I consorzi tra proprietari di immobili in zona residenziale e il supercondominio

13 Dicembre 2018

I consorzi tra proprietari di immobili in zona residenziale non rientrano in nessuna delle categorie tipiche disciplinate dal codice civile o dalle leggi speciali. Si delineano come una figura associativa particolare collocata in prossimità della linea di confine che separa il fenomeno delle persone giuridiche private da quello delle forme organizzate di gestione di beni in comune. Sia nei consorzi che...
Il quadro normativo

Nel nostro ordinamento giuridico non è contemplata una figura generale di consorzio e sono invece disciplinati specificamente, con norme particolari, del codice o da leggi speciali, vari tipi di consorzi della più diversa struttura e dimensione (artt.850 e 863 c.c.; artt.2602 e 2620 c.c.) per cui non è possibile estendere ad ipotesi differenti la normativa dettata per le singole categorie.

Secondo la nozione generale elaborata dalla dottrina il consorzio di diritto privato è un'associazione di persone fisiche o giuridiche, costituita sul presupposto di una obiettiva coincidenza di determinati bisogni o interessi e allo scopo di provvedere con organizzazione comune al loro soddisfacimento.

Trattasi di figura associativa particolare collocata in prossimità della linea di confine che separa il fenomeno delle persone giuridiche private da quello delle forme organizzate di gestione di beni in comune. L'elemento caratteristico, comunque, di tutti consorzi consiste nel fatto che la costituzione dei predetti presuppone una situazione oggettiva, identica per tutti coloro che vi parteciperanno, la quale determina la insorgenza del bisogno, che mediante il consorzio si soddisfa, in comune anziché singolarmente.

La pratica relativa ai consorzi residenziali o di urbanizzazione nasce e si sviluppa con l'espansione della edilizia residenziale di grandi comprensori, per i quali le modalità di organizzazione degli interessi proprietari espresse dalle figure del condominio e del supercondominio si andavo dimostrando inadatte o almeno insufficienti.

Infatti, mentre il condominio trova nell'edificio suddiviso in più proprietà individuali il suo riferimento e il supercondominio è costituto da un complesso di edifici strutturati come un insieme unitario (edifici apparentemente separati, ma aggregati materialmente per mezzo di parti architettoniche, impianti o servizi in comune ) e richiede una gestione in comune, il “consorzio residenziale” supera l'ambito di integrazione funzionale tra le parti comuni e le singole proprietà, dimostrandosi ordinato alla organizzazione di un territorio urbano più vasto, il quale pertanto richiede una gestione più dinamica e complessa. Anche se in entrambi sorge una “aggregazione di interessi necessariamente omogenei” di proprietari.

Consorzio e supercondominio

La differenza con le predette figure del condominio e supercondominio (peraltro ormai le due discipline sono parificate ai sensi dell'art.1117-bis c.c., introdotto dalla l. n.220/2012) è nel fatto che nelle prime vi è la risposta - innanzitutto in termini ricognitivi e poi disciplinari - dell'ordinamento giuridico ad una obiettiva situazione di comproprietà (non necessariamente forzosa, ma almeno “accessoria” rispetto alle singole proprietà), mentre nel consorzio il perseguimento dell'utilità fondiaria trascende le singole utilità individuali, giungendo di frequente anche allo sviluppo di una attività di impresa, come nel caso della predisposizione di servizi di trasporto, ristorazione, lavanderia ecc.

Senza una attività di impresa o almeno il conferimento all'ente consortile di beni (ovviamente diversi da quelli in comunione forzosa tra i singoli proprietari) rimarremmo comunque nell'ambito semantico e disciplinare del supercondominio.

Potrebbe anche accadere, infatti, che alla “denominazione consortile” non corrisponda, in concreto, nulla di più di un supercondominio limitato al miglior utilizzo delle parti in comune e dei servizi comprensoriali.

Infatti il condominio di edifici (come il supercondominio per come descritto dall'art.1117-bisc.c.) è una forma di proprietà plurima, derivante dalla struttura stessa del fabbricato (nel condominio) o del complesso (nel supercondominio) regolata interamente da norme che rimangono nel campo dei diritti reali (giacché vi è una forzosa comproprietà di alcuni beni, ossia quelli dell'art.1117 c.c.), con la conseguenza che il carattere di immobile condominiale è una qualitas fundi che inerisce al bene e lo segue, con i relativi oneri, presso qualsiasi acquirente che non può opporsi alla partecipazione e alla unione condominiale; il consorzio, invece, ha un livello di organizzazione più elevato, appartiene, invece, alla categoria delle associazioni, con la conseguente rilevanza della volontà del singolo di partecipare o meno all'ente.

Vi può cioè essere un mascheramento del rapporto di condominio sotto altro nome.

Ciò significa che l'esame dell'atto costitutivo del consorzio dovrebbe fornire elementi utili ai fini della qualificazione giuridica dell'ente al di là del nomen utilizzato: in particolare con la indicazione di quali siano le proprietà, esclusive e comuni, che ne facciano parte; se tra queste vi siano beni per legge condominiali - art.1117 c.c.; lo scopo del consorzio .

Se, quindi, al di là della qualificazione che i “consorziati” ne abbiano dato ci troveremo in presenza (solo) di proprietà esclusive che hanno in comune beni di cui all'art.1117 c.c. o di “più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici che abbiano parti comuni ai sensi dell'art.1117 c.c.” e lo scopo del consorzio altro non sia la manutenzione e gestione di detti beni comuni, opererà la disciplina del condominio (o del supercondominio) perché di altro non si parla .

Del resto è ben noto che già prima della riforma (Trib. Milano 16 giugno 2011; Cass.civ., sez.II, 14 novembre 2012, n. 9939) la giurisprudenza identificava il nucleo essenziale del supercondominio nel vincolo di accessorietà che intercorre tra un sistema di edifici strutturalmente autonomi e un insieme di beni e impianti destinati al servizio delle singole unità immobiliari. Come qualcuno ha dichiarato riferendosi al condominio inteso in senso oggettivo, come qualificazione giuridica di un fatto, per cui il diritto tiene conto della situazione strutturale di un edificio e vi attribuisce rilevanza, prescindendo dalla volontà umana che la determina: «… il condominio nasce soltanto sul presupposto fattuale dell'accessorietà fra parti comuni e proprietà individuali» (Scarpa).

Come il condominio (artt. 1117 ss. c.c.), anche il c.d. supercondominio (art.1117-bis c.c.), «viene in essere ipso iure et facto, se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno d'apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno di approvazioni assembleari, sol che singoli edifici (o parti di questi) abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, pro quota, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati" (Cass.civ., sez.II, 21 febbraio 2013, n.4340).

Ma ove vi sia invece, qualcosa in più, ovvero una attività di impresa o almeno il conferimento all'ente consortile di beni (ovviamente diversi da quelli in comunione forzosa tra i singoli proprietari che determinano il condominio o supercondominio), l'associazione consortile è un qualcosa di diverso , o comunque ulteriore rispetto al supercondominio.

Un indice di ciò spesso di ravvisa nello scopo del consorzio – leggibile nei vari statuti – non limitato alla mera gestione e conservazione dei beni di cui all'art.1117 c.c. (come detto la sola comunione di detti beni e il solo scopo di gestione sarebbe sintomatica della esistenza di un condominio e niente altro). In sostanza se i beni comuni non sono solo quelli dell'art.1117 c.c., la struttura del consorzio è quella dell'art.1117-bis c.c. e lo statuto assegna al consorzio compiti ulteriori e diversi da quelli di manutenzione e cura dei beni comuni, siamo di fronte a qualcosa di più e di diverso dal supercondominio: un consorzio.

Infatti il condominio di edifici è una forma di proprietà plurima, derivante dalla struttura stessa del fabbricato e regolata interamente da norme che rimangono nel campo dei diritti reali, con la conseguenza che il carattere di immobile condominiale è una qualitas fundi che inerisce al bene e lo segue, con i relativi oneri, presso qualsiasi acquirente; il consorzio, ha un livello di organizzazione più elevato, appartiene, invece, alla categoria delle associazioni, con la conseguente rilevanza della volontà del singolo di partecipare o meno all'ente sociale, pur potendo tale volontà essere ricavata (se non esiste una contraria norma di statuto o di legge) da presunzioni o da fatti concludenti, quali la consapevolezza di acquistare un immobile compreso in un consorzio, oppure l'utilizzazione concreta dei servizi messi a disposizione dei partecipanti. È evidente che il consorzio risente fortemente della sua base reale: lo scopo necessariamente connesso all'utilità proprietaria, la natura di gruppo “ a porte chiuse” la cui adesione presuppone il titolo di proprietà all'interno del comprensorio, la conseguente e almeno normale regola del voto per quote di proprietà anziché per capo, la impossibilità (oltre che irragionevolezza) di clausole che estromettano il socio dal consorzio a causa del mancato pagamento dei contributi consortili (cosa ben diversa dalla sospensione del diritto di voto) sono tutti aspetti che suggeriscono l'ipotesi di una figura almeno intermedia tra associazione e condominio.

La disciplina delle associazioni non riconosciute: limiti applicativi

I consorzi , quindi, quali enti di diritto privato, costituiti da una pluralità di persone che, avendo in comune determinati bisogni o interessi, si aggregano fra loro allo scopo di soddisfarli mediante un'organizzazione sovraordinata, sono finalizzati alla sistemazione ed al miglior godimento di uno specifico comprensorio attraverso la realizzazione e la fornitura di opere o servizi. Costituiscono figure atipiche, le quali, essendo caratterizzate dall'esistenza di una stabile organizzazione di soggetti, funzionale al raggiungimento di uno scopo non lucrativo, presentano i caratteri delle associazioni non riconosciute (Cass. civ., sez. I, 9 febbraio 2007, n. 2877).

Il consorzio sorge quindi con l'obiettivo di favorire il miglior godimento di un'area attraverso la realizzazione di opere e servizi che, altrimenti, sarebbero troppo onerosi per i singoli consorziati.

Dottrina e giurisprudenza sono concordi nell'annoverarli nell'ambito della categoria delle associazioni non riconosciute: in quanto caratterizzati dall'esistenza di una stabile organizzazione di soggetti, funzionale al raggiungimento di uno scopo non lucrativo (diversa la nozione di supercondominio che nasce come qualitas fundi). Si tratta di una figura legislativamente atipica, ma fornita di tipicità sociale, dato il forte utilizzo del fenomeno nella prassi (Cass. civ., sez.I, 9 febbraio 2007, n. 2877) in cui, in ogni caso i connotati delle associazioni non riconosciute si coniugano con un forte profilo di realità (Cass. civ., 20 giugno 2018, n.16197).

Si è proposto di configurare tali organizzazioni come associazioni non riconosciutepur con la precisazione dell'inidoneità di tale fattispecie astratta a contenere la complessa struttura dei consorzi.

I consorziati, per la realizzazione e la gestione delle opere di urbanizzazione (strade, impianti, parcheggi, ecc.) creano infatti una organizzazione comune con dei propri organi di rappresentanza (assemblea, amministratori). L'assimilazione alle associazioni non riconosciute è secondo alcuni inappagante attesa la struttura “chiusa” e lo scopo economico del consorzio in antitesi, rispettivamente, con la struttura aperta e con lo scopo ideale delle associazioni. Un esempio concreto della inadeguatezza della disciplina delle associazioni si individua nella trasmissione della qualità di associato: impossibile nelle associazioni sia per atto inter vivos che mortis causa, stante l'intuitus personae che caratterizza il rapporto associativo. Nei consorzi residenziali l'appartenenza all'ente è data dalla proprietà del lotto ricompreso nel comparto edificatorio e si trasmette con la vendita del bene.

Ancora con riferimento al recesso: ai sensi dell'art. 24, comma 2, c.c. «l'associato può sempre recedere dall'associazione se non ha assunto l'obbligo di farne parte per un tempo determinato». Il recesso ad nutum non sembra, invece, compatibile con la qualità di proprietario del lotto edificatorio e con la comproprietà delle aree sulle quali dovranno essere realizzate le opere di urbanizzazione. È evidente, infatti, che le obbligazioni assunte dai partecipanti al consorzio hanno la natura di obbligazioni propter rem, essendo caratterizzate da una stretta inerenza alla res, cioè ai lotti edificatori ricompresi nel consorzio e ai beni messi in comune tra i consorziati per la realizzazione delle opere di urbanizzazione. Il soggetto destinatario degli obblighi che derivano dalla convenzione con il Comune si identifica con il proprietario del lotto ricompreso nel comparto edificatorio.

Nelle obbligazioni propter rem il soggetto obbligato è individuato sulla base del suo rapporto con la res; ad esempio, il condomino, in quanto proprietario della singola unità immobiliare, è obbligato al pagamento delle spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza (art. 1123, comma 1, c.c.).

La disciplina prevista dallo statuto e l'utilizzo del criterio analogico

Come viene ripetuto in giurisprudenza (v., tra le tante, Cass. civ., sez.I, 9 febbraio 2007, n. 2877) oltre all'innegabile connotato associativo, i consorzi si caratterizzano anche per un forte profilo di realità «in quanto il singolo associato, inserendosi nel sodalizio al momento dell'acquisto dell'immobile, onde beneficiare dei vantaggi offertigli, assume una serie di obblighi ricollegati in via immediata e diretta alla proprietà dei singoli cespiti e di quelli eventualmente comuni, legittimamente qualificabili in termini di obligationes propter rem con riferimento non solo alla gestione delle cose e dei servizi consortili, ma anche alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria».

Tale problema sorge, ovviamente ove lo statuto non detti indicazioni al riguardo.

Infatti la giurisprudenza è ferma nel sancire il ruolo prioritario della volontà dei consorziati espressa nello statuto del consorzio (Cass. civ., sez. II, 3 ottobre 2013, n. 22641; e già Cass. civ., sez.I, 9 febbraio 2007, n. 2877; Cass. civ., sez.I, 1 giugno 2010, n. 13417, secondo cui , ai fini della ricostruzione della disciplina dei rapporti interni tra i consorziati, occorre in primo luogo avere riguardo «alla volontà manifestata dalle parti nello Statuto e, soltanto ove questo non disponga,… passare ad individuare la normativa più confacente alla regolamentazione degli interessi implicati dalla controversia, in considerazione della complessità della struttura degli organismi in questione».

Ciò anche in virtù del fatto che, in quanto associazioni non riconosciute, i consorzi sono retti in primo luogo, dagli accordi degli associati (art.36, comma 1, c.c.). Le norme sulle associazioni non riconosciute saranno in ogni caso applicate a quelle disposizioni che non presuppongono, per la loro operatività, il requisito del riconoscimento e, certamente, ai profili organizzativi ed associativi del consorzio.

Le norme di diritto civile verranno applicate in via residuale.

La giurisprudenza della Cassazione ha preso atto della mancanza di una disciplina specifica avvalorando il ricorso alla c.d. analogia iuris (art. 12 delle «Disposizioni sulla legge in generale»).

Quindi, i consorzi non hanno una compiuta disciplina normativa e per la soluzione dei problemi giuridici occorre fare ricorso a quanto stabilito dall'autonomia privata nell'atto costitutivo e nello statuto del consorzio oppure alla disciplina normativa più confacente agli interessi in gioco.

Da qui i contrasti sulla individuazione della disciplina più confacente.

Applicabilità ai consorzi delle norme sul condominio

Sulla applicabilità delle norme sul condominio, pur appartenendo i consorzi alla categoria delle associazioni, si è espressa la Suprema Corte in diverse pronunce anche recenti (Cass. civ., sez. II, 3 ottobre 2013, n. 22641; Cass. civ., sez.I, 22 settembre 2016, n.18560) .

L'analogia del consorzio con il condominio negli edifici, caratterizzato dalla coesistenza delle proprietà solitarie sulle singole unità immobiliari (appartamenti, uffici, negozi) con la comproprietà sulle parti comuni che sono al servizio delle singole unità immobiliari (tetti, scale, cortili, strade di accesso, ecc.), viene invocata in numerose pronunce della Suprema Corte.

La Suprema Corte (Cass.civ., sez.II, 6 ottobre 2014, n.20989) affrontava la questione del recesso dal consorzio, prospettata anche quale ipotesi di c.d. abbandono liberatorio e, in assenza di una disciplina contrattuale specifica sul punto, procedeva con il metodo dell'analogia applicando le disposizioni in materia di condominio al consorzio costituito tra proprietari di immobili per la gestione delle parti e dei servizi comuni di una zona residenziale (Cass. civ., sez.I,14 marzo 2001, n. 3665; Cass. civ., sez. I, 14 maggio 2002, n. 6966, escludendo, di conseguenza «ogni possibilità di recesso degli associati, se non per effetto di trasmissione a terzi del diritto di proprietà immobiliare, evidentemente esclusiva, la quale comporta altresì il trasferimento delle pertinenze, tra le quali le quote delle cose comuni asservite alla proprietà esclusiva» Cass. civ., sez.I,21 marzo 2003, n. 4125).

Com'è noto, accanto al condominio verticale, è conosciuto nella prassi ed è disciplinato dal codice civile, il condominio orizzontale o supercondominio, nel quale la comproprietà delle parti comuni condominiali è al servizio di costruzioni autonome oppure di più condomìni (ai sensi dell'art. 1117-bis c.c., aggiunto dall'art. 2 della l. n. 220/2012). La figura del c.d. supercondominio, che prima del riconoscimento aveva formato oggetto di ampia letteratura e, in particolare , il condominio orizzontale è la figura giuridica che più si avvicina alla struttura del consorzio di urbanizzazione.

Nel condominio l'amministratore non rappresenta un soggetto giuridico compiuto con un suo patrimonio autonomo e separato da quello dei singoli condomini, essendo il rapporto tra condomini ed amministratore qualificabile come mandato collettivo, con la conseguenza che i rapporti giuridici che derivano dall'attività dell'amministratore sono riferibili direttamenteai singoli condomini, per quota millesimale di rispettiva competenza. L'amministratore non è un organo del condominio ma un mandatario, assimilabile ad un libero professionista, che agisce in piena autonomia ed indipendenza rispetto al condominio.

Il condominio è espressione dell'interesse di cui sono portatori i singoli proprietari, ossia il miglior godimento della proprietà individuale per il tramite della proprietà comune. Si differenzia nettamente dagli enti collettivi dotati di soggettività o personalità giuridica (associazioni, società di persona, società di capitali) “per la semplice ragione che il condominio, rispetto ad essi, non persegue finalità autonome e distinte da quelle dei singoli in quanto titolari delle situazioni di appartenenza”.

L'espressione usata spesso dalla Cassazione del condominio come ente di gestione appare riassuntiva di un fenomeno utilizzabile anche nel consorzio: le caratteristiche del condominio che portano ad escludere una autonomia patrimoniale perfetta o una soggettività giuridica si riscontrano anche nei consorzi:

  • anche nei consorzi l'attività dell'organo di rappresentanza, qualificabile come mandato collettivo, è riferibile direttamente ai singoli consorziati per il valore corrispondente ai singoli lotti rapportati al valore dell'intero comparto, secondo quanto specificato dall'autonomia privata nell'atto costitutivo e nello statuto del consorzio;
  • anche nei consorzi difetta un interesse unitario dell'ente: l'amministratore persegue l'interesse dei singoli consorziati e la sua attività giuridica comporta l'acquisto di diritti ed obblighi direttamente in capo ai singoli consorziati;
  • anche nei consorzi manca un patrimonio autonomo di destinazione che non possa essere distratto dalla sua finalità, tipico degli enti dotati di autonomia patrimoniale.

In concreto: le norme condominiali in ambito consortile

La forte connotazione in termini di realità del consorzio nel quale è evidente il nesso inscindibile tra, da una parte, la proprietà del singolo lotto o costruzione e, dall'altra parte, la comproprietà dei beni comuni, che influenza in maniera determinante anche l'interesse del consorziato alla partecipazione al consorzio e alle sue attività, porta a privilegiare la qualificazione dei consorzi in termini di comproprietà qualificata, affine al supercondominio.

Questa connotazione influenza in maniera determinante anche la disciplina giuridica applicabile ai rapporti interni ed esterni al consorzio per quanto riguarda il recesso dei consorziati, la responsabilità esterna per le obbligazioni consortili in termini di solidarietà o parziarietà e la ripartizione di responsabilità interna tra cedente e cessionario del lotto compreso nel comparto.

Quanto al recesso, il forte profilo di realità connota in maniera del tutto peculiare la facoltà per i consorziati di recedere dal consorzio, facoltà espressamente riconosciuta, invece, agli associati dall'art. 24 c.c.

La giurisprudenza nega la facoltà di recesso per i consorziati, facendo applicazione analogica degli artt. 1104 e 1118 c.c., sul presupposto che nessuno può pretendere di liberarsi dagli oneri connessi a determinati beni o servizi ove continui a trovarsi in una situazione tale da beneficiare comunque degli stessi. Una volta entrati a fare parte del consorzio, con l'acquisto delle rispettive unità immobiliari, i consorziati dovranno rimanere nello stesso finché non abbiano trasmesso ad altri il loro diritto di proprietà, perché come non è possibile entrare a far parte del consorzio se non nella qualità di titolare di un lotto o di un fabbricato, così non è consentito uscirne se non dismettendo tale condizione con il contestuale subingresso di un altro soggetto (ai sensi dell'art. 1118, commi 2 e 3, c.c.: «Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni. Il condomino non può sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d'uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali»; Cass. civ., sez.I,14 maggio 2012, n. 7427; Cass. civ., sez.I, 28 aprile 2010, n. 10220; Cass. civ., sez.I,21 marzo 2003, n. 4125; escludono la possibilità di recedere dal consorzio indipendentemente dal venir meno della qualità di associato).

Secondo la giurisprudenza, l'alienazione del terreno del consorziato comporta il trasferimento automatico in favore dell'acquirente della qualità di membro del consorzio in considerazione della stretta connessione tra la qualità di proprietario dei terreni e la qualità di membro del consorzio che comporterebbe l'applicazione diretta dell'art. 1104 c.c. (Cass. civ., sez.I,6 marzo 2003, n. 3341; Cass.civ., sez. I,4 ottobre 1992, n. 11218).

Infatti,dalla natura volontaria e dalle finalità privatistiche del consorzio non possono farsi discendere automaticamente l'applicabilità della disciplina civilistica in tema di associazioni non riconosciute, e segnatamente dell'art. 24 c.c., il quale richiede, ai fini della cessazione dell'appartenenza all'ente, una dichiarazione di recesso comunicata per iscritto agli altri associati o una delibera di esclusione adottata dall'assemblea per gravi motivi: elementi non necessari per il recesso del consorziato collegato automaticamente alla alienazione dei beni che in esso ricadono (Cass. civ., sez.II, 6 ottobre 2014, n. 20989; Cass. civ., sez.I, 13 aprile 2017, n. 9568).

Sempre in tema di recesso, l'applicabilità delle norme sul condominio (e non sulla comunione) rende applicabile al consorzio l'art.1118 c.c. in tema di condominio che esclude il c.d. abbandono liberatorio. Valgono, quindi, le stesse norme che vigono per il condomino che non può, rinunziando alle cose di proprietà comune, sottrarsi alle spese per la loro conservazione (laddove lo statuto ovvero l'atto costitutivo non manifestino espressamente una volontà in tal senso), non potendo trovare applicazione l'art.1104, comma 1, c.c. per il quale l'obbligo del partecipante di contribuzione alle spese cessa con la rinuncia al proprio diritto (Cass. civ., sez.II, 6 ottobre 2014, n. 20989) .

Sul tema della validità delle delibere assembleari la giurisprudenza ha anche di recente richiamato per i consorzi i principi affermati in materia condominiale (Cass. civ., sez.I, 20 giugno 2018, n. 16197, ai fini dell'accertamento della nullità della delibera con richiami a Cass. civ., sez.I, 28 dicembre 2004, n. 24052).

La impugnativa delle delibere (Trib. Roma 4 agosto 2017, n. 15884) è ritenuta soggetta al termine decadenziale di trenta giorni di cui all'art.1137 c.c. in difetto di alternativa previsione nello statuto del consorzio (già Trib. Bologna 10 aprile 2001).

Quanto agli oneri consortili è stato osservato che «analogamente all'ente condominiale, anche la struttura consortile è preposta alla realizzazione e governo di beni di utilità comune, la cui gestione richiede l'approntamento di adeguato apparato operativo» e che a tale scopo l'ente possa acquisire, dai consorziati morosi le risorse economiche a loro carico, necessarie per il perseguimento dei propri scopi statutari di interesse e vantaggio per l'intera collettività dislocata sul suo territorio, e ciò anche a mezzo della procedura monitoria di cui all'art.63 disp. att. c.c., sulla scorta dei deliberati emessi dagli organi gestori a tal fine statutariamente deputati, approvativi dei resoconti contabili afferenti gli esercizi gestori di competenza e dei relativi piani di riparto individuali, ai sensi dell'art.63 disp. att.c.c.” (Trib. Roma 1 marzo 2018, n.4410; Cass. civ., sez. II, 6 dicembre 2016, n. 24957) valendo per la imputazione delle spese le medesime regole poste per il condominio (Trib. Roma 3 maggio 2017, n.8631).

Parimenti, le quote degli associati sono qualificate come obbligazioni propter rem attesi i forti profili di realità che caratterizzano la posizione dei consorziati (Cass.civ., sez.I, 14 maggio 2012, n. 7427; Cass. civ., sez.I,13 aprile 2017, n. 9568: in detta ultima decisione si rinviene l'affermazione secondo cui il nuovo proprietario subentra nel debito, per le quote consortili, che è obbligazione propter rem, senza necessità della dichiarazione di recesso o della delibera di esclusione, prescritte dall'art.24 c.c. in materia di associazioni).

Sulla non rilevabilità dei vizi della delibera nel giudizio di impugnazione del decreto ingiuntivo per oneri consortili si è espressa la giurisprudenza di legittimità e merito (Trib. Roma n. 707/2013) in applicazione analogica di quanto sancito in ambito condominiale (Cass. civ., sez. un., n.4421/2007).

Le differenze con la disciplina del condominio

La priorità della volontà dei consorziati determina che la volontà delle parti può derogare espressamente alle norme sul condominio giacchè quelle dello statuto rappresentano la prima fonte della disciplina dei consorzi (sicchè lo statuto potrebbe - legittimamente - escludere dal voto il condomino moroso senza che possa invocarsi il divieto degli artt.1105 e 1136 c.c.: a mente dei quali in nessun caso è consento privare i partecipanti del diritto di concorrere all'amministrazione della cosa comune (in tal senso Cass.civ., sez. I, 9 febbraio 2007, n. 2877).

Inoltre nei consorzi volontari non vige un regime di obbligatorietà dell'adesione (Cass. civ., sez. III, 5 febbraio 2013, n.2877). Detti consorzi sono costituiti per la gestione di parti comuni, l'adesione ad esso da parte dell'acquirente di un immobile compreso nel consorzio deve risultare da una valida manifestazione di volontà. L'adesione tacita ad un consorzio di urbanizzazione è possibile purchè espressamente prevista dalla legge, dallo statuto del consorzio e supportata da fatti concludenti; al di fuori di questi casi l'adesione al consorzio deve essere subordinata ad una specifica e formale manifestazione di volontà in caso contrario saremmo dinnanzi ad una violazione del diritto di associazione garantito dall'art. 18 Cost. «… la partecipazione o l'adesione ad esso, da parte dell'acquirente di un immobile compreso nel consorzio, deve risultare da una valida manifestazione di volontà» (Cass. civ., sez.II, 30 marzo 2005, n. 6666), potendo dunque l'acquirente scegliere liberamente anche di non partecipare.

In conclusione

Il consorzio (tra cui quello di urbanizzazione) costituisce una ipotesi di associazione atipica in cui lo scopo non ideale è perseguito mediante una struttura chiusa (differentemente da un tipico ente di cui agli artt.14 ss.c.c.): solo colui che acquista la proprietà di un immobile ricadente nel comprensorio consortile è legittimato a farne parte. Si può parlare di “causa mista” con effetti sulla selezione della disciplina applicabile: la peculiare fattispecie non consente infatti l'integrale rinvio alle norme sulle associazioni non riconosciute ma «una selezione del materiale normativo assistita da un metodo tipologico» pere cui opereranno, per alcuni aspetti , le disposizioni associazioni non riconosciute, per altre le norme del condominio.

Infatti, gli elementi costitutivi del consorzio di urbanizzazione sono la presenza di un'organizzazione di soggetti accomunati dal fatto di essere proprietari esclusivi di un lotto edificabile o di una costruzione, compresi in un comparto edificatorio, e l'esigenza comune di realizzare, gestire e mantenere parti comuni quali opere di urbanizzazione, impianti, costruzioni, ecc.

Abbiamo, da una parte, un'organizzazione di soggetti che perseguono uno scopo comune; dall'altra parte, un collegamento reale tra appartenenza all'organizzazione e proprietà di un bene alla cui valorizzazione è preordinata tutta l'attività dell'organizzazione.

Potrebbe ipotizzarsi il contratto di consorzio quale atto negoziale a causa mista: la causa della messa in comunione sarebbe commista a quella della costituzione dell'associazione non riconosciuta .

Infatti, allo stato attuale secondo la ricognizione giurisprudenziale, i consorzi tra proprietari di immobili residenziali sarebbero perciò regolati:

a) dagli accordi associativi trasfusi nell'atto costitutivo e nello statuto e , per quanto ivi non previsto, in via sussidiaria dalle norme previste per le associazioni;

b) dai vincoli di natura reale connotanti la struttura chiusa del consorzio, gravanti sui proprietari secondo la dinamica propria delle obbligazioni propter rem le quali, di conseguenza, implicheranno l'applicazione analogica delle disposizioni tema di comunione e condominio .

Le norme del condominio (o meglio supercondominio) si applicheranno alla disciplina sui beni comuni come si legge in Trib. Roma 18 giugno 2016, che nel respingere il ricorso proposto per la nomina giudiziale di un nuovo presidente e consiglio amministrazione così si è espresso: «In ragione della natura preminente di associazione non riconosciuta , la normativa in tema di condominio trova applicazione esclusivamente con riguardo alla gestione dei rapporti di natura reale esistenti tra consorzio e consorziati e tra questi ultimi tra di loro, disciplinando i diritti ed obblighi di coloro che, in ragione della qualità di proprietari esclusivi di beni immobili ubicati nel comprensorio territoriale, usufruiscono dei servizi comuni rappresentati dall'organizzazione consortile, ma non anche con riferimento all'ambito attinente alla costituzione, modifica e revoca degli organi consortili per i quali, in difetto di previsioni statutarie, deve applicarsi la disciplina prevista per le associazioni non riconosciute” (analogamente un decreto del medesimo» Trib.Roma25 ottobre 2017).

Guida all'approfondimento

Castellano, Sulla natura giuridica dei consorzi di urbanizzazione, in Corr. giur., 1997, 844;

Timpano, Natura e disciplina dei consorzi di urbanizzazione, con particolare riguardo alla possibilità di porre limitazioni al diritto di voto dei consorziati, in Riv. notar., 2007, fasc. 4, 929;

Corona, Consorzi urbanistici e comunione di godimento, in Riv. giur. sarda, 2010, 124;

Terzago, Il condominio. Trattato teorico-pratico, Milano, 2015, 1069;

Morozzo della Rocca, Le forme giuridiche dell'adesione al consorzio di urbanizzazione, in Corr. giur., 2009, 97;

Greco, Sulla natura dei consorzi volontari di urbanizzazione, in Contratti, 2001, 1006;

Russo, Consorzio tra proprietari di immobili e obbligo di pagamento dei contributi consortili, in Giust. civ., 1985, I, 75.

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