Il revisore della contabilità condominiale

10 Gennaio 2019

La figura del revisore contabile condominiale è stata “sdoganata” dalla legge di riforma del condominio con l'introduzione del nuovo articolo 1130-bis del codice civile. A ben vedere, però, si tratta di uno sdaziamento meramente culturale poiché l'attività peritale di verifica contabile è sempre esistita ed è praticata da quando nelle aule di giustizia si decide sulle posizioni dare e avere tra amministratore e condominio o sulla validità del rendiconto, ricorrendo all'ausilio del CTU.Il nuovo palcoscenico della legge n. 220/2012 ha dato...
La nomina del revisore

A mente del nuovo articolo 1130-bis del codice civile «L'assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell'amministratore e la relativa spesa è ripartita tra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà.»

In evidenza

Si tratta di una norma che, in ogni caso, fissa dei paletti ben precisi:

  • NO alle verifiche generiche e non specificate;
  • NO al presupposto della motivazione;
  • NO al presupposto di uno specifico tempo;
  • SI alla nomina con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio;
  • SI alla ripartizione della relativa spesa con la tabella dei valori millesimali di proprietà generale.

È appena il caso di ricordare come, a prescindere dalla disciplina che afferisce all'assemblea dei condòmini, anche il singolo condòmino possa incaricare un proprio revisore di fiducia a sue spese affinché faccia per suo conto le verifiche ritenute necessarie. In tal caso, però, al revisore non potrà riconoscersi alcun potere di accesso diretto alla documentazione condominiale per carenza di mandato assembleare.

I requisiti del revisore

Tra le tante curiosità offerte dal nostro ordinamento spicca quella dell'esistenza dei requisiti per svolgere in via professionale l'attività di amministratore di condominio contrapposta, però, all'assenza di quelli per svolgere l'incarico di revisore della contabilità condominiale. Un controllore ed un controllato, quindi, in possibile asimmetria culturale stando alla lettera dell'ordinamento di riferimento.

Questo, però, non toglie nulla alla necessità di competenza sulla materia. E si tratta di una necessità che deriva dalla complessità intrinseca dell'argomento che impone ramificazioni scientifiche su numerosi fronti. Invero, per affrontare con competenza la revisione della contabilità condominiale, occorre avere nozioni non soltanto di diritto condominiale ma anche di diritto commerciale, fallimentare e bancario, di tecnica contabile e fiscalità generale e molto altro ancora. E, ancora, occorre avere una profonda conoscenza delle tecniche applicative di specie che afferiscono alla peculiare natura dell'ente condominiale.

Senza avere l'ambizione di risultare esaustivi, possiamo riepilogare così i requisiti del revisore:

I REQUISITI DEL REVISORE

Conoscenze teoriche

Si tratta di possedere nozioni trasversali e strettamente connesse tra di loro che possiamo così sintetizzare:

  • proprietà e diritti reali;
  • comunione e condominio;
  • locazioni;
  • commerciale e contrattualistica;
  • esecuzione e fallimentare;
  • amministrazione giudiziaria dei beni confiscati;
  • bancario e assicurativo;
  • tributario;
  • procedura civile, penale e ADR.

Conoscenze tecniche

In questo caso possiamo riassumere le seguenti competenze:

  • contabilità generale;
  • contabilità condominiale;
  • principi contabili pertinenti;
  • fiscalità generale;
  • fiscalità territoriale;
  • fiscalità delle imprese;
  • fiscalità del sostituto d'imposta;
  • adempimenti telematici;
  • agevolazioni e detrazioni fiscali;
  • paghe e contributi;
  • standard e tecniche di revisione;
  • CTP e CTU.

Conoscenze applicative

Afferiscono alla natura dell'ente condominiale:

  • processi amministrativi e decisionali tipici;
  • regolamenti e titoli;
  • tabelle millesimali;
  • patologie metodiche di settore;
  • giurisprudenza.

Ma non solo. Il professionista incaricato di verificare la contabilità condominiale deve informare il proprio operato ai principi etici necessari e all'assoluta indipendenza. La carenza di tali elementi pregiudica la genuinità della revisione e quindi del giudizio finale. I principi in argomento sono l'integrità, l'obiettività, la competenza, la diligenza e la riservatezza.

Impronta il suo operato non allo spirito di inquisizione bensì a quello dell'accurata indagine, comunque accompagnata dal necessario scetticismo professionale.

Lo scetticismo professionale implica prestare attenzione, ad esempio:

  • alla qualità e genuinità degli elementi probativi;
  • alla loro modalità di raccolta e fonte di produzione;
  • alle informazioni che mettono in discussione tale qualità e genuinità;
  • alle circostanze che possono ragionevolmente suggerire possibili frodi;
  • alle circostanze che possono suggerire implementazioni di indagine e di perizia.

L'indipendenza e l'obiettività del revisore incaricato sono il fondamento a garanzia di entrambe le parti – condominio e amministratore – che, risultando verosimilmente attori contrapposti di una possibile spaccatura, hanno certamente diritto alla terzietà del professionista quantunque in un rapporto di mandato privatistico sia difficile discorrere di terzietà assoluta visto l'incarico di parte.

Ma, ciò nonostante, l'indipendenza risulta comunque meritevole di difesa sia perché riconducibile alla sfera dell'etica professionale e sia affinché nella relazione di revisione non si giunga ad un giudizio compromesso. Certamente si parla, invece, di indipendenza e terzietà assoluta per il caso del revisore CTU. È allora il caso di tentare un'analisi proprio sull'indipendenza del revisore condominiale e cercare di capire quali possano essere i pregiudizi a tale qualità indefettibile.

L'area di osservazione per la valutazione dei rischi deve guardare a tutti quei rapporti tra revisore e condominio committente e tra revisore e Amministratore titolare della contabilità oggetto di verifica che possono costituire una minaccia all'indipendenza, compresi quelli riconducibili alla rete del revisore, estendendo dunque la verifica ad un raggio più largo del suo operato allo scopo di esaminare qualsiasi livello e tipologia di legame ad esso riconducibile, compresa la condivisione di risorse organizzative o professionali.

È opportuno comprendere come per pregiudizio all'indipendenza non debba intendersi la necessaria individuazione di un conflitto materiale e concreto ma è sufficiente che sia potenziale, atteso che l'obiettività e la terzietà del revisore devono essere tali anche sotto il profilo formale e mentale.

L'indipendenza come conditio sine qua non all'accettazione dell'incarico deve indurre il revisore alla rinuncia dell'incarico se non è in grado di assicurarsi, attraverso una analisi preventiva, quell'indipendenza che vedrebbe soltanto un ulteriore terzo adeguatamente informato o, in alternativa, dovrebbe rinunciare a quelle relazioni compromettenti, sempre che questo sia fattibile e comunque sufficiente ad eliminare ogni dubbio su un possibile legame influente.

Il revisore deve essere obiettivo ed integro nello svolgere il suo incarico ma proprio perché l'obiettività non è esternamente giudicabile e l'integrità non è preventivamente valutabile, ecco che è l'indipendenza, sostanziale, formale e mentale, a garantire tutto ciò agli occhi di terzi.

Si tratta di un principio che ove compromesso può mettere in discussione il valore morale oltre che il pregio giudico di una relazione di revisione e del giudizio ivi espresso e per questo ci si chiede da più parti quali possano essere per un revisore condominiale i possibili pregiudizi ad un così importante principio e in questa breve tesi provo a formulare alcune considerazioni.

Costituisce certamente un fattore di rischio all'obiettività e quindi all'indipendenza un rapporto di amicizia o parentela tra revisore e Amministratore titolare della contabilità oggetto di verifica, così come qualsiasi altro tipo di legame o relazione confidenziale, compresi quelli tra revisore e condòmini.

È altresì motivo di violata indipendenza un precedente rapporto professionale intercorso e remunerato tra revisore e Amministratore o la cura di interessi diretti da parte del revisore in quel condominio perché proprietario. Allo stesso modo pregiudica l'indipendenza il fatto che il revisore sia o sia stato Amministratore del condominio committente.

I rischi per l'indipendenza del revisore non arrivano soltanto da situazioni concrete e facilmente individuabili, ma anche dai cosiddetti contesti di intimidazione dovuti, per esempio, a possibili condizionamenti derivanti da comportamenti aggressivi o minacciosi nei suoi confronti ma anche da subordinazioni psicologiche. E sono queste ultime le più difficili da individuare.

Proprio in merito al tema dell'indipendenza, da più parti ho ricevuto l'invito a formulare una personale considerazione circa i possibili conflitti che potrebbero derivare dalla nascita delle associazioni di revisori condominiali e dalla loro organizzazione.

Invero, la questione si pone per tre ordini di ragione: la prima è che le associazioni professionali sono organizzazioni private, la seconda è che spesso alcune di queste associazioni nascono in seno ad associazioni di amministratori e la terza è che sovente lo stesso professionista può essere sia Amministratore di condominio che revisore condominiale e tutte e tre le ragioni potrebbero interagire negativamente tra loro.

Infatti, è evidentemente pregiudicata l'indipendenza di quel revisore chiamato a verificare la contabilità condominiale redatta da un amministratore che svolge anche l'attività di revisore quando entrambi sono membri di organi dirigenti della medesima associazione, o il primo sia membro attivo di una associazione nata all'interno di quella di amministratori a cui appartiene il secondo come parte attiva.

È certamente questo un classico esempio di possibile pregiudizio per intimidazione dovuta a possibili forme di subordinazione o sudditanza psicologica del revisore pur rimanendo fermo il concetto che non possa bastare la mera appartenenza alla stessa associazione o ad associazioni consorelle quando in seno alle stesse nessuno di entrambi svolge incarichi associativi.

Obiettivi e finalità della revisione

Nell'ambito del più ampio e generale obiettivo di individuare, raccogliere, analizzare, processare e valutare le attività amministrative a carico dell'ente condominiale, finalizzato ad attestare la chiarezza, la veridicità, la correttezza e la conformità del rendiconto condominiale, possiamo individuare alcuni obiettivi particolari.

La fondatezza documentale: il rendiconto è fondato quando è redatto sulla scorta di adeguate pezze giustificative, documentazione fiscale, bonifici, fatture e ricevute, sia in conto entrate che in quello uscite e sia sul piano economico e patrimoniale in termini di costi, ricavi, attività e passività. Il rendiconto è fondato anche per il solo riferirsi a fatti giuridici contabilmente rilevanti realmente occorsi, senza che l'assenza di un relativo documento fiscale possa pregiudicare alcunché. È appena il caso di ricordare che un bilancio “infondato” sul piano documentale non necessariamente sia infondato su quello giuridico. Inoltre, nel primo caso, l'assenza di un giustificativo a supporto di una spesa sostenuta per un fatto realmente accaduto può determinare l'annullabilità del rendiconto in mancanza di una ricognizione favorevole da parte dell'assemblea. Nel secondo, una spesa relativa ad un fatto inesistente perché simulato, sebbene documentato, rende il rendiconto radicalmente nullo per falso.

La legittimità delle ripartizioni: il bilancio è legittimo quando i relativi criteri di ripartizione ivi adottati rispondono in primo luogo ad eventuali statuizioni particolari del regolamento contrattuale e in seconda istanza, alle previsioni del codice civile vigenti in materia. Occorre precisare come i criteri di ripartizione applicati nel rendiconto possano determinare sia profili di annullabilità che di nullità. A tale proposito, rispetto ad un rendiconto già approvato e mai impugnato non sarà possibile rivedere gli errori che andavano invece impugnati entro 30 gg. ai sensi dell'art. 1137 c.c. da parte dei condòmini dissenzienti o astenuti. Deve, invece, ritenersi possibile l'accertamento dell'errata applicazione dei criteri quando questi profilano la nullità del bilancio perché, ad esempio, è stato utilizzato un criterio contrario alla norma in assenza della necessaria convenzione.

La congruità e completezza: il bilancio condominiale, nel suo complesso, può definirsi congruo quando redatto per criterio di competenza e quando adeguatamente raccordato all'E.F. precedente. È completo quando presenta tutti gli elaborati richiesti dal quadro normativo di riferimento e risponde, così, alle prescrizioni di forma e contenuto. Una contabilità redatta solo per criterio di cassa può nascondere i debiti e i crediti pendenti e quando incompleta perché priva di alcuni elaborati può nascondere il quadro delle riserve e dei fondi a disposizione.

La correttezza contabile generale: la contabilità condominiale è generalmente corretta quando non presenta discrasie di collegamento tra variazioni finanziarie ed economiche. I valori del conto economico, del conto flussi e della situazione finanziaria devono risultare coerenti tra di loro sul piano del metodo contabile adottato.

La regolarità fiscale e/o contributiva: si tratta di un segmento sottratto ad ogni sorta di sovranità assembleare in quanto tema non disponibile. Le violazioni fiscali e contributive sono sempre motivo di nullità di un bilancio e possono essere verificate in ogni tempo, nei limiti della ragionevolezza. Si è in presenza della regolarità fiscale e contributiva esclusivamente con il pedissequo rispetto dei relativi obblighi di legge, senza eccezione alcuna.

La confusione patrimoniale: si realizza quando la contabilità oggetto di verifica è stata tenuta secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell'amministratore o di altri condominii. Tuttavia, risulta evidente come in un procedimento promosso in camera di consiglio per la revoca giudiziaria dell'Amministratore scatti comunque un profilo di “causa e contraddittorio” nell'attività giurisdizionale-amministrativa posta in essere dal Giudice che, tra le altre cose, a mente del nuovo art. 64 disp. att. c.c., ha l'obbligo proprio di sentire l'amministratore in contraddittorio con il ricorrente. Da qui, chiaramente, la necessità comunque di giungere ad una forma di “accertamento” benché della sola possibilità di confusione patrimoniale, così come richiamata dall'art. 1129 codice civile, c. 11, n. 4). Si tratterà, dunque, di individuare la semplice modalità di gestione sufficiente a delineare lo scenario del mero pregiudizio della confusione patrimoniale. Un elenco, non certamente esaustivo della casistica, possiamo provare a redigerlo. Costituisce indubbiamente motivo di possibile confusione patrimoniale la presenza in contabilità e nelle rendicontazioni periodiche dei conti correnti, di banche e poste del condominio, di bonifici in entrata o in uscita da o verso altri condominii amministrati dal medesimo Amministratore. A nulla varrà dimostrare che comunque tali operazioni possano compensarsi tra entrate ed uscite, potendo l'Amministratore scongiurare la revoca soltanto se riuscirà a fornire convincenti spiegazioni al Giudice come può esserlo, ad esempio, il caso del mero errore materiale nell'utilizzo dell'home banking. È chiaro, però, che ripetute operazioni di questo tipo non potranno mai essere giustificate da alcuna distrazione di sorta atteso che, al contrario, una siffatta modalità di gestione tende verosimilmente a celare spostamenti di fondi da un condominio all'altro per coprire buchi di bilancio e ammanchi. Stessa cosa dicasi nel caso di versamenti in entrata e in uscita tra il conto corrente condominiale e quello personale dell'amministratore per quegli importi che andranno oltre la soglia del compenso giustificato o dei rimborsi documentati o dell'utilizzo del conto corrente “calderone” per tutti gli edifici amministrati. La nota di rilievo della novella risiede nel fatto che sia ritenuto sufficiente una “potenziale” confusione patrimoniale, senza che se ne pretenda l'accertamento di tipo documentale o peritale. È evidente, dunque, come la ratio della norma sia quella di scongiurare dal principio modus operandi poco chiari e che possono dare adito a dubbi circa la buona fede dell'Amministratore. Nell'ambito del più ampio e generale obiettivo di individuare, raccogliere, analizzare, processare e valutare le attività amministrative a carico dell'ente condominiale, finalizzato ad attestare la chiarezza, la veridicità, la correttezza e la conformità del rendiconto condominiale, possiamo individuare alcuni obiettivi particolari.

Agli obiettivi della revisione della contabilità condominiale possono essere associate finalizzazioni diverse e aderenti agli interessi del committente. Queste possono essere:

La verifica delle posizioni dare/avere Amministratore/condominio: si tratta, in sostanza, di accertare eventuali ipotesi di appropriazioni indebite da parte dell'amministratore. Al riguardo è necessario precisare da subito come non spetti mai al revisore formulare giudizi sulla condotta dell'amministratore, dovendosi limitare esclusivamente al rilievo squisitamente tecnico sebbene di un fatto che potrebbe assumere rilevanza penale. L'appropriazione indebita può risultare assorbita dal reato di truffa quando l'amministratore sottrae delle somme attraverso artifizi e raggiri. In entrambi i casi, si tratta di reati necessariamente dolosi e quindi la componente dell'elemento soggettivo del reato assume un ruolo importante. A questo proposito è opportuno rilevare, nonostante la natura tassativamente tecnica del rilievo, come la relazione di consulenza tecnica d'ufficio del revisore possa comunque assurgere a sostegno funzionale nella decisione del giudice penale.

La ricostruzione di contabilità assente: si tratta di un plus rispetto alla redazione della sola relazione di revisione con giudizio. Questo accade quando il committente ravvisa la necessità di munirsi di una contabilità mai presentata. Si tratta, dunque, di una vera e propria ricostruzione più che di una verifica. D'altra parte, come sarebbe possibile verificare una contabilità mai presentata? Sono questi i casi dell'irreperibilità dell'amministratore, del suo tragico decesso o del semplice suo inadempimento agli obblighi del mandato.

L'allineamento contabile all'E.F. precedente: in questo caso si è in presenza di una contabilità oggetto di verifica non allineata all'esercizio precedente e che quindi presenta il rischio di perdere traccia di ciò che è stato fino al giorno antecedente a quello di inizio esercizio. La necessità è quella di ristabilire il profilo della congruità a carico del rendiconto, senza per questo esaminarlo nel merito.

La ricostruzione di contabilità presente: oltre alla relazione di revisione, il committente può presentare la necessità di munirsi di una nuova contabilità che dimostri con nuove risultanze gli addebiti da muovere a carico dell'amministratore. Ai più appare scontato il fatto che il revisore debba presentare sempre la contabilità ricostruita, ma così non è. L'attività di verifica si ferma all'analisi di una contabilità sottoposta a verifica e si conclude con un giudizio. La ricostruzione della contabilità presente, invece, assolve ad uno scopo funzionale rispetto alla persecuzione degli interessi del committente.

In conclusione

La brevità di questa scheda impone una conclusione che possa riassumere efficacemente gli argomenti trattati.

La figura del revisore della contabilità del condominio è ancora alla ricerca di una precisa identità e a tale proposito presto potrebbe venire in aiuto una norma UNI ad hoc già in fase avanzata e che presto conosceremo. Nell'attesa, è opportuno rimarcare la necessità delle competenze del professionista incaricato da una parte e le peculiarità dell'ente condominiale dall'altra affinché non si sconfini in una impropria revisione contabile di stampo aziendalistico che oscurerebbe i processi tipici del condominio e la necessità di giungere sempre ad un giudizio che preferisca il piano sostanziale a quello formale, a maggior ragione in assenza di standard di revisione e principi contabili di riferimento e pertinenti ben consacrati.

Da ultimo, un breve cenno proprio agli standard di revisione minimi richiesti per l'attendibilità della relazione di revisione: il contraddittorio con l'amministratore che ha redatto la contabilità, il campionamento e la responsabilità del revisore nel tendere al raggiungimento del più elevato livello di attendibilità possibile della relazione.

Chi nomina il revisore?

L'assemblea dei condomini senza pregiudizio per chi ne abbia interesse e titolo a procedere in autonomia.

Chi può svolgere l'incarico di revisore della contabilità condominiale?

Chi possiede precise competenze e requisiti nonostante l'assenza di una apposita riserva di legge o abilitazione professionale in tal senso.

Cosa fa il revisore?

Effettua una attività peritale di tipo percipiente quando chiamato ad indagare nel merito della contabilità e una attività deducente quando chiamato a rilievi di tipo meramente formali.

Come conclude il suo lavoro?

Con una relazione di verifica accompagnata da un giudizio sulla contabilità verificata.

Guida all'approfondimento

Schena F., Il nuovo rendiconto, Palermo, Grafill, 2017

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