Abusiva concessione di credito: elementi costitutivi e necessaria incolpevole ignoranza del terzo danneggiato

10 Gennaio 2019

La concessione di credito da parte di un istituto di credito a una società che sia già insolvente e che quindi ne ritardi il fallimento è qualificabile come abusiva e costituisce una condotta illecita, obbligando, di conseguenza, l'istituto di credito a risarcire il danno, nel caso in cui tale condotta provochi un danno ad un terzo che abbia continuato ad avere rapporti contrattuali con il soggetto decotto, poiché ignorava incolpevolmente la reale situazione economica della società.
Massima

La concessione di credito da parte di un istituto di credito a una società che sia già insolvente e che quindi ne ritardi il fallimento è qualificabile come abusiva e costituisce una condotta illecita, obbligando, di conseguenza, l'istituto di credito a risarcire il danno, nel caso in cui tale condotta provochi un danno ad un terzo che abbia continuato ad avere rapporti contrattuali con il soggetto decotto, poiché ignorava incolpevolmente la reale situazione economica della società.

Non è configurabile la responsabilità per abusiva concessione del credito nel caso in cui il terzo danneggiato sia una società controllata della società insolvente a cui l'istituto di credito ha concesso il credito e che sia amministrata dai medesimi soggetti della seconda, mancando in questo caso in capo al terzo, infatti, il requisito dell'ignoranza incolpevole dello stato di decozione della società.

L'attiva partecipazione degli amministratori alle operazioni della società non costituisce un evento interruttivo del nesso causale tra fatto -abusiva concessione del credito- e danno eventualmente subito dal terzo creditore, essendo necessario per la configurazione di un'effettiva interruzione del nesso causale che la condotta del danneggiato -la società- sia idonea di per sé a causare il danno, circostanza quest'ultima non configurata nel caso di specie, poiché la banca, in piena autonomia, ha continuato a concedere credito al debitore decotto.

Il caso

La controversia ha ad oggetto un'azione di responsabilità per abusiva concessione del credito esperita da O.M.T. srl (di seguito anche “O.M.T.”) nei confronti di Meliorbanca s.p.a. (di seguito anche “la Banca”) per avere quest'ultima concesso dei finanziamenti a Marker s.p.a. (di seguito anche “Merker”) con cui O.M.T., sua controllata, aveva continuato ad avere dei rapporti contrattuali, ignorando lo stato di decozione della società e maturando un ingente credito nei suoi confronti, proprio a causa della continua concessione del credito da parte della Banca, concessione che aveva ritardato la dichiarazione di insolvenza della Merker.

La domanda attorea viene rigettata sia in primo grado, dal Tribunale di Tortona, sia in appello, dalla Corte d'Appello di Torino.

O.M.T., in seguito, propone ricorso in Cassazione avverso la sentenza resa in appello, con tre motivi di ricorso, ritenendo, in particolare, configurati tutti gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria in capo alla Banca; la controparte a sua volta propone ricorso incidentale.

Le questioni e le soluzioni giuridiche

La questione giuridica affrontata dalla sentenza qui in commento ha ad oggetto la corretta delineazione degli elementi costitutivi della fattispecie relativa alla concessione abusiva del credito e, quindi, dei presupposti giuridici per far sorgere in capo al terzo il diritto al risarcimento del danno subito a causa della condotta dell'istituto di credito.

La figura dell'abusiva concessione del credito, in particolare, si basa sulla preliminare considerazione che le banche, in ragione della specifica attività svolta, si trovino in una posizione privilegiata circa la valutazione della solvibilità dei soggetti che richiedono il credito; pertanto, la concessione di credito da parte degli istituti bancari può ingenerare nei terzi l'affidamento circa la solvibilità del soggetto a cui il credito è stato concesso.

La banca, di conseguenza, qualora, nonostante lo stato di decozione della società, abbia continuato ad erogare finanziamenti a suo favore, ingenerando nei terzi la convinzione circa la sua solvibilità, può essere condannata al risarcimento dei danni subiti dal terzo che ha ignorato incolpevolmente il predetto stato di decozione e che quindi ha continuato ad avere rapporti contrattuali con la società decotta, incrementando la sua posizione creditoria.

La responsabilità per abusiva concessione del credito è qualificabile come responsabilità extracontrattuale e i suoi elementi costitutivi sono, oltre alla già menzionata concessione del credito, nonostante lo stato di decozione del soggetto finanziato, innanzitutto, la conoscenza o conoscibilità del predetto stato di decozione da parte della banca; in secondo luogo, è necessario che il terzo dimostri la sussistenza del nesso di causalità tra l'abusiva concessione del credito e il danno dallo stesso subito; infine, occorre che il terzo ignori incolpevolmente lo stato di decozione della società, a causa della concessione del credito da parte della banca.

Nel caso di specie, in particolare, la Corte di legittimità, riprendendo la motivazione della sentenza resa in appello, ha escluso la sussistenza della responsabilità della banca per abusiva concessione del credito, ritenendo insussistente in capo a O.M.T. il requisito della ignoranza incolpevole dello stato di decozione di Merker.

O.M.T., infatti, non solo era una società controllata di Merker ma, inoltre, “si valeva dell'operato delle medesime persone che rivestivano cariche sociali nella controllante” ed era dunque necessariamente a conoscenza dello stato di insolvenza della sua controllante, non potendosi ravvisare, al contrario, uno stato di ignoranza incolpevole.

La figura della responsabilità per abusiva concessione del credito, quale espressione del generale principio di solidarietà sancito dall'art. 2 della Costituzione, è posta, infatti, a tutela dell'affidamento incolpevole, escludendo che quest'ultimo possa configurarsi qualora lo stato di ignoranza del terzo sia superabile con la normale diligenza del terzo. E nel caso di specie, la Corte sottolinea, tale incolpevolezza circa lo stato di ignoranza di O.M.T. non è ravvisabile.

La Corte, inoltre, sottolinea che il precedente di cui alla sentenza della Corte di legittimità n. 13413/2010, che ha sancito la legittimazione del curatore fallimentare ad agire contro la banca per abusiva concessione del credito, in quanto responsabile in solido ex art. 2055 c.c. con gli amministratori condannati per mala gestio nei confronti della società, non rende di per sé ammissibile l'azione nei confronti della banca, indipendentemente dalla proposizione dell'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della società.

Il ricorrente, al contrario, ha richiamato il precedente per giustificare l'azione di responsabilità esercitata nei confronti della Banca, sostenendo che la stessa sarebbe responsabile in solido con gli amministratori della società: la pronuncia, tuttavia, ha precisato che la Banca non può essere condannata in assenza dell'esperimento dell'azione di responsabilità per mala gestio nei confronti degli amministratori stessi.

La Corte, pur respingendo il ricorso sulla base dell'assenza dello stato di ignoranza incolpevole in capo al terzo, fa un'ultima precisazione in merito al controricorso proposto dalla Banca e, in particolare, sottolinea che l'attiva partecipazione degli amministratori alle operazioni della società non costituisce un evento interruttivo del nesso causale, ai sensi dell'art. 41 cpv. c.p., tra fatto -abusiva concessione del credito- e danno eventualmente subito dal terzo creditore, essendo necessario per la configurazione di un'effettiva interruzione del nesso causale che la condotta del danneggiato - la società - sia idonea di per sé a causare il danno, circostanza quest'ultima non configurata nel caso di specie, poiché la Banca, in piena autonomia, ha continuato a concedere credito al debitore decotto.

Conclusioni

La sentenza qui in commento si inserisce nel filone giurisprudenziale sia di merito che di legittimità che ha elaborato la figura dell'abusiva concessione del credito, confermando i precedenti in materia, per quanto riguarda la ratio della fattispecie, i suoi elementi costitutivi e le differenze con altri istituti attigui a quello esaminato.

La Corte, infatti, conferma che la responsabilità dell'istituto di credito è qualificabile come responsabilità civile extracontrattuale, i cui elementi costitutivi sono l'abusiva concessione del credito, il danno subito dal terzo, il nesso di causalità tra i due elementi e lo stato soggettivo di ignoranza incolpevole del terzo danneggiato. La pronuncia chiarisce, inoltre, che l'eventuale condotta della società a cui è stato concesso il credito è idonea a interrompere il nesso causale solo se la stessa sia stata da sola determinante dell'evento dannoso, anche in assenza della condotta dell'istituto di credito.

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