Il differimento della prima udienza ex art. 164, comma 3, c.p.c. deve tener conto del tempo già trascorso dalla notifica della citazione

09 Gennaio 2019

La Suprema Corte si è occupata di stabilire come debba interpretarsi il disposto del comma 3 dell'art. 164 c.p.c., nella parte in cui prevede che, eccepita dal convenuto l'inosservanza dei termini a comparire, «il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini».
Massima

Qualora il convenuto, nel costituirsi, eccepisca la nullità dell'atto di citazione per violazione dei termini a comparire di cui all'art. 163-bis c.p.c., anche se si difenda nel merito, il giudice, ai sensi dell'art. 164, comma 3, c.p.c., è tenuto a fissare una nuova udienza nel rispetto dei predetti termini, tenendo conto, però, del tempo già trascorso dalla data di notificazione della citazione, che rappresenta il dies a quo per il rispetto dei termini a comparire allorquando si differisce la prima udienza.

Il caso

La società Alfa conveniva in giudizio, dinanzi al tribunale di Vercelli, il geom. Tizio, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per responsabilità professionale. Il Tribunale accoglieva la domanda.

Il geom. Tizio impugnava la sentenza dinanzi alla Corte d'appello di Torino. L'appellata società Alfa si costituiva in giudizio al solo fine di rilevare la mancata osservanza dei termini di cui all'art. 163-bis c.p.c., chiedendo, ai sensi dell'art. 164 c.p.c., il differimento della data della prima udienza. La Corte d'appello, sciolta la riserva assunta all'esito della prima udienza del 25/02/16, sospendeva la provvisoria esecutività della sentenza di primo grado e differiva la prima udienza al 07/04/16.

La società Alfa si costituiva in funzione di tale ultima udienza e deduceva la violazione dei termini a comparire in relazione alla decisione sull'istanza di sospensione della provvisoria esecuzione, ritenendo che la stessa fosse avvenuta inaudita altera parte, cioè antecedentemente all'udienza di prima comparizione, come differita dalla corte territoriale, sicchè il contraddittorio non poteva ritenersi correttamente instaurato.

La Corte d'appello, all'esito del giudizio, accoglieva il gravame e riformava interamente la sentenza di primo grado, rigettando la domanda risarcitoria della società Alfa.

Quest'ultima proponeva ricorso per cassazione, deducendo, con il primo motivo, la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 164, comma 3, c.p.c., in quanto la Corte d'appello aveva, da un lato, differito la prima udienza in assenza di una costituzione di essa appellata sanante i vizi della citazione, mentre, dall'altro, si era pronunciata sulla richiesta di sospensione dell'esecutività in esito alla prima udienza, in cui essa appellata si era però costituita solo per far rilevare il vizio della citazione. La nullità dell'atto d'appello comportava, secondo la ricorrente, la nullità della sentenza di secondo grado.

La questione

Si tratta, nella vicenda in esame, di stabilire come debba interpretarsi il disposto del comma 3 dell'art. 164 c.p.c., nella parte in cui prevede che, eccepita dal convenuto l'inosservanza dei termini a comparire (o la mancanza dell'avvertimento di cui al n. 7 dell'art. 163 c.p.c.), «il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini».

Le soluzioni giuridiche

Secondo la Suprema Corte, non è chiaro se la ricorrente si dolga del fatto che la nuova data fissata dalla Corte d'appello per la trattazione della causa non fosse anch'essa rispettosa del termine a comparire di cui all'art. 163-bis c.p.c. oppure che il giudice del gravame non potesse differire la prima udienza poiché essa deducente non si era validamente costituita in giudizio, avendo eccepito il vizio della citazione.

In entrambi i casi, però, il motivo risulta infondato.

Invero, quanto al primo profilo, la data del 07/04/16, alla quale la corte territoriale aveva differito, ai sensi dell'art. 164, comma 3, c.p.c., la prima udienza di trattazione del 25/02/16, era ampiamente rispettosa dei termini a comparire, giacchè l'atto di appello era stato notificato il 27/11/15. In altri termini, la sanatoria prevista dalla predetta norma comporta che il giudice, a seguito dell'eccezione del convenuto/appellato, debba rinviare ad altra udienza che, considerato il tempo già trascorso dalla notifica dell'atto di citazione, consenta il rispetto del termine a comparire violato. Il dies a quo del termine di differimento dell'udienza, cioè, decorre dal perfezionamento della notifica della citazione, che segna il momento della legale conoscenza dell'atto, avendo il convenuto diritto al termine per approntare una congrua difesa a decorrere da tale data.

La tesi contraria a tale interpretazione, secondo cui la fissazione della nuova udienza di trattazione prescinderebbe dal lasso temporale già trascorso dalla notifica della citazione, oltre a non avere riscontro nella lettera della legge, sarebbe, secondo la pronuncia in commento, in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo, in quanto la sua applicazione potrebbe assicurare al convenuto un termine di predisposizione della propria difesa che potrebbe essere anche doppio rispetto a quello ordinario (ad es., quando, come spesso accade, i termini in questione siano stati violati solo per pochi giorni), senza che a tale dilatazione temporale del processo corrisponda un interesse sostanziale meritevole di tutela.

In ordine al secondo profilo di censura, la doglianza è ugualmente infondata, in quanto il differimento previsto dall'art. 164, comma 3, c.p.c., è previsto proprio nell'ipotesi, ricorrente nella specie, in cui il convenuto/appellato eccepisca il mancato rispetto del termine a comparire. La nullità dell'atto di citazione è stata, quindi, sanata dal differimento d'udienza e non può essere dedotta quale vizio del procedimento e della sentenza.

Non meritevole di accoglimento è anche la doglianza relativa al fatto che la corte territoriale si sarebbe pronunciata sulla richiesta di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata in esito all'udienza del 25/02/16, senza attendere la regolare instaurazione del contraddittorio, avvenuta solo alla successiva udienza del 07/04/16. Invero, occorre rilevare che, da un lato, l'art. 351 c.p.c. prevede che la relativa decisione possa essere adottata anche prima dell'udienza di comparizione, e finanche, ricorrendo giusti motivi di urgenza, inaudita altera parte, e che, dall'altro, non è previsto un termine minimo a comparire per l'instaurazione del contraddittorio su tale istanza. A ciò si aggiunga anche una sostanziale carenza di interesse della società Alfa a dolersi della sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, essendo stata questa interamente riformata all'esito del giudizio d'appello.

Osservazioni

La pronuncia in commento contiene interessanti precisazioni in ordine al meccanismo della sanatoria disciplinato dall'art. 164 c.p.c..

In sostanza, qualora siano stati violati i termini minimi prescritti dall'art. 163-bis c.p.c. (tenendo conto del lasso temporale intercorso tra il perfezionamento della notifica della citazione e la prima udienza in essa indicata), possono verificarsi quattro ipotesi:

a) il convenuto non si costituisce. In tal caso, il giudice, rilevata la nullità, dispone d'ufficio (non solo alla prima udienza, ma in qualunque momento rilevi la predetta nullità, anche in sede di decisione: Cass. civ.,13 maggio 2002, n. 6820) la rinnovazione della citazione (da intendersi come rinotifica di una nuova citazione, riproduttiva di quella originaria, ma emendata dal vizio che questa presenti, e dunque con l'indicazione, nel caso in esame, della nuova data di prima udienza, senza che sia necessaria la notifica anche del verbale d'udienza: Cass. civ., 10 gennaio 2017, n. 279) entro un termine perentorio (art. 164, comma 2, c.p.c.). Se la rinnovazione viene eseguita, si verifica la sanatoria del vizio con efficacia retroattiva, ossia fin dal momento della notificazione della prima citazione (Cass. civ., 22 luglio 2004, n. 13652); se la rinnovazione non viene eseguita (ossia se, nel termine stabilito dal giudice, la parte richiedente la notificazione non abbia consegnato all'ufficiale giudiziario l'atto da notificare: Cass. civ., 7 febbraio 2006, n. 2593), il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo ed il processo si estingue ai sensi dell'art. 307, comma 3, c.p.c.. Se, invece, il giudice non rileva d'ufficio tale nullità, la stessa deve essere fatta valere dal convenuto contumace nei limiti e nei termini dei mezzi d'impugnazione (Cass. civ., 20 maggio 1998, n. 5024); in tal caso, il giudice d'appello deve dichiararla, ma, non potendo rimettere la causa al primo giudice ex art. 354 c.p.c., è tenuto a trattare la causa nel merito, rinnovando gli atti dichiarati nulli, quando possibile e necessario, ai sensi dell'art. 162 c.p.c. (Cass. civ., 8 giugno 2012, n. 9306);

b) il convenuto si costituisce e non deduce l'inosservanza dei termini, evidentemente perché non si è ritenuto pregiudicato dalla loro violazione: la sua costituzione sana i vizi della citazione (art. 164, comma 3, c.p.c.), che non potranno essere fatti più valere. La sanatoria opera anche in tal caso con efficacia retroattiva, nel senso che sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda fin dalla prima notifica;

c) il convenuto si costituisce e si limita a dedurre l'inosservanza dei termini, richiedendo la fissazione di nuova udienza, senza difendersi nel merito. In tal caso, il giudice è tenuto ad accogliere la richiesta ed il differimento sana il vizio (art. 164, comma 3, c.p.c.). Nel fissare la nuova udienza il giudice deve tener conto del periodo temporale già trascorso dalla notifica dell'atto di citazione fino alla prima udienza indicata in tale atto, nel senso che, sommando tale periodo a quello successivo, intercorrente tra la prima udienza di comparizione e quella nuova differita, deve essere rispettato il termine minimo di cui all'art. 163-bis c.p.c.. Non può, invece, ritenersi, secondo la pronuncia in commento, che il giudice debba operare un rinvio ad altra udienza ad almeno 90 o 150 giorni (ossia i termini ordinari previsti dal vigente art. 163-bis c.p.c.), atteso che, così opinando, il convenuto, in spregio peraltro al principio della ragionevole durata del processo, verrebbe a beneficiare, per approntare le proprie difese, di un termine quasi doppio rispetto a quello ordinariamente spettantegli. Deve, in proposito, rilevarsi che, a diversa conclusione, sembra, implicitamente, pervenire Cass. civ., 24 marzo 2004, n. 5892, la quale esamina un caso in cui il differimento della prima udienza era stato disposto dal giudice di primo grado con rinvio ad un udienza fissata ben oltre il termine di cui all'art. 163-bis c.p.c., decorrente però dalla data della prima udienza e non dalla data di notifica dell'atto introduttivo del giudizio (peraltro, in tale pronuncia si afferma anche il principio per cui, se il giudice non dichiara la nullità dell'atto introduttivo ma rinvia comunque la prima udienza ad altra udienza, concedendo di fatto un termine superiore a quello di legge che consenta alla parte di apprestare le proprie difese, viene ugualmente a determinarsi la sanatoria di cui all'art. 164 cit., che interviene non già per effetto della costituzione di parte, ma a seguito della fissazione di una nuova udienza rispettosa dei termini a comparire);

d) il convenuto si costituisce e, oltre ad eccepire l'inosservanza dei termini di comparizione, si difende anche nel merito. In tale ipotesi, secondo l'orientamento giurisprudenziale prevalente, al quale aderisce la pronuncia in commento, trova applicazione quanto già detto sub c), con obbligo del giudice di procedere al differimento della prima udienza, a nulla rilevando che il convenuto si sia difeso nel merito, dovendosi presumere che l'inosservanza del termine a comparire gli abbia comunque impedito una più adeguata difesa (Cass. civ., 16 ottobre 2014, n. 21957; Cass. civ., 2 luglio 2004, n. 12129). Un recente, e minoritario, orientamento ritiene, invece, che, in siffatta ipotesi, non sia necessaria la fissazione di una nuova udienza, in quanto la difesa nel merito (e l'omessa richiesta di fissazione di una nuova udienza) costituirebbe un contegno idoneo a sanare, per avvenuto raggiungimento dello scopo, il vizio dell'atto di citazione (Cass. civ., 10 gennaio 2017, n. 279; Cass. civ., 16 ottobre 2014, n. 21910, secondo cui il dovere di fissazione della nuova udienza si ricollega ad una costituzione finalizzata alla sola formulazione dell'eccezione e non anche ad una costituzione che alla formulazione dell'eccezione accompagni lo svolgimento delle difese, potendo il convenuto astenersi da queste ultime). A parere del sottoscritto risulta preferibile l'orientamento maggioritario, atteso che è lecito presumere ex lege che la difesa nel merito, comunque apprestata dal convenuto, avrebbe potuto essere articolata diversamente o in forma più approfondita se il medesimo convenuto avesse avuto a disposizione l'intero termine a comparire assegnatogli dalla legge. D'altra parte, il disposto del comma 3 dell'art. 164 c.p.c. non sembra attribuire alcun rilievo, ai fini del dovere del giudice di differire la prima udienza, al fatto che il convenuto si sia o meno difeso nel merito, essendo rilevante il solo fatto che sia stata eccepita la violazione dei termini a comparire.

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