La nuova tipologia di attestazione prevista dall’art. 13 del Codice della crisi e dell’insolvenza

Alessandro Ireneo Baratta
15 Gennaio 2019

L'art. 13 del Codice della crisi e dell'insolvenza introduce nel nostro ordinamento una nuova e diversa tipologia di attestazione. L'autore esamina la figura dell'attestatore e la finalità della relazione che sarà soggetta alla pubblicazione nel Registro delle imprese in quanto allegata alla nota integrativa al bilancio.
Premessa

Nell'ambito delle procedure di allerta e di composizione della crisi, l'art. 13 del codice della crisi e dell'insolvenza introduce nel nostro ordinamento una nuova e diversa tipologia di attestazione.

La nuova disciplina –al fine di tener conto delle specificità delle singole imprese – prevede espressamente che la società, nella nota integrativa al bilancio di esercizio, possa dichiarare le ragioni per le quali ritiene inadeguati gli indici elaborati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili ed indicarne invece altri, ritenuti più idonei. In tal caso, sarà un professionista indipendente ad attestare l'adeguatezza di tali indici in rapporto alla specificità dell'impresa e, a partire dall'esercizio successivo, l'impresa sarà “valutata” sulla base di questi indici.

Si tratta pertanto di una nuova tipologia di attestazione, la cui finalità è quella di consentire l'asseverazione della circostanza che l'impresa non si trovi in stato di crisi alla luce di indici alternativi rispetto a quelli elaborati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti.

L'indipendenza del professionista

Il primo requisito richiesto all'attestatore è quello dell'indipendenza così come è stato definito dall'art. 2 del Codice della crisi che ripropone di fatto il contenuto dell'art. 67 l.fall..

Come stabilito dall'art. 2 del codice della crisi, si ritiene indipendente il professionista che soddisfi congiuntamente i seguenti requisiti:

a) essere iscritto all'albo dei gestori della crisi e insolvenza delle imprese, nonché nel registro dei revisori legali;

b) essere in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 2399 del codice civile;

c) non essere legato all'impresa o ad altre parti interessate all'operazione di regolazione della crisi da rapporti di natura personale o professionale; il professionista ed i soggetti con i quali è eventualmente unito in associazione professionale non devono aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore, né essere stati membri degli organi di amministrazione o controllo dell'impresa, né aver posseduto partecipazioni in essa.

Lo scrivente ritiene che, anche nel caso di specie, trovino applicazione i Principi di attestazione dei piani di risanamento approvati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili per quanto concerne la parte relativa alla “Nomina e accettazione”.

In particolare, in merito all'indipendenza, si chiarisce che la stessa deve permanere sino alla conclusione dell'incarico (2.5.2) e, qualora l'esperto abbia già rilasciato altre attestazioni a favore del debitore, deve valutare se permanga il suo stato di indipendenza anche per un successivo incarico (2.5.5).

Peraltro, il professionista che vanti crediti verso il debitore per ragioni professionali attinenti incarichi di attestazione deve astenersi dallo svolgere attività di attestazione (2.5.6), e laddove le condizioni di indipendenza esistenti all'atto dell'incarico vengano meno, prima dell'espressione del giudizio finale, il professionista è tenuto a comunicare tempestivamente l'impossibilità di proseguire l'incarico, anche al fine di consentire all'interessato di procedere alla sua sostituzione (2.5.7).

La finalità dell'attestazione

La finalità dell'attestazione è quella di asseverare, attraverso l'utilizzo di indici bilancio diversi rispetto a quelli elaborati dal Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, che la società non si trovi in stato di crisi.

Ciò in quanto, come è stato correttamente osservato (F. Lamanna, Il Codice concorsuale in dirittura d'arrivo con le ultime modifiche ministeriali al testo della Commissione Rordorf, in questo portale), gli indici sono comunque un parametro astratto che potrebbe non aderire in alcuni casi alle concrete realtà aziendali.

E' stato a tal proposito altresì rilevato che “ogni indicatore porta con sé un rischio di falsi positivi, ovverosia di allerta in assenza di una concreta situazione di crisi. Non esiste formula magica capace di intercettare senza possibilità di errore la presenza di una crisi” (R. Ranalli, Il codice della crisi gli “indicatori significativi”: la pericolosa conseguenza di un equivoco al quale occorre porre rimedio, in Il caso).

Mediante l'attestazione dell'esperto, pertanto, si dà la possibilità all'impresa, attraverso l'utilizzo di altri indici di bilancio, di esporre le circostanze in base alle quali – in rapporto alla sua specificità - essa non si trova in uno stato di crisi. Detta attestazione, come previsto dall' art. 13, dovrà essere allegata alla nota integrativa al bilancio e sarà pertanto pubblicata presso il Registro delle imprese; in tale modo tutti gli stakeholders potranno verificarne il contenuto e la sua accuratezza.

E' bene specificare che, ai fini della definizione di stato di crisi, si deve fare riferimento a quanto stabilito dall'art. 2 del Codice, il quale introduce la definizione di crisi come lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l'insolvenza del debitore e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate.

Il legislatore ha differenziato lo stato di crisi da quello di insolvenza, evidenziando che lo stato di crisi precede l'insolvenza, la quale è invece definita come lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

L'esame del bilancio e la scelta degli indici

Al fine di esprimere il proprio giudizio, l'esperto deve in primo luogo operare un attento esame del bilancio della società e successivamente verificare la tipologia dell'attività svolta dalla società nonché le ragioni per le quali non si ritengono adeguati gli indici elaborati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili.

L'esame del bilancio deve essere, a parere dello scrivente, il primo aspetto che va analizzato dal professionista.

Il presupposto per un corretto utilizzo degli indici di bilancio è quello della rappresentazione veritiera e corretta delle singole voci che lo compongono e che devono essere raggruppate per classi omogenee.

L'analisi di bilancio per indici è uno strumento che consente tanto all'imprenditore quanto all'analista di elaborare indici e quozienti che rappresentano l'andamento economico, la situazione patrimoniale e finanziaria dell'impresa e permette di comprendere la dinamica della gestione trascorsa, di esprimere un giudizio sullo stato di salute dell'impresa e di formulare stime sulla presumibile evoluzione futura della dinamica aziendale.

Pertanto, al fine di svolgere una attendibile analisi per indici, è necessario operare una corretta riclassificazione del bilancio d'esercizio che è una procedura di particolare importanza ai fini della migliore comprensione e interpretazione dei fatti fondamentali di gestione.

E' noto infatti che una diversa rappresentazione dei dati all'interno del bilancio può comportare, attraverso l'utilizzo degli indici, dei risultati assai differenti tra loro, e ciò senza dover necessariamente inficiare irrimediabilmente la veridicità del bilancio stesso. Ci si riferisce, ad esempio, allo strumentale spostamento del contenuto di alcune voci dell'attivo in altre voci meno pertinenti, quali possono essere attivi immobilizzati che vengono invece riportati nell'attivo circolante.

Tali circostanze possono sicuramente falsare i risultati ottenuti dagli indici di bilancio senza però alterare il totale delle attività concretamente realizzabili da parte dell'impresa o il totale dei debiti contratti dalla stessa.

Ovviamente, nel caso in cui la società sia sottoposta a revisione legale, l'esperto potrà sicuramente avvalersi delle carte di lavoro redatte dall'organo di controllo, ma nel caso in cui la società non rientri nel limiti cui al riformato art. 2477 cod. civ., egli dovrà necessariamente verificare che la situazione patrimoniale, economica e finanziaria sia attendibile così da essere in grado di fornire un quadro fedele della situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa.

A parere dello scrivente, le procedure di verifica a carico dell'esperto devono dunque consistere nell'analisi delle voci di bilancio da svolgersi sulla base dei dati contenuti nei prospetti contabili nonché nella raccolta di informazioni sulla composizione dei prospetti stessi, e sull'omogeneità dei criteri di valutazione; dette attività che devono essere svolte anche tramite colloqui con il management della società.

In merito alla scelta degli indici di bilancio è stato osservato (G. Sancetta, A.I. Baratta, Le misure di allerta e composizione della crisi: primi spunti di riflessione, in questo portale) che la dottrina economico-aziendale ha elaborato una pluralità di indicatori di natura patrimoniale, finanziaria ed economica per analizzare le condizioni di equilibrio d'impresa sia nel breve che nel medio-lungo termine e che gli indicatori in questione debbono essere letti e analizzati in una prospettiva unitaria, in quanto le organizzazioni imprenditoriali non possono essere studiate con un approccio riduzionistico bensì olistico.

Con riferimento al giudizio di continuità sulle imprese in crisi, ferma restando l'utilità di determinare i tradizionali indici economici, finanziari e patrimoniali e di interpretarli in un'ottica globale, un indicatore fondamentale, molto utile ed effettivamente utilizzato nella prassi professionale, è rappresentato dal quoziente tra debiti finanziari netti e EBITDA. L'EBITDA, infatti, al netto dell'imposizione fiscale, rappresenta una proxy della capacità della gestione corrente di generare flussi di cassa destinabili a soddisfare il servizio del debito e a finanziare gli investimenti di mantenimento; pertanto, un valore del quoziente troppo elevato rispetto alla media di settore sta a significare che l'impresa ha un debito finanziario eccessivo che, senza interventi di ristrutturazione, è difficilmente sostenibile.

Relativamente al giudizio sulla capacità di estinzione dei debiti nel breve termine, può essere utile approfondire, soprattutto, le dinamiche del capitale circolante operativo che possono essere osservate, tra l'altro, tramite la determinazione dei giorni medi d'incasso dei crediti a breve, dei giorni medi di pagamento dei debiti a breve e del tasso di rotazione delle scorte.

Vale a tal proposito la pena ricordare che vi sono alcune realtà imprenditoriali - tra le quali quelle che operano con la pubblica amministrazione, che salda i propri debiti con notevole ritardo - che possono presentare degli squilibri finanziari quasi fisiologici per la tipologia di attività svolta e, nel caso di ricorso alle procedure di allerta, potrebbero subire dei danni, anche di immagine, di gran lunga superiori agli ipotetici benefici.

In merito agli indicatori richiamati all'art.13, comma 1, del Codice, viene stabilito che costituiscono indici significativi quelli che misurano la sostenibilità degli oneri dell'indebitamento con i flussi di cassa che l'impresa è in grado di generare e l'adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi.

Relativamente al primo indice, misurazione della sostenibilità degli oneri dell'investimento con i flussi di cassa, si evidenzia che, per la misurazione dello stesso, è necessario disporre di informazioni non sempre presenti nei bilanci e nei suoi documenti accompagnatori tanto più se l'impresa si avvale della possibilità di redigere il bilancio in forma semplificata.

Detti indici, che consentono di fornire informazioni sulla capacità dell'impresa di far fronte ai debiti contratti, necessitano per la loro corretta analisi ed elaborazione di una serie informazioni che assai di sovente non sono contenuti nei bilanci redatti in forma semplificata poiché i dati ivi riportati sono assai contenuti ed insufficienti per il calcolo di indicatori specifici.

Mediante il secondo indice, quoziente tra patrimonio netto e passivo, si forniscono informazioni utili in ordine al grado di indebitamento dell'impresa. Certamente, le imprese con modesta capitalizzazione, soprattutto se accompagnata da un elevato grado di leva operativa, presentano un certo grado di vulnerabilità. Il che non necessariamente conduce a una situazione di crisi. Tuttavia, una progressiva riduzione del rapporto nel tempo è un elemento da tenere in attenta considerazione (G. Sancetta, A.I. Baratta, L. Sicuro, Le misure di allerta: ruolo e funzioni dell'Ocri alla luce del nuovo testo sul codice della crisi e dell'insolvenza, in questo portale).

La relazione dell'esperto dovrà pertanto riportare: l'attività svolta dall'impresa ed il contesto del mercato merceologico di riferimento, le verifiche svolte in merito alla composizione delle singole voci che compongono il bilancio, le ragioni che suggeriscono l'adozione di indici diversi rispetto a quelli elaborati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e, infine, la tipologia degli indici scelti ed il risultato della loro analisi; a tal proposito è stato rilevato che risulta assai complicato per il professionista motivare un'inidoneità riferita, così come richiesto dalla norma, alla specificità delle caratteristiche dell'impresa (R. Ranalli, op. cit.).

Cenni sulla responsabilità civile e penale dell'attestatore

L'attestatore deve svolgere l'incarico con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e pertanto sulla base di quanto stabilito dall'art. 1176 cod. civ. Egli non deve dunque usare la diligenza del buon padre di famiglia ma bensì la diligenza richiesta dalla natura dell'attività esercitata con perizia ed attenzione trattandosi di professionista qualificato. Si ritiene che anche in tale caso, similmente alle attestazioni dei piani di risanamento (10.1.2 – Principi di attestazione dei piani di risanamento), trovino applicazione le esimenti di cui all'art. 2236 cod. civ..

A parere dello scrivente non trovano invece applicazione le sanzioni di natura penale previste dal Codice della crisi e dell'insolvenza, poichè la falsità nell'attestazione di cui all'art. 13 non è stata richiamata nell'art. 342 che sanziona il falso in attestazioni e relazioni. Detto articolo, infatti, cita testualmente: “Il professionista che nelle relazioni o attestazioni di cui agli articoli 56 comma 4, 57, comma 4, 58 commi 1 e 2, 62, comma 2, lettera d), 87, commi 2 e 3, 88, commi 1 e 2, 90, comma 5, 100, commi 1 e 2, espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti in ordine alla veridicità dei dati contenuti nel piano o nei documenti ad esso allegati, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro”.

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