Criticità tributarie nel concordato preventivo

21 Gennaio 2019

Nell'ambito del concordato preventivo, solo con la procedura sancita dal novellato art. 182-ter l. fall. si può regolare il trattamento dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi e dei relativi accessori amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie. Quindi, dal precedente regime di facoltatività, si è addivenuti all'odierno assetto di obbligatorietà, di talché l'art. 182-ter l. fall. trova applicazione ogni qualvolta figurino i crediti erariali o contributivi tra le passività da soddisfare con il concordato mediante pagamento parziale e/o differito.
L'esclusività del procedimento

Nell'ambito del concordato preventivo, solo con la procedura sancita dal novellato art. 182-ter l. fall. si può regolare il trattamento dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi e dei relativi accessori amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie.

Quindi, dal precedente regime di facoltatività, si è addivenuti all'odierno assetto di obbligatorietà, di talché l'art. 182-ter l. fall. trova applicazione ogni qualvolta figurino i crediti erariali o contributivi tra le passività da soddisfare con il concordato mediante pagamento parziale e/o differito (cfr. G. Andreani – A. Tubelli, La posizione dell'Agenzia sulla “transazione fiscale”: pregi e difetti, in Il Fisco, 2018).

Giova comunque precisare che, nell'ambito del concordato preventivo, la mancata adesione degli enti destinatari della proposta di pagamento parziale e/o differito dei debiti tributari/previdenziali non è tale da precludere quanto oggetto di proposta, qualora questa venga comunque votata favorevolmente dalla maggioranza dei voti e delle classi concordatarie.

Sui tributi "transabili"

Altra significativa novità riguarda i tributi ai quali risulta applicabile l'art. 182-ter l. fall.: ora la falcidia del credito può riguardare anche l'Iva e le ritenute operate e non versate.

Anche in base all'esperienza del contraddittorio che si attua con l'Agenzia delle Entrate durante l'esperimento delle transazioni, nel novero dei principali tributi transabili possono ritenersi includibili: Irap, Ires, Iva, ritenute lavoro dipendente, ritenute lavoro autonomo, tassa di concessione governativa, imposta di registro, canone abbonamento RAI.

Per contro, non risultano transabili tassa automobilistica, Imu, Tosap, Tari/Tarsu.

Sulla presentazione della proposta di trattamento dei crediti tributari e contributivi

Va poi notato che l'art. 182-ter, comma 2, l. fall., dispone che la proposta di transazione fiscale e previdenziale deve essere presentata agli Uffici competenti “contestualmente” al deposito presso il tribunale.

L'esperienza professionale ha sinora palesato un approccio ragionevole ed equilibrato degli Enti interessati, in quanto l'avverbio “contestualmente” è stato tendenzialmente inteso come “entro qualche giorno”, quindi non in maniera letterale di “contemporaneità” rispetto alla proposta avanti il Giudice competente.

Del resto, essendo ormai principalmente utilizzata la modalità telematica, sovente non vi è immediata disponibilità delle evidenze cartolari di deposito, per cui la presentazione avanti l'Agenzia delle Entrate e l'Ente della Riscossione corredata delle apposite ricevute potrebbe richiedere anche qualche giorno.

In ogni caso, va osservato che il contenuto della proposta ex art. 182-ter l. fall. viene già “cristallizzato” al momento della presentazione in tribunale del ricorso concordatario, in quanto la predetta proposta di transazione fiscale e previdenziale costituisce uno dei documenti allegati al ricorso stesso.

Sul ruolo del professionista indipendente e sul canone di ragionevolezza

Oltre alla predetta, obbligatoria presentazione dell'istanza di transazione, per il buon esito della stessa il piano deve prevedere la soddisfazione dei crediti erariali e previdenziali in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione, considerato il valore di mercato dei beni/diritti su cui esiste il privilegio, indicato in apposita relazione del professionista (Ambrosini, Il nuovo diritto della crisi d'impresa: l. 132/15 e prossima riforma organica, Torino, 2016, 103 ss.).

In altre parole, il professionista indipendente deve attestare che le eventuali altre “alternative”, rispetto alla transazione, non sono praticabili o non permettono di ottenere somme almeno equivalenti in sede di liquidazione fallimentare.

Vale peraltro osservare che, mentre nella codificazione dell'approvanda riforma (“nuovi” artt. 63 e 88), si pone letterale riferimento alla “liquidazione giudiziale” quale termine di raffronto, nell'attuale disciplina la mancanza di una formulazione letterale così netta ha dato adito a diverse sfumature interpretative; tuttavia, l'impostazione prevalente depone verso la liquidazione degli assets in sede di fallimento (sul punto, cfr. G. D'Attorre, Le utilità conseguite con l'esecuzione del concordato in continuità spettano solo ai creditori o anche al debitore?, in Fall., 2017, 316 ss. ed in specie 324. Inoltre, per un inquadramento sistematico intorno al criterio del “miglior soddisfacimento dei creditori”, nelle molteplici disposizioni della Legge Fallimentare in cui è utilizzato, cfr. ex multis: A. Patti, Il miglior soddisfacimento dei creditori: una clausola generale per il concordato preventivo?, in Fall., 2013, 1099 ss. ed in specie 1101 ss.; P. Genoviva, Il concordato preventivo “misto” alla prova della “restaurazione” della soglia minima di soddisfacimento per i crediti chirografari, invi, 2017, 441-442; A. Rossi, Il migliore soddisfacimento dei creditori (quattro tesi), ivi, 2017, 637 ss.).

Motivi di ordine logico e sistematico (in ispecie, coerenza con le disposizioni di cui all'art. 161 l. fall. e con l'“obbligo ad assicurare” ivi previsto), suggeriscono di interpretare la predetta previsione del piano, riguardante la soddisfazione dei crediti erariali e previdenziali, in un'ottica di ragionevolezza e di probabilismo secondo il criterio dell'“id quod plerumque accidit”: il che non impone, di riflesso, che la predisposizione del piano, fondata su stime e valutazioni, debba poi trovare corrispondenza e sovrapponibilità millimetrica con i successivi dati reali.

Insomma, nel procedere comunque ad una valutazione “caso per caso”, scostamenti non significativi del piano, rispetto ai dati consuntivi, non dovrebbero essere censurabili in quanto occorre piuttosto che la divergenza, in una sorta di climax, (i) esista; (ii) esista in modo significativo; (iii) tale significatività sia così valutabile alla luce dell'eventuale danno patito dai creditori.

Questa impostazione trova un autorevole riscontro nei principi fissati dalla giurisprudenza: seppur con diverso approccio normativo, paiono comunque ben rilevare Cass. Civ., s.u., 23 gennaio 2013, n. 1521; Cass. Civ., 6 giugno 2013, n. 24970; Cass. Civ., 22 maggio 2014, n. 11423 .

Trattasi, insomma, sì di “certezza”, ma temperata da “ragionevolezza” e “probabilismo”.

Sulla qualificazione (e conseguente destinazione) dei flussi derivanti dal piano

Proprio nella sezione dedicata all'attestazione del professionista terzo e indipendente, la Circolare n. 16/2018 afferma che “l'attestatore dovrà tenere conto anche del maggiore apporto patrimoniale, rappresentato dai flussi o dagli investimenti generati dalla eventuale continuità aziendale oppure ottenuto all'esito dell'attività liquidatoria gestita in sede concordataria, che non costituisce una risorsa economica nuova, ma deve essere considerato finanza endogena, in quanto, ai sensi dell'articolo 2740 c.c., l'imprenditore è chiamato a rispondere dei debiti assunti con tutti i propri beni, presenti e futuri”.

Seppur con riferimento ai doveri dell'attestatore, l'Amministrazione finanziaria assume quindi una posizione netta su uno dei profili più scivolosi ed ambigui dell'intera materia concordataria, che negli ultimi tempi non ha trovato una soluzione univoca in giurisprudenza (cfr. G. Andreani – A. Tubelli, La posizione dell'Agenzia sulla “transazione fiscale”, cit., 3244; S. Guarino, Concordato con continuità, surplus e cause legittime di prelazione, in Corr. Trib., 2018, 2902 ss.).

Riducendo all'osso la questione, si tratta di capire se i flussi positivi generati dalla continuità concordataria appartengono al patrimonio dell'impresa, dovendo quindi essere destinati a soddisfare le preesistenti cause di prelazione, ovvero possono considerarsi esterni, sì da poter essere liberamente convogliati anche a beneficio dei privilegiati di grado inferiore o dei chirografari.

E' nota la divaricazione esistente in giurisprudenza, che qui giova richiamare seppur in via estremamente sintetica.

Da un lato, Trib. Milano, con provvedimento del 15 dicembre 2016, in ilFallimentarista.it (su posizioni di simile tenore, peraltro, Trib. Trento, 7 luglio 2017, e App. Ven., 12 maggio 2016, entrambe in www.ilcaso.it), facendo leva sull'art. 2740 c.c.,ha sostenuto che il surplus ottenuto dalla prosecuzione aziendale o da un'attività liquidatoria gestita in sede concordataria – e quindi meno tranchant rispetto a quella fallimentare – non può essere considerato finanza esterna, in quanto l'imprenditore è chiamato a rispondere dei propri debiti con tutti i propri beni presenti e futuri.

Dall'altro lato, alcuni tribunali hanno ritenuto equiparabile a finanza terza, come tale liberamente destinabile, tutto il maggior attivo conseguibile nel concordato preventivo rispetto al fallimento, quale che ne sia la fonte, per effetto della peculiarità della proposta concordataria, così senza che si verifichi violazione dell'art. 2740 c.c. (ex multis: Trib. Monza, 22 ottobre 2011; Trib. Rovereto, 13 ottobre 2014; Trib. Massa, 4 febbraio 2016, tutte in in www.ilcaso.it; Trib. Massa, 29 settembre 2016, in Fall., 2017, 429 ss., con commento di P. Genoviva, Il concordato preventivo “misto”, cit., 437 ss.; Trib. Firenze, 2 novembre 2016, ivi, 2017, 313 ss. adesivamente commentata da G. D'Attorre, Le utilità conseguite, cit., 316 ss., il quale evidenzia come i concordati in continuità diretta, pur se consentono al debitore di trattenere per sé una porzione delle utilità rivenienti dalla prosecuzione dell'attività, non collidono con il principio della responsabilità patrimoniale del debitore scolpito nell'art. 2740 c.c.. Tale conclusione si radica anche su una valorizzazione (i) del principio di maggioranza dei creditori votanti e (ii) della locuzione “beni futuri”: di questi sarebbe privato il ceto creditorio laddove si preferisse l'alternativa liquidatoria a quella della prosecuzione. Su questa convincente chiave di lettura, cfr. ancora G. D'Attorre, Concordato preventivo e responsabilità del debitore, in Riv. Dir. Comm., 2014, II, 359 ss.. Peraltro, seppur in maniera “sfumata”, sembra riconoscere una “deroga” all'art. 2740 c.c. in caso di concordati in continuità (tuttavia, non in caso di concordati liquidatori), App. Roma, 5 marzo 2013, in Il caso.

Da queste basi, Trib. Treviso, 26 febbraio 2015, in Il caso ha propugnato che, anche in una prospettiva liquidatoria, la proposta concordataria in grado di favorire un migliore realizzo dei cespiti aziendali rispetto al fallimento produce un surplus utilizzabile alla stregua di finanza esterna.

Si segnala poi Trib. Milano, 3 novembre 2016, in questo portale, su una posizione di forte equilibrio, il quale ha sostenuto che la capienza patrimoniale dell'impresa e la conseguente sua capacità di far fronte al pagamento dei creditori privilegiati deve essere verificata al momento della presentazione della proposta di concordato e non con riferimento a ciò che accadrà alla fine del piano. Solo il patrimonio “attuale” integra il parametro di valutazione per la falcidiabilità dei crediti privilegiati, mentre il maggior apporto generato dalla continuità, in termini di flussi o di investimenti – nel caso di specie, reso possibile “a monte” tramite una linea di credito infruttifera e liberamente utilizzabile, erogata da società partecipata dallo stesso fondo socio unico del debitore istante – rappresenta una risorsa economica nuova, gestibile come finanza “esogena” (in particolare, dal decreto si evince che “la nuova finanza viene conferita … per consentire la continuazione dell'attività tipica … ed in prospettiva essa si incorporerà nel patrimonio sociale attraverso i flussi che si determineranno e saranno frutto di essa”).

A sostegno della prospettiva “esogena” dei flussi, viene del resto propugnata l'ascrivibilità a “patrimonio dell'impresa” alla data di apertura della procedura di quanto ricavabile dagli assets che compongono il patrimonio a quella specifica data, non già di quei flussi (eventuali) che si generano se e solo se si intraprende la procedura in continuità (cfr. ad esempio G. Andreani – A. Tubelli, La posizione dell'Agenzia sulla “transazione fiscale”, cit., 3245 ss., anche per un'ampia ricostruzione giurisprudenziale e sistematica). Infatti, altro sarà il valore del compendio aziendale nell'ipotesi meramente liquidatoria alla data dell'ammissione, altro il valore in caso di proseguimento dell'attività secondo la strategia delineata nel piano. In altri termini, se vogliamo più semplicistici, gli ulteriori flussi generati dalla continuità non possono essere incapsulati nel patrimonio aziendale, in quanto intrinsecamente e geneticamente connessi alla sola continuità (successiva alla “fotografia” cristallizzata all'apertura della procedura).

Inoltre, a ben vedere, una diversa lettura finirebbe forse per depotenziare ab origine lo stesso intendimento del Legislatore, che nel corso del tempo si è manifestamente curvato verso una prospettiva di favore alla conservazione della funzionalità aziendale (ciò, proprio mediante i concordati in continuità). Infatti, laddove si negasse la libera destinabilità ai chirografari e ai privilegiati di grado inferiore dei maggiori flussi, l'omologazione del concordato potrebbe risultare in alcuni casi di difficile raggiungibilità, vanificando così ottimi progetti di continuità aziendale, ed al contempo danneggiando gli stessi creditori privilegiati ai quali non viene assegnato quel surplus che non potrà nemmeno generarsi nell'ipotesi di liquidazione.

In conclusione

Al momento in cui viene vergato il presente contributo, si sta completando l'iter parlamentare del nuovo “Codice concorsuale”, con le ultime modifiche ministeriali (sul punto, in generale, cfr. F. Lamanna, Il Codice concorsuale in dirittura d'arrivo con le ultime modifiche ministeriali al testo della Commissione Rordorf (I) e (II), in questo portale; 17 ottobre 2018, Id., Il testo in itinere del Codice della crisi e dell'insolvenza approda in Parlamento, in questo portale, 15 novembre 2018).

Per quanto concerne il trattamento dei debiti fiscali e contributivi, sembra profilarsi uno “sdoppiamento”.

Da un lato, vi è la "transazione fiscale" (subprocedura che può essere incardinata in quella prevista per gli accordi di ristrutturazione del debito), disciplinata al momento in cui si scrive nell'art. 63 dell'approvando Codice. Dall'altro lato, in seno alla procedura concordataria, la transazione fiscale è disciplinata dall'art. 88 del medesimo Codice, rubricato "trattamento dei crediti tributari e contributivi".

Per quanto oggi evincibile, non pare che le modifiche normative potranno diradare completamente i punti ancora oscuri della disciplina in esame, in specie il tema riguardante la qualificazione dei flussi derivanti dal piano.

Guida all'approfondimento

Per un'ampia trattazione sugli aspetti critici della disciplina della transazione fiscale vigente anteriormente alle modifiche recate a partire dal 2017, cfr. ex multis: (i) sul piano squisitamente tributario, L. Tosi, La transazione fiscale: profili sostanziali, in F. Paparella (a cura di), Il diritto tributario delle procedure concorsuali e delle imprese in crisi, Milano, 2013, 647 ss.; Lo. Del Federico, Profili processuali della transazione fiscale, in Corr. Trib., 2007, 3657 ss.; Id., Questioni controverse sulla transazione fiscale, in Corr. Trib., 2010, 2377 ss.; V. Ficari, Riflessioni su “transazione” fiscale e “ristrutturazione” dei debiti tributari, in Rass. Trib., 2009, 68 ss.; G. Marini, La transazione fiscale, in Rass. Trib., 2010, 1193 ss.; Id., La transazione fiscale: profili procedimentali e processuali, in F. Paparella (a cura di), Il diritto tributario delle procedure concorsuali, cit., 661 ss.; (ii) sul piano eminentemente concorsuale, M. Ferro – R. Roveroni, Commento sub art. 182-ter, in M. Ferro (a cura di), La Legge Fallimentare. Terza Edizione, Padova, 2014, 2563 ss.; E. Stasi, Commento sub art. 182-ter, in G. Locascio (a cura di), Codice commentato del Fallimento. II Edizione, Milano, 2013, 2173 ss.; F. Miconi, La transazione fiscale, in Fallimento, 2015, 729 ss.; R. Acierno, La transazione fiscale secondo l'Agenzia delle Entrate, in ilFallimentarista.it, 11 aprile 2012.

Per un primo inquadramento intorno alle modifiche normative introdotte a valere dal 2017, cfr. F. Paparella, Il nuovo regime dei debiti tributari di cui all'art. 182-ter L.F:: dalla transazione fiscale soggettiva e consensuale alla retrogradazione oggettiva, in Rass. Trib., 2018, 317 ss.; M. Allena, La transazione fiscale nell'ordinamento tributario, Padova, 2017, passim; E. Belli Contarini, Parametri da coordinare tra loro nella nuova “transazione fiscale”, in Riv. Dir. Trib., supplemento online, 11 aprile 2018; C. Attardi, Transazione fiscale: questioni procedurali, effetti sui crediti e sulla tutela giurisdizionale, in Il Fisco, 2017, 4448 ss.; A. Damascelli, Restyling per la transazione fiscale, in Corr. Trib., 2017, 1839 ss.; V. Lenoci, Commento sub art. 182-ter, in F. Di Marzio (a cura di), Codice della crisi d'impresa, Milano, 2017, 1196 ss.; E. Stasi, Transazione fiscale e contributiva nel risanamento imprenditoriale, in Fallimento, 2017, 1101 ss.; M. Spadaro, Il trattamento dei crediti tributari e contributivi secondo il nuovo art. 182 ter l.fall., in Fallimento, 2018, 7 ss.; Fondazione Nazionale Commercialisti, L'ambito applicativo della “nuova” transazione fiscale, Documento di ricerca 4 maggio 2018.

Sulla Circolare Agenzia Entrate 23 luglio 2018, n. 16, cfr. G. Andreani – A. Tubelli, La posizione dell'Agenzia sulla “transazione fiscale”: pregi e difetti, in Il Fisco, 2018, 3241 ss.; S. Guarino, Concordato con continuità, surplus e cause legittime di prelazione, in Corr. Trib., 2018, 2901 ss.

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