Sentenza dichiarativa di incompetenza e ricorso per cassazione del capo di pronuncia sulle spese processuali

Francesco Bartolini
16 Gennaio 2019

Il ricorso principale ha sottoposto alla Corte di cassazione il quesito concernente la compatibilità con il principio generale della soccombenza di una decisione che, nell'accogliere l'eccezione di incompetenza proposta dalla parte, dispone poi l'integrale compensazione delle spese di lite.
Massima

La sentenza dichiarativa dell'incompetenza e che provvede sulle spese processuali è impugnabile con ricorso per cassazione (principale o incidentale) nelle forme dell'impugnazione ordinaria se rivolto alla riforma della sola pronuncia sulle spese; se esteso al riesame della questione di competenza deve essere proposto, a pena di inammissibilità, nelle forme e nei tempi del regolamento necessario di competenza.

In ordine alla regolazione delle spese processuali operata dal giudice di merito il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, nemmeno per una minima quota, con la conseguenza che esulano da tale sindacato e rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito sia la valutazione dell'opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite e sia il provvedere alla loro quantificazione senza eccedere i limiti minimi e massimi fissati dalle tabelle vigenti.

Il caso

Una società concessionaria di aree di sosta a pagamento (le c.d. zone a strisce blu) ottenne un decreto ingiuntivo per somme non versate da una automobilista che aveva usufruito degli spazi adibiti a parcheggio. Seguitane l'opposizione al provvedimento, nei successivi giudizi di primo e secondo grado fu dichiarata l'incompetenza territoriale dell'ufficio adito dalla creditrice essendosi ritenuto che nel rapporto dedotto in causa avrebbe dovuto essere ravvisata l'avvenuta esecuzione di un contratto tra un'impresa e un consumatore (il contratto di parcheggio), con conseguente applicazione dell'art. 33, comma 2, lett. u), del codice del consumo. La pronuncia di appello dispose l'integrale compensazione delle spese processuali tra le parti.

Con il ricorso per cassazione l'opponente al decreto ingiuntivo ha impugnato la decisione nel capo riguardante la detta compensazione e ha denunciato la regolazione disposta dal giudice di merito come viziata da insufficienza, illogicità e contraddittorietà di motivazione nonchè da violazione della disciplina dettata dall'art. 92, comma 2, c.p.c. nel testo vigente al momento e dovuto alla novella del 2009.

Con controricorso e ricorso incidentale la convenuta in opposizione ha, a sua volta, impugnato la sentenza di appello nella parte in cui, accogliendo l'eccezione di incompetenza e non decidendo nel merito, aveva annullato il decreto monitorio. Il Pubblico ministero ha depositato una memoria scritta nella quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso principale in quanto non proposto nelle forme e nei tempi del regolamento necessario di competenza.

La questione

Il ricorso principale ha sottoposto alla Corte il quesito concernente la compatibilità con il principio generale della soccombenza di una decisione che, nell'accogliere l'eccezione di incompetenza proposta dalla parte, dispone poi l'integrale compensazione delle spese di lite. Una pronuncia in tal senso, si sostiene, è inosservante della disciplina dettata dall'art. 92 c.p.c. (nel testo vigente ante modifiche del 2014) per la quale la compensazione totale o parziale delle spese poteva essere ordinata unicamente nel caso di soccombenza reciproca o per gravi ed eccezionali ragioni quali l'assoluta novità o complessità della materia da trattare. Queste condizioni, nell'assunto del ricorrente, non erano ravvisabili nella vicenda di specie.

Con il ricorso incidentale la controparte impugna la sentenza d'appello deducendo che erroneamente essa ha dichiarato l'incompetenza del giudice adito senza esaminare e decidere il merito, atteso che l'opponente aveva asserito di non essersi servita del parcheggio.

Il ricorso principale è stato proposto nelle forme dell'impugnazione ordinaria. A parere del Pubblico Ministero dovevasi proporre il regolamento necessario di competenza.

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha preliminarmente dichiarato infondato l'assunto del Pubblico Ministero secondo cui l'impugnazione principale avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile perché proposta invece e luogo del regolamento necessario di competenza. In linea di principio, ha osservato il Collegio, l'assunto era rispettoso della costante interpretazione giurisprudenziale per la quale le pronunce che decidono soltanto sulla competenza e sulle spese devono essere impugnate esclusivamente con il regolamento necessario di competenza (eccezion fatta per le pronunce del giudice di pace). Ma nel caso in esame questo indiscusso principio non risultava applicabile perché la ricorrente non aveva esposto una censura relativa alla dichiarazione di incompetenza (incompetenza da lei stessa eccepita), non avendo, del resto, alcun interesse a farne impugnazione. Essa aveva lamentato unicamente la compensazione delle spese come contraria alla regola che vuole non possano essere accollate alla parte vincitrice gli esborsi dovuti sopportare per ottenere la tutela del proprio diritto: e con questo ridotto contenuto il gravame era stato correttamente proposto nelle forme ordinarie.

Nel merito la Corte ha dichiarato infondato il motivo di doglianza formulato con lo stesso ricorso principale. Il sindacato di legittimità sulla regolazione delle spese, si è ricordato, è limitato ad accertare che non sia violato il principio per il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esulano da tale sindacato la valutazione dell'opportunità della compensazione e la verifica di sussistenza delle condizioni che la consentono. La ricorrente non poteva, pertanto, dolersi della compensazione delle spese giudiziali disposta dal giudice di merito solo invocando la violazione del principio della soccombenza. E correttamente il giudice di merito aveva dato conto nella sentenza delle ragioni che lo avevano indotto a disporre la compensazione delle spese. Le questioni risolte, aveva precisato, erano di indubbia novità, trattandosi di stabilire se in riferimento alla mancata corresponsione del dovuto per il parcheggio in area regolata la domanda di pagamento dovesse essere proposta con osservanza del foro del consumatore. Ed erano inoltre di una certa complessità sotto il profilo della prova, avendo la presunta debitrice negato di avere utilizzato per la sosta le aree riservate. La pronuncia era dunque ben motivata e non poteva dirsi che essa avesse travalicato il margine di discrezionalità segnato dalla norma processuale.

Il ricorso incidentale della società concessionaria è stato dichiarato inammissibile in forza di un rilievo d'ufficio comportante una decisione preliminare all'esame del motivo di gravame. Il detto ricorso risultava rivolto a mettere in discussione una decisione sulla competenza e, in quanto avente tale finalità, l'impugnazione avrebbe dovuto essere proposta con lo strumento del regolamento necessario di competenza, inammissibile nella forma del ricorso incidentale presentato per resistere ad un ricorso per cassazione avviato con i normali mezzi impugnatori. In particolare, non erano ravvisabili nella specie le condizioni occorrenti per l'eventuale conversione del ricorso così come proposto. Per di più, l'impugnazione incidentale era tardiva e valeva dunque la regola secondo cui una siffatta impugnazione va dichiarata inammissibile laddove l'interesse alla sua proposizione non possa ritenersi sorto per effetto dell'impugnazione principale.

Osservazioni

L'ordinanza della Corte detta due diversi principi in diritto con riguardo all'impugnazione della sentenza che nel dichiarare l'incompetenza provvede anche sulle spese di causa.

L'uno di essi riguarda il concorso, e il rapporto di reciproca esclusione, che intercorre tra due impugnazioni esperibili davanti al giudice di legittimità costituite, rispettivamente, dal ricorso per cassazione ex artt. 360 e ss. c.p.c. e dal regolamento di competenza, anch'esso da proporsi con ricorso rivolto al medesimo giudice di legittimità. L'identità dell'ufficio non esclude la differenza dei presupposti cui è subordinata l'ammissibilità dei gravami e la diversa loro finalità: e questa differenza assume la sua importanza nel caso in cui il provvedimento da impugnare ha contenuto misto, ha deciso, cioè, sia su aspetti suscettibili di essere contestati con il ricorso ordinario e sia su questioni impugnabili tipicamente ed esclusivamente con il regolamento necessario. La regola in diritto che vige in proposito è enunciata sinteticamente dal codice di rito. Dispone l'art. 42 c.p.c. che deve essere impugnata soltanto con il regolamento la decisione che pronuncia sulla competenza senza decidere anche il merito della causa. Nonostante la sua apparente semplicità la norma ha dato luogo ad una lunga casistica. Una delle fattispecie che si è dovuto affrontare ha riguardato il caso in cui la decisione sulla competenza contiene anche la regolazione delle spese processuali. Indubbiamente questa regolazione ha contenuto di merito e incide su diritti patrimoniali delle parti. Dovrebbe, dunque, ritenersi che il rimedio esperibile sia costituito dal ricorso per cassazione nelle forme dell'impugnazione ordinaria. La giurisprudenza segue un orientamento diverso. Essa attribuisce rilievo all'opportunità che la questione di competenza venga risolta tempestivamente e non venga trascinata per tutta la lunghezza del processo. Lo strumento opportuno si rivela, quindi, il regolamento necessario, negandosi che la compresenza della pronuncia sul merito delle spese di lite abbia una qualche incidenza. Questa pronuncia, si afferma, è di semplice consequenzialità a quella, preminente, che nega la competenza. Ne deriva la regola per cui le pronunce che decidono soltanto sulla competenza e sulle spese, di primo o di secondo grado, ad eccezione delle sentenze del giudice di pace, devono essere impugnate esclusivamente con il regolamento necessario di cui all'art. 42 c.p.c. (Cass. civ., n. 1372/2016; Cass. civ., n. 9268/2015; Cass. civ., n. 7661/2007; Cass. civ., n. 8165/2003).

L'applicazione di questa regola nella vicenda in argomento ha comportato una sorte diversa per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, entrambi presentati nelle forme ordinarie. Il diverso loro contenuto ha fatto la differenza. Il ricorso principale è stato ritenuto ammissibile in quanto riferito alla sola pronuncia sulle spese. Essendosi contestata la sola regolazione delle spese, e quindi essendosi sollevata unicamente una questione di merito, l'impugnazione esperibile era quella ordinaria, così come correttamente presentata. La questione di competenza contestualmente risolta in appello era conforme all'interesse della ricorrente che l'aveva sollevata e che aveva visto accolta la relativa eccezione: in alcun modo il suo gravame involgeva la dichiarata incompetenza. Per contro, l'impugnazione incidentale è stata dichiarata inammissibile perché poneva in discussione la pronuncia sulla competenza. Essa non riguardava soltanto il modo con il quale erano state ripartite le spese di lite ma, prima ancora, contestava l'individuazione del foro effettuata nel giudizio di merito (quello, ritenuto, del consumatore invece di quello, adito, dell'adempimento del debito). L'impugnazione pertanto avrebbe dovuto essere proposta nelle forme e nei tempi del regolamento necessario di competenza.

L'insegnamento che si desume dall'ordinanza della Corte è nel senso che l'operatore, a fronte di una decisione dichiarativa dell'incompetenza e regolatrice delle spese processuali, deve avere ben chiaro il diverso obiettivo dei rimedi a sua disposizione qualora intenda contestare in tutto o in parte il provvedimento.

Ove si scelga di impugnare il capo avente ad oggetto le spese di lite, deve ricordarsi (ed è questo il secondo principio in diritto enucleabile dall'ordinanza della Corte) che il giudice di legittimità è il garante del rispetto della regola inviolabile secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa; vale per il resto la discrezionalità del giudice del merito. In particolare, in tema di pronuncia che compensa le spese (in deroga alla rigida applicazione del principio della soccombenza) il sindacato sull'operato del giudice di merito è riferito all'osservanza delle norme che hanno variamente condizionato nel tempo la compensazione tra le parti alla sussistenza di specifici presupposti in fatto. In proposito si è ricordata la decisione della Corte cost. n.77/2018 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 92, comma 2, c.p.c. nel testo modificato dall'art. 13 del d.l. 12 settembre 2014, n. 162, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni diverse da quelle menzionate nel testo della norma. Per questo aspetto la disciplina positiva è tornata al regime introdotto con la l. n. 51/2006.

Il legislatore ha tentato, a più riprese e anche successivamente, di circoscrivere a casi specifici il potere discrezionale del giudice di merito, del quale è stato fatto in passato un indiscutibile abuso. L'intervento della Consulta ha riaperto una porta che esigenze avvertite come insopprimibili impedivano di tenere chiusa.

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