col genitore bisognoso di assistenza.

La rimessione alla Corte. Nello specifico, l'organo amministrativo costituito dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, riscontrato che il lavoratore ed il genitore da assistere non convivevano, rigettava l'istanza. Il TAR, in via cautelare, al contrario, accoglieva il ricorso. Tuttavia, il Consiglio di Stato adito dalla controparte rilevava l'assenza di convivenza con la persona disabile al momento di presentazione della domanda e, pertanto, negava il diritto del lavoratore al congedo straordinario. Il TAR, investito nuovamente della questione, rinviava la questione alla Corte costituzionale sollevando una eccezione di legittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 - Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità – ravvisando una violazione di tale norma ordinaria con gli art. 2, 3, 4, 29, 32, 35 della Costituzione.

La violazione degli artt. 2, 29 e 32, Cost. Secondo il giudice remittente porre la preesistente convivenza tra genitore gravemente disabile e figlio che intende assisterlo godendo del congedo straordinario retribuito come prerequisito indispensabile per il godimento di detto beneficio rispecchierebbe una concezione restrittiva dell'assistenza familiare, limitata solo al nucleo convivente. Al dovere di solidarietà – che vincola ogni congiunto – corrisponde il singolo diritto del singolo di provvedere all'assistenza morale e materiale degli altri membri, secondo le proprie capacità.

La violazione dell'art. 3, Cost. Il remittente ravvisa anche una disparità di trattamento «tra coloro che liberamente possono scegliere il luogo in cui risiedere, e convivere col genitore, e quanti invece non possono compiere tale scelta».

La violazione degli artt. 4 e 35, Cost. Una siffatta disciplina finirebbe a discriminare «i soggetti legittimati ad ottenere il beneficio in ragione del lavoro svolto».

La ratio. Secondo la Corte Costituzionale, il congedo straordinario retribuito attribuisce rilevanza e centralità all'assistenza al disabile valorizzando così tutte le espressioni di solidarietà ed in particolare nell'ambito familiare. La convivenza, assunta dal legislatore come parametro di salvaguardia della continuità delle relazioni affettive e di assistenza, se utilizzata come presupposto esclusivo rischia di pregiudicare la tutela del disabile nell'ipotesi in cui manchino i familiari conviventi indicati in via prioritaria dalla norma e nel caso in cui vi sia solo un figlio, all'origine non convivente, pronto ad impegnarsi per prestare la necessaria assistenza.

La dichiarazione di legittimità costituzionale. Per tali motivi, viene dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151 del 2001, nella parte in cui non annovera tra i beneficiari del congedo straordinario ivi previsto il figlio che, al momento della presentazione della richiesta, ancora non conviva col genitore in situazione di grave disabilità ma che tale convivenza successivamente instauri in caso di mancanza degli altri congiunti conviventi previsti dalla norma (coniuge, genitori, figli, fratelli, partenti o affini entro il terzo grado).

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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