Il limite di finanziabilità dei mutui fondiari nella giurisprudenza di legittimità

18 Dicembre 2018

Il contratto di credito fondiario che non rispetti il rapporto tra valore del bene ipotecato e montante del mutuo concesso fissato dalla normativa di cui all'art. 38 TUB è nullo, perché posto in essere in violazione di norme imperative.
Massima

Il contratto di credito fondiario che non rispetti il rapporto tra valore del bene ipotecato e montante del mutuo concesso fissato dalla normativa di cui all'art. 38 TUB è nullo, perché posto in essere in violazione di norme imperative.

Il caso

Affinchè un finanziamento ipotecario possa essere qualificato di 'credito fondiario' (artt. 38 e ss. TUB) e quindi consentire l'applicazione della speciale disciplina privilegiata prevista per tale tipologia di operazioni, è necessario che siano rispettati alcuni requisiti di legge, che costituiscono altrettanti requisiti di 'fondiarietà', ossia elementi (necessari) in grado di qualificare il finanziamento ipotecario appunto di credito fondiario; in particolare, è identificabile come tale un finanziamento bancario a medio e lungo termine, di un ammontare determinato secondo parametri prestabiliti, assistito da ipoteca immobiliare di primo grado concessa contestualmente alla stipulazione del finanziamento.

Il secondo comma dell'art. 38 TUB demanda alla Banca d'Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, la definizione delle modalità di determinazione degli importi massimi finanziabili nell'ambito di un'operazione di credito fondiario.

Con deliberazione 22 aprile 1995 del CICR e le conseguenti Istruzioni applicative della Banca d'Italia, l'ammontare massimo dei finanziamenti 'fondiari' è stato fissatonell'80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi, ivi compreso il costo dell'area o dell'immobile da ristrutturare (la predetta percentuale di concessione è, peraltro, suscettibile di un significativo innalzamento, fino al 100% del valore dell'immobile cauzionale o del costo delle opere da eseguire sullo stesso, qualora siano prestate dal cliente idonee garanzie integrative, cfr. Banca d'Italia, Istruzioni di Vigilanza per le banche, Titolo V, Cap. I, Sez. II). La giurisprudenza di merito ha evidenziato l'aleatorietà connessa alla individuazione concreta del limite di finanziabilità al momento della conclusione del contratto. Aleatorietà derivante dal fatto che detto limite è agganciato ad un parametro - il valore del bene - che non solo è opinabile sul piano sincronico, secondo i criteri di stima adottati, ma è parimenti oscillante sul piano diacronico in diretta correlazione con le oscillazioni del mercato. Il che si traduce nell'assoggettare questa tipologia di controversie all'aleatorietà e complessità di accertamenti peritali (Trib. Milano 30 giugno 2016; vedi anche Trib. Vicenza 25 ottobre 2017, che ha censurato la mancanza di specifiche tecniche legislative utili alla sicura determinabilità del "valore" dell'immobile cauzionale).

La questione

La circostanza che il limite di finanziabilità - previsto dalla normativa primaria (art. 38 TUB) e definito nel suo ammontare dalla Banca d'Italia - costituisca uno dei requisiti essenziali per la qualificazione di un finanziamento ipotecario come 'fondiario', solleva il problema degli effetti del mancato rispetto di tale percentuale di concessione. A tale riguardo, l'elaborazione giurisprudenziale di legittimità (cui sono circoscritte le presenti note) ha prospettato differenti conseguenze del superamento dei limiti di finanziabilità.

Le soluzioni giuridiche

Deve essere menzionato, in primo luogo, un orientamento (invero insoddisfacente) della Suprema Corte di Cassazione, secondo cui la disposizione dell'art. 38 TUB e i conseguenti provvedimenti delle Autorità amministrative sono norme di 'buona condotta' la cui violazione può, nel caso, comportare l'irrogazione delle sanzioni previste dall'ordinamento bancario, senza potere incidere sul regolamento contrattuale delle relative posizioni e, in particolare, sulla validità delle medesime (Cass., n. 26672/2013; Cass., n. 27380/2013; Cass., n. 22446/2015; Cass., n. 4471/2016; Cass., n. 13164/2016; conformi Trib. Nuoro 17 maggio 2016; Trib. Cagliari 29 marzo 2016, seppure con qualche perplessità; Trib. Vicenza 25 ottobre 2017).

In sostanza, l'art. 38 TUB non è norma di tutela del contraente debole (se così fosse, la sua violazione impatterebbe sulla validità del contratto) ma è norma dettata a presidio del sistema bancario, perché volta ad impedire che le banche assumano esposizioni finanziarie senza adeguate garanzie. In particolare, la violazione dell'art. 38 TUB non configura la violazione di una norma imperativa (che provoca la nullità del contratto) bensì una irregolarità commessa dalla banca rispetto a quella che dovrebbe essere la propria best practice, sanzionabile dalla Banca d'Italia in termini di infrazione alle regole di sana e prudente gestione dell'attività bancaria (cfr. Cass. n. 26672/2013, secondo cui se è possibile affermare il carattere imperativo dell'art. 38 TUB deve, invece, escludersi che lo stesso sia configurabile quale norma di validità del contratto, dovendosi invece ricondurre tra le norme di comportamento, la cui violazione non conduce alla conseguenza di cui all'art. 1418 c.c., ma attiva meccanismi sanzionatori di diversa tipologia).

Diversamente opinando, prosegue la Cassazione, far discendere dalla violazione del limite di finanziabilità la nullità del finanziamento ormai erogato col conseguente venir meno della connessa garanzia ipotecaria condurrebbe al paradossale risultato di pregiudicare ancor più proprio quel valore della stabilità patrimoniale della banca che la norma intende proteggere (Cass., n. 26672/2013, cit.). Questa impostazione - no nullità del contratto ma violazione di una regola di comportamento - è avallata da parte della giurisprudenza di merito sul presupposto della mancanza di indicazioni normative sul concetto di "valore" (di mercato? Di stima ex art. 15 c.p.c.? Di vendita giudiziale ai sensi dell'art. 568, comma 1, c.p.c.? Catastale?) dell'immobile cauzionale, circostanza che impedirebbe di sanzionare di nullità la violazione della percentuale di concessione del finanziamento (requisito di 'fondiarietà') proprio per l'assenza di indicazioni legislative sul concetto di "valore" dell'immobile cauzionale (Trib. Vicenza 25 ottobre 2017, cit., secondo cui è anomalo che un elemento, il "valore" dell'immobile cauzionale, così determinante della fattispecie, se veramente si trattasse di un requisito stabilito a pena di nullità, sia «ammantato di una tale incertezza e rimesso alla libera interpretazione giurisprudenziale, senza alcun riferimento tecnico»).

Le conclusioni dell'orientamento di legittimità da ultimo riferito sono state di recente opportunamente rimeditate dalla Cassazione (Cass. n. 17352/2017; Cass. n. 19016/2017; Cass. n. 6586/2018; Cass. n. 9079/2018; Cass. nn. 11201, 11543 del 2018; conforme App. Napoli 7 dicembre 2017), secondo cui il superamento del limite di finanziabilità determina la nullità del contratto di mutuo fondiario, con sua eventuale conversione in ordinario finanziamento ipotecario. Gli argomenti logico-giuridici sottesi al condivisibile indirizzo della Cassazione, cui da ultimo aderisce la decisione in commento, sono riassumibili come segue:

  • la prescrizione del limite di finanziabilità è essenziale ai fini della qualificazione del finanziamento ipotecario come, appunto, "fondiario"; col superamento del limite di finanziabilità, il precetto di cui all'art. 38 TUB è disatteso non solo (e non tanto) sul versante del comportamento, quanto e soprattutto sul versante dell'oggetto del finanziamento fondiario eccessivo;
  • il limite massimo di concedibilità del mutuo fondiario risponde a una necessità di analitica regolamentazione dettata da obiettivi economici generali: «la norma non è volta a tutelare la stabilità patrimoniale della singola banca, ma persegue interessi economici nazionali (pubblici)»; il valore massimo di finanziabilità costituisce un limite inderogabile all'autonomia privata in ragione della natura pubblica dell'interesse tutelato, volto a regolare il quantum della prestazione creditizia al fine di favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare ed agevolare e sostenere l'attività di impresa;
  • l'interpretazione che in materia di credito fondiario esclude la nullità del relativo contratto, ove pur sia violato il limite massimo di concedibilità del finanziamento, finisce per mantenere intatta una causa di prelazione resa illegittima dalla violazione del precetto normativo, con eventuale violazione della par condicio creditorum;
  • da quest'ultimo angolo di visuale, è da rimarcare l'inadeguatezza della sanzione amministrativa, giacché sanzionare il superamento della soglia con l'irrogazione di mere sanzioni amministrative, facendo sempre salva la validità del contratto, significa consentire alla banca di disporre della fattispecie del credito fondiario, mantenendone i significativi benefici correlati pur nel mancato rispetto dei limiti di legge, con conseguente pregiudizio delle pretese dei creditori concorrenti.

Sulla base di queste premesse, la S.C. ha stabilito dunque il seguente principio di diritto: il mancato rispetto del limite di finanziabilità, ai sensi dell'art. 38, comma 2, TUB e della conseguente delibera del CICR, determina di per sé la nullità del contratto di mutuo fondiario; e poiché il detto limite è essenziale ai fini della qualificazione del finanziamento ipotecario come "fondiario", secondo l'ottica del legislatore, lo sconfinamento di esso conduce automaticamente alla nullità dell'intero contratto fondiario, salva la possibilità di sua conversione in un ordinario finanziamento ipotecario ove ne risultino accertati i presupposti.

In definitiva, la soglia stabilita per il finanziamento, è osservato, non è confinabile nell'area del comportamento in fase pre-negoziale e dunque nell'area della contrattazione tra banca e cliente, in quanto la percentuale di concessione ha la più incisiva funzione di regolare l'ammontare della prestazione creditizia in modo da incidere direttamente sulla fattispecie; ne consegue che, con il superamento del limite di finanziabilità (80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi), il precetto in questione è disatteso non solo sul versante del comportamento quanto sul versante dell'oggetto del finanziamento fondiario eccessivo. Lo sconfinamento del limite in oggetto, che conduce automaticamente alla nullità dell'intero contratto fondiario, mantiene tuttavia intatta la possibilità di conversione del mutuo fondiario in un ordinario finanziamento, ove ne risultino accertati i presupposti, sicché, ferma la nullità del contratto di mutuo fondiario, l'unica modalità di recupero del contratto nullo è quella della conversione in un contratto diverso (art. 1424 c.c.).

Una menzione a parte meritano le concrete modalità di conversione del mutuo fondiario in ipotecario ordinario, in caso di mancato rispetto della percentuale di concessione. Al riguardo, è affermata la necessità di una espressa domanda della parte per disporre la predetta conversione, come stabilito dalle Sezioni Unite, secondo cui «i poteri officiosi di rilevazione di una nullità negoziale non possono estendersi alla rilevazione (non più di un vizio radicale dell'atto, ma anche) di una possibile conversione del contratto in assenza di esplicita domanda di parte» (Cass., S.U., n. 26242/2014; conf. Cass. n. 24651/2014; Cass. n. 17352/2017, cit.; App. Napoli 7 dicembre 2017, cit.; Trib. Catanzaro 16 gennaio 2018).

Conclusioni

Alla luce dell'attuale elaborazione giurisprudenziale di legittimità, il rispetto del limite di finanziabilità è essenziale ai fini della qualificazione del finanziamento ipotecario come 'fondiario'; il superamento della percentuale di concessione implica la nullità dell'intero contratto fondiario; resta impregiudicata la possibilità di conversione del mutuo 'fondiario' in un finanziamento ipotecario ordinario (su espressa domanda di parte).

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