Il trasportato non indossa le cinture di sicurezza: in caso di danno la colpa è anche del conducente

Redazione Scientifica
11 Febbraio 2019

Il comportamento colpevole del danneggiato non può interrompere il nesso causale tra la condotta del conducente del veicolo e la produzione del danno. Si riscontra una riduzione percentuale del risarcimento del danno dovuta al concorso di colpa tra le parti, ma non l'esclusione totale di responsabilità in capo al conducente del veicolo, né del relativo obbligo risarcitorio.

IL CASO Una donna, danneggiata come terza trasportata in un sinistro stradale, conviene dinnanzi al Tribunale sia il proprietario che il conducente della vettura danneggiante per sentirli condannare la risarcimento dei danni patrimoniali e non stimati in € 25.800,00. La compagnia assicuratrice contesta la domanda attribuendo all'attrice la responsabilità esclusiva nella causazione del danno per non aver indossato la cintura di sicurezza. Accolta in primo grado, la sua domanda venne poi rigettata dalla corte d'appello di Catanzaro; la donna ricorre dunque per la cassazione della sentenza.

ESCLUSIONE DEL NESSO CAUSALE In particolare con il secondo motivo la ricorrente censura il capo della sentenza che ha escluso il nesso causale tra il comportamento del conducente ed il danno patrimoniale occorso alla danneggiata, ossia le lesioni riportate e la necessità di sottoporsi ad una terapia ortodontica e protesica. Pur in presenza di una riduzione del risarcimento dovuto al concorso di colpa del danneggiato, il nesso causale tra condotta del conducente ed il danno, secondo la ricorrente, resta fermo, unitamente all'elemento soggettivo della colpa.

NESSUNA INTERRUZIONE DEL NESSO EZIOLOGICO La Suprema Corte dichiara fondato il motivo e chiarisce che il comportamento colpevole del danneggiato non può comunque interrompere il nesso causale tra la condotta del conducente del veicolo e la produzione del danno. Può riscontrarsi piuttosto una riduzione percentuale del risarcimento del danno dovuta al concorso di colpa tra le parti, ma non esclusione totale di responsabilità in capo al conducente del veicolo e del relativo obbligo risarcitorio. Secondo la Cassazione, dunque, la corte territoriale avrebbe dovuto limitarsi a ridurre il quantum risarcitorio in modo proporzionale, senza escludere il nesso di causalità.

RESPONSABILITÀ DEL CONDUCENTE La Corte ricorda che il conducente è responsabile dell'uso delle cinture di sicurezza da parte del passeggero e che la causazione del danno da mancato utilizzo è imputabile sia a lui che al passeggero, e riporta il principio di diritto espresso da Cass. civ. n. 18177/2007: «In materia di responsabilità civile, in caso di mancata adozione delle cinture di sicurezza da parte di un passeggero, poi deceduto, di un veicolo coinvolto in un incidente stradale, verificandosi un'ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioè di cooperazione nell'azione produttiva dell'evento, è legittima la riduzione proporzionale del risarcimento del danno in favore dei congiunti della vittima».

COOPERAZIONE COLPOSA NELLA CONDOTTA CAUSATIVA DELL'EVENTO E quanto espresso è conforme alla giurisprudenza consolidata della Corte che prevede che, nel caso in cui la messa in circolazione di un veicolo in condizioni di insicurezza sia ricollegabile oltre che all'azione o all'omissione del conducente, sul quale grava l'obbligo di accertarsi ex ante che questa avvenga secondo le normali norme di prudenza o perizia, anche al fatto del trasportato, che ha accettato i rischi della circolazione, «si verifica un'ipotesi di cooperazione colposa dei predetti nella condotta causativa dell'evento dannoso». In caso di danni al trasportato, anche se la condotta di quest'ultimo non sia idonea di per sé ad escludere la responsabilità del conducente, «né a costituire valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili, essa può costituire nondimeno un contributo colposo alla verificazione del danno, la cui quantificazione in misura percentuale è rimessa all'accertamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se correttamente motivato» ( ex multis, Cass. civ., sez. III, 6481/2017).

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