I (complessi) rapporti tra fallimento ed espropriazione per credito fondiario

06 Febbraio 2019

Quale disciplina per le spese condominiali, l'Imu ed il compenso del curatore?
Massima

Nell'espropriazione immobiliare, iniziata o proseguita da un istituto di credito fondiario, dopo la dichiarazione di fallimento del debitore, il giudice dell'esecuzione deve distribuire provvisoriamente le somme ricavate dalla vendita nel rispetto dei provvedimenti (anche non definitivi) emessi del giudice delegato ai fini dell'accertamento, della determinazione e della graduazione di detto credito fondiario.

Il caso

Nel corso di una espropriazione immobiliare proseguita – nonostante la sopravvenuta dichiarazione di fallimento della debitrice – da un istituto di credito, il curatore del fallimento proponeva opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione rigettava le osservazioni avverso il progetto di distribuzione predisposto ai sensi dell'art. 512 c.p.c. e dichiarava esecutivo il piano di riparto. Segnatamente, il curatore contestava che nel calcolo – contenuto nel progetto di distribuzione – della somma da attribuire all'istituto di credito fondiario ex artt. 41 e 42 Tub, non si tenesse conto di alcuni crediti prededucibili accertati, ed in parte già soddisfatti dalla curatela.

Dal proprio canto, il giudice dell'esecuzione rigettava tali contestazioni ed assegnava alla banca l'intera somma ricavata dalla vendita dell'immobile.

La decisione veniva successivamente confermata dal tribunale investito della fase di merito dell'opposizione.

Diverse le ragioni adottate dal giudice del merito a sostegno della sentenza.

Innanzitutto la natura provvisoria dell'attribuzione di somme operata in sede esecutiva avrebbe condotto ad affermare una supposta insensibilità del progetto di distribuzione rispetto agli accertamenti effettuati in sede fallimentare; ciò in quanto gli organi della procedura fallimentare potrebbero sempre richiedere al fondiario la restituzione degli importi eccedenti il credito accertato a graduato in sede fallimentare.

In secondo luogo il rilievo che ai crediti azionati dalla curatela (importo dell'ICI pagato dal curatore, oneri condominiali relativi alla conservazione dell'immobile e compenso del curatore) non è attribuito – in sede esecutiva – alcun privilegio.

La decisione del tribunale è stata impugnata dal curatore dinanzi alla Suprema Corte che ha accolto il ricorso.

La questione

Secondo la Cassazione, il giudice dell'esecuzione, nel determinare la somma da attribuire all'istituto di credito fondiario, avrebbe dovuto tener conto delle decisioni già assunte in sede fallimentare in materia di graduazione dei crediti.

In particolare, è stato precisato che l'assegnazione della somma al fondiario doveva essere effettuata dal giudice dell'esecuzione solo dopo aver trattenuto – a favore della curatela – quelle somme che in sede fallimentare risultavano già accertate come crediti prededucibili.

In altre più semplici parole il giudice dell'esecuzione attribuisce provvisoriamente al fondiario le somme ricavate dalla vendita, senza discostarsi dai provvedimenti (anche non definitivi) emessi del giudice delegato.

Le soluzioni giuridiche

Per una corretta disamina della parte motiva della decisione in commento occorre muovere dall'art. 41, comma 2, Tub che riconosce un privilegio di carattere meramente processuale al fondiario: questi inizia o prosegue la procedura esecutiva individuale, al fine di conseguire l'assegnazione della somma ricavata dalla vendita forzata dei beni del debitore nei limiti del proprio credito.

Al riguardo va rilevato che tale disposizione non deroga al principio di esclusività della verifica fallimentare posto dall'art. 52 l. fall. e che, pertanto, l'assegnazione della somma disposta nell'ambito della procedura individuale ha carattere provvisorio, posto che l'istituto di credito deve insinuarsi allo stato passivo in modo tale da consentire la graduazione dei crediti cui è finalizzata la procedura concorsuale. Il coordinamento della procedura esecutiva fondiaria con il fallimento è, dunque, risolto dalla Corte – conformemente all'interpretazione fornita da Cass. civ., 17 dicembre 2004, n. 23572 – alla luce della soggezione della prima alle risultanze dell'accertamento dei crediti e dei privilegi ed alla ripartizione della somma ricavata. Il creditore fondiario ha l'onere d'insinuarsi al passivo del fallimento per conseguire il risultato dell'esecuzione, condizionato all'insussistenza di crediti prededucibili o muniti di cause di prelazione di grado superiore al suo, e con l'obbligo di restituzione alla massa delle somme ottenute in eccesso rispetto a quelle riconosciute nel riparto fallimentare.

La decisione della Cassazione sembra corretta e merita di essere condivisa, anche se ci sembra meriti qualche approfondimento in merito alle ricadute di tipo pratico ed ai rapporti intercorrenti tra le statuizioni del giudice delegato e quelle, in materia di assegnazione provvisoria, spettanti al giudice dell'esecuzione, specialmente in relazione al compenso del curatore.

I principi espressi dalla prima parte della sentenza possono essere riassunti nei seguenti termini.

Nonostante la natura provvisoria dell'attribuzione delle somme ricavate dalla vendita al fondiario, il giudice dell'esecuzione è comunque vincolato alle risultanze della verifica dei crediti espletata (in via provvisoria o definitiva) in sede fallimentare e della relativa graduazione.

Segnatamente, il giudice dell'esecuzione non può disporre l'assegnazione provvisoria qualora l'istituto di credito non abbia affatto presentato l'istanza di ammissione al passivo, in violazione dell'art. 52 l.fall., ovvero quando la domanda di ammissione al passivo sia stata già (provvisoriamente o definitivamente) rigettata. In tali ipotesi, l'intero ricavato della vendita è devoluto agli organi della procedura fallimentare, per essere distribuito in tale sede.

Di contro, il giudice dell'esecuzione assegna le somme al creditore fondiario nei limiti dell'importo per cui tale soggetto è stato (provvisoriamente o definitivamente) ammesso al passivo. Discorso analogo va fatto ogni volta che il rigetto della domanda di ammissione (o l'ammissione per un certo importo) sia avvenuto in parte e vi sia opposizione allo stato passivo in corso. Si aggiunga che se il giudice delegato non si è ancora pronunciato sull'ammissione al passivo, il giudice dell'esecuzione deve rinviare l'udienza di distribuzione successivamente alla verifica del giudice delegato.

Le ricadute di tali argomentazioni sulla condotta processuale che deve tenere il creditore fondiario per ottenere l'assegnazione (provvisoria) delle somme sono evidenti: questi deve provare al giudice dell'esecuzione di aver sottoposto il proprio credito al passivo fallimentare e di aver ottenuto un provvedimento favorevole (in tutto o in parte) anche se non ancora definitivo.

Più complessa la parte finale della decisione nella quale si impone al giudice dell'esecuzione di detrarre dalle somme da assegnare al creditore fondiario gli ulteriori crediti che debbano essere soddisfatti con preferenza rispetto a quelli del creditore fondiario.

Al riguardo è la stessa Cassazione a precisare che il giudice dell'esecuzione: i) non può prenderle in considerazione di ufficio, ma solo se dedotte dal curatore che si è costituito nel processo esecutivo per far valere i relativi presupposti; ii) decide «sulla base della ricognizione dell'esistenza o meno di provvedimenti degli organi della procedura fallimentare che effettivamente dispongano, in modo diretto o quanto meno indiretto ma inequivoco, la suddetta graduazione».

In definitiva laddove si tratti di debiti della massa il cui pagamento sia stato espressamente autorizzato dal giudice delegato, il curatore deve fornire la prova e, quindi, documentare che sia stato in qualche modo già graduato dal giudice delegato con prevalenza sul credito dell'istituto fondiario.

Laddove manchi un provvedimento diretto o indiretto di graduazione degli organi della procedura fallimentare, come pure quando il curatore non documenti tali provvedimenti al giudice dell'esecuzione, questi non può tenere conto delle spese ai fini della determinazione della somma da attribuire in via provvisoria all'istituto di credito fondiario (restando comunque naturalmente salva, come sin qui ripetutamente esposto, l'eventuale successiva azione di ripetizione della curatela, esperibile nel momento in cui la suddetta graduazione abbia poi definitivamente luogo).

Osservazioni

Con riferimento alle spese specifiche autorizzate in ambito fallimentare (IMU/ICI, oneri condominiali, spese per bonifiche ambientali) è infatti sufficiente l'autorizzazione al pagamento del giudice delegato, ex art. 111-ter l.fall. Al riguardo va, inoltre, segnalato che eventuali contestazioni da parte del curatore sulla effettiva prevalenza del credito autorizzato dal giudice delegato trovano la propria sede naturale nella procedura fallimentare dove possono sempre essere contestate a norma dell'art. 26 l. fall. Con la precisazione che se il g.e. soggiace alle graduazioni operate dal g.d., al fondiario rimangono precluse eventuali contestazioni ex art. 512 c.p.c., salvo per denunciare il mancato adeguamento del g.e. alla graduazione effettuata dal giudice delegato.

Discorso decisamente diverso deve farsi per il compenso del curatore che - a norma dell'art. 39 l. fall. – è liquidato con decreto del tribunale non soggetto a reclamo: solo davanti al decreto collegiale di il giudice dell'esecuzione è, pertanto, tenuto a stornare il compenso del curatore dalla somma da versare al creditore fondiario.

Resta da dire che la liquidazione del compenso del curatore presuppone che egli abbia già provveduto al riparto parziale. Non va, difatti, trascurato che nonostante il compenso sia composto da una quota parte sull'immobile ipotecato e da una parte per le spese generali, il curatore può ottenere la liquidazione del compenso solo se preceduto, salvo giustificati motivi, «dalla presentazione di un progetto di ripartizione parziale» ai sensi dell'art. 39, comma 3, ultima parte, l. fall. Da qui la conferma che il giudice dell'esecuzione non può, in tal caso, essere vincolato da alcun provvedimento di «graduazione implicita» del giudice delegato.

Guida all'approfondimento
  • A. Auletta, La Cassazione e il decalogo dei rapporti fra esecuzione individuale fondiaria e fallimento, in www.inexecutivis.it;
  • S. Leuzzi, Appunti sistemici sui rapporti convulsi fra esecuzione fondiaria e fallimento (alla luce di un recente “arrêt della Corte di Cassazione), in www. ilfallimentarista.it.;
  • G.B. Nardecchia, Accertamento, quantificazione e graduazione del credito fondiario: l'intervento del curatore nell'esecuzione individuale
, in Il fall., 2018, 1393.

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