Nuovi contributi giurisprudenziali in materia di rapporti tra concordato con assunzione ed offerte concorrenti

Marco Terenghi
11 Gennaio 2019

Il concordato con assuntore non costituisce un tipo di concordato diverso e distinto rispetto al concordato con cessione dei beni (o “liquidatorio”), al concordato con continuità aziendale o al concordato c.d. “misto”, posto che l'assunzione attiene esclusivamente all'aspetto soggettivo del rapporto obbligatorio, vale a dire all'individuazione del soggetto tenuto all'adempimento delle obbligazioni concordatarie. Ne deriva che il concordato preventivo per assunzione...
Massime

a) Il concordato con assuntore non costituisce un tipo di concordato diverso e distinto rispetto al concordato con cessione dei beni (o “liquidatorio”), al concordato con continuità aziendale o al concordato c.d. “misto”, posto che l'assunzione attiene esclusivamente all'aspetto soggettivo del rapporto obbligatorio, vale a dire all'individuazione del soggetto tenuto all'adempimento delle obbligazioni concordatarie.

Ne deriva che il concordato preventivo per assunzione deve trovare la propria regolamentazione nella generale normativa concorsuale, che riconosce solo la distinzione tra concordato caratterizzato dalla liquidazione degli assets aziendali e concordato imperniato sulla continuazione (diretta o indiretta) dell'attività imprenditoriale.

b) Il disposto dell'art. 163 l.fall. in tema di offerte concorrenti, che impone la pubblicizzazione delle offerte pervenute e l'apertura di un procedimento competitivo volto a verificare la presenza di soggetti intenzionati a formulare offerte maggiormente satisfattive per i creditori, deve trovare applicazione anche al concordato con assunzione, ove la proposta preveda il trasferimento del patrimonio del proponente ad un terzo assuntore. In particolare, va affermato l'assoggettamento a procedura competitiva dell'offerta o dell'impegno di assunzione, la cui concreta comparabilità con altri e diversi impegni o offerte provenienti da distinti soggetti non può essere revocata in dubbio, in quanto al Tribunale è inibito di snaturare il piano predisposto dall'imprenditore, che deve poter trovare attuazione anche in caso di sostituzione della controparte contrattuale.

c) Va dichiarata inammissibile la proposta di concordato preventivo per assunzione che contenga una clausola limitativa della responsabilità dell'assuntore, poiché l'art. 124, ultimo comma, l.fall. non è richiamato nella disciplina del concordato preventivo, e l'assenza di richiamo trova la sua giustificazione nel fatto per cui all'interno del concordato preventivo manca una fase di verifica del passivo e di formazione dello stato passivo.

Il caso

Una S.p.A. esercente servizi di pubblica utilità formula una proposta di concordato preventivo che prevede il trasferimento dell'intero attivo, ed in particolare dell'azienda in funzionamento (già concessa in affitto a terzi), ad un assuntore previamente individuato in un'altra società per azioni, e ciò per il tramite di due società di scopo controllate integralmente da quest'ultima.

La proposta è accompagnata da una “offerta irrevocabile di assunzione” sottoposta ad una serie di condizioni (mantenimento degli assetti societari, delle concessioni amministrative e dell'affitto d'azienda, stipulazione di futuri patti parasociali, sottoscrizione di accordi con un istituto bancario), il cui avveramento deve verificarsi al momento del passaggio in giudicato dell'omologa, e prevede, tra l'altro, che il venir meno di uno o più elementi dell'attivo rispetto a quelli individuati nel piano attestato comporti la caducazione dell'efficacia della proposta. Ancora, l'offerta di assunzione istituisce una limitazione di responsabilità dell'assuntore ai debiti risultanti dalle scritture contabili della debitrice ed inseriti nel piano, tanto che successive passività eventualmente accertate sino al deposito della relazione ex art. 172 l.fall. comporterebbero una proporzionale riduzione della percentuale riservata ai creditori chirografari.

Il Tribunale di Torino invita la società proponente a precisare se l'offerta irrevocabile di assunzione debba intendersi anche quale offerta di partecipazione ad una gara ex art. 163-bis l.fall., o comunque se non debba ritenersi caducata in caso di sopravvenuta procedura competitiva. L'interessata risponde negativamente alla richiesta, precisando che in caso di gara l'assuntore si riserverebbe comunque di esaminare il relativo bando prima di decidere se parteciparvi o meno, e che la fideiussione bancaria da cui l'offerta di assunzione è garantita non manterrebbe validità in sede di procedura competitiva.

Il Tribunale, sulla scorta di tale precisazione, dichiara inammissibile la proposta di concordato, osservando che la disciplina delle offerte concorrenti deve trovare applicazione anche al concordato con assunzione il quale preveda la liquidazione e la cessione di tutti i beni aziendali, e che l'ampiezza del disposto dell'art. 163 induce a ritenere ineludibile la contendibilità in tutte le ipotesi in cui si realizzi il trasferimento (totale o parziale) del patrimonio del debitore, indipendentemente dallo strumento giuridico posto a base dell'offerta da porre in competizione, e quindi anche nel caso di assunzione. Ciò a maggior ragione, puntualizza il Collegio, quando la presunta “assunzione” si risolva in realtà, come nel caso di specie, in una cessione totalitaria degli assets aziendali dietro pagamento di un corrispettivo, ancorché rappresentato in gran parte dall'accollo di debiti preesistenti.

Per completezza, conclude il Tribunale, la proposta concordataria andrebbe dichiarata inammissibile anche laddove si fosse in presenza di un'assunzione vera e propria e si volesse escludere quest'ultima dall'ambito di operatività dell'art. 163-bis l.fall., poiché essa prevede una limitazione di responsabilità dell'assuntore che non trova diritto di cittadinanza nella disciplina del concordato preventivo, priva com'è di un richiamo all'art. 124, ultimo comma, l.fall. in tema di concordato fallimentare.

Le questioni giuridiche e le relative soluzioni

La specificità dei temi trattati dal provvedimento in commento suggerisce un loro rapido inquadramento di natura generale.

Il concordato preventivo con assunzione.

A norma dell'art. 160, primo comma, lett. b), il piano concordatario può prevedere “l'attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore”. Si tratta di un'innovazione rispetto alla disciplina anteriore alla L. 80/2005, che contemplava espressamente la figura dell'assuntore solo in relazione al concordato fallimentare (cfr. i previgenti art. 124, secondo comma ed art. 137, ultimo comma), mentre per quello preventivo veniva previsto solo il possibile intervento ad adiuvandum di un garante del debitore, a supporto della domanda di quest'ultimo (G.B. Nardecchia, Il terzo nel concordato, in Fall., 2017, 1071 e segg.). Poiché, peraltro, né la riforma del 2005 né quelle successive hanno inteso fornire una definizione normativa dell'assuntore, natura e funzioni di quest'ultimo vanno ricavate dall'elaborazione che gli interpreti ne hanno tradizionalmente offerto, soprattutto con riferimento al concordato fallimentare.

L'assuntore, in sintesi, è la figura che si accolla (in via cumulativa o liberatoria) le obbligazioni del debitore contenute nella proposta concordataria approvata, o che comunque assume in proprio l'obbligo di adempiere il concordato, e ciò a fronte ed in contropartita dell'attribuzione in suo favore delle attività del debitore; queste ultime gli vengono trasferite a condizione che gli obblighi concordatari (in particolare, quindi, il pagamento o il soddisfacimento dei creditori) siano stati esattamente adempiuti con i tempi e le modalità proposte, approvate e recepite nel decreto di omologa (il cui passaggio in giudicato costituisce titolo immediato e diretto, laddove non sottoposto a termine o condizione, per il trasferimento dei beni all'assuntore, assumendo sotto questo aspetto natura costitutiva alla pari di una pronuncia ex art. 2932 c.c.: Cass. 1.3.2010, n. 4863; Cass. 13.4.2007, n. 8832; Cass. 8.11.2002, n. 15716).

L'assuntore, quindi, non è un mero accollante delle obbligazioni concordatarie, né tantomeno un semplice garante del proponente, poiché nel fenomeno dell'assunzione la componente obbligatoria (in particolare la modifica soggettiva del lato passivo delle varie obbligazioni) si presenta inscindibilmente connessa, sotto il profilo attuativo e teleologico, a quella traslativa, in forza della quale egli diviene il destinatario finale delle attività, pur rimanendo soggetto ben distinto dal debitore, al quale ultimo compete in via esclusiva la legittimazione a presentare la proposta di concordato; proposta, ovviamente, di cui la convenzione di assunzione costituisce parte integrante (A. Nigro – M. Sandulli, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Torino, 2014, 17).

Non a caso, la lett. a) dell'art. 160 ha cura di menzionare espressamente l'accollo, accanto alla cessione dei beni e alle “altre operazioni straordinarie”, quale possibile modalità di soddisfazione dei crediti, con ciò chiarendo che l'elemento obbligatorio non esaurisce completamente la struttura e la finalità dell'assunzione citata alla successiva lett. b), pur costituendone un momento essenziale (M.R. Schiera, Garanzie nel concordato, in M. Ferro (a cura di), Le insinuazioni al passivo, Padova, 2010, 933). L'assuntore, infatti, si sostituisce al debitore laddove l'accollo proposto sia liberatorio per quest'ultimo, mentre ne diviene coobbligato ogniqualvolta l'accollo sia cumulativo; coobbligato e non garante, peraltro, poiché la causa tipica dell'assunzione diverge da quella di mera garanzia, perseguendo lo specifico ed autonomo interesse dell'assuntore ad acquisire l'attivo concordatario a fronte ed in conseguenza dell'adempimento delle obbligazioni del concordato, vale a dire di un debito divenuto “proprio” dell'assuntore stesso.

Al tempo stesso, però, l'assuntore non è nemmeno un semplice cessionario di beni o diritti del debitore, poiché il trasferimento di questi ultimi a seguito del passaggio in giudicato dell'omologa rappresenta una precisa e diretta conseguenza dell'assunzione dell'onere concordatario, ossia dell'adempimento della proposta nei confronti della massa dei creditori, rispetto alla quale egli adempie comunque ad un debito proprio (G.B. Nardecchia, Il terzo nel concordato, cit., 1072).

Sembra difficile negare, quindi, che l'assuntore sia qualcosa di diverso e di più rispetto ad un mero cessionario dei beni concordatari, in quanto egli non si limita ad impegnarsi all'acquisto tout court di questi ultimi, ma ciò fa nell'ambito di una più complessa pattuizione che costituisce parte integrante del piano e della proposta, dove ai creditori viene prospettata anche una modificazione del lato soggettivo dei vari rapporti obbligatori attraverso l'accollo (liberatorio o cumulativo, a seconda dei casi).

Le “offerte concorrenti” dell'art. 163-bis l.fall..

L'art. 163-bis l.fall., introdotto dall'art. 2, comma 1, d.l. 27.6.2015, n. 83 (c.d. “decreto contendibilità e soluzioni finanziarie), convertito con l. 6.8.2015, n. 132 (sul tema F. Lamanna, La miniriforma (anche) del diritto concorsuale secondo il decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: un primo commento, Parte II: le modifiche riguardanti il concordato preventivo. “Proposte/piani” ed “offerte” concorrenti, in questo Portale, 2015 (…), pagg. 16-23; F. Lamanna, La legge fallimentare dopo la mini riforma del D.L. n. 83/2015, in Il civilista, 2015, pagg. 41-48; M. Vitiello, Vendite concorsuali e offerte concorrenti: la fine dell'era delle proposte di concordato chiuse, in questo portale; M. Greggio, Le offerte concorrenti nel nuovo art. 163-bis legge fallimentare: l'eteronomia prevale sull'autonomia?, in questo portale, 21.1.2016), ha per la prima volta recepito nell'ordinamento concorsuale l'istituto delle c.d. “offerte concorrenti”, volto a stimolare la competitività all'interno dei meccanismi di liquidazione dei beni concordatari con l'obiettivo di creare un vero e proprio mercato per questi ultimi, e con il prioritario effetto di migliorare le aspettative di recupero dei creditori concordatari, ponendo a loro disposizione una “terza via” diversa da quelle di accettare o rifiutare “in blocco” la proposta del debitore” (Pajardi-Paluchowski, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2008, 851). Per massimizzare la recovery dei creditori attraverso la concorrenza in sede di offerta era quindi indispensabile disincentivare (anzi inibire) le c.d. “offerte preconfezionate”, ponendo così fine a quella prassi, largamente diffusa, attraverso cui l'imprenditore in crisi decideva di trasferire la propria azienda o un ramo di essa, ancora appetibili, ad un soggetto predeterminato (spesso addirittura contiguo al debitore stesso, direttamente o indirettamente), attraverso la stipulazione di un contratto diretto ad attribuirne il godimento e, in un secondo momento, la titolarità. Lo strumento prediletto in questo senso era l'affitto d'azienda (utilizzato per evitare la dispersione del valore dell'azienda e veicolare quest'ultima nel corso della procedura concordataria sino all'omologa), nel cui alveo si innestava quasi sempre una specifica clausola di futura cessione sospensivamente condizionata all'omologazione. Tale accordo, concluso perlopiù prima del deposito della pre-domanda ai sensi dell'art. 161, sesto comma, diventava parte integrante del piano concordatario e veniva quindi sottoposto al voto dei creditori, i quali, perlopiù scarsamente informati e condizionati dall'alternativa fallimentare spesso incombente e quasi sempre deteriore, finivano per esprimere un inconsapevole voto favorevole attraverso il meccanismo del silenzio-assenso, dando così il “via libera” al “pacchetto preconfezionato”, che si rivelava definitivamente vincente una volta conseguita l'omologa, cui facevano seguito gli atti esecutivi del piano (trasferimento dell'azienda o del ramo).

Un simile fenomeno si era attirato, nel tempo, le critiche di molti, in quanto ritenuto contrario ad una serie di principi-cardine in materia, quali l'interesse dei creditori alla massimizzazione del soddisfacimento, la competitività in sede di allocazione degli assets concordatari e la trasparenza del piano (reso per contro opaco dalle commistioni soggettive spesso esistenti tra debitore e newco, dai sistematici tentativi dei suoi redattori di sfumare, se non minimizzare, le responsabilità degli amministratori nell'insorgere della crisi, dal frequente utilizzo della figura di un liquidatore di nomina giudiziale già individuato dal proponente in un soggetto ritenuto “collaborativo” e tale da non intralciare a posteriori l'esecuzione del concordato attraverso rilievi di criticità preesistenti o sopravvenute).

La prassi di molti tribunali non era peraltro rimasta spettatrice inerte, di fronte all'affermarsi dei “piani pre-packaged”, arrivando a predicarne la parziale disapplicazione attraverso una valorizzazione del disposto dell'art. 182 l.fall., ritenuto norma imperativa e come tale inderogabile nella sua portata marcatamente giudiziale/pubblicistica, laddove consente l'applicazione delle regole competitive previste per il fallimento dagli artt. da 105 a 108-ter l.fall., in quella che è stata definita come la “fallimentarizzazione del procedimento concordatario di liquidazione” (il caso più famoso è costituito dal decreto di ammissione del Tribunale di Milano in data 27.10.2011, nella procedura di concordato preventivo della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor, in Fall., 2012, 1, 78-92, con commento di G.B. Nardecchia, Cessione di beni e liquidazione: la ricerca di un difficile equilibrio tra autonomia privata e controllo giurisdizionale, e dal correlativo decreto di omologa dell'11.5.2012, in questo portale; nel medesimo senso, tra i più noti, anche il decreto di ammissione del Tribunale di Bologna 4.6.2013 nella procedura di concordato preventivo “La Perla”, in Nuovodirittofallimentare.unifi.it, Le novità in materia di concordato preventivo. Un primo “tagliando” ad un anno e mezzo dal “decreto sviluppo” e dopo sei mesi dal “decreto del fare”, vol. I, 64-69).

Va detto, ad onor del vero, che i piani “preconfezionati” presentavano quantomeno un aspetto astrattamente positivo, rappresentato dal profilo temporale dell'operazione di trasferimento degli assets. In situazioni di crisi aziendale caratterizzate dalla necessità di evitare la dispersione dell'avviamento dell'impresa in esercizio nel volgere di poche settimane, il timing della cessione costituisce un elemento fondamentale per la conservazione del patrimonio, e la presenza di un soggetto già preparato alla prosecuzione dell'attività senza soluzione di continuità si pone quale soluzione preferibile rispetto alla ricerca di un acquirente attraverso forme di pubblicità, ancorché ridotte o semplificate.

In questo senso, dunque, se da un lato il ricorso alla procedura competitiva può sicuramente avere un effetto virtuoso in relazione al prezzo di cessione del compendio aziendale (emblematico il già citato “caso San Raffaele”, dove da un corrispettivo di 250 milioni di Euro presente nel piano si è arrivati a quello di 405 milioni di Euro all'esito della gara), dall'altro la sua inevitabile laboriosità derivante dai tempi tecnici di esecuzione corre il rischio di disperdere l'avviamento e di allontanare nel contempo i possibili interessati, nel frattempo attratti da altre occasioni o disincentivati dalla diminuita redditività dei beni (Fabiani, L'ipertrofica legislazione concorsuale fra nostalgie e incerte contaminazioni ideologiche, in ilcaso.it).

Ad ogni modo, l'orientamento giurisprudenziale fondato sulla valorizzazione dell'art. 182 l.fall. ha finito per stimolare in modo decisivo la sensibilità del legislatore concorsuale. Da qui l'introduzione dell'art. 163-bis, norma inderogabile a carattere imperativo, ispirata ad una ratio di c.d. “ordine pubblico economico” e volta ad assicurare, in linea di principio, tanto la massimizzazione delle prospettive di recupero dei creditori attraverso la competizione, quanto la disclosure nei procedimenti di riallocazione dei complessi aziendali contaminati dalla crisi, onde rendere contendibili questi ultimi anche da parte di soggetti imprenditoriali diversi e potenzialmente più virtuosi di coloro i quali, invece, non sono riusciti ad evitare il default e che ciò nonostante ambirebbero a continuare, in via indiretta, la gestione delle medesime aziende attraverso sistemi predelineati di devoluzione degli assets (sul punto, D. Galletti, Ancora sulle elusioni dell'art. 163-bis l.fall., in questo portale). “Inderogabilità”, peraltro, significa anche che il Tribunale è privo di ogni margine di discrezionalità circa l'apertura della procedura competitiva, quando ne ricorrono i presupposti, dovendo quindi emettere un provvedimento diretto a disciplinare la raccolta di offerte concorrenti anche nel caso di beni di valore irrisorio, o quasi; in questo senso, la norma presenta degli indubbi connotati di rigidità, che possono rivelarsi altrettanti profili di inefficienza (G.B. Nardecchia, Il terzo nel concordato, cit., 1077).

L'art. 163-bis, va segnalato, viene comunemente ritenuto applicabile tanto al concordato liquidatorio, quanto a quello “in continuità” (L. Panzani, La liquidazione dei beni nel fallimento e nel concordato, Il Fallimento, 2017, 1135 e segg.; G.B. Nardecchia, Offerte concorrenti: la ricerca di un difficile equilibrio tra le ragioni del diritto e quelle dell'economia, ivi, 2018, 1, 86), anche perché la cessione dell'azienda in esercizio a terzi che ne proseguono l'attività, spesso preceduta da un contratto di affitto, rientra tipicamente in quest'ultima declinazione della procedura concordataria (L. Panzani, La liquidazione dei beni nel fallimento e nel concordato, cit., 1135), sia essa “diretta” (laddove attuata dal medesimo imprenditore in crisi) o “indiretta” (se attribuita a diversi soggetti). Ciò conferma la vocazione tendenzialmente “universale” che la maggior parte degli interpreti ha attribuito alla norma in sede applicativa, quantomeno con riferimento alle tipologie di concordato preventivo previste dal sistema e concretamente utilizzate nella quotidiana operatività.

Osservazioni

Il tema principale affrontato dalla pronuncia in commento, quindi, attiene all'applicabilità dell'art. 163-bis al concordato con assunzione, istituto caratterizzato, per quanto visto in precedenza, da una congenita natura traslativa conseguente all'omologazione.

a) La teoria. Per quanto visto in precedenza, pare difficile negare che l'assuntore sia qualcosa di diverso e di più rispetto ad un mero cessionario dei beni concordatari, in quanto egli non si limita ad impegnarsi all'acquisto tout court di questi ultimi, ma ciò fa nell'ambito di una più complessa pattuizione che costituisce parte integrante del piano e della proposta, dove ai creditori viene prospettata anche una modificazione del lato soggettivo dei vari rapporti obbligatori attraverso l'accollo (liberatorio o cumulativo, a seconda dei casi).

In altre parole, l'assuntore non procede solo ad acquistare il patrimonio del proponente a fronte del versamento di un determinato corrispettivo, ma diviene normalmente sostituto e successore del debitore liberato (laddove l'assunzione abbia natura liberatoria e non cumulativa), rilevando di quest'ultimo sia la posizione passiva, sia quella attiva. Per tale motivo, la proposta concordataria costruita sull'impegno di un assuntore risulta strutturalmente diversa da quella poggiante su di un piano che preveda un'offerta diretta al trasferimento dell'azienda, di rami di essa o di singoli beni, poiché la prima presenta una vocazione tendenzialmente “onnicomprensiva” sconosciuta alla seconda. In altre parole, come accennato, l'assuntore non è un mero “acquirente” di beni, diritti o universalità di beni, poiché il trasferimento dei beni costituisce una conseguenza diretta della “assunzione” dell'integrale onere concordatario, ossia dell'adempimento della proposta.

Ciò sembra delineare un profilo di possibile criticità della tesi che sottopone all'art. 163-bis anche l'offerta dell'assuntore su cui si impernia il piano di concordato (sostenuta, tra gli altri, da Trib. Alessandria 18.1.2016, in www.ilcaso.it. ). L'assunzione, infatti, attiene ad aspetti che non riguardano solo la mera cessione dei beni, ma anche i profili soggettivi di adempimento della proposta, posto che l'intervento del terzo assuntore può anche determinare la liberazione del debitore originario, modificando così completamente il lato passivo del rapporto obbligatorio.

Una simile impostazione finisce per spostare il focus di riferimento più verso il tema delle proposte concorrenti che non quello delle offerte concorrenti, portando queste ultime a cannibalizzare di fatto le prime in un contesto di concordato con assunzione. La presentazione di un'offerta concorrente rispetto a quella dell'assuntore rischia infatti di tradursi suo malgrado in una proposta “concorrente”, dove può realizzarsi una modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio strutturalmente assai diversa da quella programmata nella proposta originaria, poiché quest'ultima si fonda sull'accollo (accordo tra debitore e terzo cui il creditore può aderire: art. 1273 c.c.), mentre la prima integra sostanzialmente un'espromissione (accordo tra terzo e creditore cui il debitore rimane estraneo, ed eventualmente anche contrario: art. 1272 c.c.). La più evidente ricaduta sistematica di una simile ricostruzione, a questo punto, consisterebbe nel fatto per cui il terzo offerente, che non è legittimato a presentare una proposta concorrente (cfr. art. 163), si troverebbe di fatto ad ottenere un risultato pressoché equivalente a quello vietato dalla norma attraverso la presentazione di un'offerta concorrente con quella dell'assuntore.

D'altra parte, l'interferenza tra “offerte” e “proposte” concorrenti sembra venire inibita dalla struttura stessa del concordato con assunzione, il quale, veicolando verso l'assuntore l'integrità dell'attivo e del passivo, non può che trovare come logico competitor solo colui che riesca a formulare un'alternativa “proposta concorrente”, scontando però, a questo punto, tutte le preclusioni in tema di legittimazione ed ammissibilità previste dalla legge.

Senza considerare, poi, che anche l'aspetto della “comparabilità” sembra declinarsi in modo problematico con riferimento all'assunzione, perché se è vero che il Tribunale non può spingersi ad alterare il piano del debitore (si veda la relazione di accompagnamento al d.d.l. di conversione del d.l. 83/2015), e che quest'ultimo deve poter trovare attuazione anche in caso di sostituzione della controparte negoziale, pare altrettanto innegabile, per quanto visto finora, che un simile principio si adatti molto più facilmente al caso di un'offerta (o di un preliminare) d'acquisto di un ramo aziendale, dove a parità di perimetro degli assets le uniche variabili rilevanti sono il prezzo e (a debita distanza) il livello occupazionale, piuttosto che al coacervo di obbligazioni, diritti, beni, posizioni soggettive e trasferimenti di titolarità ricompreso nell'alveo dell'assunzione, il quale evoca in modo sicuramente più immediato la “proposta concorrente”, anziché l'offerta.

Né può dirsi che, sotto il profilo sistematico, la possibile disconnessione del concordato con assunzione dall'art. 163-bis risulti completamente priva di riferimenti o suggestioni. Da un lato, infatti, lo stesso dato testuale dell'art. 160, comma primo, lett. b), nella parte in cui prevede l'attribuzione delle attività all'assuntore, presuppone ovviamente che queste ultime rientrino nell'ambito della proposta, e che ciò avvenga sulla base di un piano volto a sorreggere quest'ultima. Dall'altro, quando l'art. 186, quarto comma, esclude la risoluzione del concordato laddove l'assunzione abbia comportato la liberazione immediata del debitore, intende riferirsi in ogni caso, all'inadempimento “degli obblighi derivanti dal concordato”, quindi della proposta.

Le considerazioni di cui sopra sembrano però meno persuasive in tutti quei casi (più frequenti di quanto non si immagini) nei quali il piano prevede una dissociazione tra la figura dell'assuntore e quella del cessionario delle attività, soprattutto laddove quest'ultimo non risulta riconducibile, nemmeno indirettamente, al primo (si veda M. Ratti, Commento all'art. 163-bis, in AA.VV., La nuova riforma del diritto concorsuale, Torino, 2015). Nell'ambito di un quadro così specifico, saremmo in presenza di un concordato pur sempre per assunzione, ma al cui interno trova una collocazione autonoma un'offerta proveniente da un soggetto già identificato e non ricollegabile all'assuntore, come tale assoggettata senza margine di dubbio alla disciplina dell'art. 163-bis: è ragionevole, a questo punto, predicare l'inapplicabilità di quest'ultima norma al caso, sostanzialmente non così dissimile, dove il cessionario è pur sempre una persona diversa dall'assuntore, ma riconducibile a quest'ultimo?

Proprio per scongiurare il rischio di trattamenti differenti in situazioni tra loro equiparabili ma in qualche modo “di confine”, ed al tempo stesso per inibire il ricorso a meccanismi sostanzialmente elusivi del precetto normativo, numerosi interpreti e giudici di merito hanno finito per valorizzare il più possibile la vocazione tendenzialmente “onnicomprensiva” dell'art. 163-bis, ponendone in rilievo non solo il carattere precettivo ed inderogabile, ma individuandone la ratio in un principio di vero e proprio “ordine pubblico economico” insuscettibile di deroghe e volto a privilegiare la natura “sostanziale” del diritto concorsuale, tanto da risultare un'appropriata modalità di espressione della “formazione “pragmatica” dei giudici chiamato ad applicarlo” (così Galletti, Ancora sulle elusioni dell'art. 163-bis l.fall., in questo portale, 9.1.2018; in giurisprudenza, oltre al provvedimento in commento, Trib. Alessandria 18.1.2016, in www.ilcaso.it ).

Ciò non toglie, ovviamente, che le decisioni giudiziarie volte a far prevalere le esigenze del pragmatismo su quelle di natura sistematica o formale abbiano cura di sviluppare una motivazione adeguata sotto il profilo ricostruttivo. Il Tribunale di Torino, ad esempio, ha sicuramente ragione quando afferma che la Legge Fallimentare non prevede una disciplina specifica per il concordato preventivo con assunzione, e che quest'ultimo deve quindi trovare la propria regolamentazione nell'ambito della generale normativa concorsuale, dove sono contemplati solo il concordato liquidatorio o quello in continuità, diretta o indiretta (fatta salva, secondo Trib. Alessandria 18.1.2016, cit, la fattispecie “mista”, da valutarsi secondo il criterio della “prevalenza” o della “combinazione”: Trib. Ravenna 28.4.2015, in www.ilcaso.it; Cass. 12.12.2012, n. 22828). Sulla base di simili premesse, dunque, la presenza dell'assuntore non potrebbe indurre a configurare l'esistenza di un tertium genus concordatario, al cui interno sia consentito disapplicare una o più norme generali in virtù della “specialità” di tale fattispecie. Quindi, in particolare, se nella proposta di concordato con assunzione è contenuta un'offerta d'acquisto dell'azienda, di un suo ramo o di specifici beni da parte di un soggetto già individuato (assuntore o altra persona), quest'ultima dovrebbe certamente passare attraverso la procedura competitiva prevista dall'art. 163-bis.

Il punto, peraltro, sembra essere un altro: la convenzione (o il negozio, o l'accordo: G. Racugno, Concordato preventivo, in Trattato di diritto fallimentare, diretto da V. Buonocore-A. Bassi, Padova, 2010, I, 498) di assunzione preventivamente raggiunta tra debitore ed assuntore, recepita nella proposta concordataria e posta alla base del piano, può venire considerata una “offerta” ai sensi della norma in questione, o quantomeno un “contratto diretto al trasferimento non immediato dell'azienda, i un suo ramo i di beni specifici”? In base alla risposta che si intende dare al quesito, il negozio “assuntorio” va reso o meno contendibile da parte del Tribunale.

A stretto rigore, per quanto visto in precedenza, una risposta affermativa al quesito riuscirebbe difficilmente persuasiva, perché l'assunzione non è un mero contratto traslativo di beni concordatari, bensì uno strumento che opera ad un diverso livello, potenzialmente idoneo a sostituire addirittura un terzo al debitore originario.

b) La pratica. Come molto spesso accade, le soluzioni che i giudici di merito riescono ad elaborare, e che vengono poi classificate dai commentatori come favorevoli o contrarie ad una determinata impostazione teorica, risentono in modo decisivo delle circostanze del caso concreto, spesso così peculiari da orientare la decisione ancor prima della necessità logica di enunciare il principio di diritto. E' il caso del provvedimento del Tribunale di Milano in data 15.6.2017 (in Fall., 2018, 4, 513), chiamato a valutare il caso di un piano concordatario che prevedeva il trasferimento dell'intero patrimonio del debitore ad un terzo assuntore il quale, liberando il proponente, si accollava l'obbligo di estinguere tutte le passività concordatarie. Il Tribunale, seppur in modo incidentale, ha escluso l'applicabilità dell'art. 163-bis ad una simile fattispecie, osservando che la ratio della norma risulta estranea al concordato con assunzione, dove il terzo non si limita ad acquistare il patrimonio per un dato corrispettivo, ma diviene successore e sostituto del debitor liberato, assumendone la posizione attiva e passiva (nello stesso senso Trib. Rimini 1.12.2016, in www.ilcaso.it ). E' vero, però, che nel caso concreto il valore economico dell'acquisizione risultava largamente inferiore all'ammontare dell'obbligazione concordataria dell'assuntore, ragion per cui una eventuale procedura competitiva si sarebbe sviluppata su valori così elevati (per corrispettivi pari al multiplo del valore reale) da rendere quasi irrealistica la possibilità di reperire un possibile acquirente.

Situazione non dissimile sembra avere caratterizzato una recentissima pronuncia del Tribunale di Monza in data 26.6.2018, dove è stata autorizzata la stipulazione di un affitto d'azienda tra il proponente e l'assuntore-affittuario senza la necessità di dare corso, a tale fine, alla procedura competitiva ex art. 163-bis, sul presupposto per cui ben difficilmente sarebbero state presentate offerte concorrenti a fronte dell'integrale assunzione dei debiti concordatari da parte dell'assuntore con effetto pienamente liberatorio per il soggetto proponente.

Ed infine, lo stesso Tribunale di Roma ha recentemente autorizzato la disapplicazione dell'art. 163-bis in presenza di un'offerta d'acquisto di ramo aziendale (senza assunzione) presentata dopo il deposito della domanda di pre-concordato, ritenendola ammissibile ogniqualvolta l'urgenza di procedere non sia compatibile con l'espletamento delle procedure competitive e richieda invece un iter di gara deformalizzato sotto la conduzione e la vigilanza del commissario giudiziale (Trib. Roma 3.8.2017 (decr.), in Fall. 2018, 1, 83. Sul punto anche Trib. Padova (decr.) 16.10.2015, in www.fallimentiesocietà.it, con nota di M. Greggio – G. Vidal, Un primo interessante caso di applicazione della novella di cui all'art. 163-bis l.fall.).

Non c'è da stupirsi, quindi, del fatto per cui, anche nel decreto in commento, la decisione del Tribunale appaia sicuramente influenzata da alcune peculiarità del caso di specie. La proposta concordataria, infatti, era anzitutto imperniata su una “offerta irrevocabile di assunzione” che, già da un punto di vista meramente terminologico, evocava istintivamente (e forse involontariamente) la nozione e la disciplina delle “offerte” di cui all'art. 163-bis. Sotto il profilo sostanziale, poi, il perimetro dell'offerta veniva delimitato con estrema precisione, includendovi un attivo nominalmente elencato e dimensionalmente individuato come in sede di attestazione, con la precisazione per cui il venir meno anche di un solo elemento o la risoluzione dell'affitto d'azienda in essere avrebbe comportato il venir meno del presupposto concordatario e l'impossibilità di adempiere la proposta. In relazione al passivo, poi, l'assuntore limitava espressamente la propria responsabilità ai debiti risultanti dalle scritture contabili del debitore ed inseriti nelle passività esposte nel piano, prevedendo un meccanismo di rettifica solo per quelle emerse sino al deposito della relazione ex art. 172, ma con una proporzionale diminuzione della percentuale riservata ai chirografari. Ciò ha indotto il Tribunale a ritenere che, in realtà, quella denominata “offerta di assunzione” fosse una vera e propria offerta d'acquisto in blocco di tutti i beni aziendali a fronte di un corrispettivo immodificabile (ancorché declinato sub specie di accollo delle passività), e come tale dovesse necessariamente passare attraverso la procedura competitiva. Ritornano dunque a farsi sentire, anche nella pronuncia in commento, quelle istanze di “effettività” della tutela prevista dall'art. 163-bis, che quasi automaticamente inducono i giudici a particolare circospezione in presenza di fattispecie concrete tendenzialmente border line, dove operazioni dal complesso contenuto economico presentate sotto l'insegna di istituti non direttamente riconducibili all'art. 163-bis possono contenere meccanismi, di percezione non immediata, finalizzati a reintrodurre più o meno surrettiziamente scenari di concordati “chiusi”.

Minimi riferimenti normativi e giurisprudenziali

Per ragioni di comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto preferibile inserire i riferimenti giurisprudenziali e dottrinali direttamente all'interno del commento.

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