Portoni e anditi

Gian Andrea Chiesi
24 Dicembre 2018

Portoni ed anditi rientrano tra le parti comuni c.d. necessarie, ai sensi dell'art. 1117 c.c., siccome strutturalmente essenziali all'esistenza stessa del condominio: in quanto tali, sono soggetti alla disciplina dell'art. 1102 c.c.
Inquadramento

Il novellato art. 1117 c.c. chiarisce che sono oggetto di proprietà comune, se non risulta il contrario dal titolo, (a) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune (quali l'area di sedime su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate), (b) le aree destinate a parcheggio ed i locali per i servizi in comune - strumentali, dunque, ad una migliore utilizzazione del condominio e dei servizi dallo stesso offerti (come, ad esempio, la portineria e l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti - ove destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune) nonché (c) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune (come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche).

Portoni ed anditi, dunque, rappresentano parti comuni cd. necessarie le quali, cioè, sono avvinte da un vero e proprio legame di materiale incorporazione con le porzioni in proprietà esclusiva, nel senso che la loro mancanza determina l'inesistenza stessa dell'edificio: a) il portone, in particolare,rappresenta l'elemento di separazione tra l'edificio condominiale e la via pubblica, precludendo l'accesso indiscriminato alle aree condominiali ad opera di terzi estranei; b) gli anditi rappresentano, invece, quelle parti dell'edificio che danno accesso a parti di proprietà comune o esclusiva: in tale nozione rientra anche l'androne che rappresenta quel particolare andito che dal pianterreno conduce ai singoli appartamenti o all'eventuale cortile o giardino condominiale.

Il portone

I portoni d'ingresso consistono nelle porte che, indipendentemente dalla loro grandezza, hanno il precipuo scopo, da un lato, di mettere in comunicazione l'edificio con l'esterno e, dall'altro, di precludere l'accesso indiscriminato dei terzi alle aree condominiali. Con peculiare riferimento alla prima funzione, una pronuncia di merito (App. Milano 3 luglio 1992) ha evidenziato come, in realtà, i portoni di ingresso al fabbricato forniscono una doppia utilità a vantaggio di tutti i condomini, nel senso che consentono al singolo condomino non solo di godere della proprietà esclusiva (utilità diretta), ma anche di utilizzare a manutenere gli spazi comuni (utilità indiretta).

Non osta al riconoscimento della natura condominiale di tale bene, ex art. 1117 c.c., la circostanza che: a) che l'edificio sia dotato di più portoni (a mò di ingresso principale e secondari), giacché tutti, svolgendo la medesima funzione di collegamento con l'esterno, vanno considerati, salvo titolo contrario, di proprietà comune; b) talune unità immobiliari in proprietà esclusiva siano dotate di accesso indipendente sulla pubblica via (Cass. civ., sez. II, n. 3644/1956) e, tanto, in considerazione dell'utilità indiretta che essi comunque arrecano a dette proprietà individuali.

Ugualmente problemi non si registrano, in relazione al regime proprietario comune, allorché un edificio originariamente privo, sia successivamente munito di portone o cancello di ingresso: ed infatti, i giudici di legittimità (Cass. civ., sez. II, 21 febbraio 2013, n. 4340) hanno chiarito che la deliberazione dell'assemblea con cui sia disposta l'apposizione di cancelli all'ingresso dell'area condominiale, al fine di disciplinare il transito pedonale e veicolare e impedire l'ingresso indiscriminato di estranei, non ha ad oggetto un'innovazione, e non richiede, pertanto, l'approvazione con un numero di voti che rappresenti i due terzi del valore dell'edificio, attenendo essa all'uso e alla regolamentazione della cosa comune, senza alterarne la funzione o la destinazione, né sopprimere o limitare la facoltà di godimento dei condomini implica, quale inevitabile conseguenza.

In evidenza

L'installazione di un impianto di campanello e citofono, per consentire il collegamento con l'esterno di un appartamento in edificio condominiale e l'apertura del portone di quest'ultimo, non integra imposizione di servitù a carico della proprietà condominiale, ma configura un uso del bene comune, legittimo nei limiti in cui non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso (Cass. civ., sez. II, 22 giugno 1982, n. 3795).

Gli anditi: in particolare, l'androne

Come evidenziato in precedenza, gli anditi rappresentano quelle porzioni dell'edificio che danno accesso a parti di proprietà comune o esclusiva: in tale nozione rientrano anche l'androne, che rappresenta quel particolare andito che dal pianterreno conduce ai singoli appartamenti o all'eventuale cortile o giardino condominiale, e i vestiboli, quelle parti degli anditi immediatamente successive, cioè, al portone.

Con particolare riferimento all'androne, esso (al pari delle scale), rappresentando un elemento strutturale necessario all'edificazione di uno stabile condominiale, nonché mezzo indispensabile per accedere al tetto e al terrazzo di copertura, conserva, in assenza di titolo contrario, la qualità di parte comune, come indicato nell'art. 1117, n. 1), c.c., anche relativamente ai condomini proprietari di negozi o locali terranei con accesso dalla strada, poiché anche tali condomini ne fruiscono, quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell'edificio (Cass. civ., sez. II, 20 aprile 2017, n. 9986).

In evidenza

Le scale e l'androne, essendo elementi strutturali necessari all'edificazione di uno stabile condominiale e mezzo indispensabile per accedere al tetto ed al terrazzo di copertura, conservano, in assenza di titolo contrario, la qualità di parti comuni, come indicato nell'art. 1117 c.c., anche relativamente ai condomini proprietari di negozi o locali terranei con accesso dalla strada, poiché anche tali condomini ne fruiscono, quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell'edificio. Ne consegue l'applicabilità della tabella millesimale generale ai fini del computo dei quorum per la ripartizione delle spese dei lavori di manutenzione straordinaria (ed eventualmente ricostruzione) dell'androne e delle scale, cui anche detti condomini sono tenuti a concorrere, in rapporto ed in proporzione all'utilità che possono in ipotesi trarne (Cass. civ., sez. II, 20 aprile 2017, n. 9986).

Sicché, sebbene sembrerebbe doversi discutere, in tal caso, di un “condominio parziale”, quanto meno in dipendenza dell'estraneità ad esso dei proprietari dei locali terranei aventi accesso direttamente dalla strada: “nondimeno [...] imprescindibile risulta la reiterazione pur dell'insegnamento di Cass. civ., sez.II, 22 febbraio 1996, n. 1357, secondo cui a norma dell'art. 1117 c.c., n. 1), le scale di un edificio condominiale, anche se più di una e poste concretamente al servizio di parti diverse dell'edificio stesso, vanno sempre considerate, in assenza di un contrario titolo negoziale, di proprietà comune di tutti i condomini, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell'art. 1123, comma 3, c.c., il quale, proprio sul presupposto di tale comunione, disciplina soltanto la ripartizione delle spese per la conservazione e il godimento di esse, ispirandosi al criterio della utilità che ciascun condomino o gruppo di condomini ne trae. Più esattamente, se è vero che il condominio parziale postula che il condominio originario non si frantumi in nuovi, distinti condominii» (così in motivazione Cass. civ., sez. II, 21 gennaio 2000, n. 651), talché è figura diversa dal condominio separato ex artt. 61 e 62 disp. att. c.c., ne deriva che anche nell'evenienza in cui le scale, i cortili, i lastrici solari, gli impianti siano “destinati a servire una parte dell'intero fabbricato”, permangono in ogni caso la partecipazione, l'inclusione strutturale di tali beni, di siffatte opere nell'“unico edificio” e con essa la comproprietà ex art. 1117 c.c. degli stessi beni, delle stesse opere in capo a tutti e a ciascun condomino.

In questi termini, la locuzione “destinati a servire una parte dell'intero fabbricato”, figurante nel corpo dell'art. 1123, comma 3, c.c., non può essere intesa in guisa tale da azzerare l'utilità seppur ridotta comunque destinata a persistere e da ciascun condomino destinata ad esser ricavata dall'inclusione della sua esclusiva proprietà nell'unico edificio (Cass. civ., sez. II, n. 9986/2017, cit.).

Sostanzialmente conforme Cass. civ., sez. II, 21 maggio 2015, n. 10483, la quale chiarisce che la semplice presenza in un edificio di più androni non è di per sé sola sufficiente a far ritenere la piena autonomia e indipendenza strutturale e funzionale delle relative porzioni immobiliari rispetto alla rimanente parte dell'intera opera edilizia, ove solo si tenga conto che l'androne non dà accesso solo alla scala, ma anche ai muri perimetrali, anch'essi comuni all'intero stabile condominiale (contra, però, Trib. Parma 10 maggio 2011, che ha ritenuto esonerato dalla contribuzione alle spese per i lavori di rifacimento dell'ascensore il condomino proprietario di unità immobiliari adibite a negozi, con accesso diretto e indipendente esclusivamente dall'esterno, prive di cantina e con nessuna possibilità di uso dell'androne e delle scale comuni).

L'uso dell'androne

Come anticipato, dunque, l'androne rappresenta una forma particolare di andito e, cioè, uno spazio destinato al passaggio per accedere alle proprietà individuali e alle altre aree comuni: esso, in particolare, consiste nella zona di disimpegno immediatamente successiva al portone di ingresso dell'edificio condominiale, dalla quale si accede alle scale, al cortile nonché ad altre aree private o comuni.

Circa i possibili usi cui l'androne può essere destinato, la giurisprudenza è stata particolarmente copiosa:

a) analogamente al cortile, si ritiene legittima l'apertura, (nel muro perimetrale che affaccia) nell'androne condominiale, di un nuovo ingresso a favore dell'immobile di un condomino in quanto, pur realizzando un utilizzo più intenso del bene comune da parte di quel condomino, non esclude il diritto degli altri di farne parimenti uso e non altera la destinazione del bene stesso, nel pieno rispetto dell'art. 1102 c.c. (Cass. civ., sez. VI/II, 14 novembre 2014, n. 24295).

A tale proposito, anzi, si è ritenuta legittima anche l'apertura, praticata ad opera del proprietario di un immobile ubicato al pianterreno ma con accesso dall'esterno del portone di ingresso dell'edificio, per collegare il proprio immobile all'androne condominiale (TAR Calabria Catanzaro, 23 febbraio 2015);

b) è stata, al contrario, ritenuta contrastante con gli stessi limiti di cui al menzionato art. 1102 c.c., la condotta di un condomino consistente nell'incorporazione di parte dell'androne (o di altro andito) nel proprio appartamento, in tal modo privando, in maniera irreversibile, la porzione inglobata di parte comune all'uso degli altri condomini;

c) al pari del cortile, l'androne, comunemente utilizzato per l'accesso veicolare alle singole proprietà private, è funzionalmente destinato anche alla sosta temporanea con veicoli, trattandosi di uso accessorio al passaggio (Cass. civ., sez. II, 28 settembre 1962, n. 2788): sennonché è illecita la condotta del condomino consistente nel parcheggiare la propria autovettura nell'androne condominiale, atteso che detto parcheggio impediva ai pedoni di accedere ad un piccolo cortile per raggiungere gli appartamenti, nonché il transito delle altre autovetture per il ricovero nelle rispettive autorimesse (Cass. civ., sez. II, 12 novembre 2012, n. 19615; nel medesimo senso, Trib. Vigevano, 12 febbraio 1982 che, più genericamente, si riferisce all'illegittimità di un parcheggio che renda difficoltoso, per le dimensioni dell'androne, il suo uso);

d) non è consentito al condomino aprire un varco nel muro perimetrale dell'edificio condominiale, per mettere l'androne comune in comunicazione con altra sua proprietà contigua, estranea al condominio, trattandosi di un indebito uso del muro e dell'androne, il primo, alterato nella sua destinazione e funzione di recinzione del fabbricato condominiale, il secondo, assoggettato a passaggio in favore di bene non compreso in detto fabbricato (Cass. civ., sez. II, n. 23339/1981);

e) il condomino non può aprire una finestra nel muro perimetrale che delimita l'androne, giacché la naturale destinazione di quest'ultimo è quella di consentire l'accesso alle parti individuali e non anche quella - propria del cortile - di dare aria e luce a queste ultime (Cass. civ, sez. II, n. 2544/1941).

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