Impianto elettricoFonte: Cod. Civ. Articolo 1117
21 Gennaio 2019
Inquadramento
Mentre nella formulazione originaria dell'art. 1117, n. 3), c.c. il legislatore aveva indicato tra le parti comuni, salvo titolo contrario, il semplice impianto per l'energia elettrica, con la Riforma del 2013 il campo di applicazione della norma è stato ampliato ed adeguato alle trasformazioni che, dal secolo scorso, hanno interessato l'impiantistica, tanto che ora non ci si riferisce più alla basilare rete elettrica ma l'oggetto della disciplina codicistica interessa “i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per l'energia elettrica”. La complessa e veloce evoluzione della tecnologia, che va di pari passo con una normativa nazionale ed europea alla quale il Paese si deve costantemente adeguare, richiede un costante lavoro delle istituzioni nel recepimento di disposizioni di rango comunitario, che sono dettate in materia di sicurezza e che sono destinate a garantire standard sempre più elevati in tutti i relativi campi (utilizzo di materiali, installazione degli impianti, formazione del personale, controlli, certificazioni, e così via). Il condominio, centro di interesse nel quale coesistono proprietà individuali e comuni, non può certamente sottrarsi al rispetto della complessiva normativa di settore, tanto è vero che il legislatore, nel novellato art. 1130, n. 7, c.c., ha disposto che nel registro dell'anagrafe condominiale deve essere inserito anche ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni. L'impianto elettrico di un edificio è costituito da una serie innumerevole di componenti quali i cavi elettrici, il quadro dei comandi generali, il contatore della luce, le lampade, gli interruttori a tempo, le luci di emergenza per l'indicazione delle vie di fuga, i pulsanti di emergenza. Esso interessa tutte le zone condominiali, interne ed esterne, quelle di appartenenza di tutti i condomini o di parti di essi (ad esempio zona cantine, autorimessa comune) la cui proprietà, nonché utilizzo, ha conseguenze tanto in relazione alle relative delibere assembleari (per il duplice profilo della partecipazione al consesso assembleare e del diritto al voto), quanto in ordine alla ripartizione delle spese. Infatti, parti comuni che appartengano in proprietà solo ad alcuni condomini e che determinano il c.d. condominio parziale estendono tale caratteristica dalla parte strutturale a quella impiantistica.
Anche per questi impianti vale il principio della presunzione della comunione, vinta solo dal titolo contrario che è rappresentato dal regolamento di condominio che sia allegato e recepito nei singoli atti di acquisto. L'impianto elettrico destinato a servire zone particolari dell'edificio come cantine (rispetto alle quali non tutti i condomini potrebbero possedere unità immobiliari) oppure l'autorimessa condominiale (nella quale non tutti i partecipanti potrebbero avere diritto d'uso o di proprietà del posto auto), determinerà una differenziazione anche nella partecipazione alla gestione dello stesso in termini di condivisione di tutte le problematiche che normalmente interessano i beni comuni. In ogni caso, comunque, il punto di riferimento per stabilire se l'impianto elettrico sia o meno di proprietà comune è il regolamento di condominio. Da ultimo, va ricordato che la proprietà comune del sistema centralizzato di distribuzione e trasmissione per l'energia elettrica - nuova denominazione introdotta dal novellato art. 1117, n. 3), c.c.- comprende l'intera rete, compresi i collegamenti e fino al punto di diramazione ai locali di proprietà esclusiva, ovvero fino al punto di utenza se trattasi di impianti unitari. La norma, infatti, delimita chiaramente l'estensione dell'impianto in parola e ne fissa il suo confine naturale, talché la responsabilità del condominio si ferma a quella parte del sistema che è posto prima delle diramazioni negli appartamenti, i cui proprietari sono tenuti alla manutenzione (Cass. civ., sez. VI, 5 luglio 2017, n. 16608). Impianto elettrico e sicurezza
Come e forse più degli altri impianti comuni, la rete condominiale elettrica è soggetta alle norme di sicurezza previste dal d.m. 22 gennaio 2008, n. 37 che, nel descrivere il proprio àmbito di applicazione per gli impianti posti al servizio di qualsiasi tipo di edificio, indipendentemente dalla sua destinazione d'uso e dalla sua collocazione (all'interno degli stessi o delle relative pertinenze), ha specificato che la messa in sicurezza interessa l'impianto dal punto di consegna della fornitura.
In àmbito condominiale, il compito di garantire la sicurezza delle componenti elettriche dell'impianto che fornisce l'illuminazione alle parti comuni dello stabile, grava sull'amministratore il quale, oramai titolare di attribuzioni ben più complesse rispetto al passato, attraverso l'impiego di personale specializzato deve porre in atto - con cadenza periodica - tutti gli adempimenti necessari per mantenere gli impianti in grado di funzionare in piena efficienza. È questa, infatti, la peculiarietà introdotta dalle modifiche apportate alle norme sul condominio dalla l. n. 220/2012, ove all'art. 1130, n. 6), c.c. si stabilisce che l'amministratore deve tenere sempre aggiornato il registro dell'anagrafe condominiale inserendovi ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell'edificio.
L'impianto elettrico di un edificio è costituito da più elementi che nella loro funzionalità rappresentano un'entità unica. In questo ambito assume speciale rilevanza l'impianto unico di messa a terra condominiale (introdotto obbligatoriamente con la l.n. 46/1990, che ha avuto un destino segnato da reiterate proroghe dei termini, fino alla sua definitiva abrogazione con il d.m. n. 37/2008) al quale devono essere collegati gli impianti delle unità immobiliari di proprietà esclusiva. La finalità della messa a terra è quella di disperdere nel terreno sottostante l'edificio il flusso di corrente che potrebbe provocare anche la folgorazione del soggetto che si venisse a trovare in contatto con una massa metallica accidentalmente in tensione. L'impianto, sempre eseguito a regola d'arte, prima di essere messo in esercizio deve essere sottoposto a verifica da parte dell'installatore, che ne rilascia certificato di conformità da inviare, a cura del datore di lavoro (che per il condominio è l'amministratore), alle autorità territorialmente competenti. Il tutto come previsto nel d.P.R. 22 ottobre 2001, n. 462. La necessità di installare nel condominio l'impianto di messa a terra sussiste comunque ed indipendentemente dalla presenza di lavoratori? La risposta al quesito è pervenuta dalla Circolare n. 10723 in data 25 febbraio 2005, emessa in forma di nota del Ministero delle attività produttive che offre spunti di riflessione sul d.P.R. n. 462/2001 (regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi), la cui finalità è quella di garantire ai datori di lavoro (nello specifico, l'amministratore del condominio) lo svolgimento dei controlli di sicurezza relativi a determinate tipologie di impianti, necessari per la tutela di interessi pubblici generali fondamentali, quali la salute e la sicurezza, secondo principi di efficienza e tempestività eliminando, ove possibile e senza pregiudizio dell'interesse primario, appesantimenti procedurali ed affiancando ai soggetti pubblici, anche altri soggetti di comprovata esperienza. Per gli impianti di messa a terra di impianti elettrici - secondo l'Ufficio - l'obbligo deve sussistere quando sia, comunque, individuabile un ambiente di lavoro e quindi anche quando non si sia in presenza, al momento, di rapporto di lavoro dipendente strictu sensu, potendo tale rapporto essere instaurato anche successivamente per decisione assembleare. La ratio legis della normativa deve, infatti, essere individuata nella inalienabile esigenza di garantire l'incolumità di tutti coloro che vengono chiamati, a vario titolo, a prestare la propria attività lavorativa presso un luogo ove risulti situato un impianto elettrico. Prova ne è che ove si verifichino incidenti nei confronti di tali soggetti riconducibili a malfunzionamenti dell'impianto, ne risponde il proprietario e/o l'amministratore, salvo dimostri di avere fatto il possibile per evitare l'evento. La manutenzione e la verifica periodica dell'impianto rendono senza dubbio più concreta la possibilità di offrire tale prova liberatoria. Amministratore e suoi obblighi in materia di sicurezza
Quali i compiti dell'amministratore in relazione all'impianto elettrico? Il pensiero va subito all'art. 1130, n. 6, c.c., ovvero al suo obbligo di compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio, là dove il termine utilizzato dal legislatore non può che essere inteso in senso estensivo. Conservare equivale ad eseguire la costante manutenzione ordinaria dell'impianto elettrico che si sostanzia nella riparazione, integrazione, mantenimento in efficienza, rinnovamento e/o messa a norma dello stesso. Tali attività rientrano nel regime giuridico di edilizia libera, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del d.lgs. 25 novembre 2016, n. 222. Per consentire lo svolgimento di tale attribuzione l'amministratore deve avere a disposizione i relativi fondi, che acquisisce tramite la riscossione dei contributi e l'erogazione delle spese occorrenti per l'amministrazione ordinaria (art. 1130, n. 3, c.c.) e, nel caso in cui sia stato emesso un provvedimento giudiziario o amministrativo che ordini l'esecuzione di determinate attività il rappresentante della compagine condominiale non deve porre indugi alla sua attuazione (art. 1129, comma 11, c.c.). L'impianto elettrico deve, da un lato, essere adeguato alle norme vigenti in materia di sicurezza e, dall'altro, essere tenuto sotto costante verifica in tutte le sue componenti tramite controlli periodici ordinari e straordinari. Ed a questo proposito è stato affermato che il condomino non può chiedere un provvedimento giudiziario di condanna dell'amministratore ad un facere, ovvero a rendere l'impianto elettrico comune conforme alle disposizioni di legge (Cass. civ., sez. VI, 5 luglio 2017, n. 16608) e questo anche con riferimento ad azione giudiziaria che abbia ad oggetto il cattivo funzionamento di un impianto di riscaldamento per insufficiente erogazione del calore (Cass. civ., sez. II, 31 maggio 2006, n. 12956). Le operazioni concernenti l'impianto elettrico, di qualsivoglia natura esse siano (installazione, trasformazione, ampliamento e manutenzione straordinaria), devono essere affidate dall'amministratore, che è il formale committente, a soggetti dotati dei requisiti previsti dalle norme in vigore e che si sostanziano nelle caratteristiche di competenza, capacità tecnica ed organizzativa proprie delle imprese abilitate e tali da assicurare che la prestazione sia eseguita senza pericolo di danni per i terzi. Per effetto degli obblighi posti a carico dell'amministratore dalla loro violazione può derivare, a seconda dei casi concreti, una responsabilità contrattuale insita nel rapporto di mandato che lega condominio e suo rappresentante (art. 1129, comma 15, c.c.), extracontrattuale o aquiliana (art. 2043 c.c.), che consegue alla violazione del precetto fondamentale del neminem laedere,con il quale si tutelano i diritti fondamentali del singolo come quello alla vita, all'incolumità personale, all'integrità personale, ecc. e penale di carattere omissivo, allorché il soggetto non avendo messo in atto le misure di sicurezza previste dalle leggi in vigore in materia di impianti elettrici (ad esempio mancato adeguamento) abbia contribuito a causare lesioni (nelle diverse graduazioni della gravità) su persone o, addirittura, la morte delle stesse. Ripartizione delle spese
Una distinzione deve essere fatta in relazione alla proprietà dell'impianto elettrico, nel senso che se questo appartiene a tutta la comunità i relativi oneri devono essere ripartiti in base ai millesimi di proprietà (art. 1123, comma 1, c.c.). Il criterio vale sia per le opere di installazione, manutenzione, conservazione ed adeguamento, sia per quelle concernenti il consumo, anche se in questo caso vi sono delle eccezioni. Se, invece, l'impianto serve un bene di proprietà di un solo gruppo di condomini (ad esempio, autorimessa oppure cantine) e qualche condomino, per titolo, sia escluso dalla comunione allora le spese saranno a carico dei soli condomini proprietari. In tale seconda ipotesi si viene a configurare il c.d. condominio parziale che prende vita anche quando l'impianto elettrico sia installato in una pertinenza condominiale. Il punto che ha suscitato maggiori interrogativi e che, proprio per questo, è stato più volte rimesso al giudizio degli interpreti concerne la ripartizione delle spese per l'illuminazione delle scale che, molto spesso, vengono abbinate a quelle di pulizia, con un accostamento non convincente. Infatti una buona illuminazione va a vantaggio di tutta la comunità poiché consente di evitare, o quantomeno ridurre, probabili danni a persone o cose, nonché scoraggiare intrusioni e comportamenti lesivi dall'esterno. In argomento e con risalente giurisprudenza, si era fatto riferimento all'uso potenziale piuttosto che effettivo, per il quale sarebbe stato corretto applicare l'art. 1123, comma 2, c.c. (Cass. civ., sez. II, 3 ottobre 1996, 8657), ovvero l'art. 1124, c.c. (Cass. civ., sez. II, 12 gennaio 2007, n. 432). Secondo parte della dottrina si dovrebbe fare, invece, riferimento all'art. 1123, comma 1, c.c. o, addirittura e con tesi alquanto originale, fare accreditare le spese secondo un criterio di sezionamento ideale dell'impianto comune in relazione alle parti illuminate (androne, scale, sottoscala, ecc.). Con recente sentenza di legittimità (Cass. civ., sez. VI, 13 novembre 2018, n. 29217), che non ha mancato di ricordare che la norma che presiede alla ripartizione degli oneri anche di illuminazione delle scale, è derogabile per regolamento condominiale, si è, infine, ribadito che anche per questo servizio si applica il combinato disposto dell'art. 1123, comma 2, c.c. e dell'art. 1124 c.c. (sentenza che, in ogni caso, non è uscita indenne da critiche). Casistica
Gallucci, Adeguamento dell'impianto elettrico ai sensi della l. n. 46/1990: il costo va ripartito sulla base dei millesimi di proprietà, in www.dirittoegiustizia, 2010; Cimatti, La ripartizione della spesa di pulizia ed illuminazione delle scale, in Il Civilista, 2008, fasc. 2, 22; Nucera, Ripartizione delle spese per la pulizia e l'illuminazione delle scale: una sentenza della cassazione che non convince, in Arch. loc. e cond., 2008, 255; De Tilla, La pulizia e l'illuminazione delle scale, con quale criterio ripartire le spese?, in Immob. & diritto., 2007, fasc. 5, 16; Re, Condominio: la ripartizione delle spese di illuminazione e pulizia delle scale, in Immob. & proprietà, 2007, 422; Spagnuolo, La responsabilità dell'amministratore condominiale per l'adeguamento dell'impianto elettrico, in Rass. loc. e cond., 1994, 501. Potrebbe interessarti |