Divisione e opponibilità al creditore ipotecario

02 Gennaio 2019

Il quesito si riferisce al caso in cui un debitore, comproprietario di un compendio immobiliare composto da diversi immobili, si vede iscritta ipoteca (non è dato sapere se giudiziale o consensuale) sulla sua quota astratta in relazione a tutti gli immobili del compendio. Il quesito pone numerosi interrogativi che vanno analizzati.

In un giudizio volto ad ottenere la cancellazione di un'ipoteca, con sentenza, a seguito di divisione (ipoteca iscritta su tutti gli immobili in comunione per un debito relativo ad uno solo dei comproprietari), laddove in concreto, la divisione non abbia leso i diritti dei creditori iscritti poiché il valore degli immobili assegnati al debitore è tale da soddisfare i creditori, è possibile sostenere che l'ordine di cancellazione possa comunque essere disposto benché i creditori iscritti non siano stati chiamati a intervenire nella divisione, ai sensi dell'art. 1113, comma 3, c.c., poiché la norma ha una mera funzione di garanzia. É possibile, in ogni caso, rendere opponibile la divisione ai creditori iscritti in carenza del suddetto invito? Se sì, in quale modo?

Se ben si comprende, il quesito si dovrebbe riferire al caso in cui un debitore, comproprietario di un compendio immobiliare composto da diversi immobili, si veda iscritta ipoteca (non è dato sapere se giudiziale o consensuale) sulla sua quota astratta in relazione a tutti gli immobili del compendio.

Il quesito pone numerosi interrogativi che vanno analizzati.

Innanzitutto, non è chiarito se la divisione di cui si parla sia avvenuta in via consensuale e il procedimento giudiziario riguardi solo la cancellazione dell'ipoteca, oppure sia anch'essa avvenuta in via giudiziale.

Non si comprende, poi, come sia stato instaurato il giudizio ove si richiede la cancellazione dell'ipoteca: ha coinvolto anche il creditore ipotecario ? Dal tenore del quesito sembrerebbe di no.

Non è chiarito, inoltre, il timore del richiedente che una divisione possa ledere i diritti di un creditore ipotecario iscritto; pericolo, in ipotesi, non verificabile in quanto il singolo comproprietario ha diritto alla divisione la quale non può essere frustrata dal creditore di uno di essi. Con riferimento al creditore ipotecario, invece, proprio al fine di tutelare le sue ragioni, sovviene l'art. 1113, comma 3, c.c. che impone la sua partecipazione alla divisione (o meglio la sua chiamata affinché possa parteciparvi), tanto che in mancanza la divisione stessa non sarà a lui opponibile. Questo congegno serve proprio per eliminare un'ipotetica lesione delle ragioni del creditore e, allo stesso tempo, per non frustrare il diritto del singolo comproprietario alla divisione dei beni comuni come indicato negli artt. 1111 c.c. e 713 c.c. (salvo casi eccezionali contemplati sempre nelle dette norme).

Così sembra esprimersi la giurisprudenza: «Il creditore ipotecario, intervenuto ai sensi dell'art. 1113 c.c. nel giudizio di divisione dei beni ipotecati, non solo può svolgere un'attività diretta alla conservazione della garanzia ipotecaria o ad assicurarsi che non si verifichino a suo danno diminuzioni o riduzioni non lecite, ma, qualora i beni oggetto di divisione siano venduti all'incanto in quanto non comodamente divisibili, può far valere le proprie ragioni, in virtù dell'art. 2825, comma 4, c.c., sulla parte di ricavato attribuita al condividente debitore ed ottenerne l'assegnazione, e ciò nonostante che la vendita disposta per addivenire allo scioglimento della comunione non comporti l'effetto di liberare gli immobili dalle ipoteche iscritte sugli stessi» (Trib. Lecco, 23 maggio 2002).

L'eventuale lesione del creditore, poi, non può essere calcolata unicamente sul valore del bene attribuito, ché ciò deriva dal diritto del comproprietario a vedersi assegnati beni di valore pari alla propria quota di comproprietà: la lesione può anche concretizzarsi nella natura dei beni assegnati ed alla loro commerciabilità intrinseca, ma tale aspetto esula dalla problematica qui analizzata e rientra nella possibilità che il creditore ha di tutelare le proprie ragioni proprio in applicazione del disposto dell'art. 1113 c.c..

Quanto alla cosiddetta “concentrazione” dell'ipoteca sui beni immobili assegnati in divisione, fattispecie cui sembra riferirsi il quesito, la disciplina è contenuta non nell'art. 1113 c.c. ma nell'art. 2825 c.c. (che va interpretato in combinato disposto con l'art. 1113 c.c.), la cui applicazione, però, nel caso di immobili, presuppone che la divisione sia opponibile al creditore ipotecario iscritto anteriormente al giudizio di divisione, come sembra essere nella fattispecie che si prospetta.

Pertanto, si ritiene che in mancanza della chiamata del creditore ipotecario ai sensi dell'art. 1113 c.c. nel giudizio di divisione (fattispecie che sembra corrispondente alla situazione esposta nel quesito), la divisione stessa non possa essere opposta al creditore ipotecario iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda (o dell'atto) di divisione, di conseguenza non potrà operare il disposto dell'art. 2825 c.c. che prevede la concentrazione dell'ipoteca del comproprietario sui beni a lui assegnati in sede divisionale.

In questo caso la Suprema Corte insegna: «In tema di scioglimento della comunione, i creditori iscritti e gli aventi causa da un partecipante, pur avendo diritto a intervenire nella divisione, ai sensi dell'art. 1113, comma 1, c.c., non sono parti in tale giudizio - al quale devono partecipare soltanto i titolari del rapporto di comunione - potendo i creditori iscritti e gli aventi causa intervenire in esso, al fine di vigilare sul corretto svolgimento del procedimento divisionale, ovvero proporre opposizione alla divisione non ancora eseguita a seguito di giudizio cui non abbiano partecipato, senza avere alcun potere dispositivo, in quanto non condividenti. Deriva da quanto precede, pertanto, che la mancata evocazione dei creditori iscritti e degli aventi causa nel giudizio di scioglimento comporta che la divisione non abbia effetto nei loro confronti, come è espressamente previsto dall'art. 1113, comma 3, c.c. (ma non che la pronuncia è stata resa a contraddittorio non integro)» (Cass. civ., sez. II, 8 ottobre 2013, n. 22903).

Di conseguenza, la funzione di garanzia di cui all'art. 1113 c.c. ha un contenuto sostanziale, pertanto, solo un consenso espresso da parte del creditore ipotecario potrà rendere possibile la cancellazione dell'ipoteca precedentemente iscritta sulla quota astratta del comproprietario debitore (eventualmente prestato anche in sede giudiziale a condizione che il creditore stesso sia stato chiamato nel giudizio avente per oggetto la richiesta di cancellazione dell'ipoteca iscritta, cosa, si ripete, non esplicitata nel quesito), ma una eventuale pronuncia che ordini la cancellazione dell'ipoteca non potrà frustrare il diritto del creditore ipotecario iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda di divisione (o alla trascrizione della divisione consensuale) se questo non sia stato chiamato nel giudizio di divisione di un compendio immobiliare ai sensi dell'art. 1113, comma 3, c.c..

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