Mancata accettazione del deposito telematico degli atti: il punto su normativa e giurisprudenza

Giulia Messina
06 Febbraio 2019

L'articolo prende in esame le possibili anomalie cui incorre il depositante nell'inoltro di un atto telematico, approfondendo la normativa e la giurisprudenza di riferimento. Viene esaminata la sentenza della Suprema Corte n. 9772/2016, pronuncia fondamentale per larga parte della giurisprudenza di merito in quanto stabilisce la linea guida per verificare se in caso di errore prodotto dal sistema nel deposito dell'atto, il giudice possa accogliere l'istanza di rimessione in termini. Nell'indagare le tre tipologie di errore che il sistema genera e le conseguenze che da questi errori derivano, viene enucleata una casistica che nella pratica consente di individuare ciò che può generare il messaggio di errore nel sistema, nonché le soluzioni che l'operatore del diritto può cercare e che gli consentano di richiedere ed ottenere la sanatoria degli effetti del deposito dell'atto, viziato da errore.
Il quadro normativo

La tematica del deposito telematico degli atti trova origine nell'ideazione e attuazione del processo civile telematico ad opera del d.P.R.13 febbraio 2001, n. 123, Regolamento recante disciplina sull'uso degli strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti.

Progressivamente emanate normative di settore volte a disciplinarne funzionamento e modalità attuative del PCT e della correlata tematica del deposito telematico degli atti, quest'ultima trova la sua più compiuta regolamentazione nel d.l. n. 179/2012. L'art. 16-bis, al comma 7, prevede che «Il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero della giustizia. Il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all'art. 155, commi 4 e 5, c.p.c.».

Tale disposizione va però coordinata con quanto previsto dalla Circolare Ministeriale del 23.10.2015 (Ministero di Giustizia) in tema di verifiche sulla correttezza dell'invio dell'atto e sulla possibilità o meno di accettazione dello stesso da parte del sistema o della cancelleria. Al punto 7, la Circolare stabilisce che «L'art. 14 del provvedimento 16 aprile 2014 del Responsabile DGSIA (Specifiche tecniche di cui all'art. 34 d.m. n. 44/2011) prevede che, all'esito della trasmissione ad un ufficio giudiziario di un atto o documento processuale, il gestore dei servizi telematici esegua automaticamente taluni controlli formali sulla busta ricevuta dal sistema. Le possibili anomalie riscontrabili sono riconducibili a tre categorie: WARN, ERROR e FATAL. Errori appartenenti alle prime due categorie consentono alla cancelleria di forzare l'accettazione del deposito. Errori appartenenti alla terza categoria, viceversa, inibiscono materialmente l'accettazione, e, dunque, l'entrata dell'atto o del documento nel fascicolo processuale. Le cancellerie, in presenza di anomalie del tipo WARN o ERROR, dovranno dunque, ove possibile, accettare il deposito, avendo tuttavia cura di segnalare al giudice ogni informazione utile in ordine all'anomalia riscontrata. A tal fine è fortemente auspicabile che i capi di ciascun ufficio e i dirigenti di cancelleria concordino tra loro modalità di segnalazione degli errori il più possibile efficaci e complete».

Tali disposizioni vengono infine completate dai due provvedimenti del 16.4.2014 e del 28.12.2015 del Responsabile DGSIA, che hanno originato un testo coordinato sulle “Specifiche tecniche previste dall'art. 34, comma 1 del d.m. del 21 febbraio 2011 n. 44, recante regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione”.

In particolare, l'art. 14, par. 5, stabilisce che «Il gestore dei servizi telematici scarica il messaggio dal gestore della posta elettronica certificata del Ministero della giustizia ed effettua le verifiche formali sul messaggio”. Al successivo par. 7 viene ulteriormente specificato che “Il gestore dei servizi telematici effettua i controlli automatici (formali) sulla busta telematica; le possibili anomalie all'esito dell'elaborazione della busta telematica sono codificate secondo le seguenti tipologie:

a) WARN (WARNING): anomalia non bloccante; si tratta in sostanza di segnalazioni, tipicamente di carattere giuridico;

b) ERROR: anomalia bloccante, ma lasciata alla determinazione dell'ufficio ricevente, che può̀ decidere di intervenire forzando l'accettazione o rifiutando il deposito;

c) FATAL: eccezione non gestita o non gestibile».

Gli avvocati, come riportato nel Provvedimento DGSIA all'art. 14, punto 8, hanno inoltre la possibilità di monitorare la codifica puntuale degli errori sopra riportati, presentata e aggiornata nell'area pubblica del portale dei servizi telematici (http://pst.giustizia.it/PST/it/pst_1_0.wp?previousPage=search_results&contentId=SPR556).

Le anomalie warn ed error

Qualora il deposito telematico segua regolarmente il proprio corso, alla prima PEC di invio inoltrata dal depositante segue una seconda di accettazione, nonché una terza ed una quarta che danno la certezza dell'avvenuto, regolare, invio e ricezione dell'atto telematico.

Il problema nasce quando nella fase di inoltro degli atti sorgono anomalie che generano messaggi di errore da parte del sistema e che possono condurre, di fatto, ad un rifiuto degli atti da parte di quest'ultimo ovvero della cancelleria. La tematica riveste particolare pregnanza qualora il rifiuto dell'atto abbia comportato decadenze processuali (si pensi ad impugnazioni, anche in fase di reclamo, ad opposizioni agli atti esecutivi da proporre nei termini perentori di legge, ovvero ancora a comparse di risposta da depositare nei termini ex art. 167 c.p.c., pena l'impossibilità di proporre domande riconvenzionali ed eccezioni non rilevabili d'ufficio).

Dall'esame della normativa in materia emergono due categorie di errori in cui può incorrere il depositante: quelli potenzialmente emendabili e quelli che viceversa non lasciano spazio di manovra alla cancelleria o al Magistrato.

Nell'ambito della prima categoria rientrano quegli errori sopra riportati, indicati con la definizione di Warn e Error.

Entrambe tali tipologie presentano, quale caratteristica distintiva, quella della segnalazione dell'errore da parte del sistema alla cancelleria, la quale ha ciò nonostante la possibilità di accettarlo.

Nella prima ipotesi (WARN), si tratta essenzialmente di tipologie di errori che evidenziano carenze o problematiche di carattere giuridico, quali ad esempio la mancanza della procura alle liti allegata all'atto introduttivo, ovvero il mancato integrale pagamento del contributo unificato. La cancelleria pertanto, pur evidenziando l'errore, non avrebbe la possibilità di rifiutare l'atto, in quanto l'errore nel deposito telematico, definito dalla stessa Circolare Ministeriale come “non bloccante”, sembrerebbe portare unicamente alla opportuna segnalazione dell'eventuale mancanza al Magistrato assegnatario del fascicolo.

Nella seconda ipotesi, viceversa, l'anomalia evidenziata dal sistema (ERROR) viene definita bloccante. Sono i casi, ad esempio, del certificato di firma non valido, ovvero del mittente non firmatario dell'atto, ovvero ancora della mancata allegazione all'istanza di iscrizione a ruolo dell'atto introduttivo (oppure, in ambito esecutivo, della mancata allegazione del precetto, del titolo esecutivo e del pignoramento). In questi casi, al contrario dalla prima ipotesi, la cancelleria ha la concreta possibilità di incisione sull'atto, forzandone l'accettazione: senza tale forzatura, che la Circolare ed ancor prima il sistema consentono, il deposito dell'atto rimarrebbe in uno stato di quiescenza, ossia sostanzialmente in stand by (atto in attesa di accettazione).

L'errore fatale

Diverse conclusioni debbono invece esser tratte per la terza tipologia di errore individuata dalla Circolare Ministeriale e dal Provvedimento del Responsabile DGSIA, ossia il c.d. errore fatale.

Questo tipo di errore è quello che crea i problemi più significativi al depositante il quale, a fronte del primo invio, si vede recapitare una RdAC (ricevuta di avvenuta consegna), cui segue – in genere quasi contestualmente – una terza pec in cui si segnala l'esistenza di un problema, corredato di un codice (-1) e la necessità di rivolgersi in cancelleria per verificare l'anomalia. Alla terza pec, che segnala l'errore in automatico, seguirà una quarta pec con la quale la cancelleria rifiuterà gli atti a causa della verificazione di un errore fatale nel deposito.

La caratteristica che contraddistingue questa tipologia di errore, e che lo differenzia dai due precedentemente esaminati, è che esso viene gestito dal sistema in piena autonomia: la terza pec, che reca la dicitura “fatal error”, è infatti seguita dalla quarta nella quale la cancelleria, non avendo alcuna possibilità di bypassare l'errore forzando il sistema, è obbligata a rifiutare l'atto, enunciando le motivazioni del rifiuto. Le tempistiche di invio – e quindi di ricezione – della quarta pec dipendono dai tempi di lavorazione del fascicolo da parte della cancelleria.

È quindi necessario capire che cosa conduce il sistema a generare questo messaggio di errore.

I casi di fatal error registrati nella pratica sono molteplici, quali, ad esempio: a) l'inoltro della richiesta di iscrizione a ruolo di un fascicolo, mancante di qualsivoglia allegato; b) l'allegazione di un titolo esecutivo nativo digitale, che l'avvocato tenta di firmare digitalmente al fine di allegarlo; c) la scansione del pagamento del contributo unificato inserito in un file XML anziché in PDF; d) il namespace non coerente con il ruolo (ove per namespace si intende il nome dell'evento, ossia il tipo di evento scelto – quale ad esempio l'accesso in visibilità – proprio di un registro diverso – ad esempio richiesta di visibilità con codice preso dal SICID, ma per un fascicolo iscritto nel SIECIC ed ivi utilizzato); e) il tentativo di deposito di un atto in una sezione differente del Tribunale, allorquando si tratti di atti dell'esecuzione forzata in fase cautelare (registro SIECIC Mobiliare e Immobiliare).

La giurisprudenza

Sulla tematica del deposito degli atti una delle pronunce di legittimità più significative è la n. 9772/2016 ove la Suprema Corte stabilisce il principio della c.d. “presa di contatto fra la parte e l'ufficio”. In particolare la Corte di cassazione, decidendo nell'interesse della legge un caso di diritto intertemporale (in cui il deposito telematico era previsto per i soli atti endoprocedimentali e l'atto era al contrario stato depositato telematicamente, con esito fruttuoso), ha stabilito che «In tema di processo civile telematico, nei procedimenti contenziosi iniziati dinanzi ai tribunali dal 30 giugno 2014, nella disciplina del d.l. n. 179/2012, art. 16-bis, inserito dalla l. n. 228/2012, art. 1, comma 19, n. 2), […], il deposito per via telematica, anziché con modalità cartacee, dell'atto introduttivo del giudizio, non da' luogo ad una nullità della costituzione dell'attore, ma ad una mera irregolarità, sicché ogniqualvolta l'atto sia stato inserito nei registri informatizzati dell'ufficio giudiziario previa generazione della ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, deve ritenersi integrato il raggiungimento dello scopo della presa di contatto tra la parte e l'ufficio giudiziario e della messa a disposizione delle altre parti».

Il principio di diritto così enunciato deve però esser vagliato in relazione alle circostanze concrete esaminate dalla Suprema Corte: nel caso si specie, infatti, la cancelleria aveva attestato il ricevimento degli atti e il loro inserimento nel fascicolo processuale. Sulla scorta di ciò, la Cassazione ha quindi ritenuto integrato il raggiungimento dello scopo della presa di contatto tra la parte e l'ufficio giudiziario: la sanatoria si è prodotta pertanto dalla data di ricezione dell'atto da parte del cancelliere ai fini processuali e in quanto il deposito telematico è correttamente avvenuto e conosciuto dalle altre parti del giudizio (nel caso esaminato dalla Cassazione, peraltro, l'atto era stato inserito nei registri informatizzati dell'ufficio giudiziario, si veda nello stesso senso la successiva Cass. civ., sez. L., n. 22479/2016).

Le soluzioni pratiche adottabili

Sulla scorta dei principi ora esposti, è allora necessario verificare quali possano essere le fattispecie che – pur generatrici di errori, anche potenzialmente fatali – possano indurre il giudicante a ritenere comunque raggiunto lo scopo al quale l'atto era destinato e quindi a valutare positivamente un'istanza di rimessione in termini, ove trascorso il termine perentorio per il deposito dell'atto.

Nel caso di errore WARN vengono evidenziate anomalie di natura contenutistica e/o giuridica che non si riflettono in alcun modo sul compiuto deposito dell'atto, che si palesa perfetto nei suoi elementi e come tale risulta giunto correttamente a destinazione. Le indicate anomalie, allora, non possono essere valutate negativamente in punto di accettazione del deposito da parte della cancelleria, che nella normalità dei casi non rifiuta l'atto.

Anche il caso di ERROR concreta mancanze di tipo contenutistico, ovvero compilativo, quali, ad esempio, il certificato di firma digitale scaduto o non valido, ovvero la mancata indicazione dell'indirizzo dell'Avvocato (oggi obbligatorio), la mancanza di corrispondenza fra il firmatario dell'atto e il mittente formale dello stesso, ovvero ancora il citato caso della mancanza di alcun atto introduttivo allegato al deposito dell'istanza di iscrizione a ruolo.

In linea generale si deve affermare che le ipotesi enucleate non sarebbero in grado di inficiare “la presa di contatto” fra il mittente (depositante) ed il destinatario (cancelleria/Tribunale). In questi casi, l'eventuale mancanza viene valutata in prima battuta dalla cancelleria, che ha il potere di forzare il sistema e accettare comunque l'atto essendo chiamata, ove il sistema lo consenta, a supplire ad eventuali carenze emendabili con una compilazione suppletiva (ad esempio provvedendo a cercare, e quindi aggiungere, l'indirizzo dell'avvocato) o correttiva (correggerà il dato inserito ove errato), trovando quindi una soluzione che consenta all'atto, giunto correttamente a destinazione dell'ufficio cui è destinato, di essere accettato.

Nel caso in cui, al contrario, la cancelleria proceda con il rifiuto degli atti, vi sarebbero margini per l'accoglimento dell'istanza di rimessione in termini, qualora venga accertato il perfezionamento della c.d. presa di contatto, enunciata dalla Suprema Corte.

Diverso il caso del FATAL ERROR che, come sopra riportato, non lascia alcuna discrezionalità alla cancelleria in ordine al rifiuto dell'atto, imposto dal sistema (la cancelleria ha come alternativa unicamente lasciare in stand by la richiesta di iscrizione a ruolo).

I problemi che si pongono possono esser divisi in tre distinte categorie, a seconda della tipologia di errore fatale generata dal sistema: in alcuni casi, l'anomalia inevitabilmente bloccante è causata da una scorrettezza nell'allegazione di atti a corredo dell'istanza/domanda che si è tentato di depositare (casi a, b e c sopra esaminati); in altri casi, invece, l'anomalia è generata dalla stessa istanza che si vuole depositare (il caso d, del namespace non coerente con il ruolo); nei restanti casi, infine, l'errore è generato dall'aver inoltrato l'atto ad un destinatario non corretto (esempio e, erroneo invio a sezione diversa nel registro siecic).

Poiché nel caso del “fatal error” si interrompe la sequenza informatica che consente all'atto di poter esser visionato dall'ufficio e dalle parti (arrestandosi l'apertura dell'istanza da parte della cancelleria alla presa d'atto dell'errore in cui è incorsa la parte), è allora necessario verificare quali possano essere le fattispecie che, pur generatrici di errori irreparabili dal punto di vista informatico, possano indurre il giudice a ritenere comunque raggiunto lo scopo al quale l'atto era destinato e quindi lo possano indurre a valutare positivamente un'istanza di rimessione in termini.

In questi casi è necessario individuare le ipotesi in cui l'atto, pur affetto da anomalia, sia corretto e sia arrivato all'ufficio giudiziario giusto.

È il caso ad esempio della firma da parte dell'avvocato del titolo che nasce digitale (in quanto firmato digitalmente dal Giudice): pur letto dal sistema come potenziale alterazione di un atto giudiziale, l'errore in cui è incorso l'avvocato, al netto di possibili valutazioni di merito del magistrato, non si palesa ostativo nell'ottica del raggiungimento dello scopo: l'atto introduttivo, corredato del documento viziato, è stato correttamente inoltrato alla cancelleria dell'ufficio cui era destinato e l'atto in sé si palesa perfetto. Sembra pertanto non vi siano motivi ostativi al possibile accoglimento dell'istanza di rimessione in termini.

Parzialmente differente il caso di inoltro di un'istanza di iscrizione a ruolo, priva di qualsiasi allegato (ossia, in sostanza, una domanda di iscrizione di un atto inesistente). In questa ipotesi, infatti, pur essendo incorso l'avvocato in un errore grave, la trasmissione dell'istanza di iscrizione a ruolo è stata correttamente inoltrata all'ufficio che si intendeva raggiungere. Ciò significa che pur astrattamente accoglibile l'istanza di rimessione in termini, non può esser concessa l'autorizzazione a sanare l'originaria – ed insanabile – mancanza di qualsivoglia documento ed allegato alla domanda presentata che, pertanto, sarebbe da qualificare come inesistente.

Nel diverso caso di “namespace non coerente con ruolo”, l'atto è invece sbagliato: l'aver inserito il nome/codice di un evento, scegliendo il nome/codice proprio di un altro registro (ad esempio SICID anziché SIECIC), fa sì che il sistema non riconosca il codice tecnico e produca il messaggio di errore. Questa tipologia di errore, diversamente dai due casi sopra esaminati, inficia la stessa integrità dell'atto inoltrato poiché l'erroneo codice interrompe la sequenza che dal mittente porta l'atto, correttamente formato ed inoltrato, al destinatario. Tale anomalia vizia quindi irrimediabilmente la “presa di contatto” fra il mittente ed il destinatario, il che non sembra possa portare ad accogliere l'istanza di rimessione in termini.

Parimenti dicasi nel caso di erroneo invio di un atto rientrante nel registro SIECIC (esecuzioni forzate), ma indirizzato ad una sezione differente (ad esempio alle Esecuzioni Immobiliari, anziché alla sezione Mobiliare). In tale ipotesi non è l'atto ad essere sbagliato, ma è sbagliato il destinatario. Ciò nella pratica significa che il mittente ha selezionato un codice per gli atti (riferibili alla sezione Esecuzioni Mobiliari), che non è conciliabile con il registro esecutivo al quale l'atto è stato inviato (Esecuzioni Immobiliari). Il sistema non ha quindi correttamente recepito l'atto in quanto l'errore in cui è incorsa la parte ha creato, come per il caso precedente, un'interruzione del contatto che dal mittente porta al destinatario, con conseguente impossibilità di accoglimento dell'eventuale istanza ex art. 153 c.p.c..

Se nel caso sopra esaminato (atto appartenente al SIECIC ed indirizzato ad una sezione sbagliata) non può configurarsi la sanatoria, stesse conclusioni non possono trarsi nel caso in cui:

a) l'opposizione cautelare avverso pignoramento iscritto a ruolo è stata erroneamente inserita nel registro SICID anziché nel SIECIC. Ciò in quanto da un lato la problematica non viene segnalata dal sistema come errore, e dall'altro troverebbe applicazione la recente sentenza della Suprema Corte n. 25170/2018 (che espressamente prevede l'applicazione del principio di salvezza degli atti in caso di erronea iscrizione a ruolo contenzioso di un'opposizione cautelare);

b) la causa è stata erroneamente iscritta sul ruolo contenzioso di un “sottoregistro” del SICID (contenzioso Civile, Lavoro, Volontaria Giurisdizione) anziché sul quello corretto. La fattispecie viene espressamente disciplinata dall'art. 7.1. della Circolare Ministeriale che, esaminando le «Conseguenze dell'iscrizione della causa in un registro diverso da quello di pertinenza ai fini del versamento del contributo unificato, stabilisce che nell'ipotesi di iscrizione di una causa in un registro diverso da quello di pertinenza all'interno dello stesso ufficio (ad esempio nel caso in cui una causa di lavoro venga erroneamente iscritta al ruolo civile), il sistema informatico non consente ancora il trasferimento del fascicolo telematico dall'uno all'altro registro. Di conseguenza, nelle prassi locali, sono state adottate varie modalità operative finalizzate a superare detta criticità e consentire l'effettiva iscrizione del medesimo atto introduttivo, completo dei suoi allegati, nel ruolo individuato dal Presidente come tabellarmente competente».

Prevista per scongiurare l'ipotesi che nel caso di passaggio dell'atto introduttivo da un ruolo ad un altro dello stesso ufficio giudiziario, possa esser richiesto da parte della cancelleria il versamento di un nuovo contributo unificato per la corretta iscrizione al ruolo, la norma testimonia ciò nonostante l'intenzione del legislatore di “salvare” il deposito erroneamente effettuato su ruolo corretto (SICID) ma di un sottoregistro sbagliato (ad esempio lavoro anziché civile). La salvezza del deposito si impone anche nell'ottica della parallela ipotesi di iscrizione a ruolo di un fascicolo cartaceo, laddove l'assegnazione della causa ad una sezione errata comporta la sola trasmissione del fascicolo, d'ordine del Presidente di Sezione, alla Sezione corretta.

Conclusioni

Da tutto quanto sin qui esposto emerge che:

  1. il concetto di deposito dell'atto deve esser tenuto distinto dal concetto di perfezionamento del deposito medesimo. Nel primo caso, infatti, l'art. 16-bis, comma7,d.l. n. 179/2012 fa retroagire temporalmente la data del deposito nel momento in cui viene creata la RdAC (ricevuta di avvenuta consegna); ciò nonostante il deposito così delineato si deve considerare sospensivamente condizionato al positivo riscontro da parte del sistema prima, e della cancelleria poi, in ordine all'inesistenza di errori bloccanti che non possono essere superati e che conducono, pertanto, al rifiuto dell'atto;
  2. nel caso in cui ciò avvenga, bisognerà verificare i presupposti per l'eventuale accoglimento dell'istanza di rimessione in termini da presentare al Giudice.

Quest'ultimo, dovendo avere come parametro basilare la nozione di “presa di contatto” enucleata dalla Suprema Corte, sarà quindi tenuto ad accertare se l'anomalia che ha dato luogo all'errore è emendabile (errori solo formali, come sopra riportati, ovvero ancora in caso di errori bloccanti e fatali ma segnalati dalla cancelleria con estremo – e colpevole – ritardo con l'inoltro della quarta pec, con conseguenziale impossibilità per il depositante di provvedere, nei tempi di legge, ad un nuovo invio dell'atto senza incorrere in decadenze).

In questo caso, ossia quando l'atto è stato indirizzato all'ufficio giusto e l'atto è corretto, il giudice potrà accogliere l'istanza ex art. 153 c.p.c. ed il deposito dell'atto retroagirà al momento della ricezione della RdAC;

nel diverso caso in cui, viceversa, l'errore bloccante non sia emendabile, in quanto l'atto inviato non è giunto nella sfera di conoscenza del destinatario ed è annoverabile sostanzialmente fra i “fatal error”, la sanatoria non potrà operare, con ogni conseguenza di legge in punto di decadenza dal deposito in caso di termini perentori non rispettati.

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