La liquidazione controllata nel Codice della crisi e dell’insolvenza

22 Gennaio 2019

Il Codice della crisi e dell'insolvenza ha trasformato l'istituto della liquidazione del patrimonio attualmente disciplinato dalla Legge n. 3/2012 rinominandola liquidazione controllata. Essa è esperibile dai soggetti in crisi e insolventi non assoggettabili alla liquidazione giudiziale, nuova versione del fallimento, su istanza non solo dell'interessato, ma anche dei creditori e del p.m., in quest'ultimo caso, per le sole imprese.
Premessa

Il Codice della crisi e dell'insolvenza ha trasformato l'istituto della liquidazione del patrimonio attualmente disciplinato dalla Legge n. 3/2012 rinominandola liquidazione controllata. Essa è esperibile dai soggetti in crisi e insolventi non assoggettabili alla liquidazione giudiziale, nuova versione del fallimento, su istanza non solo dell'interessato, ma anche dei creditori e del p.m., in quest'ultimo caso, per le sole imprese. Il tribunale non vaglia più l'assenza di atti di frode, quale condizione per l'apertura. La fase esecutiva, affidata al liquidatore cui è chiamato di norma lo stesso OCC, è assai più dettagliata e risolve diversi dubbi interpretativi della previgente disciplina. Al termine, l'esdebitazione può essere automatica e non è riservata alle sole persone fisiche come nella previgente disciplina.

Il quadro normativo

Il Codice della Crisi e dell'Insolvenza disciplina la liquidazione controllata agli artt. 268-281, subito dopo le disposizioni sulla liquidazione giudiziale, alla quale deve ritenersi più affine. Gli altri istituti del sovraindebitamento, la ristrutturazione dei debiti del consumatore e il concordato minore, infatti, sono collocati prima del concordato preventivo (articoli 65-83). La linea di demarcazione fra questi due istituti emerge anche dalla sistematica del codice: mentre le procedure di sovraindebitamento “minori” costituiscono strumenti alternativi del solo debitore, la liquidazione controllata, al pari dell'attuale fallimento, costituisce lo strumento residuale per la definizione della crisi da sovraindebitamento aperto all'iniziativa di terzi: ne consegue che le condizioni di accesso siano meno stringenti rispetto alla ristrutturazione dei debiti del consumatore e al concordato minore, poiché non costituisce un beneficio per il sovraindebitato, ma un'opportunità di liquidazione collettiva a favore di tutti i creditori.

Il nuovo Codice della crisi d'impresa entrerà in vigore diciotto mesi dalla promulgazione del decreto legislativo: tuttavia, la sua influenza è destinata a riverberarsi anche nel periodo di vacatio legis, poiché le soluzioni adottate tendono a risolvere contrasti sorti nel vigore della legge 3/2012 e potranno orientare l'interprete sin da subito.

Il nuovo istituto in sintesi: requisiti soggettivi e oggettivi e le principali novità

La liquidazione del patrimonio è ancora riservata ai soggetti non fallibili (rectius, non assoggettabili alla liquidazione giudiziale) e non soggetti alla liquidazione coatta amministrativa: impresa minore, consumatore, start up innovative e ogni altro debitore non assoggettabile ad altre procedure liquidatorie o concorsuali previste dal codice civile o da leggi speciali (art. 2, lett. c). Il sistema, pertanto, tende ad essere chiuso: nessun ente può essere privo di uno strumento della regolazione della crisi o dell'insolvenza.

Il sovraindebitamento è definito come lo stato di crisi o di insolvenza, concetti che trovano definizione nel codice agli art. 2, primo comma, lett. a) e b).

Rispetto alla liquidazione del patrimonio, la procedura di liquidazione controllata può essere richiesta da un terzo (creditore o p.m.). Esiste una disciplina espressa per i contratti pendenti, per il termine di presentazione delle insinuazioni allo stato passivo, per il programma di liquidazione che viene approvato dal giudice delegato, per le azioni che possono essere esercitate dal liquidatore giudiziale, con l'autorizzazione del giudice delegato. Quest'ultima novità, seppure appesantisca l'attività del liquidatore giudiziario, potrebbe permettere alla procedura di accedere al patrocinio a spese dello Stato, che può essere concesso nelle forme di cui all'art. 144 Testo Unico Spese di Giustizia nel decreto autorizzativo, seppure al momento solo per il fallimento.

Sotto il profilo pratico non è indifferente che il debitore sia consumatore o imprenditore: solo quest'ultimo deposita i bilanci e le scritture contabili obbligatorie (art. 268, lett. a), e solo il consumatore o la ditta individuale deve chiedere la determinazione di quanto occorre al mantenimento del debitore istante e della sua famiglia (art. 268, lett. b).

La nomina del gestore, la legittimazione attiva, il procedimento

Il sovraindebitato in stato di crisi o di insolvenza deve, anzitutto, nominare un gestore all'interno di un organismo di gestione della crisi di cui al D.M. ministero della giustizia 24 settembre 2014 n. 202, competente per territorio secondo l'art. 27: se e solo se non ve ne siano costituiti nel circondario dove è collocata la sede principale degli interessi del debitore, i compiti dell'OCC sono svolti da un professionista appositamente nominato dal Tribunale (art. 68).

L'iniziativa del debitore prevede la possibilità che il ricorrente presenti la domanda “personalmente” con l'assistenza dell'OCC (art. 269). La difesa tecnica sembrerebbe esclusa: tuttavia, mentre nella ristrutturazione dei debiti del consumatore l'esclusione del patrocinio è più chiara e aderente alle disposizioni dell'art. 9, che prescrive la necessità della difesa legale laddove il codice non disponga diversamente, qualche dubbio sulla necessità del patrocinio potrebbe delinearsi anche nell'istanza di autotutela della liquidazione controllata.

L'istanza può essere presentata da un creditore (munito di difensore) o dal p.m., se il debitore è un'impresa, anche in pendenza di procedure esecutive individuali. L'espressione pleonastica “anche” sembrerebbe voler significare che la presenza di procedure concorsuali non impedisca le istanze di terzi: è una lettura da escludere sia perché in sede di audizioni informali alla Camera dei Deputati è stato più volte spiegato che la congiunzione “anche” è un refuso ripetuto dalla legge delega (art. 9, lett. h, d. lgs 155/2017), sia perché l'obiettivo dell'ampliamento dei soggetti legittimati attivamente ha l'obiettivo di estendere i benefici dell'esecuzione collettiva ai creditori che sono frenati nella tutela dei propri diritti dagli elevati costi delle procedure.

Oltre che su iniziativa dei predetti soggetti, la liquidazione controllata può essere aperta a seguito della conversione di procedure di composizione della crisi minori (concordato minore o ristrutturazione dei debiti del Consumatore), per frode, falsità o inadempimento definitivo alle obbligazioni nascenti con l'ammissione alle predette procedure (artt. 73 e 83).

Alla domanda di apertura della procedura di liquidazione controllata è allegata una relazione dell'OCC che contiene una valutazione sulla completezza e sulla attendibilità della documentazione depositata con la domanda, che illustri la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore e attesti il sovraindebitamento del ricorrente. L'attività dell'OCC rischia di rivelarsi delicata, quando il medesimo imprenditore è esonerato per legge dall'obbligo di tenuta delle scritture contabili. Rischia di diventare ancor più ardua se l'istanza proviene da un terzo creditore, poiché l'OCC non godrà della collaborazione del sovraindebitato per ricostruire il patrimonio del debitore, né potrà beneficiare di un accesso preventivo e generalizzato alla centrale rischi e alle anagrafi tributarie ed erariali: la ricostruzione del patrimonio in questi casi potrà essere prospettata anche solo in via di approssimazione, pena la paralisi dell'istituto per l'impossibilità di ricostruire la situazione patrimoniale senza la collaborazione del debitore.

Rispetto alla relazione particolareggiata della liquidazione del patrimonio nella L. n. 3/2012, non viene richiesto all'OCC di pronunciarsi, per il debitore persona fisica, sulle cause dell'indebitamento e della diligenza impiegata nell'assumere volontariamente le obbligazioni, sulle ragioni delle incapacità di adempierle, né viene richiesto il resoconto sulla solvibilità del medesimo degli ultimi cinque anni. Nemmeno viene richiesto di indicare l'eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dal creditore nell'ultimo quinquennio.

Ciò in considerazione del fatto che scompare definitivamente ogni aspetto squisitamente premiale, che connotava la procedura di liquidazione del patrimonio.

Appare così più chiaro il perimetro degli interessi coinvolti nella liquidazione del patrimonio: non solo il debitore, ma anche i terzi creditori che ritengano di voler profittare del concorso non essendo disposti ad anticipare le spese dell'esecuzione individuale sono i beneficiari dell'istituto, pertanto, l'accesso deve essere semplificato.

Per l'apertura della liquidazione controllata non rilevano quindi la causa, e le modalità del sovraindebitamento, né l'assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi cinque anni. Il tribunale si limiterà a verificare il requisito soggettivo dell'inassoggettabilità del ricorrente a procedure concorsuali maggiori, la sussistenza del sovraindebitamento (art. 268), della relazione dell'OCC (art. 269), e l'assenza di domande di accesso alle procedure alternative di regolazione della crisi o dell'insolvenza previste dal titolo IV (art. 270, c. 1).

La procedura ha ad oggetto tutti i beni del debitore, fatta eccezione per quelli indispensabili per la sopravvivenza (art. 268, c. 2). Per gravi e specifiche ragioni, il giudice può consentire al sovraindebitato di usufruire di determinati beni dopo l'apertura per un certo periodo di tempo (art. 270 c. 2, si pensi all'immobile di proprietà o all'autovettura). Si può ritenere non ostativa l'assenza di beni da liquidare al momento della presentazione dell'istanza di liquidazione, ove lo stesso possa comunque contare su un reddito da lavoro (subordinato), da potersi usare come fonte di soddisfacimento parziale dei creditori. Ad ogni modo, per l'ipotesi in cui il debitore persona fisica sovraindebitato non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, neanche in prospettiva futura, è prevista l'esdebitazione del debitore incapiente, se sussistono i requisiti richiesti dal decreto (art. 283).

L'interazione con la ristrutturazione dei debiti del consumatore e con il concordato minore, la sentenza di apertura

Se l'istanza non proviene dal debitore, quest'ultimo può chiedere un termine per il deposito di una procedura alternativa: in tal caso, il procedimento è sospeso fino alla definizione di quello proposto dal debitore. Qualora venga aperta una procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore o un concordato minore, la domanda di liquidazione diventa improcedibile. La mancata apertura di una procedura alternativa, l'infruttuosa scadenza del termine per il deposito della stessa o la cessazione comportano l'apertura della procedura di liquidazione controllata (art. 271 che richiama l'art. 270 c. 1 e c. 2).

Il tribunale dichiara con le maggiori garanzie della sentenza (e non più con decreto) l'apertura della procedura di liquidazione controllata (art. 270 c. 2):

Mentre il deposito del ricorso determina l'arresto degli interessi sul chirografo, l'apertura della procedura determina il blocco di tutte le procedure esecutive o cautelari, in virtù del richiamo dell'art. 270, quinto comma, all'art. 150.

L'apertura del concorso determina l'interruzione del processo (art. 270-143) e la segregazione del patrimonio per la soddisfazione dei creditori, tant'è che i creditori posteriori non possono procedere in via esecutiva sui beni oggetto di liquidazione (art. 277). E' stato eliminato il termine minimo di durata di quattro anni previsto dalla liquidazione del patrimonio di cui alla L. n. 3/2012.

Con la sentenza, reclamabile entro trenta giorni (art 50-51), il tribunale nomina il liquidatore, confermando l'OCC, che ha predisposto la relazione accompagnatoria (art. 270 c. 2 che richiama l'art. 269), o per giustificati motivi, scegliendolo dall'elenco dei gestori della crisi di cui al D.M. 24 settembre 2014 n. 202, tra i gestori residenti nel circondario, motivando l'eventuale deroga e comunicandola al Presidente del Tribunale.

La fase esecutiva: la verifica crediti, il piano di liquidazione, le azioni del liquidatore giudiziale

Con l'apertura della liquidazione controllata il liquidatore giudiziale forma lo stato passivo (art. 273), scaduto il termine decadenziale non superiore a sessanta giorni per l'invio delle istanze dei creditori (art. 270, c. 2, lett. d). La verifica dei crediti viene svolta dal liquidatore che predispone il progetto di stato passivo in modo autonomo, salvo non vi siano contestazioni non superabili in sede di osservazioni al relativo progetto. Solo in tal caso, su ricorso del liquidatore, il giudice delegato decide con decreto motivato, reclamabile davanti al collegio. Non è prevista una disciplina relativa alla presentazione di domande tardive che devono considerarsi inammissibili.

Il liquidatore forma l'inventario e predispone il programma di liquidazione che viene approvato dal giudice delegato (art. 272). Per la forma del programma, il codice rinvia espressamente al medesimo documento nella liquidazione giudiziale (art. 213 commi 3 e 4 richiamati dall'art. 272 c. 2). Il liquidatore dovrà comunque seguire le regole generali sulla vendita dei beni nella liquidazione giudiziale, in quanto compatibili, secondo “il principio della necessaria competitività delle vendite, funzionale al miglior esito della liquidazione”, esclusa ogni forma di trattativa privata.

Il liquidatore ha la legittimazione attiva per esperire o per continuare, giusta autorizzazione del giudice delegato, le azioni indicate dalla legge che riguardino il patrimonio oggetto della liquidazione, ivi comprese le revocatorie ordinarie (art. 274).

La riforma prescrive espressamente la sorte del contratto pendente (o dei contratti) al momento di apertura della procedura di liquidazione controllata, che risulti ineseguito o non compiutamente eseguito nelle prestazioni principali da entrambe le parti (art. 270 c. 6). Sulla loro sorte si perviene attraverso una fase intermedia, data dalla sospensione del contratto medesimo e subordinata ad una valutazione di opportunità e convenienza del subentro da parte del liquidatore, sentito il debitore. In caso di subentro, si può ritenere che i relativi diritti e obblighi del contratto andranno a vantaggio e a carico dei creditori della procedura (sono prededucibili soltanto i crediti maturati nel corso della procedura), mentre in caso di scioglimento il contraente ha diritto di far valere nel passivo della liquidazione controllata il credito conseguente al mancato adempimento, senza che gli sia dovuto alcun risarcimento del danno.

Il decreto di chiusura e l'esdebitazione

Terminata la liquidazione, il liquidatore giudiziale presenta al giudice il rendiconto, e procede alla liquidazione del compenso, oppure indica le iniziative correttive da adottare sul documento: se queste non sono tempestivamente adottate, il liquidatore può essere sostituito o può essere ridotto il compenso.

Approvato il rendiconto, che può essere oggetto di contestazione a parte dei creditori, viene effettuato il riparto e adottato il decreto di chiusura (art. 276-277).

Per il sovraindebitamento, l'esdebitazione opera di diritto e viene pronunciata con il decreto di chiusura oppure, decorsi tre anni dalla sentenza di apertura. Le condizioni per l'accesso al beneficio sono più ampie che per l'imprenditore soggetto a liquidazione giudiziale: è sufficiente verificare che il debitore non sia stato condannato per bancarotta fraudolenta, per delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio o altri delitti compiuti in connessione con l'esercizio dell'attività di impresa ovvero ancora sia stato proposto in un procedimento di prevenzione di cui al d.lgs n 159/2011. In tal caso l'esdebitazione può essere concessa solo all'esito del relativo procedimento. Il consumatore, inoltre, non deve aver determinato con colpa grave, dolo o malafede il sovraindebitamento, né aver beneficiato dell'esdebitazione nei due anni precedenti, ovvero essere stato esdebitato con altri istituti nei cinque anni anteriori.

L'esdebitazione opera trasformando le obbligazioni non soddisfatte dal concorso in obbligazioni naturali, quindi inesigibili. Per i creditori che non hanno proposto insinuazione al passivo, l'effetto è limitato alla porzione di credito eccedente il riparto percepito dagli altri creditori.

Norme particolari, invece, presiedono l'esdebitazione del debitore incapiente (art. 283), che presuppone un ricorso diretto, senza il passaggio dalla liquidazione controllata e impone un monitoraggio quadriennale sul reddito del ricorrente per verificare l'esistenza di utilità rilevanti: l'eccedenza di reddito rispetto al paramento dell'ISEE di cui al DPCM 5 dicembre 2013 n. 159 moltiplicato per ogni membro della famiglia, deve essere destinata ai creditori anteriori.

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