IRAP non dovuta per il professionista che emette parcelle elevate per i colleghi domiciliatari

La Redazione
18 Gennaio 2019

La Corte di Cassazione è tornata sul tema dell'IRAP con l'ordinanza del 15 gennaio 2019, n. 719, affermando che l'avvocato che si appresta a pagare parcelle elevate ai suoi colleghi, semplici domiciliatari, non è tenuto al versamento dell'imposta.

La Corte di Cassazione è tornata sul tema dell'IRAP con l'ordinanza del 15 gennaio 2019, n. 719, affermando che l'avvocato che si appresta a pagare parcelle elevate ai suoi colleghi, semplici domiciliatari, non è tenuto al versamento dell'imposta.

Diverso sarebbe il caso in cui il professionista paga parcelle ai colleghi per prestazioni lavorative.

Nel caso in esame, un avvocato chiedeva il rimborso dell'IRAP versata tra il 2003 e il 2006. A suo dire, l'attività era svolta con pochi messi e strutture lavorative limitate. Secondo l'Ufficio, invece, ricorreva il presupposto dell'autonoma organizzazione. Il giudizio della Sezione Tributaria è stato favorevole al contribuente, osservando che l'entità dei compensi percepiti (e, cioè, l'ammontare del reddito conseguito) è irrilevante ai fini della ricorrenza del presupposto dell'autonoma organizzazione. D'altro canto, però, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all'aspetto personale e rappresentare, pertanto, un mero elemento passivo dell'attività professionale.

Inoltre, gli elementi valorizzati dalla CTR erano neutri o addirittura di per sé irrilevanti e generici, tanto da rendere la fondatezza della motivazione della sentenza del tutto apparente. Il giudice di appello aveva anche omesso di valutare degli elementi che avrebbero potuto incidere sulla decisione finale; tutti elementi che hanno indotto i Supremi Giudici di piazza Cavour ad accogliere il ricorso del professionista.

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