Assenza di limite temporale fisso nel piano del consumatore: ammissibilità ponderata al caso concreto

Luigi Amendola
27 Dicembre 2018

In assenza di una previsione normativa del limite di durata delle procedure di sovraindebitamento, va esclusa l'individuazione di un parametro temporale fisso rispetto al quale vagliare l'ammissibilità del piano del consumatore, dovendosi preferire una ponderata valutazione della singola fattispecie.
Massima

In assenza di una previsione normativa del limite di durata delle procedure di sovraindebitamento, va esclusa l'individuazione di un parametro temporale fisso rispetto al quale vagliare l'ammissibilità del piano del consumatore, dovendosi preferire una ponderata valutazione della singola fattispecie.

Va omologato il piano del consumatore qualora la dilazione proposta dal debitore risulti pienamente compatibile con la natura giuridica del rapporto negoziale sottostante (nel caso di specie: un mutuo fondiario), vale a dire un rapporto negoziale la cui intrinseca ed ontologica caratteristica è proprio la lunga durata (che, per i mutui, secondo la prassi bancaria, raggiunge tempistiche anche di molto superiori a quelle proposte).

Il caso

Un consumatore chiede l'omologa di un piano del consumatore strutturato sulla dilazione di pagamento ventennale di un credito di rango ipotecario-fondiario. Il Tribunale di Como, nel respingere l' opposizione della creditrice Banca che ne eccepiva la irragionevole durata, ha omologato il piano, ritenendo di dover vagliare la ragionevolezza del termine di esecuzione della procedura di sovraindebitamento sulle peculiarità della singola fattispecie concreta, che, nel caso di specie, induceva ad un giudizio del tutto positivo. Ha ritenuto, nello specifico, che il termine di esecuzione ventennale, essendo conforme alla natura giuridica del rapporto negoziale sottostante (id est mutuo fondiario), la cui ontologica caratteristica è proprio la lunga durata, non poteva che porsi in senso favorevole all'omologa. Tanto anche in considerazione del fatto che la creditrice Banca rappresentava la quasi totalità dei debiti da consumo fondanti il piano.

Questioni giuridiche

La pronuncia in commento involge la problematica della ragionevole durata del piano del consumatore, tema di particolare interesse giacchè la normativa di riferimento è silente sul punto. La legge n. 3 del 27 gennaio 2012 recante la disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento non identifica in nessuna sua disposizione quali sono i tempi massimi di esecuzione del piano né contiene norme applicabili.

L'art. 7, comma 2, come modificato a seguito dei decreti correttivi previsti con d. l. n. 179/2012, detta, quali condizioni di procedibilità: che il debitore richiedente non abbia fatto ricorso nei cinque anni precedenti ad uno dei procedimenti previsti; che non abbia subito, per cause a lui imputabili, un provvedimento di impugnazione, revoca o annullamento del piano; e che abbia depositato una documentazione idonea a ricostruire la sua situazione economica e patrimoniale.

L'assenza di un dato normativo univoco ha alimentato il vivo dibattito giurisprudenziale e dottrinale registratosi in materia.

La soluzione offerta dalla sentenza in commento

Il Tribunale di Como ha inteso sopperire a tale vuoto mediante un'interpretazione che “presuppone il bilanciamento di contrapposti interessi di rango costituzionale - la ragionevole durata dei procedimenti nonché la effettività della tutela giurisdizionale, tenuto conto della natura dei rapporti giuridici dai quali il credito al consumo trae origine”.

In altre parole, il Tribunale comasco ha offerto una chiave di lettura moderata tra gli opposti orientamenti giurisprudenziali che si sono sviluppati in materia. Nel rintracciare la soluzione da adottare, negli anni post legge cd. salva suicidi, è emersa una netta divaricazione in proposito: in senso concessivo, la giurisprudenza di merito ha ammesso piani del consumatore con dilazione di pagamento anche di 20, 30 o 40 anni (cfr. Tribunale di Napoli, decreto del 28 ottobre 2015,Tribunale di Pisa, decreto del 05.7.2017) ed in senso restrittivo ha ritenuto, nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo, di preferire soluzioni aderenti ad una durata inferiore addirittura ai cinque anni (Tribunale di Rovigo, 13.12.2016; Tribunale di Milano, 27.11.16.) Si sono registrati anche decreti di omologa di piani del consumatore di durata di 5 – 7 anni richiamando il limite temporale delle procedure concorsuali.

La Suprema Corte di Cassazione ha affermato che la procedura fallimentare, affinché rispetti i dettami dell'art. 2, comma 2, L. 89/2001 (c.d. legge Pinto) e i parametri della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, non possa superare i cinque anni nel caso di media complessità e i sette anni in caso di notevole complessità (Cass., n. 8468 del 28 maggio 2012, e Cass. n. 23982 del 12 ottobre 2017). Inoltre, con la sentenza 23 gennaio 2013, n. 1521, le Sezioni unite, nel pronunciarsi sulla questione del controllo di legittimità del giudizio di fattibilità della proposta di concordato preventivo, hanno affermato che tale giudizio debba essere operato anche tenendo conto della ragionevole durata del piano.

Da qui l'estensione in via analogica al piano del consumatore proposta da alcuni Tribunali.

Ebbene, sotto il primo profilo si tende a dare maggiore rilevanza al principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti del consumatore sovraindebitato, sottolineando al massimo la ratio della L. 3/2012.

Ex adverso, il secondo filone giurisprudenziale ha inteso individuare il limite di durata del piano nel principio della ragionevole durata delle procedure giudiziarie, giacchè ha ritenuto di involgere maggiormente un interesse collettivo. È parere dello scrivente, secondo un trend che si sta radicando sempre più nella letteratura giuridica, che l'esigenza di matrice comunitaria di tutelare il consumatore sovraindebitato, riconoscendogliuna second chance, non può tralasciare la tutela del creditore, portatore di interessi - comunque – meritevoli di tutela. È in questo contesto che si inserisce la pronuncia del Tribunale di Como, la quale, nell'omologare un piano del consumatore con esecuzione ventennale, bilancia questi opposti interessi adottando il principio secondo il quale “va omologato il piano del consumatore qualora la dilazione proposta dal debitore risulti pienamente compatibile con la natura giuridica del rapporto negoziale sottostante (ossia un mutuo fondiario), vale a dire un rapporto negoziale la cui intrinseca ed ontologica caratteristica è proprio la lunga durata (che secondo la prassi bancaria raggiunge tempistiche anche di molto superiori a quelle proposte)”

L'assunto è condivisibile, laddove si consideri che, nel caso di specie, il piano del consumatore si pone come alternativa di una soluzione liquidatoria (rectius, trattandosi di mutuo fondiario l'alternativa si tradurrebbe nel soddisfacimento coattivo sul bene gravato da ipoteca) e che dalla liquidazione del bene gravato da ipoteca l'attivo distribuibile sarebbe stato nettamente inferiore a quanto proposto a titolo di soddisfacimento nel piano omologato. La pronuncia è altresì coerente con l'impianto normativo e con la ratio delle procedure per la composizione della crisi da sovraindebitamento, ossia offrire al consumatore sovraindebitato la possibilità di riemergere economicamente in una situazione scevra dai debiti.

Il limite è rappresentato dalle modalità mediante le quali la proposta valutazione del termine sulla fattualità del caso specifico possa concretizzarsi. La non adesione aprioristica ad uno degli orientamenti giurisprudenziali sopra evidenziati potrebbe condurre ad una carenza di certezza.

Tuttavia, quanto sia sacrificabile il diritto del creditore ad ottenere un soddisfacimento del proprio credito in un tempo ragionevole, resta, a parere dello scrivente, un quesito sempre aperto. Infatti, sebbene la lungaggine della procedura esecutiva e i numerosi tentativi di vendita deserta, da un lato, costituiscono elemento per sindacare la convenienza di un piano rispetto ad una situazione liquidatoria, dall'altro non può tacersi che il consumatore sovraindebitato che non riesca ad adempiere al piano potrebbe costituire un grave ostacolo per il creditore, bloccato nelle sue attività di recupero.

Lecito, invero, è chiedersi se l'omologa del Tribunale dovrà riguardare anche la capacità del debitore di adempiere al piano quando il credito non viene falcidiato, ma solo dilazionato in un lungo periodo alla stregua della stipula di un secondo mutuo, giacchè si finirebbe per imporre al creditore – considerato formalmente parte forte – di vedersi affievolito il proprio interesse ad una pronta liquidazione che – probabilmente – anche se si verificasse in misura inferiore potrebbe evitare di scatenare ad effetto domino ulteriori situazioni di indebitamento o di crisi.

Del resto, potrebbero scontrarsi interessi tutelati dall'ordinamento e istituti giuridici. Se da un lato il legislatore ha riconosciuto il diritto del creditore di invocare la decadenza dal beneficio del termine al fine di ottenere, verificatosi l'inadempimento della controparte, il pagamento in un'unica soluzione, dall'altro, imporgli un piano del consumatore di durata ventennale sembrerebbe costituire una “rinuncia tacita – coattiva” – a tale facoltà, “obbligandolo” alla stipula di un nuovo contratto – benchè senza effetto novativo – con un soggetto già inadempiente.

Con questo, si vuol sottolineare che, sebbene il soggetto in crisi per debiti da consumo debba avere la possibilità di reagire ad una situazione debitoria che , come tale, lo porterebbe fuori dal mercato, dall'altro vi è un creditore da tutelare per salvaguardare anche la sua solvibilità nei confronti dei terzi.

Probabilmente, il bilanciamento di interessi costituzionalmente garantiti, di cui, come correttamente indicato dal Tribunale di Como, deve tenersi conto nel caso specifico, dovrà considerare anche l'esigenza e il diritto del creditore ad ottenere il soddisfacimento del proprio credito – magari in misura anche falcidiata, ma comunque - in un tempo ragionevole. Non può tralasciarsi la circostanza che i creditori rispetto al piano del consumatore non hanno alcuna possibilità di voto, né di preventivo accordo con il debitore, subendo, comunque, una decisione assunta ab externo da un organo giurisdizionale. La cd. chance di ristrutturare la propria sovraesposizione debitoria senza avere il consenso qualificato del ceto creditorio, diventa il vero tallone di Achille della normativa in tema di piano del consumatore.

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