Integrazione del contraddittorio in appello: sollecitato l’intervento delle Sezioni Unite

Redazione scientifica
19 Dicembre 2018

Il Primo Presidente dovrà decidere se assegnare alle Sezioni Unite la questione se, nel caso in cui, in sede di notificazione dell'ordine di integrazione del contraddittorio, risulti il decesso del destinatario, debbano ritenersi tuttora validi i principi affermati nella sentenza n. 1238/2005 – con conseguente possibilità di assegnazione di un ulteriore termine perentorio per procedere all'integrazione del contraddittorio nei confronti della parte defunta  ovvero se debba farsi applicazione estensiva dei principi affermati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 14594/2016.

Il caso. La Corte d'appello di Bari dichiarava inammissibile il gravame proposto, per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di una persona. Più precisamente, l'integrazione del contraddittorio era stata notificata soltanto a due degli eredi di una parte deceduta e non anche a una terza erede. Avverso la sentenza veniva proposto ricorso per cassazione.

Impugnazioni proposte dopo la morte di una parte. Sul tema delle impugnazioni proposte dopo la morte di una parte sono emersi nella giurisprudenza di legittimità contrasti, divergenze e oscillazioni, che non hanno trovato una stabile e definitiva composizione neppure in seguito ai vari interventi delle Sezioni Unite.

Contrasti giurisprudenziali. Per l'ipotesi che rileva nel caso in esame, il Collegio ricorda come le Sezioni Unite, con la pronuncia n. 1238/2005, hanno stabilito che, in caso di decesso del destinatario dell'ordine di integrazione del contraddittorio, alla parte che - pur avendo tempestivamente espletato l'adempimento posto a suo carico ai sensi dell'art. 331 c.p.c. con la consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario - veda non conseguito il perfezionamento della notificazione nel termine fissato per detta integrazione, nei confronti del destinatario dell'atto, a causa, appunto, del decesso del medesimo - che essa non era tenuta a conoscere e di cui venga informata soltanto attraverso la relazione di notifica - deve esser assegnato un termine ulteriore (di carattere perentorio) per procedere all'integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi della parte defunta.

Più di recente, le Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 15 luglio 2016, n. 14594), in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, hanno affermato che il notificante, appreso dell'esito negativo della notifica, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa. Tale ultima sentenza ha consolidato l'excursus giurisprudenziale tendente a porre un preciso onere di attivazione al soggetto notificante, stabilendo il termine ragionevole per il completamento dell'iter notificatorio.

La questione controversa. Considerati i numerosi orientamenti giurisprudenziali che si sono susseguiti dopo la sentenza n. 1238/2005 resa a Sezioni Unite dalla Suprema Corte, si è posta la questione se, nel caso in cui, in sede di notificazione dell'ordine di integrazione del contraddittorio, risulti il decesso del destinatario, debbano ritenersi tuttora validi i principi affermati nella suddetta sentenza – con conseguente possibilità di assegnazione di un ulteriore termine perentorio per procedere all'integrazione del contraddittorio nei confronti della parte defunta – ovvero se debba farsi applicazione estensiva dei principi affermati dalle Sezioni Unite nelle sentenze nn. 17352/09 e 14595/16.

Data la particolare rilevanza della questione, gli atti sono stati rimessi al Primo Presidente, ai fini dell'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

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