Nella locazione commerciale i canoni non percepiti concorrono a formare reddito

Redazione scientifica
23 Gennaio 2019

La risoluzione del contratto non pregiudica la pretesa dell'amministrazione finanziaria e ciò anche quando alla risoluzione viene attribuita efficacia retroattiva dalle parti.

Tizio, comproprietario al 50%, di un fabbricato ad uso laboratorio, aveva, assieme al comproprietario Caio, concesso in locazione l'immobile alla società beta, di cui i medesimi (Tizio e Caio) erano soci al 50%; sicché, gli stessi avevano precisato di non aver mai percepito alcun canone locatizio e, pertanto, nella dichiarazione dei redditi avevano dichiarato solo il reddito catastale dell'immobile. Successivamente, Tizio è stato destinatario di un avviso di accertamento, con cui gli era stata contestata l'omessa dichiarazione dei canoni di locazione. Pertanto, successivamente all'accertamento dell'Ufficio, Tizio aveva comunicato all'Agenzia dell'Entrate la risoluzione del contratto di locazione con effetto retroattivo (in relazione a tale dichiarazione veniva corrisposta l'imposta di registro). Tale dichiarazione, tuttavia, non è stata ritenuta, dall'amministrazione finanziaria, valida ed efficace e, così, il ricorrente ha deciso di impugnare l'avviso di accertamento in questione. In entrambi i gradi di giudizio, la domanda era stata respinta. Avverso tale pronuncia, il ricorrente ha proposto ricorso in cassazione.

La S.C. conferma il ragionamento della Commissione tributaria, pertanto in caso di risoluzione del contratto di locazione commerciale, la circostanza del mancato percepimento dei relativi canoni non è sufficiente ad escludere, dal calcolo della base imponibile IRPEF, i detti canoni, sebbene non percepiti. Per meglio dire, la risoluzione non pregiudica la pretesa dell'amministrazione finanziaria e ciò anche quando alla risoluzione viene attribuita efficacia retroattiva dalle parti. Proprio con riferimento al profilo dell'opponibilità dell'accordo risolutorio all'Amministrazione finanziarla, i giudici di legittimità hanno ribadito che l'Ipotesi di successiva risoluzione dell'accordo contrattuale per mutuo dissenso, ai sensi dell'art. 1372, comma 2, c.c. non può avere alcuna rilevanza nei confronti dei terzi ed a maggior ragione quindi, nei confronti dell'Erario, non potendo, in particolare, pregiudicare la legittima pretesa impositiva medio tempore maturata per effetto di patti sopravvenuti tra le parti. Per tali motivi, il ricorso è stato rigettato.

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