RicorsoFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 47
07 Gennaio 2019
Inquadramento
Il ricorso è, insieme con l'atto di citazione, una delle due modalità previste dall'ordinamento giuridico per far valere un diritto innanzi all'Autorità Giudiziaria, finalizzata all'ottenimento di un provvedimento da parte di quest'ultima. Più precisamente, il ricorso è l'atto con cui parte attrice si rivolge direttamente al giudice (a differenza della citazione, indirizzata invece alla controparte) per addivenire ad una pronuncia - solitamente un'ordinanza - da parte del medesimo sulla richiesta portata alla sua cognizione. Quest'ultimo, nel rispetto dei principi del contraddittorio e della domanda, non potendo di norma decidere inaudita altera parte, fisserà l'udienza ed ordinerà, a cura della propria cancelleria, la notificazione del ricorso, assieme al provvedimento di fissazione dell'udienza, alla controparte. La litispendenza, secondo costante opinione dottrinario-giurisprudenziale, decorre dal giorno in cui viene depositato il ricorso nella cancelleria del giudice competente. Si tratta di un atto strutturalmente diverso dalla citazione, in quanto non contiene la vocatio in ius ma solo l'editio actionis. In particolare, è l'atto introduttivo del giudizio in Cassazione (art. 366 c.p.c.), del processo del lavoro (art. 414 c.p.c.), del procedimento per ingiunzione (art. 638 c.p.c.) e di tutti i procedimenti di volontaria giurisdizione (art. 737 c.p.c.). Inoltre, assume la forma di ricorso qualsiasi istanza che le parti debbano rivolgere al giudice nel processo esecutivo.
Ricorso per cassazione
Bisogna distinguere le condizioni del diritto di cassazione, ossia il potere che spetta alla parte soccombente di ottenere dalla Corte di cassazione l'annullamento di una sentenza viziata da determinati difetti (errores in procedendo ovvero errores in iudicando che abbiano avuto efficacia causale sul dispositivo), dalle condizioni formali del ricorso per cassazione, che è la domanda con cui si fa valere quel diritto. In diritto processuale civile, v'è una differenza logica tra i mezzi d'impugnativa ordinari (appello ed opposizione contumaciale,) e quelli straordinari (ricorso per cassazione, revocazione, opposizione di terzo). Questi ultimi, a differenza dei primi, non danno luogo, per il sol fatto che la parte soccombente invochi il riesame della controversia, ad un novum iudicium della stessa ampiezza del primo, ma implicano, senza effetto sospensivo, un esame preliminare (c.d. iudicium rescindens) sull'esistenza del vizio denunciato e, solo se questo è riconosciuto tale da portare all'annullamento totale o parziale della sentenza, comportano un riesame del merito (c.d. iudicium rescissorium) nei limiti dell'annullamento. In tale ottica, sono evidenti le somiglianze tra il ricorso per cassazione e la revocazione, con la differenza che, mentre in quest'ultima il giudizio rescissorio si svolge immediatamente, se l'impugnativa è accolta, dinnanzi allo stesso giudice del rescindente, nel ricorso per cassazione il procedimento rescindente si svolge dinnanzi alla Suprema Corte e, in caso di accoglimento del ricorso, il rescissorio segue in una fase separata dinnanzi al giudice di rinvio. Le condizioni formali del ricorso per cassazione civile (in mancanza delle quali il ricorso è dichiarato inammissibile, senza esaminare la sua fondatezza), riguardano: a) il contenuto del ricorso (particolarmente importante è l'indicazione dei motivi di cassazione, che devono essere specifici e determinati, e che non possono, come nell'appello, essere precisati o modificati in seguito, perché ciascuno di essi costituisce la causa petendi di un separato diritto d'impugnativa); b) la sottoscrizione di un avvocato ammesso a patrocinare dinanzi alla Corte di cassazione, munito di mandato speciale da parte del ricorrente. Il ricorso deve, a cura del ricorrente, essere notificato all'altra parte (è discusso se al domicilio reale o a quello eletto nel giudizio d'appello) nel termine di novanta giorni (trenta nelle cause di diritto del lavoro) a partire dalla notificazione della sentenza che s'impugna; l'originale, con la relazione dell'avvenuta notificazione, deve essere depositato, insieme con gli atti e documenti annessi (tra i quali la copia autentica della sentenza denunciata), nella cancelleria della Corte di cassazione nel termine di trenta giorni dall'avvenuta notificazione. Nei successivi trenta giorni, decorrenti dalla scadenza di questo termine, la parte a cui il ricorso fu intimato può far notificare al ricorrente un controricorso, depositandone in cancelleria l'originale nei cinque giorni successivi; ma, a differenza di quelli stabiliti per il ricorso, l'inosservanza dei termini indicati per il controricorso non importa decadenza. Inoltre, la parte intimata, anche se non presenta controricorso, è sempre ammessa a resistere al ricorso, depositando memorie difensive in cancelleria fino a tre giorni (liberi) prima dell'udienza e facendosi rappresentare alla discussione orale da un avvocato ammesso a patrocinare in Cassazione. Il codice delle regole conosce il ricorso adesivo e quello incidentale. Il ricorso (qualora non vi sia rinunzia) è discusso oralmente in contraddittorio nell'udienza fissata dal presidente, di cui è data alle parti comunicazione almeno dieci giorni prima; dopo la relazione del consigliere a ciò delegato, vengono fatti intervenire gli avvocati ed, infine, conclude il PM. Tutto il procedimento è mosso dall'impulso d'ufficioe per questo non soffre perenzione né si arresta o si modifica per contumacia delle parti. La sentenza della Corte di cassazione, che è deliberata in fine di udienza, ma pubblicata molti giorni dopo, può dichiarare inammissibile il ricorso, ovvero rigettarlo come infondato, con la conseguenza che la sentenza denunciata rimane ferma (talvolta peraltro integrata o modificata nella motivazione, dalle osservazioni critiche con cui la Corte di cassazione, nella stessa sentenza di rigetto, viene a esercitare in pratica un vero e proprio potere positivo di rettifica sulle decisioni di merito), oppure può accogliere il ricorso, nel qual caso la sentenza denunciata non viene riformata come in appello (cioè sostituita da una nuove sentenza sul merito), ma semplicemente, in tutto o in parte cassata. Quando la sentenza sia cassata «per il motivo che l'autorità giudiziaria non poteva pronunciare» (o per altro motivo che renda inutile o improcedibile il rescissorio), il processo ha termine con la cassazione (cassazione senza rinvio) ma, di regola, quando all'annullamento deve seguire un nuovo giudizio sul merito allo scopo di sostituire con una nuova sentenza quella cassata, la Corte di cassazione «rimanda la causa ad altra autorità giudiziaria uguale in grado a quella che pronunciò la sentenza cassata, e che sia più vicina alla medesima». Dinanzi al giudice di rinvio, la causa viene nuovamente trattata nel merito, in diritto e in fatto, negli stessi limiti in cui avrebbe potuto esser trattata nel primo giudizio d'appello, ma con due limitazioni:
Ove l'annullamento sia avvenuto per error in iudicando (non quando sia avvenuto per error in procedendo, nel qual caso la pronuncia della corte ha sempre efficacia di statuizione positiva) il giudice di rinvio può non conformarsi alla decisione della Corte di cassazione sul punto di diritto. In tal caso, la parte soccombente può di nuovo ricorrere per Cassazione "per gli stessi motivi" alle Sezioni Unite della Corte: e contro la decisione data da esse alla quaestio iuris, il nuovo giudice di rinvio deve necessariamente dare seguito. Questo complicato istituto della c.d. “facoltà di ribellione” consentita al primo giudice di rinvio è scomparso dal processo del lavoro e dal processo penale. Rito del lavoro
Nell'ambito del processo del lavoro, disciplinato dagli artt. 409 e ss. c.p.c., la domanda si propone con ricorso, il quale deve necessariamente contenere l'indicazione del giudice, le generalità del ricorrente e del convenuto, la determinazione dell'oggetto della domanda, l'esposizione dei fatti e delle ragioni di diritto su cui si fonda quest'ultima, le conclusioni, l'indicazione specifica dei mezzi di prova e dei documenti prodotti. Il ricorso va depositato nella cancelleria del giudice competente, il quale fissa con decreto l'udienza di prima comparizione nei successivi cinque giorni. A tale udienza, che deve essere tenuta entro sessanta giorni dalla presentazione del ricorso, le parti devono essere personalmente presenti. Ricorso e decreto devono essere notificati entro dieci giorni al convenuto e, tra la notifica e l'udienza, devono intercorrere almeno trenta giorni. Il convenuto deve costituirsi in giudizio almeno dieci giorni prima dell'udienza, pena la decadenza dalla possibilità di sollevare eccezioni e proporre domande riconvenzionali. Nella memoria difensiva, il convenuto deve prendere posizione in modo preciso sui fatti allegati dal ricorrente, proporre le sue difese, indicare i mezzi di prova e depositare i documenti ritenuti rilevanti. A pena di decadenza, è tenuto a sollevare le eccezioni non rilevabili d'ufficio e proporre le eventuali domande riconvenzionali. Rispetto al rito ordinario, il giudice del lavoro ha poteri più ampi, anche sotto l'aspetto istruttorio. Egli può, ad esempio, ordinare d'ufficio l'esibizione di documenti, accedere al luogo di lavoro, chiedere informazioni ai sindacati, disporre l'ammissione di qualsiasi mezzo di prova anche fuori dai limiti del codice di procedura (con l'esclusione del solo giuramento), ridurre le liste testimoniali. Contro le sentenze pronunciate dal tribunale, la parte soccombente può proporre appello, depositando ricorso nella cancelleria della Corte d'appello competente, nel termine di trenta giorni se la sentenza le è stata notificata, o in caso contrario entro sei mesi dalla pubblicazione. Il ricorso deve contenere le stesse indicazioni previste per la proposizione della domanda in primo grado, nonché la specifica indicazione dei motivi dell'impugnazione. Il Presidente della Corte d'appello nomina il consigliere relatore e fissa con decreto l'udienza di discussione, dandone quindi comunicazione all'appellante. Ricorso e decreto vanno notificati alla controparte. Tra la notifica e l'udienza devono intercorrere termini non inferiori a venticinque giorni. L'appellato deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza. In grado d'appello non è ammesso il mutamento della domanda, né l'introduzione di domande nuove o nuove eccezioni. Non sono ammessi neppure nuovi mezzi di prova, salvo che il Collegio li ritenga indispensabili ai fini del decidere. Le pronunce in grado d'appello possono essere impugnate con ricorso per cassazione secondo i principi generali in tema di impugnazioni. Procedimento di ingiunzione
Il procedimento di ingiunzione, disciplinato dagli artt. 633 e ss. c.p.c., può essere proposto da coloro i quali siano creditori «di una somma liquida di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili», ed occorre dare prova scritta del diritto fatto valere. Il procedimento si articola in due fasi:
Procedimenti di volontaria giurisdizione
In tale categoria vengono ricompresi tutti quei procedimenti in cui l'autorità giurisdizionale viene chiamata ad “amministrare” interessi privati, a rilevanza superindividuale quando non pubblica, per prevenire il pericolo della loro lesione. I provvedimenti di volontaria giurisdizione, emessi perlopiù su domanda di parte – che può anche essere la domanda del pubblico ministero nei casi espressamente previsti dalla legge – a meno che la legge non preveda la possibilità dell'iniziativa d'ufficio, consistono spesso in autorizzazioni e omologazioni o approvazioni, secondo la terminologia propria del diritto amministrativo. I tratti comuni di tali procedimenti sono:
I procedimenti tipici riconducibili all'alveo di quelli di volontaria giurisdizione sono quello di spedizione personale tra i coniugi; di interdizione ed inabilitazione; gli ordini di protezione contro gli abusi familiari e quelli relativi ai minori. Il ricorso in diritto amministrativo
In tale ambito, il ricorso costituisce l'istanza diretta ad ottenere l'annullamento, la revoca o la riforma di un atto amministrativo nel rispetto delle forme e dei termini previsti dalla legge. Le tipologie di ricorso amministrativo sono:
Il ricorso gerarchico proprio è un rimedio amministrativo ordinario e generale, che consiste nell'impugnativa di un atto non definitivo proposta dal soggetto interessato all'organo gerarchicamente superiore a quello che ha emanato l'atto, a tutela sia di diritti soggettivi che di interessi legittimi, con il quale si possono far valere sia vizi di legittimità che di merito. Il ricorso gerarchico presuppone, per la sua esperibilità, un rapporto di gerarchia esterna (salvo casi eccezionali in cui è ammesso il ricorso al di fuori di tale gerarchia: ricorso gerarchico improprio); la non definitività dell'atto impugnato; l'interesse a ricorrere, da parte di chi lo propone. Il ricorso gerarchico improprio è, invece, un rimedio di carattere eccezionale previsto in alcuni casi in cui non esiste alcun rapporto di gerarchia. Si tratta di un ricorso ordinario impugnatorio proposto ad: organi individuali avverso deliberazioni di organi collegiali e viceversa; organi collegiali avverso deliberazioni di altri organi collegiali; organi statali avverso provvedimenti di altro ente pubblico; organi statali avverso provvedimenti di organi di vertice (es. Ministri). Tale ricorso ha carattere eccezionale (non è quindi rimedio di ordine generale); è ammesso solo nei casi tassativi previsti dalla legge; la procedura relativa è differente da caso a caso; in mancanza si applicano per analogia, ove possibile, le norme sul ricorso gerarchico proprio. Il ricorso in opposizione è un atto atipico del diritto amministrativo, rivolto alla stessa autorità che ha emanato l'atto, anziché a quella superiore gerarchicamente. Non è un rimedio di carattere generale ma eccezionale, utilizzabile solo nei casi tassativi in cui la legge lo ammette. Può essere proposto sia per motivi di legittimità che di merito, nonché a tutela tanto di interessi legittimi, quanto di diritti soggettivi. Il termine per la sua proposizione è quello generale di 30 giorni dalla notifica o emanazione dell'atto impugnato: ma la legge può prevedere, nei singoli casi, termini diversi. Infine, il ricorso straordinario al Capo dello Stato è un rimedio amministrativo di carattere generale consistente nell'impugnativa di un atto amministrativo definitivo, proposta dal soggetto interessato direttamente al Capo dello Stato. É ammesso soltanto per motivi di legittimità, mai per vizi di merito, e può essere proposto per la tutela sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi. Il ricorso straordinario è alternativo a quello giurisdizionale amministrativo. Pertanto, se l'atto è stato impugnato con ricorso giurisdizionale al Tar, è inammissibile il ricorso straordinario avverso lo stesso atto; se l'atto è stato impugnato con ricorso straordinario al Capo dello Stato, non è più impugnabile con ricorso al Tar. La regola dell'alternativa ha la funzione di evitare che sullo stesso atto amministrativo intervengano due pronunce giustiziali diverse (divieto del ne bis in idem) e che il Consiglio di Stato si pronunci due volte sullo stesso atto attraverso parere obbligatorio in sede di ricorso straordinario e come giudice di appello in sede di ricorso giurisdizionale. Nel caso di ricorso proposto a tutela di un diritto soggettivo, la decisione sul medesimo non preclude l'azione dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria. Nell'ambito del ricorso sono state apportate modifiche dalla legge di riforma del processo amministrativo (l. n. 205/2000) circa la possibilità per i contraenti (attraverso il ricorso incidentale) di impugnare l'atto per motivi diversi da quelli addotti dal ricorrente ed infine la possibilità di chiedere (art. 34, l. n. 205/2000) la sospensione dell'atto impugnato. Riferimenti
Monteleone, Manuale di diritto processuale Civile, Volumi I e II, Padova, ult. ed.. |