Il litisconsorzio necessario nel processo tributario
21 Gennaio 2019
Il quadro normativo
Fino all'approvazione del d.lgs. n. 546/92, il corpus normativo delle norme che disciplinavano il processo tributario (d.P.R. n. 636/1972 “revisione della disciplina del contenzioso tributario”) non conteneva alcuna disposizione relativa al processo con pluralità di parti, se si eccettua il cenno contenuto nell'art. 30 all'intervento ed alla chiamata in causa del terzo. Si rendeva, pertanto, necessario far ricorso alle norme dettate nella materia dal codice di procedura civile, applicabili, tuttavia – ai sensi dell'art. 39 del d.P.R. n. 636/72 – nei limiti della compatibilità con i principi dettati dalle norme tributarie sostanziali e processuali. A loro volta le norme del codice di procedura civile in materia sono state oggetto di un'articolata riflessione dottrinale e giurisprudenziale. Con particolare riguardo al litisconsorzio necessario, è stato osservato come l'art. 102 costituisca «poco più che una norma in bianco» (Consolo [Fabbrini (6), 171; Luiso (9), I, 291; Monteleone (12), 202; Proto Pisani (15), 296; in giurisprudenza Cass. civ., Sez. Un., n. 3678/2009, RIDL 2009, 3, II, 750], poiché non specifica analiticamente i presupposti della sua applicazione (il primo comma si limita ad affermare che: «Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo»), né definisce il regime giuridico della sentenza adottata a contraddittorio non integro (il comma secondo, infatti, si limita a stabilire che, ove le parti necessarie non siano originariamente presenti in giudizio: «il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio entro un termine perentorio»). Non senza posizioni differenziate (di cui, tuttavia, non può darsi conto analiticamente nella presente trattazione), in linea di massima, l'elaborazione giurisprudenziale è giunta a soluzioni univoche sia sull'uno che sull'altro aspetto. In particolare, si è osservato che il processo deve svolgersi necessariamente tra tutte le parti interessate in due ordini di ipotesi: 1) Ove il rapporto sostanziale dedotto in giudizio abbia natura plurisoggettiva (cd. litisconsorzio secundum tenorem rationis). In tal caso, la necessaria presenze nel processo di tutte le parti sostanziali del rapporto costituisce conseguenza della regola della legittimazione ad agire e garantisce il rispetto del contraddittorio tra tutte le parti (così Mandrioli, Diritto processuale civile,Torino, 2015). 2) Nei casi in cui, pur non essendo configurabile un rapporto plurisoggettivo, è la legge, per ragioni di opportunità (cd. litisconsorzio propter opportunitatem),a sancire espressamente la partecipazione al processo di più soggetti, al fine di evitare il formarsi di giudicati contrastanti in cause relative a rapporti bilaterali, ma strettamente connessi (cfr. ad es. art. 144 d.lgs. n. 209/2005). È sempre stato escluso, inoltre, il litisconsorzio necessario nei giudizi aventi ad oggetto un'obbligazione solidale. In tali ipotesi, infatti, è la stessa disciplina sostanziale ad evidenziare l'autonomia dei rapporti tra il creditore e ciascuno dei condebitori in solido, essendo riconosciuta al primo la facoltà di convenire in giudizio per il pagamento dell'intero anche uno soltanto dei debitori solidali. Quanto alle conseguenze della violazione del principio della necessaria partecipazione di tutti i soggetti interessati, è tralaticia anche in giurisprudenza la formula secondo cui la sentenza emessa a contraddittorio non integro sarebbe inutiliter data. Tuttavia, muovendosi nel solco segnato dai principi dell'equo processo, dell'effettività della tutela e della sua ragionevole durata, l'orientamento prevalente tende a ridimensionare la portata di una tale affermazione, fornendo un'interpretazione restrittiva dei presupposti dell'istituto. È stato, quindi, precisato che il litisconsorzio necessario sussiste solo se, essendo dedotto in giudizio un rapporto plurilaterale, la partecipazione di tutte le parti sia necessaria per consentire all'attore il conseguimento di un “risultato utile e pratico” (Così Cass. civ., 10 marzo 2008, n. 6381 e Cass. civ., 9 marzo 2004 n. 4714). In tale prospettiva, il litisconsorzio necessario sussiste, con certezza, ove sia proposta un'azione costitutiva, poiché «la costituzione, modifica o estinzione della situazione giuridica soggettiva richiesta al giudice non potrà essere ottenuta se non nei confronti di tutti i contitolari» (Cass. civ., 11 dicembre 1984, n. 6504). Nelle azioni di mero accertamento, o quando il rapporto plurisoggettivo sia fatto oggetto di mera cognizione incidentale (per questo principio si v. Cass. civ., 2 marzo 2007, n. 4901: Cass. civ., 26 luglio 2006, n. 17027; Cass. civ., 23 settembre 2003, n. 14102; Cass. civ., 16 agosto 2000, n. 10841) si tende ad escludere che il processo debba svolgersi con la necessaria presenza di tutte le parti. Nei casi in cui sia la legge ad imporre, per ragioni di opportunità, il litisconsorzio necessario (cd. Litisconsorzio propter opportunitatem), generalmente si ritiene che la sentenza resa a contraddittorio non integro potrebbe produrre effetti inter partes. I principi in materia di litisconsorzio necessario, enunciati con riguardo al processo civile, richiedevano, per effetto della clausola di compatibilità contenuta nell'art. 39 d.lgs. n. 636/72, un necessario adattamento alle esigenze del processo tributario, ed, in particolare, alla necessità che la pretesa fiscale – attuata attraverso atti impositivi suscettibili di diventare definitivi – fosse realizzata nel rispetto dei principi di effettività e capacità contributiva. Ciò ha posto il problema della configurabilità del litisconsorzio necessario tutte le volte in cui la pretesa tributaria debba o possa essere avanzata nei confronti di più soggetti, sulla base di un presupposto comune. Si pensi alle ipotesi di solidarietà paritetica, in cui il presupposto d'imposta è realizzato da più soggetti (ad es. art. 57 d.P.R. n. 131/1986 prevede la responsabilità solidale ai fini del pagamento dell'imposta di registro delle parti sostanziali dell'atto sottoposto a registrazione). Il simultaneus processus,consentirebbe, in questi casi, una definizione unitaria del presupposto, impedendo che la parcellizzazione dei giudizi e i loro esiti differenziati, conducano ad una violazione dei principi di uguaglianza e capacità contributiva. Il problema della configurabilità del litisconsorzio necessario in queste ipotesi si è posto all'indomani delle pronunce della Corte cost. n. 48/1968 e n. 139/1968. In precedenza, infatti, il problema dell'attuazione unitaria dell'imposta nei confronti di più soggetti era risolto facendo appello alla tesi della c.d. “supersolidarietà tributaria”. Con le suddette sentenze, però, la Corte costituzionale ne ha dichiarato l'illegittimità per contrasto con gli artt. 24 e 53 Cost.. Rifacendosi alla tesi della “supersolidarietà”, la giurisprudenza fino ad allora prevalente affermava che, nelle ipotesi in cui, alla stregua delle norme sostanziali tributaria, l'obbligazione di più soggetti nei confronti del Fisco dovesse configurarsi come solidale (in specie, nei casi di solidarietà paritetica), tra i coobbligati s'instaurasse, altresì, un rapporto di mutua rappresentanza, in forza del quale gli effetti degli atti compiuti dall'Amministrazione fiscale nei confronti anche di uno solo dei condebitori (gli effetti connessi alla notifica dell'avviso di accertamento, alla definitività degli atti, ecc.) si producessero nei confronti degli altri, indipendentemente dalla conoscenza che ne avessero avuto. La mutua rappresentanza dei coobbligati operava, peraltro, anche in senso inverso, consentendo l'estensione agli altri condebitori degli effetti degli atti compiuti da uno solo di essi (ad es. presentazione di dichiarazioni fiscali, pagamento, ecc.). Da ciò il corollario della estensibilità nei confronti di tutti gli obbligati, del giudicato (anche sfavorevole) che si fosse formato nel giudizio instaurato da uno di essi avverso l'atto impositivo. Tale peculiare regime giuridico era ritenuto diretta conseguenza della rilevanza costituzionale dell'interesse fiscale, nonché garanzia di effettività del principio di capacità contributiva, poiché veniva assicurato, nella fase di attuazione della pretesa fiscale, il mantenimento dell'unitarietà del presupposto impositivo (così MELIS). Ne era derivata la convinzione della natura peculiare dell'obbligazione tributaria solidale, alla quale era riconosciuto carattere inscindibile ed unitario. Dichiarata la tesi della “supersolidarietà” contrastante con il diritto di difesa (art. 24 Cost.) e con il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 113 Cost.), si è escluso che potesse ricostruirsi il rapporto intercorrente tra coobbligati quale mutua rappresentanza, e si è aperta la strada all'affermazione dell'applicabilità allo stesso delle disposizioni dettate dal codice civile in materia di obbligazioni solidali, con il conseguente risvolto, sul piano sostanziale, dell'autonomia nei rapporti tra ciascun condebitore e Fisco (cfr. Cass. civ., Sez. Un., sent., n. 2580/1973). La qualificazione quali obbligazioni propriamente solidali data a tali rapporti, avrebbe dovuto condurre, a rigore, sul piano processuale, all'inconfigurabilità del litisconsorzio necessario nei giudizi instaurati dal singolo condebitore nei confronti dell'Amministrazione, trattandosi di ipotesi antitetica rispetto a quella che ne costituisce il presupposto (la deduzione in giudizio di un rapporto unitario plurisoggettivo). L'integrale applicazione dei principi civilistici in materia di solidarietà alle obbligazioni tributarie, tuttavia, come si è detto, non è stata ritenuta soddisfacente. Essa, infatti, portava con sè non pochi problemi, relativi sia ai rapporti tra A.F. e condebitori, sia tra condebitori in sede di regresso. L'affermata autonomia dei rapporti, infatti, impediva la realizzazione unitaria della pretesa tributaria da parte dell'Amministrazione, la quale, ove avesse voluto assicurarsi la garanzia patrimoniale di tutti i debitori in solido, non avrebbe avuto altra possibilità che avanzare la propria pretesa nei confronti di ciascuno dei debitori, non potendo più ritenersi sufficiente la notifica dell'atto impositivo solo ad uno di essi, ai fini dell'escussione del patrimonio di quelli rimasti estranei. Inoltre, era pure autorevolmente sostenuta la tesi secondo cui, nel caso in cui non fosse stata esercitata la pretesa fiscale nei confronti di qualcuno dei condebitori in solido, la parte ad essi imputabile, sarebbe stata sottratta alla pretesa impositiva dell'Amministrazione, impedendo la realizzazione piena della pretesa fiscale. L'autonomia dei rapporti, inoltre, non garantiva il rispetto del principio di capacità contributiva neppure all'interno della compagine dei condebitori. Ad esempio, si poneva il problema del regresso nei confronti del condebitore che non avesse ricevuto alcun atto impositivo, o dell'ammissibilità del regresso del condebitore che, non avendo impugnato l'atto impositivo, avesse pagato l'imposta. Altra rilevante conseguenza dell'autonomia dei rapporti instaurati con i condebitori in solido, concerneva l'applicabilità dell'art. 1306 c.c. e la conseguente impossibilità per l'Amministrazione di opporre il giudicato ad essa favorevole ai condebitori in solido che fossero rimasti estranei al giudizio. Ciò significava che – anche nel caso in cui più soggetti avessero partecipato della realizzazione del medesimo presupposto d'imposta (c.d. solidarietà paritetica) – sarebbe stata ammissibile una definizione differenziata della lite, con la conseguenza che, nonostante la comune manifestazione di capacità contributiva, solo coloro che, avendo impugnato l'atto impositivo, fossero risultati soccombenti all'esito del giudizio, sarebbero stati tenuti al pagamento. Inoltre, nel caso in cui solo alcuni dei condebitori in solido avessero impugnato l'atto impositivo notificato dall'Amministrazione, l'esito favorevole di taluno dei suddetti giudizi avrebbe consentito agli altri di invocare il giudicato favorevole per resistere alla pretesa esecutiva dell'A.F. (Cass. civ., Sez. Un., n. 7053/1991). Dall'emergere dei suddetti problemi è scaturita un'approfondita riflessione, sia in sede dottrinale che giurisprudenziale, mirante a conseguire un adeguato bilanciamento tra il diritto di difesa di ciascun contribuente ed il principio di capacità contributiva. Una delle soluzioni che la dottrina (Russo), seguita dalla giurisprudenza, ha dato al problema del coordinamento tra pluralità di rapporti obbligatori e unicità del presupposto impositivo, è stata quella di imporre che le distinte posizioni obbligatorie riferite all'unitario presupposto fossero trattate in un unico processo. La soluzione ai problemi applicativi della disciplina civilistica della solidarietà e, più in generale, dal possibile formarsi di giudicati contrastanti a fronte del medesimo presupposto di imposta, è stata rinvenuta, pertanto, nella disciplina processuale del litisconsorzio necessario, che, nel processo tributario, ha assunto una connotazione del tutto peculiare. La pronuncia delle Sezioni Unite n. 1057/2007
L'impostazione sopra riportata è stata accolta dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, con la sentenza n. 1057/2007. La fattispecie su cui le Sezioni Unite sono state chiamate a pronunciarsi riguardava l'accertamento, ai fini della determinazione dell'imposta di registro, del maggior valore di un contratto di divisione di un terreno. I condividenti avevano proposto separati ricorsi avverso gli atti impositivi notificati dall'Amministrazione. In primo grado, i giudizi si erano conclusisi con distinte pronunce di identico contenuto, con le quali – in parziale accoglimento dei ricorsi - veniva accertato un maggior valore del bene diviso pari al 5% del valore dichiarato. I separati appelli proposti dall'Amministrazione finanziaria – rispetto ai quali taluni degli appellati proponevano appello incidentale - sortivano, invece, esiti differenziati. Alcune sentenze rigettavano tanto l'appello principale dell'Amministrazione, quanto l'appello incidentale del contribuente; altre accoglievano parzialmente l'appello dell'Amministrazione attribuendo a ciascun lotto una maggiorazione del 30% del valore dichiarato. Un terzo gruppo di sentenze accoglieva pienamente l'appello dell'Amministrazione, confermando l'atto impositivo impugnato dai contribuenti. Come è evidente, il valore del medesimo bene posto a fondamento degli avvisi di liquidazione, era determinato in modo diverso nei differenti giudizi instaurati dai condividenti. L'Agenzia delle entrate aveva, quindi, proposto ricorso per cassazione avverso le pronunce, deducendo, tra gli altri, il vizio di violazione dell'art. 14 d.lgs. n. 546/92, dovendosi configurare nel caso di specie, un'ipotesi di litisconsorzio necessario. La Corte, pronunciandosi su questione di particolare importanza, in conseguenza del contrasto verificatosi tra le sezioni semplici, ha enucleato i caratteri del litisconsorzio necessario nel processo tributario, facendo ricorso ad un'interpretazione teleologica dell'art. 14 d.lgs. n. 546/92, espressamente muovendo dalla premessa secondo cui gli istituti processuali devono essere informati alla tutela delle situazioni sostanziali, nelle connotazioni che ad esse derivano dal settore di riferimento e che l'obiettivo della “giusta imposizione” (ossia l'adeguatezza della pretesa impositiva alla capacità contributiva dei singoli) costituisce un obiettivo di sistema, perseguito oltre che dalla disciplina procedimentale (con i connessi obblighi di trasparenza e buona fede posti a carico dell'Amministrazione), anche di quella processuale. L'esigenza di perseguire tale obiettivo vale a connotare l'istituto del litisconsorzio necessario di aspetti peculiari rispetto all'omonimo istituto nel processo civile. Tale peculiarità emergerebbe già dal dettato normativo. Mentre l'art. 102 c.p.c. con formulazione per così dire “aperta”, impone il litisconsorzio in tutte quelle ipotesi in cui, per la natura della situazione giuridica sostanziale azionata, o per volontà di legge «la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti», l'art. 14 del d.lgs. n. 546/92, prevede la necessaria partecipazione di tutti gli interessati «se, l'oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti». Mentre il litisconsorzio necessario nel processo civile – a parte le ipotesi in cui lo impone la legge – costituisce il riflesso sul piano processuale di una situazione giuridica sostanziale plurisoggettiva, nel processo tributario esso prescinde dalla natura (plurisoggettiva o meno) della situazione sostanziale, imponendosi in tutte quelle ipotesi in cui «l'oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti». Si prescinde, pertanto, dalla natura plurisoggettiva o meno, della situazione sostanziale e dal vincolo solidale che sul piano sostanziale affascia i distinti rapporti tra Fisco e coobbligati in solido, e si ha riguardo all'oggetto del giudizio che, ove concerna inscindibilmente più soggetti, deve svolgersi con la necessaria presenza di tutti, similmente a quanto avviene – afferma la Corte – nel processo civile di impugnazione in cause inscindibili ai sensi dell'art. 331 c.p.c., al quale il processo tributario è accomunato proprio in ragione della sua natura impugnatoria (la sentenza afferma che si assiste, nel processo tributario, ad una contaminazione tra le disposizioni di cui all'art. 102 c.p.c. e all'art 331 c.p.c.). Orbene, l'oggetto del giudizio, individuato nella verifica della legittimità della pretesa fiscale, come cristallizzata nell'atto impositivo impugnato, alla luce dei motivi di ricorso dedotti dal contribuente, riguarda inscindibilmente più soggetti – secondo la sentenza in esame – quando «la fattispecie costitutiva dell'obbligazione – nel caso rappresentata dall'atto autoritativo impugnato eterodeterminante la domanda – a) presenti elementi comuni a una pluralità di soggetti e b) siano proprio tali elementi ad essere posti a fondamento della impugnazione proposta da uno dei soggetti obbligati». In tale ipotesi, afferma ancora la Corte, «il fatto che l'impugnazione concerna la posizione comune ai diversi soggetti obbligati impone, in ragione della ricordata inscindibilità – un accertamento unitario (con il conseguente litisconsorzio necessario tra tutti i soggetti obbligati cui sia comune la posizione dedotta in contestazione) sulla fattispecie costitutiva dell'obbligazione, il solo che possa effettivamente realizzare nella predetta situazione una giusta imposizione». Non si avrà, invece, litisconsorzio necessario, nell'ipotesi in cui, pur riguardando la pretesa impositiva più soggetti, uno di essi impugni l'accertamento per motivi afferenti alla sua sola posizione. La Corte, pertanto, conclude affermando che in linea con l'obiettivo della giusta imposizione «l'aver “geneticamente” connesso la necessarietà del litisconsorzio ad un concreto rapporto tra oggetto del ricorso ed inscindibilità della causa tra più soggetti appare una sapiente formula utilizzata dal legislatore per esprimere il carattere ostativo della “parcellizzazione delle controversie tributarie” al perseguimento di una giusta imposizione: questo risultato, invero, potrebbe seriamente essere impedito dal formarsi di giudicati tra loro contrastanti in separati giudizi nei quali pur si dibatta una posizione comune ad una pluralità di soggetti obbligati. Di quest'esito patologico il litisconsorzio necessario è la profilassi». «Infatti, la valutazione attraversi il prisma della capacità contributiva della legittimità di un atto impositivo che unitariamente investa una pluralità di soggetti e sia impugnato in riferimento alle sue “ragioni unitarie”, esige l'unicità dell'accertamento giudiziale: in ipotesi siffatte, invero, separate e discordi pronunce sulla fattispecie costitutiva dell'obbligazione, altererebbero significativamente il rapporto tra imposizione e capacità contributiva dell'obbligato, in modo che la seconda non potrebbe più valere come parametro di legittimità e quindi di giustizia dell'atto autoritativo». La Corte, pertanto, enuncia il seguente principio di diritto: «Ogni volta che, per effetto della norma tributaria o per l'azione esercitata dall'amministrazione finanziaria l'atto impositivo debba essere o sia unitario, coinvolgendo nella unicità della fattispecie costitutiva dell'obbligazione una pluralità di soggetti, e il ricorso proposto da uno o più degli obbligati abbia ad oggetto non la singola posizione debitoria del ricorrente, ma la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto all'obbligazione dedotta nell'atto autoritativo impugnato, ricorre una ipotesi di litisconsorzio necessario nel processo tributario ai sensi dell'art. 14, comma 1, d.lgs. n. 546/1992». La pronuncia delle Sezioni Unite n. 14815/2008
I principi enunciati nella sentenza del 2007 hanno tracciato il solco su cui si sono innestati i successivi arresti con cui la Suprema Corte ha definito la portata del litisconsorzio necessario nel processo tributario. Con la sentenza n. 14815/2008, le Sezioni Unite, nuovamente pronunciatesi sulla dedotta violazione dell'art. 14 d.lgs. n. 546/92, hanno esteso la portata dell'istituto anche all'ipotesi in cui siano impugnati gli atti di rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone (o delle associazioni) di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5,e quelle dei redditi personali dei soci, per aspetti concernenti gli elementi comuni dell'accertamento. Questa ipotesi si differenzia da quella affrontata dalle Sezioni Unite nel 2007, in quanto non viene in rilievo un presupposto d'imposta comune alle parti (tutte solidalmente tenute al pagamento dell'imposta di registro), ma la definizione dei diversi presupposti d'imposta (nonché delle differenti obbligazioni tributarie) dipende dalla valutazione di elementi di fatto comuni alle parti. La società ed i singoli soci, infatti, sono tenuti ad eseguire prestazioni diverse (ciascuno sarà tenuto a pagare l'imposta relativa al proprio reddito), che si fondano, tuttavia, sull'accertamento del reddito della società, secondo quanto prevede l'art. 5 del d.P.R. n. 917/1986, (TUIR), alla stregua del quale: «I redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili». Pertanto, sussistendo un rapporto di presupposizione-conseguenzialità, anche in questa ipotesi ricorre l'esigenza di evitare giudicati contrastanti («Tra i giudizi, come ha affermato un costante orientamento giurisprudenziale, sussiste “un vincolo di consequenzialità necessaria”: la decisione della causa della società costituisce l'antecedente logico della decisione della causa dei soci e questa, a sua volta, “contiene”, in quanto implica, la decisione sul reddito sociale, anche in mancanza di un giudizio parallelo sulla causa pregiudiziale»). L'unitarietà dell'accertamento del reddito della società e di quello dei soci (dovuto alla circostanza che il primo è imputato per trasparenza ai secondi) è il presupposto dell'inscindibilità delle posizioni, che si traduce, sul piano processuale, nella necessaria partecipazione di tutte le parti nel medesimo processo, salvo che oggetto del giudizio non siano elementi riguardanti la posizione del singolo socio («Se il socio ricorrente non contesta la propria qualità, o la propria quota di partecipazione alla società, sostanzialmente contesta l'accertamento sic et simpliciter. Ricorre quindi, giova ribadirlo, una ipotesi di litisconsorzio necessario originario, derivante dalla unicità dell'accertamento e delle sue conseguenze, sia nei confronti della società che nei confronti dei soci, in forza del quale il reddito sociale ed il reddito dei soci devono essere oggetto di un unico giudizio fin dal momento in cui l'accertamento unitario effettuato dall'ufficio, perdendo il suo carattere interno, venga notificato, con apposito avviso, ad uno qualsiasi dei suoi destinatari naturali»). La Suprema Corte ha, inoltre, precisato l'estensione, nel processo tributario, della platea dei soggetti tra i quali il contraddittorio deve essere garantito, affermando che devono essere evocati nel medesimo giudizio tutti i soggetti che siano parte del rapporto tributario sostanziale, cioè, anche i soci che, per ipotesi, non abbiano ricevuto alcun avviso di accertamento, o di quelli che, avendolo ricevuto, non siano più in tempo per impugnarlo. («In definitiva, l'unicità dell'atto di accertamento (d.P.R. n. 600/1973, art. 40) e la consequenzialità del riparto tra i soci (art. 5 cit. TUIR), costituiscono il presupposto unitario, che determina di per sè la situazione tipica del litisconsorzio necessario originario, anche se all'attività di accertamento non sia seguita la notifica dei relativi avvisi a tutti i soggetti interessati (società e soci). […] La mancata notifica dell'avviso di accertamento […] semmai, impedisce poi al fisco, eventualmente vittorioso, di procedere alla riscossione nei confronti dei soggetti che, pur avendo partecipato al giudizio in veste di litisconsorti necessari, non abbiano ricevuto notifica del relativo avviso»). In tal caso, l'interesse alla partecipazione al processo del litisconsorte che non è più in tempo per contrastare quella pretesa, o che non abbia ricevuto la notifica dell'atto, sussiste ove egli sia ancora in termini per contrastare la pretesa fiscale avanzata nei suoi confronti ai fini IRPEF, o se l'Amministrazione finanziaria sia ancora nei termini per provvedere alla notifica di atti impositivi. Prendendo parte al giudizio, il suo esito sarà opponibile nell'eventuale giudizio successivo, realizzandosi così, ancora una volta l'unitarietà dell'accertamento (v. Cass. civ., n. 11228/2007; Cass. civ., n. 10584/2007; Cass. civ., n. 17225/2006). La giurisprudenza successiva
a) Non annullabilità nel caso di celebrazione di processi paralleli.
La pronuncia resa a Sezioni Unite, nel 2008, ha consolidato i principi espressi dalla giurisprudenza precedente, chiarendone i presupposti applicativi e l'estensione. Successive pronunce hanno contribuito ad ulteriormente definire i connotati del litisconsorzio necessario in materia tributaria, in replica ai rilievi di chi evidenziava un possibile conflitto di una così lata estensione dell'istituto con il principio di ragionevole durata del processo. Si è affermato (Cass. civ., sez. trib., 18 febbraio 2010, n. 3830), in proposito che, ove sia mancata una contestuale originaria instaurazione del contraddittorio, la sentenza non debba, comunque, essere annullata, ove ricorrano le seguenti condizioni: (1) vi sia identità oggettiva dei giudizi quanto a causa petendi; (2) vi sia stata simultanea proposizione degli stessi ricorsi avverso il sostanzialmente "unitario" avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci, quindi identità di difese; (3) vi sia stata simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; (4) sussista identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici. In queste ipotesi, non può darsi luogo all'annullamento della sentenza per error in procedendo, poiché al di là del dato formale della diversità di giudizi, non si è verificata alcuna effettiva lesione del contraddittorio. È, pertanto, sufficiente, in queste ipotesi, la riunione dei giudizi. («Siffatta sanzione processuale, però, deve ritenersi inapplicabile al caso […] in coerenza del "fondamentale" (e pregnante) principio […] in forza (1) dell'art. 6 dellaConvenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali» […] e (2) dell'art. 111 Cost., […] secondo cui «il processo non può essere equo, se non viene definito in un termine ragionevole»). Per tale decisione «il rispetto del fondamentale diritto ad una durata ragionevole del processo impone, in concreto, al giudice» (quindi anche a questa Corte) «di evitare ed impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di energie processuali e formalità da ritenere superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo ed in particolare dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, espresso dall'art. 101 c.p.c., da effettive garanzie di difesa (art. 24 Cost.) e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizione di parità (art. 111, comma 2, Cost. novellato), dei soggetti, nella cui sfera giuridica l'atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti».
b) Il litisconsorzio necessario tra società e soci è configurabile solo per i tributi imputati per trasparenza o per i quali la base imponibile è determinata in base ad elementi comuni.
Nei successivi arresti, la Corte di cassazione ha ulteriormente precisato le ipotesi nelle quali deve ritenersi sussistere il litisconsorzio necessario tra società e soci, evidenziando come ciò possa affermarsi soltanto con riguardo ai tributi applicabili alle società, imputati per trasparenza ai soci, atteso che in queste ipotesi – in virtù dell'automatica imputazione del reddito delle prime ai secondi e del conseguente accertamento degli elementi del reddito in forma unitaria - la controversia ha ad oggetto gli elementi comuni, posti a fondamento della fattispecie costitutiva dell'obbligazione dedotta in giudizio. Così ha ritenuto, nella sentenza, resa a Sezioni Unite, il 20 giugno 2012, n. 10145 che il litisconsorzio necessario tra società di persone e soci debba essere affermato anche qualora siano impugnati gli atti di accertamento relativi all'IRAP. Tale imposta, come la soppressa ILOR (con riferimento alla quale si era espressa Cass. civ., Sez. Un., sent., 4 giugno 2008, n. 14815), può ritenersi imputata per trasparenza ai soci. Afferma la Corte che: «sussiste una sostanziale coincidenza degli elementi economici che costituiscono i presupposti rispettivamente dell'imposta accertata a carico della società (IRAP) e dell'imposta a carico dei soci (IRPEF), che vincola il tributo dovuto dai soci dal giudicato sull'imposta a carico della società. 8.2. Avendo riguardo in particolare alla determinazione della base imponibile dell'IRAP per le società di persone, è agevole rilevare che essa è costituita (sostanzialmente) dalla differenza tra ricavi e costi, allo stesso modo della base imponibile dell'imposta a carico dei soci, per cui l'accrescimento di quella differenza (nella prassi più frequente, per imputazione di maggiori ricavi derivanti da incassi non contabilizzati) che legittima una maggior pretesa per l'imposta a carico della società, ha un'immediata e diretta conseguenza sulla pretesa tributaria relativa all'imposta a carico dei soci». Ed è in forza di «questo fondamentale collegamento tra la pretesa tributaria ai fini IRAP nei confronti della società, in ragione di maggiori ricavi, e la pretesa tributaria ai fini IRPEF nei confronti dei soci, in ragione di maggiori utili distribuiti» che «giustifica, sul piano razionale e dell'intrinseca ragionevolezza, il litisconsorzio tra società e soci». In forza di questi principi, il litisconsorzio necessario tra società e soci è stato affermato anche con riguardo alle controversie relative alle società di capitali a ristretta base azionaria, nelle quali soci abbiano optato per il regime della trasparenza. «In materia tributaria, nel caso di rettifica delle dichiarazioni dei redditi di una società di capitali (nella specie, una s.r.l.), in cui i soci hanno optato per il regime di trasparenza fiscale ai sensi del d.P.R. n. 917/1986, art. 116, con conseguente automatica imputazione dei redditi sociali a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l'integrazione del contraddittorio del d.lgs. n. 546/1992, ex art. 14, nei confronti di tutti i soci e della società, sicchè il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio» (Cass. civ., sez. VI-5, ord., n. 24472/2015, Cass. civ.,sez. VI-5,ord., 19 aprile 2018, n. 9751). Ove una tale opzione non sia stata esercitata, invece, la Suprema Corte ha ritenuto non configurabile il litisconsorzio necessario, neppure ove sussistono le condizioni perché operi la presunzione di distribuzione tra i soci degli utili extracontabili accertati in capo alla società, ritenendo, tuttavia, in questo caso, applicabile l'istituto della sospensione necessaria (cfr. Cass. civ., 2214/11: «L'accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a base ristretta, nella specie riferito ad utili extracontabili - costituisce un indispensabile antecedente logico-giuridico dell'accertamento nei confronti dei soci, in virtù dell'unico atto amministrativo da cui entrambe le rettifiche promanano, con la conseguenza che, non ricorrendo, com'è per le società di persone, un'ipotesi di litisconsorzio necessario, in ordine ai rapporti tra i rispettivi processi, quello relativo al maggior reddito accertato in capo al socio deve essere sospeso ai sensi dell'art. 295 c.p.c., applicabile nel giudizio tributario in forza del generale richiamo del d.lgs. n. 546/1992, art. 1»; nello stesso senso, Cass. civ., n. 1865/12. Cfr. anche Cass. civ.,sez. VI-5, ord., 29 agosto 2017, n. 20507).
c) La limitata applicabilità del litisconsorzio tra società e soci nei giudizi relativi all'accertamento nei confronti della prima di un maggiore imponibile ai fini IVA. La necessità di garantire la partecipazione nel simultaneus processus della società di persone e dei relativi soci, nel caso di accertamento unitario di maggiore base imponibile a carico della prima, è stata esclusa con riguardo agli accertamenti ai fini IVA. Con la sentenza n. 8782/2009, la Corte ha affermato l'inconfigurabilità in tale fattispecie del litisconsorzio necessario, in considerazione della natura scindibile della posizione del socio rispetto alla società, dei cui debiti è chiamato a rispondere secondo le regole della solidarietà. «In tema di IVA dovuta da società di persone, pur dovendosi riconoscere la soggettività passiva della società, la responsabilità della stessa si ripercuote - sia pur in via sussidiaria - anche sui soci ai sensi dell'art. 2291 c.c. (che è norma operante - in assenza di espressa deroga - anche per i rapporti tributari e le obbligazioni da essi derivanti) ma non esclude la natura solidale della obbligazione dei soci, con la conseguenza che, sul piano processuale, non è ravvisabile alcun litisconsorzio necessario con i soci e la scindibilità delle cause non determina la necessità del simultaneus processus». La successiva giurisprudenza, tuttavia, ha ritenuto che laddove l'accertamento del maggiore imponibile ai fini IVA abbia coinciso con le verifiche effettuate ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP, e non rilevino questioni personali dei soggetti interessati, debba essere riaffermata l'inscindibilità delle posizioni della società e dei soci, derivante dalla comunanza dell'accertamento da cui deriva la pretesa tributaria. Anche ai fini dell'accertamento di un maggior imponibile IVA, in tali ipotesi, sussiste il litisconsorzio necessario della società di persone e dei relativi soci. Si confronti ad es. Cass. civ., sez. VI, 5 febbraio 2015, n. 2094, Cass. civ., ord., 19 maggio 2010, n. 12236; Cass. civ., 25 marzo 2011, n. 6935: «L'accertamento di maggior imponibile IVA a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso di impugnazione, la necessità del simultaneus processus nei confronti dei soci e, quindi, un litisconsorzio necessario, mancando un meccanismo analogo a quello previsto dal combinato disposto di cui agli art. 40, comma 2, d.P.R. n. 600/1973 e 5 d.P.R. n. 917/1986, di unicità di accertamento ed automatica imputazione dei redditi della società ai soci in proporzione alla partecipazione agli utili, con connessa comunanza di base imponibile tra i tributi a carico della società e dei soci. Tuttavia, qualora l'Agenzia abbia contestualmente proceduto, con unico atto, ad accertamenti I.Lo.R. ed IVA a carico di una società di persone, fondati su elementi in parte comuni, seppur non coincidenti, il profilo dell'accertamento impugnato concernente l'imponibile IVA, ove non suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici, non si sottrae al vincolo necessario di "simultaneus processus", attesa l'inscindibilità delle due situazioni.”). L'l'inscindibilità scaturisce, nelle suddette ipotesi, oltre che dalla natura del rapporto sostanziale, anche dalla dimensione eminentemente processuale del litisconsorzio. Infatti, nell'ambito del contenzioso tributario venendo l'art. 14, comma 1,d.lgs. n. 546/1992 a determinarne la nozione in funzione dell'oggetto del ricorso, l'inscindibilità delle cause è affermata ogni qual volta, per effetto della norma tributaria o della stessa azione dall'Agenzia, l'atto impositivo oggetto d'impugnazione sia unico e coinvolga, in una sola fattispecie costitutiva, una pluralità di rapporti e soggetti diversi. Ove, tuttavia, tale comunanza non sia ravvisabile, pur in presenza di un accertamento unitario, il giudice deve disporre la separazione delle cause concernenti le imposte dirette e l'IRAP e decidere immediatamente quella concernente l'IVA. Nella sentenza n. 16661/2011, la Cassazione, ha affermato:«In tema di contenzioso tributario, qualora, a seguito dell'individuazione di irregolarità contabili a carico di una società di persone, l'Amministrazione finanziaria abbia emesso avvisi di accertamento in materia di IRPEF nei confronti dei soci, nonché di i.lo.r. ed IVA nei confronti della società, contro i quali siano state proposte distinte impugnazioni riunite nei precedenti gradi di giudizio, la Corte di cassazione, rilevando l'omessa integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soci e salvo il caso in cui si prospettino questioni personali, deve separare il giudizio relativo all'IRPEF e all'I.lo.r., e dichiarare, anche di ufficio, la nullità del relativo procedimento (atteso che tale controversia, in ragione dell'unitarietà dell'accertamento che è alla base delle determinazioni sui redditi delle società di persone e dei soci, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell'obbligazione dedotta nell'atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario), mentre può autonomamente decidere il giudizio relativo all'Iva, sussistendo solo in via eventuale, per la lite riguardante quest'imposta, le esigenze di carattere unitario che possano comportare la necessità del simultaneus processus». In conclusione
La peculiare configurazione del litisconsorzio necessario nel processo tributario, fonte di vivacissimo dibattito in passato, pare aver trovato un suo ormai stabile assetto, con un ragionevole equilibrio tra opposte ma rilevanti esigenze: la tutela giurisdizionale del singolo e la garanzia del rispetto del principio di capacità contributiva, senza obliterare l'interesse alla ragionevole durata del processo, che le prime due esigenze non devono sacrificare oltre quanto necessario ad evitare un'effettiva lesione delle posizioni sostanziali in giudizio.
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