La sostenibilità del debito nei sei mesi successivi: una formulazione infelice per l’identificazione degli indici di allerta

Riccardo Ranalli
03 Gennaio 2019

L'art. 13 CCI sancisce che costituiscono indicatori di crisi ai fini delle misure di allerta gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario. Il legislatore, consapevole della marcata indeterminatezza della nozione di squilibrio, si preoccupa di fornire ulteriori indicazioni e precisa che essa debba essere rilevata “attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e della continuità aziendale per l'esercizio in corso”.

L'art. 13 sancisce che costituiscono indicatori di crisi ai fini delle misure di allerta gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario. Il legislatore, consapevole della marcata indeterminatezza della nozione di squilibrio, si preoccupa di fornire ulteriori indicazioni e precisa che essa debba essere rilevata “attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e della continuità aziendale per l'esercizio in corso.

Il successo delle misure di allerta risiederà nell'idoneità degli indici a intercettare, in misura quanto più incontrovertibile, le situazioni di crisi che siano effettivamente tali.

La scelta con riferimento agli obblighi di segnalazione esterna da parte dei creditori pubblici qualificati è andata in questa direzione. Non è invece altrettanto agevole l'individuazione di un unico indice che possa essere posto con efficacia a riferimento nel caso della segnalazione interna e, sotto questo aspetto, molto opportunamente il decreto impone una valutazione unitaria dei diversi indici la cui determinazione è demandata al CNDCEC.

Vero è però il fatto che il più delle volte solo una parte degli indici risulterà attivata. In questi casi, è probabile che gli organi di controllo, nel dubbio, diano comunque corso alla segnalazione all'OCRI rimettendo a quest'ultimo ogni decisione in merito. L'OCRI, dal canto suo, dovrebbe riferirsi a principi quanto più possibile chiari e incontrovertibili per valutare la sussistenza o meno dei presupposti delle misure di allerta.

Assume pertanto fondamentale rilevanza la statuizione di un principio che funga da discrimine preciso tra situazioni in cui la segnalazione deve avere luogo e situazioni in cui il debitore non è tenuto a darvi corso e, qualora la segnalazione abbia avuto luogo, l'OCRI la può legittimamente archiviare.

La non sostenibilità del debito in un orizzonte prossimo e definito (quale i sei mesi del primo comma) vorrebbe porsi in tal senso: la sua presenza potrebbre essere agevolmente indagata sia dal collegio sindacale, sia dall'OCRI.

Vi è però un dettaglio che rischia di vanificare i buoni propositi: l'attuale formulazione è assai infelice e rischia di costituire un momento di confusione interpretativa per l'OCRI, quando dovesse valutare, in presenza di ‘falsi positivi', l'archiviazione della segnalazione, ma prima ancora per il CNDCEC, nell'individuazione degli indici di cui al secondo comma.

Pretendere, come parrebbe dall'attuale testo, che il debito sia ancora sostenibile per almeno 6 mesi e la continuità aziendale in essere per l'esercizio in corso, equivale infatti ad attivare le misure di allerta solo in imprese in continuità aziendale, in grado di sostenere regolarmente le proprie obbligazioni. Sarebbero potenzialmente attratte alle misure di allerta anche o, peggio ancora, solo le imprese sane. Pretendere che l'allerta debba essere intercettata quando l'impresa operi ancora regolarmente e sia in grado di sostenere il proprio debito per almeno 6 mesi, non solo farebbe venire meno la valenza discriminante della previsione, ma addirittura potrebbe fare anche sorgere nell'OCRI il dubbio di essere legittimato ad attivare la composizione della crisi quando non ricorrano le due condizioni richieste, a prescindere dalla praticabilità della stessa.

Sorgerebbero inevitabili conflitti di coordinamento con gli indicatori di allerta costituiti dai “ritardi nei pagamenti reiterati e significativi” di cui all'ultimo periodo del primo comma o con quelli rilevanti per la segnalazione da parte dei creditori pubblici qualificati di cui all'art. 15. Entrambi tali situazioni appaiono, infatti, difficilmente conciliabili con il presupposto della presenza di una sostenibilità del debito per almeno sei mesi ovvero della continuità aziendale per l'esercizio in corso.

Per evitare di vanificare l'intero sistema dell'allerta, elemento fondante dell'intera riforma, pare pertanto necessario che il testo definitivo del decreto venga modificato precisando che gli indici debbono dare evidenza “della non sostenibilità” dei debiti “per i sei mesi successivi” e “dell'assenza” delle prospettive di continuità aziendale.

È una modifica che, come già rappresentato dal CNDCEC nel corso delle audizioni innanzi alle commissioni parlamentari, dovrebbe essere recepita dal decreto sin dalla sua iniziale formulazione per consentire di individuare con efficacia gli indici dell'allerta in tempo utile per la loro applicazione.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.